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Sono giorno di terremoti esistenziali. Mi interrogo sulle mie responsabilità. Esserci è difficile. Credi che basti assicurare il quotidiano. La crescita. Ma esserci significa forse, soprattutto, saper sparire, quando è giusto. Nel senso che si diventa invadenti con la propria presenza che pretende di risolvere, ordinare, programmare. La vita poi ti ripaga punendo la tua presunzione e sottoponendoti variabili impazzite. Gli antichi la chiamavamo "hybris", la tracotanza. Coi miti insegnavano a starne in guardia. Ma si vede che ho tradotto senza imparare. Mi sento persa in una bottiglia di vetro. Come una nave senza mare. Ho proceduto sempre credendo disperatamente a una rotta, nonostante i venti spesso contrari. Ora, però, svanisce il senso di questo mio zigzagare. E' duro pure custodire una scheggia nel cuore, sapendo che deve restare lì, senza che sia rimossa. Pesa. Non fa male, ma pesa. Lì. ferma, conficcata in un angolo, come una bomba che, se toccata, può deflagrare e far vittime innocenti. Cammino stamane. Come un automa. |
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INFO
PER TE AMORE MIO
Mi ha detto che secondo lui la gente vive per anni e anni, ma in realtà è solo una piccola parte di quegli anni che vive davvero, e cioè negli anni in cui riesci a fare ciò per cui è nata. Allora, lì, è felice. Il resto del tempo è tempo che passa ad aspettare o a ricordare. Quando aspetti o ricordi, mi ha detto, non sei né triste né felice. Sembri triste, ma è solo che stai aspettando, o ricordando. Non è triste la gente che aspetta, e nemmeno quella che ricorda. Semplicemente è lontana.
Alessandro Baricco, da “Questa Storia”