Creato da yululunga il 02/07/2012

GatesOf SilentMemory

controinformazione politica e ipocrisia istituzionalpopolare

 

 

Valdis Dombrowski e i duri e puri Lettoni al servizio dell' austerity Germanica.

Post n°57 pubblicato il 20 Luglio 2015 da yululunga
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"...Per entrare nella UE e nella NATO era imperativo cercare il sostegno degli Ebrei, sicché furono presentate scuse per il collaborazionismo coi Nazisti e per la partecipazione ai crimini dell’Olocausto, e sorsero una pletora di memoriali e di commemorazioni della ShoahIl fatto che queste scuse non ammettessero la reale estensione del fenomeno collaborazionista, e che i crimini lituani fossero spesso ignorati o minimizzati, unitamente alla totale inerzia della Lituania nel perseguire penalmente i responsabili di quei crimini, non deteriorò immediatamente i rapporti tra la comunità ebraica e le autorità. Le critiche vi furono, ma non ebbero grande eco. "

Con queste parole Efraim Zuroff – Nazi-hunter del Centro Simon Wiesenthal,  apre la sua "Storia" colla S maiuscola su radiospada. E possibile leggerla integralmente all'indirizzo : http://radiospada.org/2014/04/volevano-trasformare-lolocausto-in-una-tragedia-come-le-altre-breve-storia-degli-ebrei-lituani/

L’11 marzo 1990 il parlamento lituano approvava la dichiarazioned’indipendenza della Repubblica. Seguiva, nello stesso anno (11 maggio), ladichiarazione d’indipendenza della Lettonia, mentre quella dell’Estonia venivapronunciata il 21 agosto 1991. L’indipendenza dei tre Stati baltici fu ufficialmente riconosciuta dall’Urss dopo il fallimento del putsch di Mosca del 19 Agosto 1991 culminato col sequestro di Gorbachev e l'assalto delle truppe fedeli ad Eltsin e alla CIA contro reparti del ministero degli interni capeggiati dal Ministro Boris Pugo asserragliati nella Duma.
La stessa UE nella "nota informativa nr.10" del 18 gennaio 2010 (visibile all'indirizzo: http://www.europarl.europa.eu/enlargement/briefings/pdf/10a1_it.pdf) derubrica le responsabilità dei massacri e delle omissioni di colpa lituane di quelli che poi attraverso tutta una serie di rotture e ricomposizzioni politiche a destra tra i conservatori nazionalisti che saranno i nipotini di NUOVA ERA il partito del falco Valdis Dombrowski, su di un cittadino australiano, denominandolo il caso Kalejs....
Dalla nota del 10 Gennaio 2010 sopra tra UE e Lituana:

"...Konrad Kalejs, cittadino australiano e presunto comandante di compagnia del commando Arajs dal 1941 al 1944, è stato espulso dal Regno Unito il 6 gennaio 2000. Secondo documenti tedeschi il commando operativo nazista avrebbe ucciso prima del 10 agosto 1941, ricorrendo al comando Arajs e altri gruppi locali analoghi 29.000 persone (90% delle quali ebrei).Pochi mesi più tardi, al fine di fare spazio nel ghetto di Riga alle migliaia di ebrei deportati dalla Germania, 27.800 ebrei venivano fucilati nelle foreste presso Riga nell'arco di tre giorni. Nel gennaio 1942 solo 4.000 dei 70.000 ebrei che vivevano in Lettonia all'inizio della guerra erano ancora vivi. Il commando Arajs, che lavorava per il comando operativo nazista, è stato il responsabile di più della metà di tali uccisioni. Il commando Arajs si è anche associato alle SS in attività "antipartigiani", nel cui ambito ha proceduto all'arresto e all'uccisione di civili. Inoltre, il comando Arajs ha fornito le guardie al campo di concentramento di Salaspils dove i prigionieri sono morti innanzitutto per le condizioni disumane di detenzione o sono stati fucilati mentre cercavano di fuggire. Il commando Arajs era incaricato di sorvegliare attentamente i lavori e di impedire le fughe da Salaspils, Lettonia. Il sig. Kalejs ha sempre negato le accuse e afferma di aver lavorato in un'azienda agricola durante la guerra. Il sig. Kalejs si è trasferito in Danimarca e cinque anni dopo in Australia come rifugiato. Ha lavorato per il servizio di immigrazione australiano e ottenuto la cittadinanza nel 1957. Si è trasferito poi nel 1959 negli Stati Uniti dove ha avviato una remunerativa attività privata ma alla fine del 1984 il Dipartimento di giustizia USA si è messo sulle sue tracce dopo essere stato informato delle accuse nei suoi confronti. Nel 1994 è stato trasferito in Australia dopo che un tribunale statunitense lo aveva giudicato una figura chiave quanto all'uccisione di centinaia di innocenti. Nel 1995 fuggiva dall'Australia in Canada ma veniva allontanato anche da questo paese dopo due anni in seguito ad un'indagine di dieci mesi da cui risultava coinvolto nell'assassinio di 30.000 ebrei in un campo di concentramento nazista. Infine è stato trasferito nuovamente in Australia dal Regno Unito nel gennaio 2000. Le autorità lettoni sono state criticate per non aver portato avanti le indagini in modo sufficientemente approfondito. L'ultima indagine è stata conclusa nel 1997 senza fornire prove a sostegno delle accuse di crimini di guerra..."

Ma questo cittadino criminale australiano fu veramente il responsabile per le SS della soluzione finale nelle repubbliche baltiche ?

Facciamo un po di luce su questa vicenda.

 

continua....

 
 
 

Europa Vs Grecia - trecento milioni di pecore contro tre milioni di capretti... La democrazia secondo L'Italia !

Post n°56 pubblicato il 08 Luglio 2015 da yululunga
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Il nostro amato Presidente del Consiglio ha declarato col suo solito fascino alla televisione di Stato EIAR che tre milioni di greci non possono decidere per trecento milioni di europei, e che questa non puo essere democrazia, e che diamine !

L'Italia ha fatto i compiti e perciò li devono fare anche gli altri....

Ma questi compiti sono stati fatti bene veramente ?

Snoccioliamo un po di cifre che chiunque puo trovare se ne ha voglia! Per esempio scopriamo che nel 1980 l'indebitamento totale del Bel Paese ammontava a 227.679 in miliardi di lire. Vent'anni dopo,  nel 2000, erano diventati 1.300.268,73 ma questa volta in milioni di euro, mentre nel 2010 esso arrivava a 1.843.014,66. Nel gennaio 2015 il sole degli imprenditori ci dice che esso è arrivato a 2.165.090, xx !!

