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« Centu concas e centu berritas | 7 ottobre. O giù di lì. » |
Di porti ed ancore...
Le copie, anche vicine, sono sempre infedeli. Per questo forse m'impaccia scrivere, al momento: perché mentre mi guardo, già sfuggo e più non m'appartengo. Preferisco dire, fare, persino arrovellarmi a ri_ pensare. Non vedermi disegnata impropriamente. E con le mani mie, per giunta. Non avrei nessun equivoco a cui appellarmi, nessun fraintendimento cui aggrapparmi, se fossi io a crocifiggermi in uno stato rappreso che non riconosco già più. Restano i tratti dei contorni, è vero. Quelli dello schizzo, per fortuna (o per impegno) coerenti. Se però vado al dettaglio, io mi perdo. I sentimenti restano, integri, perché sempre nuovi, nella loro persistenza. Provati col raschietto, che incide e poi cancella, ma lascia il solco e quello ripercorre pure quando sfuma. Lascia che viva quest'abbozzo. Mutevole. Che sono. Se t'amo - e questo E', ne son sicura- questa è l'àncora e l'ancòra. |
INFO
PER TE AMORE MIO
Mi ha detto che secondo lui la gente vive per anni e anni, ma in realtà è solo una piccola parte di quegli anni che vive davvero, e cioè negli anni in cui riesci a fare ciò per cui è nata. Allora, lì, è felice. Il resto del tempo è tempo che passa ad aspettare o a ricordare. Quando aspetti o ricordi, mi ha detto, non sei né triste né felice. Sembri triste, ma è solo che stai aspettando, o ricordando. Non è triste la gente che aspetta, e nemmeno quella che ricorda. Semplicemente è lontana.
Alessandro Baricco, da “Questa Storia”