La tragedia di Rigopiano ha messo in evidenza, accanto all’eroismo personale dei soccorritori, tante insufficienze, ma soprattutto ha mostrato che non siamo un paese serio. Un allarme viene scartato perché sembra “una bufala” – così hanno risposto coloro che sono assegnati alla pubblica incolumità. Se fosse stato certificato come uno scherzo nessuno avrebbe pagato. Non c’è a chi non paia che un allarme, per quanto inverosimile, non può essere scartato a priori. Se poi l’allarme è falso, occorre che il responsabile paghi, e duramente, non che sia accomiatato con una risata. E che magari chi per senso di dovere ci ha creduto, sia redarguito o punito. A me sono venuti i brividi pensando che il cellulare di chi cercava di dare l’allarme poteva scaricarsi prima di aver raggiunto qualcuno e quindi che i soccorsi avrebbero potuto essere ritardati ancora. Io spero che quanto è successo induca a ripensare le strategie della protezione civile.
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Proprio così. P.S. In merito scrive la mia amica Marina Corradi: ".... bisogna capire che cosa è un terremoto con sopra tre metri di neve, in zone impervie e disabitate o quasi. Quando i telefoni non funzionano, i motori tacciono, i cingoli si fermano, e i mezzi di soccorso si accodano, fermi, arresi. Solo pensando a questo si può capire la ostinazione di quegli uomini con gli sci ai piedi, cocciuti, nella notte. E, nei paesini feriti, lo scavare coi badili, e il prendere in braccio i vecchi intrappolati nelle cascine. Le gambe, le braccia, le mani: in una notte d’inferno restano solo gli uomini, infine. Che vanno avanti, e si affannano a rimuovere rovine. I cani non sentono più nulla, e non si muovono. Ma, forse, là sotto, protetto da una trave, qualcuno ancora respira? Quelle mani, quelle voci spezzate dalla fatica, che non si arrendono. È nei giorni d’inferno, che si riconoscono gli uomini. " |
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