Ma allora di che stiamo parlando ? Ma se i compiti, (alias le finanziarie lacrime e sangue i prelievi forzosi da brava democrazia, le accise, le addizzionali e le sottrazzionali e divisionali :D insomma tutta la grana che abbiamo cacciato e che cacceremo), se questi compiti a casa sono stati fatti bene comè che il debito aumenta e non si riduce mai ?

Vi diranno che è colpa delle pensioni (falso perche il meccanismo pensionistico e un trasferimento generazionale tra attivi e pensionati e non una spesa pubblica, certo seppoi si debbono ripianare i debiti delle casse di previdenza private ....)

Vi diranno che la spesa sanitaria e scolastica è aumentata (falso con una operazione a cuore aperto ti cacciano a casa dopo 5 giorni di degenza e la cartiggenica e i soffitti delle scuole, ne vogliamo parlare cari genitori ?)

Vi diranno tante cazzate alla EIAR e alla Berluska TV ma sempre bipartizan vi prenderanno pel'culo. Il debito è una clava e un sigillo che garantisce il signoraggio economicista transnazionale nelle gerarchie tra potenze europee, e qui tra sottomessi per linea di discendenza partitica, vassalli e regnanti Re Franco Teutonici.

Sintomatico il comportamento di Draghi che fino a che è stato nelle anguste stanze italiche della Banca d'Italia ha a piu riprese espresso delle perplessità sulle politiche contro le giovani generazioni (coscienza la sua per quanto può esserla quella di un burocrate pagato e ligio al potere che lo paga), e che unaa volta a Bruxelles incarna magistralmente l'alterigia e la crudelta della corte dei Miracoli.

Attraverso il debito di uno Stato ne si garantisce la sottomissione a livello continentale e a livello nazionale dai vassalli ai sudditi cittadini. I compiti a casa sono solo un modo di esigere i tributi del Signoraggio nella catena di comando paneuropea. Tu mi devi tot, conti tot e fai fare tot. 

TSIPRAS SI ARRENDE - PER IL POPOLO GRECO L'ARDUA SCELTA TRA IL PRELIEVO AL BANCOMAT GARANTITO CONTRO UN FUTURO DI LAGRIME E SANGUE (I COMPITI A CASA).

Il debito greco come quello italiano sono insostenibili cioè vale a dire che in cambio di ossigeno cioè la liquidità per pagare gli interessi sul debito medesimo od una parte di esso, per muovere quel minimo di credito all'industria, alle famiglie, pochissimo, e ai consumi ma solo per chi ha un lavoro, subordiniamo quote sempre piu consistenti di sovranità, ipotecando non solo il Paese (non solo la proprietà nuda) ma anche le sue forze produttive migliori (i giovani, quello che sta dentro la proprietà ipotecata) che saranno in definitiva chiamati a perpetuare il destino di indebitati ereditato dai padri.

Cosi Tsipras si è arreso porgendo anche la sua giacca all'eurogruppo di domenica 11 Luglio 2015 a notte fonda, stretto tra le proteste di chi deve ritirare i propri soldi e metterli sotto il materasso nell'illusione di sfuggire al proprio destino (che è quello di tutti noi proletari d'Europa), e la minaccia reiterata e neanche troppo sottaciuta di un golpe dei Generali della NATO. Ora i greci, non tutti ma la grande maggioranza di essi, che pure avevano votato no ma solo nella peregrina illusione di dare più forza contrattuale alla Grecia al tavolo coi cravattari nord europei (Putin quand'è che invadi Tallin ? Da fai presto per favore !), dovranno fare pure loro i COMPITI A CASA come gli Italiani, e come loro farli nei secoli dei secoli Amen ! Di Dini in Prodi, di Letta in Amato e Ciampi, di Berlusconi in Renzi, di Monti in Fazio prossimo venturo, giacche viale dell'economia produce i piu zelanti e belanti burocrati sportellisti per il mutuo con l'Europa.

 

 
 
 

La Carta di Milano e la retorica scientifica di Expo - Pier Paolo Pasolini risponde

Post n°53 pubblicato il 02 Maggio 2015 da yululunga
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I carvelloni scientifici che hanno redatto per noi tutti e per il nostro futuro la cosidetta carta di Milano, la foglia di fico della Grande Esposizione Internazionale che per la prima volta nella sua storia commerciale ha (appunto), attraverso loro, voluto darci una'immagine etica e un obbiettivo che fa un po a cazzotti con certi partecipanti. Ma tanto chissenefrega, l'esposizione è grande e chisseneaccorge. L' obbiettivo immaginifico di questa EXPOsition è :

Sfamare il Pianeta !

Ora su quale sia la parte del pianeta che verrà sfamata veramente (Renzi ci spera, cioè spera che la maggior visibilità delle industrie italiane rappresentate si traduca in un boomerang occupazionale che renda meno inutile il job act nella sua inutilità ineluttabile) è sin troppo semplice ironizzare e rispondere, quello che mi premeva analizzare molto umilmente erano invece i dati sullo spreco che questi cervelloni scientifici che hanno progettato l'evento, sviscerano con dovizia di particolari.

Per esempio sembrerebbe che ognuno di noi butta nella spazzatura qualcosa come 108 kg di cibo commestibile ogni anno !!! Cioè vale a dire che ogni giorno ciascuno di noi butta nella monnezza l'equivalente in etti (udite , udite), di una molto generosa bistecca fiorentina (come quelle della Leopolda ?). Questi scienziati eminenti ci dicono anche e addirittura che noi singles e compagnia bella (le Famiglie) siamo quelli che sperperano piu cibo col 42% del totale degli sprechi alimentari. Quindi non la GDO, non gli agricoltori che preferiscono macerare la produzione piuttosto che svenderla alle industrie di trasformazione (e bene fanno), non queste ultime , le bastarde aziende di trasformazione, non le mense e gli esercizi commerciali. Ma invece VOI nella VOSTRA cucina !!!

D'altra parte il pianeta si sfama anche colle stupidate e la retorica. Chissa se tra dieci anni qualcuno si ricorderà dei buoni propositi della Carta di Milano... mah. Speriamo almeno nella Monsanto  lei certo ha la ricetta per sfamare il pianeta facendo avanzare anche qualcosa per i biocombustibili !

Buon EXPO a tutti allora !

