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Strega della Favola ovvero Fata Ignorante

 

 

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Post N° 1071

Post n°1071 pubblicato il 06 Agosto 2008 da StregadellaFavola
Foto di StregadellaFavola

In un angolo nascosto di un’antica e frenetica città resisteva una bottega. Una di quelle che non si sa bene come facciano a tirare avanti, giorno dopo giorno, dove il tempo deposita testimonianze polverose del passato, frammenti di vite che altrimenti non si sarebbero sfiorate mai. Uno di quei posti dove è piacevole entrare quando il sole, per le strade, brucia, dove l’ombra è preziosa e profumata e granelli di polline venuto da chissà dove danzano nell’unico raggio di luce che entra di sbieco e fa da meridiana. Tra teiere finto vittoriane, specchi d’argento anneriti e cartoline color seppia, sedeva in vetrina da tempo lunghissimo una bambola. Abiti e merletti di un’infanzia antica facevano contrasto con le labbra laccate color sangue e gli occhi tristi e fissi, le mani aperte e protese verso un’immaginaria madre e un’ombra ben distribuita di polvere sugli improbabili fiori del cappello di paglia. Aveva un’anima. E si chiedeva, lei, la bambola, quanto ancora sarebbe rimasta a guardar le mode correre e cambiare, la gente trafelata stringersi nelle giacche e nella quotidianità, quanti amanti ancora avrebbe spiato baciarsi nel vicolo, prima che qualcuno si innamorasse di lei, e la portasse via. E una mattina la serranda non si alzò, e il mondo non apparve. Il negozio fu messo in vendita per mancanza di eredi, e con esso tutto il suo contenuto, senza alcun prezzo aggiuntivo. La bambola, seduta al centro di un buio innaturale, non mutò mai posizione, rimase ferma ad ascoltare la vita fuori scorrere, ed imparò a riconoscere suoni e profumi filtrati, e continuò a sognare. Ma un mattino che era già primavera, come si scoprì in seguito, qualcuno entrò, certamente il nuovo proprietario. Il Mago, perché di un Mago si trattava, strizzò gli occhi feriti dal sole cercando di abituarsi all’oscurità fresca del locale, fece pochi passi avanti e si fermò a soppesare l’entità e l’effettivo valore del suo acquisto. Aveva occhi bellissimi, cristalli di neve azzurra, e un velo di passato sui capelli, e niente tra le mani, tranne la sua magia. Si accorse quasi subito della bambola. Sorrise di un sorriso che poteva soltanto appartenere a lui, si chinò a sfiorare il velluto del vestito tarlato e disse: “qui ci vuole proprio un po’ d’aria pulita, diamoci da fare”. E fu così che la bambola ascoltò per la prima volta la voce del Mago, e se ne innamorò. Arrivava ogni mattina portando con sé l’odore del pane fresco e del risveglio, spalancava la porta e cominciava l’opera di trasformazione del negozio. Apriva cassetti apparentemente chiusi a chiave da sempre, traendone oggetti luminosi e strani libri che la bambola non ricordava mai di aver visto tra gli articoli in vendita, con estrema delicatezza puliva ogni angolo e suppellettile, e intanto parlava. Raccontava alla bambola storie di paesi lontanissimi, di uomini dalla pelle ambrata e l’indole gentile. Le descriveva isole nate dal mare per incanto e spiagge affollate da venditori di fiori tropicali, e viaggi in mongolfiera, e storie di boschi e ninfe, e colori e suoni dei deserti africani, e lo faceva con quella sua voce bassa e musicale, ipnotica e danzante. La bambola, senza mai mutare d’espressione, di quella voce si nutriva, e percorreva strade e mondi che non sapeva neppure esistessero e giorno dopo giorno, cambiava. La porcellana diafana di cui era fatta, impercettibilmente mutava consistenza e densità, la stoppa dei capelli si faceva brillante, gli occhi acquistavano liquide movenze. La pelle divenne pelle finalmente, venandosi d’azzurro, prima accennato e poi pulsante, la stoffa del vestito cominciò a tendersi nella pienezza di un seno accogliente. Il Mago le parlava ed ogni sillaba nasceva per dar vita alla bambola che intanto cambiava e diventava infine donna, ancora immobile, ancora bambola, eppure donna. Cullata dal canto del Mago si abbandonava all’amore in quella sua ormai assurda fissità. E un giorno lui disse: “E’ tutto a posto ormai. E’ tutto pronto”. La donna che era stata di porcellana sentì la voce finalmente a un passo da lei e il fiato del Mago si posò sulle sue labbra ormai morbide e vive e fu quello il primo, vero respiro della bambola.

  (dal web)

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Ho aspettato per anni parole che non sono arrivate.

Ho incollato zampilli di silenzio alla sorgente viva del mio dolore,

prigioniera di un tempo mascherato di generoso impegno.

Tra lettere di lacrime derise sono rimasta sola a perquisirmi l'anima,

per salvarmi la vita quel tanto che basta e aspettarti...

L'attesa mi ha regalato saggezza, pazienza, frammenti di felicità.

 

 

(Anna Magnani)

 

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Che è tutta una vita che passo da qua,
e ancora rischio di perdermi,
magari è questione di troppa sensibilità,
o sono soltanto motivi tecnici...

E tu dici una bussola, dovevi almeno portarla con te,
una bussola potevi almeno spiegarmelo come si usa
una bussola, scusa....

Ci sono amori che non si ricordano
e baci che non si dimenticano,
persone che passano e non si salutano e sputano,
e cani bianchi che a volte ritornano.

E tu dici la vita dovevi almeno capire perché,
la vita, il tempo che cambia col vento che arriva
quest'anima stanca che pure respira
quest'angolo piatto che gira, quest'anima
dolce e cattiva, che dice "guardami..."
dice "perché non parli...?" dice "sbrigati
prima che sia troppo tardi... guardami...
perché non parli?
Fermati prima che
sia troppo tardi...."


(Francesco De Gregori)

 
immagine
 
...e quando Psiche riaprì gli occhi, si rese conto, ancor prima di guardarsi intorno, che tutto era stato solo un gioco della fantasia...

non c'èra il bel palazzo...

non c'erano damigelle a curare la sua bellezza...

sopratuttutto non c'era Amore....

si rese conto che non era vero niente...

ne le parole...

ne i gesti...

ne le emozioni ricevute...

le parve di essere in preda alla pazzia... lei era stata sincera, era stata come è...credendoci più che in se stessa...poi senti una fitta provenire dalla schiena...

si sfiorò con la mano e senti una lama fredda conficcata tra le scapole che scendeva fino al cuore...

lei aveva perso un'illusione ma rimaneva come è...vera. 


Amore, invece, aveva perso la vita...il vivere...

condannato ad essere un morto vivente...

per sempre.

 

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I MIEI LINK PREFERITI

Sono solamente passato dall’altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Prega, sorridi, pensami! Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza. La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza. Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace.

Sant’Agostino

 
 
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