Quello che segue e un bel brano sulla fame vera dei deportati dalle città bombardate nel primo dopoguerra. Un pezzo romanticissimo da "Mamma Roma" del grande Pier Paolo Pasolini. Buona lettura a tutti.

roberto.

Panza piena nun crede ar diggiuno...G.G.Belli

 

 .......C'era puzzo di stabbio e di paglia al macero, e un gran profumo di finocchi, che si vedevano distendersi come una nuvola verde, con in mezzo la cappuccina, oltre la ramata, tutta scassata, tra gli squarci della siepe di cannacce fradice che la costeggiava.

"Namo de qqua," fece con una faccia da lupo mannaro il vecchio, andandosene ingobbito a passi felpati più giù, dove finiva la ramata, tutta contorta e cominciava una parata d'assi fradice e disuguali, fino a che arrivarono davanti alla scalarola: tra questa e la parata, c'era una specie di passaggio, un buco, coperto con degli zeppi spinosi e un pò di canne.

il vecchio cominciò a rasparci intorno per allargarlo, in ginocchio sulla lingua di cane, la porcacchia, la malva e i bietoni del fossatello, tutti zuppi di guazza. Attraverso quel buco s'infilarono nell'orto.

La luce della luna lo investiva tutto, grande com'era, che non ci si vedevano i recinti dall'altra parte.

La luna era ormai alta nel cielo, s'era rimpicciolita e pareva non volesse più aver che fare col mondo, tutta assorta nella contemplazione di quello che ci stava al di là.

Al mondo, pareva che ormai mostrasse solo il sedere; e, da quel sederino d'argento, pioveva giù una luce grandiosa, che invadeva tutto.

Brilluccicava, in fondo all'orto, sulle persiche, i salici, i petti d'angelo, le cerase, i sambuchi, che spuntavano qua e là in ciuffi duri come il ferro battutto, contorti e leggeri nel polverone bianco. Poi scendeva radendo a far sprizzare di luce, o a patinarlo di lucore, il piano dell'orto: con le facciatelle curve di bieta o cappuccina metà in luce e metà in ombra, e gli appezzamenti gialli della lattughella e quelli verde oro dei porri e della riccetta.

E qua e là i mucchi di paglia, gli attrezzi abbandonati dai burini, nel più pittoresco disordine, che tanto la terra faceva da sola, senza doversi tanto rompere il cazzo a lavorarla.

Ma il vecchio aveva allumato i cavoli fiori, e soltanto quelli. Seguito dai due soci, senza perdere tempo, attraversò il solco, e si cacciò giù per la spranga, ch'era come un viottoletto con un dito d'acqua in mezzo all'appezzamento di cavoli fiori, e da dove a sinistra e a destra partivano gli scrimoli , acquitrinosi pure loro, dividendo l'appezzamento in tanti riquadri.

Su questi s'allineavano, grossi come pavoni, i cavoli fiori in filari di quattro o cinque metri.

"Daje," fece il vecchio, che già teneva aperto in mano il coltello. E, cacciandosi dentro per uno scrimolo, si immerse tra i filari dei cavoli fiori che gli arrivavano fino alla cintola, e cominciò a farli fuori a colpi di coltello. Li tagliava e li cacciava dentro il sacco incarcandoli con le mani e coi piedi. I due complici, restati più in dietro in osservazione , si guardarono in faccia e sbottarono a ridere, sempre più forte, fino a che le loro sghignazzate si sarebbero sentite al Quadraro.

"Stàteve zitti, aòh," fece il vecchio affacciandosi impensierito tra le cimette turchine dei cavoli fiori.

Quelli dopo un pò, passato il primo entusiasmo, s'azzittarono: poi piano piano si decisero a far qualcosa, e strapparono un pò di cavoli peruno, senza muoversi dalla spranga, escegliendo i primi che gli capitavano sottomano.

Infilarono il loro bottino, strappato dalla terra grassa con la cimetta, il torso e tutto, dentro il sacco del neno (trad.:vecchio), schiacciando e mezzo rovesciando il carico e prendendolo a calci. "Fate piano," si raccomandava il vecchio.

Ma quelli senza filarlo si divertivano a far stare dentro il sacco più cavoli che potevano, facendosi due risate.

Ma finalmente il vecchio si riprese il sacco, se l'incollò e partì a zig zag sotto il peso verso il buco. Il Lenzetta però fece tranquillo tranquillo:" Aòh a mori, aspettate un momento che c'ho da fà un bisogno" , e senza aspettar risposta si slacciò la cinta, si calò i calzoni e si mise spensieratamente a compiere il lavoro di sgancio sull'erbetta bagnata.

Pure il Riccetto e sor Antonio, stando così le cose, l'imitarono, e si misero tutti tre in fila sul solco, coi sederi alla luce della luna. Il Lenzetta adempiendo la bisogna, si mise a cantare. Il vecchio allora lo guardò di sguincio, accucciato come stava accosto al suo sacco pieno, e tutto preoccupato fece: "A coso, ce lo sai che mi' nipote per un cavolo, ma uno de numero, s'è fatto sei mesi de priggione ? Che, ce voi fa carcerà tutti quanti ?"

Il Lenzetta a quelle parole assennate s'azzittò. "A sor maè," fece allora il Riccetto approfittando di quel momento confidenziale, mentre che il Lenzetta già si stava tirando su i calzoni, " che è fidanzata vostra fija ?" Al Lenzetta scappò da ridere. mettendo la scusa che rideva per la puzza e stringendosi il naso; il vecchio, inghiottendo paragulo la parte da micco che le circostanze lo costringevano a fare, rispose affabile: "None, nun è fidanzata".

Come furono sulla strada, i due fiji de na mignotta non vollero, capirai, che il vecchio facesse lui la fatica, e s'offrirono loro a tutti i costi d'incollarsi il sacco pieno. Lo portarono un pò peruno sulle spalle, mostrandosi tutti allegri e indifferenti, e facendo una gran moina, mentre camminavano tutti sderenati e bestemmiando dentro di sè per lo sforzo che gli toccava fare, dietro al sor Antonio.

Quando ch'ebbero lasciato alle spalle, passo passo, Porta Furba e si furono bene internati in mezzo ad una Shanghai di orticelli, strade, reti metalliche, villaggetti di tuguri, spiazzi, cantieri, gruppi di palazzoni, marane, e quasi erano arrivati alla Borgata degli Angeli, che si trova tra Tor Pignattara e il Quadraro, il vecchio fece con contegno di persona compita e di mondo: "Perchè nun salite su casa ?" "Grazie, come no," risposero i due scagnozzi tutti sudati, e dentro di loro pensavano: "Ce mancava mo' che nun c'invitasse a salì, sto froscìo!". La Borgata degli Angeli era tutta deserta a quell'ora, e tra i grandi scatoloni delle case popolari costruite in tante file regolari, si vedevano giù, quattro strade di terra battuta piene di zozzerie, e in alto, il cielo senza una nuvola con una lunetta che locca locca tramontava.

La porta di strada del palazzone dove abitava il sor Antonio, era aperta.

Entrarono, e cominciarono a salire una rampa, due. tre, con un macello di pianerottoli, porte, finestre che davano sui cortiletti interni, tutto scrostato e coi disegni sporchi dei ragazzini a carbone sui muri. Il vecchio suonò il campanello all'interno settantaquattro, con dietro i due aiutanti in attesa, e venne ad aprire dopo un pò proprio la figlia più grande.

Era una bella sorcona di manco vent'anni, con una vestaglietta che le cadeva giù per le spalle, tutta scapigliata e con gli occhi gonfi e la carne calda per il sonno. Allumati i due ospiti, tagliò dietro un paravento tutto stracciato ch'era lì in mezzo all'ingresso.

Il sor Antonio entrò, appoggiò il sacco presso il paravento, echiamò a voce alta: "A Nadia !" Non sortì fuori nessuno, ma ali là della parete si sentiva fare sci sci come fanno le donne quando stanno in tre o quattro assieme.

"Ammappete," pensò il Riccetto, "che, ce sta na tribbù, quà dentro ?"
"A Nadia!" ripetè il sor Antonio.

Si sentì smucinare più forte, poi venne fuori un'altra volta la figlia più grande, con la vestaglia stretta, con le scarpe e pettinata.

"Te presento sti amichi mia," fece il sor Antonio. Nadia s'accostò con un sorriso, tutta vergognosa, tenendosi una mano contro la scollatura della vestaglia a l'altra allungata verso di loro, con certi ditini stretti, teneri e bianchi come il burro, che arraparono subito i due compari. "Mastracca Claudio," fece il Riccetto, stringendo quella bella manina.

"De Marzi Alfredo," disse il Lenzetta, facendo altrettanto, con la faccia rossastra e liquefatta che aveva nei momenti d'emozione, lei si vergognava tanto, che si vedeva che quasi le veniva da piangere, tanto più che se ne stavano tutti e quattro lì in piedi, senza muoversi, a guardarsi in faccia.

"Accomodateve," fece il sor Antonio, e li precedette, attraverso una porta coperta da una tenda, nella cucina.

Lì tra il fornello e la credenza in mezzo a quattro o cinque seggiole, c'era pure, contro la parete, una brandina dove rosse e sudate una da testa e una da piedi dormivano due ragazzine, con le lenzuola tutte intorcinate e più grige che bianche. Sopra il tavolo c'erano due tegami e dei piatti sporchi, e una nuvoletta di mosche, risvegliate dalla luce, gironzolava e ronzava come in pieno mezzogiorno.

La Nadia era entrata per ultima, e se ne stava in disparte, accanto all'uscio. "Nun ce fate caso," disse il sor Antonio, "è na casa de lavoratori !" "Allora, si vedete casa mia !" Fece il Lenzetta ridacchiando, per fargli coraggio, ma come farebbe un ragazzino, abituato a discorrere con altri ragazzini zellosi come lui.

Il Riccetto ridacchiò pure lui alla mezza sparata del compare. Il Lenzetta, preso dall'entusiasmo, continuò senza più nessuno scrupolo come se ragionasse al Bar della Pugnalata, pisciando ironia dagli occhi.

"La cucina de casa nostra, me pare un cacatore, e nella camera da letto ce sta lo smistamento de li sorci in vacanza!"

"Sti due bravi ragazzi m'hanno aiutato, " comunicò il sor Antonio alla figlia, "sinnò quanno ce'a facevo a portalli qqua così presto! A Natale!" A quella uscita del padre, a Nadia, che faceva del tutto per mostrarsi sorridente, tremò la scucchia (trad.:la bocca), che pareva che stesse per sbottare a piangere, e voltò la faccia dall'altra parte, "Eeeeh!" fece cordialone, mettendo la pancia in fuori e alzando le braccia il Lenzetta, "mica se metterà a piagne per così poco!"

Ma quella, come se non aspettasse altro che queste parole, sbottò proprio a piangere, e corse via dietro al paravento.

"A matta, a sonata!" Si sentì gridare dopo un momento là di dietro.
"E' mi moje," fece il vecchio.

Infatti, non era passato un minuto che venne fuori, pure lei in vestaglia, ma tutta ben pettinata con la crocchia piena di spille, sora Adriana, con davanti due respingenti che non avevano niente da invidiare al sacco dei cavoli fiori. "Bona più la madre che le fije," pensò il Riccetto. Lei entrò sparata in cucina ancora tutta vibrante di sdegno, continuando il discorso che aveva incominciato di là.

"Sta scema, che la possino ammaillà! Ma che, uno s'ha da mette a piagne perchè se deve da arrangià pe vive, ma guarda sì che robba! Ai tempi d'oggiggiorno! Ma da chi avrà preso, sta fija mia, io no lo so..."

S'interruppe, un poco calmata, e studiando, con due rapide occhiate, gli ospiti che le si offrivano tutti smandrappati e filoni allo sguardo.

"Te presento sti amichi mia," rifece il vecchio. "Piacere," fece lei, aggrottando un pò le ciglia e compiendo sbrigativamente quel dovere mondano."Mastracca Claudio," ripetè il Riccetto, "De Marzi Alfredo," ripetè il Lenzetta.

Compiuta la necessaria parentesi della presentazione, lei ricominciò coi discorsi che importavano, se pure con un tono più confidenziale: "Ma guarda si s'ha da vede na fija de vent'anni che piagne come na ragazzina, e ppe quale motivo poi! Pe quattro cavoli fiori fracichi? Ma che, c'è da vergognasse c'è?" E sollevò la testa in segno di sfida, con gli occhi che le fiammeggiavano e le mani sui fianchi, contro un invisibile uditorio, probabilmente di signori.

"A Nadia!" Fece poi, sporgendo la testa oltre la tenda. "A Nadiaaaaa!"

Nadia dopo un pò ritornò, ancora vergognosa, asciugandosi la punta degli occhi con una mano, e sorridendo per la sciocchezza del suo comportamento di poco prima, con l'aria di dire: "Nun ce fate caso!" "A matta!" Ripetè la madre, sempre in tono di sfida contro quelle persone che sapeva lei "che, c'è de vergognasse c'è-è?"

"E noi forse nun c'annamo a rubbà?" Fece sempre per tirarla su di morale, con la sua solita delicatezza, il Lenzetta, "semo disoccupati, semo!"

"Nun c'è da meravijasse," aggiunse con aria quasi salottiera il Riccetto, "tutti rubbano, chi più chi meno."

A quelle belle consolazioni la ragazza stette quasi quasi per farsi riprendere dal mammatrone: per fortuna che in quel momento entrò tutta acchittata la sorella, quella di diciotto anni. C'aveva messo tanto a presentarsi perchè aveva indossato la veste bona, di seta nera, e s'era persino dato un pò di rossetto. Calcolava sulla sorpresa della sua apparizione, e si fece avanti tutta modesta. "Te presento stì dù bravi ragazzi, amichi mia," rifece per la terza volta cerimonioso il vecchio. "Questa é l'altra fija mia."

"Lucian-na,"disse lei con voce strascicata, facendo la cucciolona come le ragazze dei giornaletti.

"Piascere," lei fece, tirandosi indietro con una mano i capelli. "Molto lieto de fà la sua conoscenza," ciancicarono il Riccetto e il Lenzetta, compiaciuti e rossi come due gallinacci.

Poco dopo venne pure la terza figlia, una roscetta, con la faccia tutta piena di lenticchie, e con un nastro sui capelli.

La madre intanto aveva ricominciato con la sua moina fuoriscena. "c'avete raggione, signò" concluse il Lenzetta, quando quella ebbe finito, "è regolare! "
Ma il suo calore proveniva da un'altra ragione, ossia dal fatto ch'era completamente arrazzato per tutta quella centrale del latte che c'aveva attorno.

"Che ve potemo offrì?" Fece il sor Antonio."Che, l'accettate un caffè ?"

"E lassate perde, a sor Antò! " Fece il Riccetto, mentre il Lenzetta aveva drizzato gli orecchi all'offerta.

"Che, ve volete disturbà pe noi due?" aggiunse il Riccetto, con un'inaspettata e allegra aria di disprezzo per quei due morti di fame ch'erano lui e il compagno suo.
Il sor Antonio non s'era accorto però che alla parola "caffè" le quattro donne, s'erano guardate in faccia. Perciò insistette: "ma quale disturbo, anzi ce fa piacere," disse, trascinato dalla sua cortesia. Le occhiate intorno a lui si fecero sgomente.

La sora Adriana aprì un pò la bocca come se volesse dire qualcosa, ma poi la richiuse e se ne stette zitta, con le figlie che la guardavano con apprensione e con finta indifferenza negli occhi.

"E faje sta tazzina de caffè," fece tutto preso dal suo dovere di padrone di casa il sor Antonio.

La moglie non si muoveva, all'impiedi tra le figlie che ora guardavano lei ora si guardavano tra di loro, con la Nadia che quasi stava per ricominciare a piangere.

Sora Adriana scuotendo la testa svelta svelta, e mettendosi una mano sul petto, fece: "Pe fallo, je lo farebbe, solo che.... che t'ho da ddì...ce semo scordate d'annà a comprà lo zucchero..." Il sorAntonio accusò il colpo.

"Ah, Antonio mio, che voi fà," fece la moglie, "co tutti sti pensieri io 'a testa nun la tengo più a posto, sa..."

"E che je fà, "disse allegro il Riccetto, mantenendosi sempre sul tono della più completa sottovalutazione di se stesso e del compare, "pe noi va bbene pure senza zucchero!"

Il Lenzetta approvò ridendo, tutto chiazzato di rosso.
A quella uscita tutta la famiglia Bifoni si sentì rincuorare.

La sora Adriana dicendo "io per me ve lo fò.." prese la caccavella e accendette il fornello, con l'assistenza delle figlie, e quell'attività sparse tanto entusiasmo intorno che mentre i due bravi ragazzi e il sor Antonio chiacchieravano affabilmente, pure le restanti due ragazzine vennero fuori in camicia da sotto le lenzuole e si misero a fare caciara per la stanza. In quattro e quattr'otto il caffè fu pronto, e fu servito in due tazzine scompagnate al Lenzetta e al Riccetto, mentre il sor Antonio e la moglie se lo bevvero in due tazze da caffelatte tutte scrostate.

Soffiandoci sopra per raffreddarlo il Riccetto fece:"Mo bevemo, e poi levamo il disturbo !"

"Ma quale disturbo !" fece grande il sor Antonio. La sora Adriana, bevendo il caffè non nascose il suo disgusto, anche per mettere le mani avanti. "Baah, che ciufega!" pensavano dentro di se i due bravi ragazzi, nascondendo il brivido di schifo sotto un'aria cordiale e mondana, sorbendosi allegramente il caffè e, infine, rimettendo le tazzine sul tavolo tra le mosche.

"Mò è ora che se n'annamo!" "Rifece poi il Riccetto "Come diggià?" disse il sor Antonio con un gesto di meraviglia.

"Ammazza," fece il Lenzetta, "fra poco è mezzogiorno è!" "E fermateve ancora un pochetto, no" insistette il vecchio.

"Ve salutamo aaaaa sor Antonio," fece sbrigativo il Riccetto, allungando virilmente e con aria un po paragula la mano al vecchio.

"Aoh, allora v'accompagno," fece il neno (trad.:vecchio), lungo e bianco come un baccallaccione. Il sor Antonio scendeva tutto scavicchiato le scale, facendo di sguincio le scalini, senza rumore a causa delle scarpe di pezza.

Il Riccetto urtò il gomito al Lenzetta approffitando che il sor Antonio andava avanti . il Lenzetta lo guardò .

"Damme li sordi," fece a voce bassa e feroce, per paura che quello non gli desse retta, il Riccetto.

Infatti il Lenzetta si scurì in faccia, e fece finta di non avere sentito.

"Nun fà l'indiano," disse sempre a voce bassissima, più con gli sguardi che con le parole, il Riccetto, stringendo i denti e lanciando al Lenzetta una occhiata furente, "dammi li sordi daje".

Il Lenzetta si sentì in dovere di darglieli, e li cacciò nero dalla saccoccia. Fuori era già un pò chiaro: dietro i quaranta scatoloni in fila della Borgata degli Angeli.
Oltre il Quadraro, oltre la campagna, oltre le sagome nebbiose dei colli Albani, si stampava nel cielo un luce rossiccia, come dietro un'invetriata, e pareva che laggiù, dall'altra parte del cielo, ci fosse un'altra Roma, che andasse silenziosamente a fuoco.

"Mbè mo ve saluto, a moretti," fece il sor Antonio, "mo vado a dormì".

"Tenete, aaaa sor maè!" Fece sbrigativo il Riccetto allungandogli in un mucchietto tutto ciancicato la piotta e mezza.

Il sor Antonio guardò la grana, osservandola attentamente. "Ma no ma no, ce mancherebbe..." fece.

"Annamo, pijatela," l'incoraggiò il Lenzetta. Il vecchio continuò a fare un pò di polemica, ma intanto però, alla fine, si prese la piotta e mezza.

"Ammazzete. che sole!" disse il Lenzetta come il vecchio se ne fu rientrato, e furono rimasti soli in mezzo alla borgata, infatti una luce poco più che viola era venuta a galleggiare limpida negli spazi delle strade , tra palazzo e palazzo, riverberata fin laggiù da quella specie di incendio lontano e invisibile, dietro i colli, mentre tra un cornicione e l'altro due o tre civette svolazzavano lanciando qualche strillo.

il Lenzetta, ascoltandole preoccupato, e mettendo tutt'insieme in un mucchio il pensiero della parte di bravi ragazzi che avevano fatto, della famglia Bifoni e della morte, e sentendosi venire il latte alle ginocchia, stette un momento fermo soprappensiero, come in raccoglimento, poi tirò su una gamba col ginocchio contro la pancia, e mollò un peto.

Ma gli venne sforzato, perchè non era de core.

 

 

 

 

 
 
 

Quello che l'Informazione e la politica non vi diranno mai sull'ISIS (II° e ultima parte)

Post n°52 pubblicato il 26 Marzo 2015 da yululunga
Foto di yululunga

LA NOSTRA CATTIVA COSCIENZA CHIEDE IL CONTO !

QUELLO CHE L’INFORMAZIONE E LA POLITICA NON VI DIRANNO MAI SULL’ISIS .

 

 

 

L'UTILIZZO DELLO JAHADISMO NELLO SCONTRO TRA EST E OVEST .

E' palese che l'utilizzo, come ho detto, dello Jihadismo da parte dei Sovietici rientrava in una delle strategie planetarie volte a creare crisi nel campo imperialista occidentale che contestualmente accresceva l'odio delle masse sottosviluppate tanto ricche dal punto di vista teorico, essendo da sempre il continente africano (a mio e a parere di molti, di gran lunga piu ricco ancora oggi in termini di risorse,  della decadente Europa, giusto per fare un esempio), quanto di fatto condannate alla miseria più nera del pianeta nella divisione dei mondi e sottomondi (il cosidetto III Mondo), operata dalle cancellerie occidentali. I Sovietici intravidero già nel 1920 a Baku le enormi potenzialità insite nel colonialismo occidentale e riuscirono a trasformare le frustrazioni del mondo arabo e panafricano da sempre sfruttato e massacrato in odio di classe. In eserciti, fazioni, cellule e individui al servizio dell'imperialismo Sovietico. L'utilizzo di questa enorme massa di diseredati attraverso la ribellione anticoloniale avrebbe (e ha), non solo portato questi popoli ad autodeterminarsi (nel bene e nel male, la strada della libertà non è mai stata in discesa) ma avrebbe consentito ai Sovietici, grazie all'equa distribuzione della povertà nel Mondo di contrastare più efficacemente le forze anti comuniste ovunque, come poi successe. Certo Mosca contava anche di sostituirsi al colonialismo occidentale e in parte anche nello sfruttamento operato dai precedenti inquilini, ma da un punto di vista obbiettivo si può dire che i russi e i loro alleati avevano trovato il modo per tenere insieme capre e cavoli e nel confronto coll'imperialismo occidentale riuscivano persino a primeggiare sul piano della morale !

L'occidente dal canto suo fino al 1979, fino alla guerra in Afghanistan, proprio per la sua connotazione colonialista non riuscì mai ad iutilizzare quel sentimento di rivalsa arretrato e religioso per il semplice motivo che la sua cacciata dopo oltre due secoli di dominio era epocale, storica. Esso sopperi alla ribellione antimperialista che per oltre un trentennio imperversò ovunque nel Mondo, ora con i golpe ora con le milizie, gli squadroni e i mercenari, se non addirittura con vere e proprie invasioni disastrose un esempio su tutti quello che rappresentò il Vietnam per Francesi e Americani !

La fine degli anni 80 coincise con la fine delle utopie e delle ideologie. Si apriva così una, per certi versi irripetibile, finestra temporale lunga un ventennio in cui l’imperialismo colonialista occidentale potè riconquistare gli antichi fasti e le “proprietà” perdute nelle rivolte del precedente cinquantennio. In questo lasso temporale gli “orfani” dell’antico alleato sovietico, ora divenuto assieme alla Cina “comunista” paese colonialista a tutti gli effetti, che avevano diluito le istanze religiose nel calderone della propaganda politica in cambio dell’aiuto ricevuto, dopo un’iniziale sconcerto cominciano a riorganizzarsi. Nascono nuove alleanze, gli slogan vengono sostituiti dal grido “Allah il misericordioso”. l’Islam radcale liberato dai lacci e lacciuoli del passato e della propaganda della prima guerra fredda riempie il vuoto lasciato dalle ideologie che capeggiarono le rivolte anti imperialiste del 900, mettendosi alla testa di milioni di diseredati di tutto il Mondo abbagliati ora dal ritorno del profeta !

Nuovi gruppi e aggregazioni prendono il sopravvento sui vecchi. Emblematico il caso dell’organizzazione islamica sciita Hezbollah che conquista il sostegno tra i poveri derelitti espropriati dalle colonie nei campi profughi di Palestina, sfilandolo ad Al Fatah che era stato per quasi un trentennio il braccio politico della sinistra mondiale in quella terra martoriata.

Ma è anche il caso di un paese di cui si comincia a parlare oggi in cronaca, Fino a non molto tempo fa capostipite di una filiera di stati arabi marxisti (l’Egitto di Nasser, l'Algeria di Ben Bellà solo per citarne due tra i tanti), Stati in cui sciiti e sunniti vivevano pacificamente, mentre oggi si scannano per ambire a divenire nuovi avamposti del califfato lSIS: Lo Yemen.

NESSUNO SCONTRO DI CIVILTA MA SOLO E SEMPRE GUERRA PER CONQUISTARE O ESSERE CONQUISTATI – LE MASSE POVERE E SFRUTTATE: IL CARBURANTE DELLA JIHAD.

La cosa che più fa sorridere ascoltando i politici e gli opinionisti sul tema della Jihad è scoprire che c’è una “civiltà” che subisce il terrorismo religioso e una “non-civiltà” che lo pratica con ferocia e irriverenza. Ma è proprio cosi ?

Condannare nel loro paese di nascita i propri cittadini al degrado e alla miseria anziché sostenerli con i proventi di quelle materie prime tanto preziose per l’Occidente quanto per le relativamente piccole cerchie di quei governi fantocci e corrotti, non è terrorismo ?

Incoraggiare l’immigrazione dai paesi poveri verso l’Occidente, mentre formalmente le istituzioni a qualsiasi livello della scala e qualche partito di destra la contrastano (a parole), gli uni invocando la tratta degli schiavi (compreso Papa Francesco), gli altri l’invasione, ma consapevoli entrambi che il punto vero di caduta è la mano d’opera a basso costo e ricattabile coi permessi di soggiorno messa in competizione per un salario da fame. I poveri contro i poveri, gli immigrati contro i proletari indigeni e così facendo comprimere al ribasso i salari di tutti, non è forse terrorismo ?

Trasportare illecitamente e interrare in loco (dopo avere esaurito tutte le discariche abusive in Patria), attraverso complesse ramificazioni Stato-Mafia, rifiuti tossici e pericolosi in cambio di non meglio precisate prebende per i “Signori della Guerra locali” (tirate fuori i taccuini di Ilaria Alpi spariti su una nave della Regia Marina !), non è terrorismo ?

Il Terrorismo è molto variegato sia nelle sue manifestazioni che nei suoi attori ma una cosa è certa: Nessuno può tirarsi fuori dall’accusa di essere terrorista ! Neanche le civiltà democratiche Signor Presidente Mattarella sono scevre da questo marchio !

Prendiamo il caso della Nigeria uno dei più estesi e poveri Stati (almeno oltre il perimetro dei quartieri ricchi nelle città), del continente africano. Famosa per la jihad di Boko Aram. Bene, forse non tutti sanno che la Nigeria galleggia sopra un mare di petrolio ! Ci si chiede perciò, come sia possibile tanta povertà, tante baraccopoli, come sia possibile che tanti giovani immigrino alla ricerca del pane. Perche tante ragazze nigeriane si prostituiscano sulle strade italiane ?

Domande retoriche perché tutti noi sappiamo la risposta. Ma la risposta è conosciuta anche dalla signora Michelle Obama e dai tanti artisti e meno artistici che hanno, giustamente, “elevato alta la vibrante protesta” (per chiosare l’ex presidente Napolitano), per i rapimenti di massa e le distruzioni di massa delle belve taglia gole ?

Fin dagli albori della Terra forze immanenti opposte e contrarie si sono scontrate nei millenni per raggiungere un equilibrio, una sorta di piano stabile è un dato di fatto. Quando una forza ha preso per se tutto il potere è sempre avvenuto qualcosa di terribile che ha riportato questa competizione primordiale su un piano di equilibrio avvantaggiando dall’indebolimento del Vincitore ciò che pareva Vinto e domo. I Dinosauri al loro massimo grado di sviluppo e dominio nella catena alimentare sono stati sterminati per consentire all'uomo di apparire sulla Terra. Cosi gli imperi sono crollati grazie alla contrapposizione dei barbari prima vinti e poi ai primi segni di decadenza dei vincitori, essi stessi a loro volta vincitori, cosi oggi....Per esempio, che cosa sarebbe successo se Putin non avesse schierato la flotta del Mar Nero d’avanti alla Siria? Cosa sarebbe successo se Francia Inghilterra e Usa avessero costretto Assad alla resa, cosi come Saddam e Gheddafi prima di lui?

Come si può intendere lo scontro tra opposte forze e talmente complesso, ricco di variabili ma soprattutto tempestivo, quasi provvidenziale da rendere il tutto estremamente complesso e di difficile lettura a meno che non si voglia trascendere nella propaganda, sia quella del nuovo Saladino, Al Baaghdadi sia quella piccolo borghese occidentale. Ma Salamina, Poitier, Brest Litovsk e Stalingrado sono per citare alcuni casi che hanno dell'incredibile, sono li a dimostrare qualcosa....

Ora. che l’Occidente vinca questa nuova crociata tra Nord e Sud è sicuro non fosse altro per la superiorità aerea che detiene (senza il cielo non si puo vincere nessuno scontro armato). Ma mentre il Papa Francesco parla ai cuori perchè si facciano carico della spedizione in Terra Santa sorge un problema grosso come un macigno che avvantaggia divisioni e ipocrisie: Chi paga ?

Dal canto suo L'Islam Jihadista proprio per la sua arretratezza sul piano politico (la mitica e per certi versi uguale alla cristiana salvezza dopo la morte anzichè il regno dei cieli sulla Terra adesso), e destinata a declinare appena i suoi propri presupposti fondanti degenerati e barbari non apriranno la via ad una nuova e per certi versi antica (l'unica) via marxista all'universalismo e alla fratellanza anti capitalista.

                                                                         articolo molto umile di roberto

 
 
 

Quello che l'Informazione e la politica non vi diranno mai sull'ISIS (I° parte)

Post n°51 pubblicato il 20 Marzo 2015 da yululunga
Foto di yululunga

LA NOSTRA CATTIVA COSCIENZA CHIEDE IL CONTO !

QUELLO CHE L’INFORMAZIONE E LA POLITICA NON VI DIRANNO MAI SULL’ISIS .

L’ennesima carneficina si offre alla parata degli specialisti, degli storici, degli antropologi, dei sociologi e compagnia bella. Cambiano le facce dei morti e dei sicari a loro volta uccisi o braccati, ma non il canovaccio dei palinsesti concentrati all’unisono per cercare una spiegazione al fenomeno jihadista ma soprattutto per compattare nella tesi dello scontro tra civiltà i cittadini ad ogni latitudine e prepararli appunto allo scontro prossimo (che sperano, si illudono), definitivo e che di rimando i nuovi paladini di Maometto, gli jihadisti, chiamano “la crociata”.

Persino il neo presidente della R.I., Mattarella preme perché si rompano gli indugi che il tempo sta per scadere per la democrazia e la civiltà occidentale.

Anche il Papa Francesco come Papa Urbano prima di lui auspica, che si ponga fine allo sterminio dei cattolici e all’iconoclastia giacchè mai nelle epoche passate essi stessi, a loro volta, hanno sterminato o abbattuto. Ma le colpe dei padri non possono sempre ricadere sui figli di questo martoriato pianeta.

Quello che gli intellettuali e gli studiosi (dei politici non parlo lasciando a voi il compito), di ogni risma non ci vogliono dire è invece che cosa ha generato la nuova sovversione mussulmana alla civiltà democratica (l’unica e autentica), quale il carburante, ci si passi il termine ironico, l’energia prorompente che incendia e propaga le fiamme di Sunna e Sharia in sempre più vasti focolai ? .

Intanto cominciamo col dire che dal dopoguerra e fino, grossomodo, agli anni 80 il fenomeno della Jihad, del terrorismo di matrice mussulmana contro gli occidentali e i loro alleati è assai circoscritto per estensione, per numero di vittime ma soprattutto per le modalità politiche di operatività delle cellule o dei gruppi combattenti rispetto ad oggi. Non che non ci siano stati massacri che nulla hanno a che invidiare a quelli odierni ma ciò che invece sorprende maggiormente è che la componente religiosa che pure era forte tra i suoi militanti, era indubitatamente sempre subordinata alla componente politica (di sinistra), si pensi all’FLN algerino nella lotta contro il colonialismo francese od al palestinese Al Fatah contro il colonialismo ebraico, ma si potrebbero fare centinaia di parallelismi.

Cioè vale a dire che fino ad un certo punto della storia moderna la componente religiosa dei gruppi combattenti si mescolava a quella politica annullandosi quasi completamente almeno dal punto di vista rivendicativo, nelle istanze pubbliche della lotta. Questo paradigma cambia radicalmente e definitivamente, fino a prova contraria, in una precisa collocazione storica e in un preciso luogo.

LA PRIMA GUERRA AFGANA 1979/1989 – CAMBIA LA STRATEGIA AMICO / NEMICO NELLA GUERRA FREDDA.

L'Afghanistan diventa un paese moderno uscendo dalla sua arretratezza ancestrale con la cosidetta Primavera d'Aprile, che il 27 Aprile del 1978 diede vita alla prima Repubblica Democratica di Afghanistan rovesciando il governo di Mohammed Da'un Khan nato da un precedente golpe.

Il PDPA (Partito Democratico-Popolare di Afghanistan, Marxista) guidato da Mohammed Nur Taraki avvia una epocale riforma Socialista del Paese introducendo il diritto di voto e l'obbligo di istruzione per le donne, la laicizzazione forzata della società (il divieto del Burqua per le donne e della barba per gli uomini), la riforma agraria e la distruzione delle coltivazioni di oppio. 

L'Afghanistan è ora tra i primi nei paesi islamici maggiormente progrediti ad imporre il divieto dei matrimoni combinati che prevedevano le donne come merce economica di scambio innescando violente proteste nella societa patriarcale afghana tribale e feudale. Taraki viene assassinato dal vice primo ministro Amin che ne prende il posto promettendo alle tribu Pastun il ritorno alle tradizioni. Il Re Shaha, figura di garanzia ma senza reali poteri, chiede allora aiuto all'Unione Sovietica che invade il Paese ed entra a Kabul nel Dicembre del 1979, destituendo Amin e insediando il progressista Babrack Karmal.

Le tribù islamiche delle montagne del Nord confluirono nelle milizie chiamate per la prima volta col nome di Mujaheddin (termine che sarà d'ora in avanti un brand da Al Quaeda a Boko Aram), della cosidetta Alleanza del Nord agli ordini di Massoud detto il Leone del Panshir a cui gli USA forniranno sistemi d'arma di avanguardia (sopratutto antiaerea). Il fronte Sud tra i molti protagonisti, vede distingueresi tra i suoi Quadri per ferocia e coerenza estrema un guerrigliero predicatore che ha abbandonato gli agi e le ricchezze della sua nobile famiglia saudita (come San Francesco ma con molta meno misericordia...), per dedicarsi anima e corpo alla Guerra Santa contro gli infedeli senza Dio russi. Il suo nome diventerà presto tristemente famoso in Occidente come Osama Bin Laden.  

La guerra contro i Sovietici fu lunga e sanguinosa e terminò colla loro sconfitta e il successivo ritiro in Febbraio, 10 anni più tardi (1989). Il 17 Aprile 1992 fu proclamata la Repubblica Islamica di Afghanistan, ma già dopo il ritiro sovietico qualche anno prima, lotte intestine all'interno del fronte dei Mujaheddin, tra islamisti  moderati e integralisti del Corano, ruppero l'alleanza e portarono i più radicali studenti coranici, i Talebani, al potere. Il Paese ripiombò nel medioevo attraverso l'applicazione rigida e feroce della legge coranica (Sharia) e Massoud si ritirò nelle poche province a Nord che gli rimasero fedeli. I talebani reintrodussero la coltivazione del papavero per eroina col duplice scopo di "...diffondere le sostanze che corrompevano le società infedeli per accelerarne la disgregazione" e finanziare le cellule combattenti della Jihad mondiale addestrate nei campi in Afghanistan.

Solamente dopo l'11 Settembre gli Usa si resero conto di avere sottovalutato i loro compagni di viaggio contro i comunisti. Non fu la prima volta però che gli americani presero lucciole per lanterne circa i loro fantocci. Questo errore di valutazione si ripetè con Saddam Hussein (si veda l'affaire BNL/Iran-Contras, con cui il Congresso finanziava attività anti sovietiche in Nicaragua e contro l'Iran di Khomeini), cui certamente venne promesso qualcosa di grosso in cambio del suo impegno nella sanguinosa guerra degli 8 anni (1980/1988) contro l'Iran che costò la vita ad un'intera generazione di giovani irakeni e iraniani. Ma chi muove le marionette difficilmente mantiene la parola data.

E' interessante anche notare come durante l'occupazione dell'Iraq successiva al secondo "Desert storm" gli americani sperimentarono il contrasto interreligioso nel campo arabo mettendo mussulmani sciiti contro mussulmani sunniti (gli insorti contro gli invasori occidentali). Quel contesto unitamente alle precedenti guerre balcaniche scatenate dall'imperialismo tedesco (oltrechè le destabilizzazzioni del recente passato operate con le cosidette primavere arabe da Francia, Usa, Gran Bretagna e Italia  in Libia, Siria Tunisia ed Egitto), rappresenteranno delle palestre insperate ed insostituibili per la nuova Jihad anti occidentale.

 

 
 
 

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