Post n°1104 pubblicato il 05 Marzo 2009 da StregadellaFavola
Hanno chiesto al Dalai Lama : Perchè pensano tanto ansiosamente al futuro Perchè vivono |
Post n°1103 pubblicato il 31 Gennaio 2009 da StregadellaFavola
Esistevano milioni di stelle nel cielo, stelle di tutti i colori: bianche, argentate, verdi, dorate, rosse, azzurre. dal web |
Post n°1102 pubblicato il 24 Gennaio 2009 da StregadellaFavola
Se mi chiedessero di scrivere una lettera
a una bimba che sta per nascere, lo farei così. Cosa hai sentito finora del mondo attraverso l’acqua e la pelle tesa della pancia di mamma? Cosa ti hanno detto le tue orecchie imperfette delle nostre paure? Riusiremo a volerti senza pretendere, a guardarti senza riempire il tuo spazio di parole, inviti, divieti? Riusciremo ad accorgerci di te anche dai tuoi silenzi, a rispettare la tua crescita senza gravarla di sensi di colpa e di affanni? Riusciremo a stringerti senza che il nostro contatto sia richiesta spasmodica o ricatto d'affetto? Vorrei che i tuoi Natali non fossero colmi di doni – segnali a volte sfacciati delle nostre assenze – ma di attenzioni. Vorrei che gli adulti che incontrerai fossero capaci di autorevolezza, fermi e coerenti: qualità dei piú saggi. La coerenza, mi piacerebbe per te. E la consapevolezza che nel mondo in cui verrai esistono oltre alle regole, relazioni e che le une non sono meno necessarie delle altre, ma facce di una stessa luna presente. Mi piacerebbe che qualcuno ti insegnasse a inseguire le emozioni come gli aquiloni fanno con le brezze piú impreviste e spudorate; tutte, anche quelle che sanno di dolore. Mi piacerebbe che ti dicessero che la vita comprende la morte. Perché il dolore non è solo vuota perdita ma affettività, acquisizione oltre che sottrazione. La morte è un testimone che i migliori di noi lasciano ad altri nella convinzione che se ne possano giovare: cosí nasce il ricordo, la memoria piú bella che è storia della nostra stessa identità. Mi piacerebbe che qualcuno ti insegnasse a stare da sola, ti salverebbe la vita. Non dovrai rincorrere la mediocrità per riempire vuoti, né pietire uno sguardo o un’ora d’amore. Impara a creare la vita dentro la tua vita e a riempirla di fantasia. Adora la tua inquietudine finché avrai forze e sorrisi, cerca di usarla per contaminare gli altri, soprattutto i più pavidi e vulnerabili. Dona loro il tuo vento intrepido, ascolta il loro silenzio con curiosità, rispetta anche la loro paura eccessiva. Mi piacerebbe che la persona che piú ti amerà possa amare il tuo congedo come un marinaio che vede la sua vecchia barca allontanarsi e galleggiare sapiente lungo la linea dell’orizzonte. E tu allora porterai quell’amore sempre con te, nascosto nella tua tasca piú intima.
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Post n°1101 pubblicato il 22 Gennaio 2009 da scugnizza63
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Post n°1100 pubblicato il 03 Gennaio 2009 da StregadellaFavola
“Ora che il futuro s’era fatto corto e mi sfuggiva di mano con l’inesorabilità della sabbia che cola dentro una clessidra, mi capitava spesso di pensare al passato della mia esistenza: cercare lì le risposte con le quali sarebbe giusto morire. Perché fossi nata, perché fossi vissuta, e chi o che cosa avesse plasmato il mosaico di persone che da un lontano giorno d’estate costituiva il mio Io. Naturalmente sapevo bene che la domanda perché-sono-nato se l’eran già posta miliardi di esseri umani ed invano, che la sua risposta apparteneva all’enigma chiamato Vita, che per fingere di trovarla avrei dovuto ricorrere all’idea di Dio. Espediente mai capito e mai accettato. Però non meno bene sapevo che le altre si nascondevano nella memoria di quel passato, negli eventi e nelle creature che avevano accompagnato il ciclo della formazione, e in un ossessivo viaggio all’indietro lo dissotterravo: riesumavo i suoni e le immagini della mia prima adolescenza, della mia infanzia, del mio ingresso nel mondo. Una prima adolescenza di cui ricordavo tutto: la guerra, la paura, la fame, lo strazio, l’orgoglio di combattere il nemico a fianco degli adulti, e le ferite inguaribili che n’erano derivate. Un’infanzia di cui (…) (…) ricordavo molto: i silenzi, gli eccessi di disciplina, le privazioni, le peripezie d’una famiglia indomabile e impegnata nella lotta al tiranno, quindi l’assenza d’allegria e la mancanza di spensieratezza. Un ingresso nel mondo del quale mi sembrava di ricordare ogni dettaglio: la luce abbagliante che di colpo si sostituiva al buio, la fatica di respirare nell’aria, la sorpresa di non star più sola nel mio sacco d’acqua e condivider lo spazio con una folla sconosciuta. Nonché la significativa avventura di venir battezzata ai piedi di un affresco dove, con uno spasmo di dolore sul volto e una foglia di fico sul ventre, un uomo nudo e una donna nuda lasciavano un bel giardino pieno di mele: la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre, dipinta da Masaccio per la Chiesa del Carmine a Firenze. Riesumavo in ugual modo i suoni e le immagini dei miei genitori, da anni sepolti sotto un’aiola profumata di rose. Li incontravo ovunque. Non da vecchi cioè quando li consideravo più figli che genitori, sicché a sollevare mio padre per posarlo su una poltrona e a sentirlo così lieve e rimpicciolito e indifeso, a guardarne la testolina tenera e calva che si appoggiava fiduciosamente al mio collo, mi pareva di tenere in braccio il mio bambino ottuagenario. Da giovani. Quando eran loro a sollevarmi e a tenermi in braccio. Forti, belli, spavaldi. E per qualche tempo credetti d’avere in pugno una chiave che apriva qualsiasi porta. Ma poi m’accorsi che ne apriva alcune e basta; né il ricordo della prima adolescenza e dell’infanzia e dell’ingresso nel mondo né gli incontri coi due giovani forti e belli e spavaldi potevan fornire tutte le risposte di cui avevo bisogno. Superando i confini di quel passato andai in cerca degli eventi e delle creature che lo avevano preceduto, e fu come scoperchiare una scatola che contiene un’altra scatola che ne contiene un’altra ancora all’infinito. E il viaggio all’indietro perse ogni freno. Era un viaggio difficile: troppo tardi per interrogare i propri avi Un viaggio difficile in quanto era troppo tardi per interrogare chi non avevo mai interrogato. Non c’era più nessuno. Restava solo una zia novantaquattrenne che alla preghiera dimmi-zia-dimmi mosse appena le pupille annebbiate e mormorò: «Sei il postino?». Con la zia ormai inutile, il rimpianto d’una cassapanca cinquecentesca che per quasi due secoli aveva custodito la testimonianza di cinque generazioni: antichi libri tra cui un abbaco e un abbecedario del Settecento, rarissimi fogli tra cui la lettera d’un prozio arruolato da Napoleone e sacrificato in Russia, preziosi cimeli tra cui una federa gloriosamente macchiata da una frase indimenticabile, un paio d’occhiali e una copia del Beccaria con la dedica di Filippo Mazzei. Cose che ero riuscita a vedere prima che finissero in cenere, una terribile notte del 1944. Con la cassapanca perduta, qualche oggetto salvato per caso: un liuto privo di corde, una pipa d’argilla , una moneta da quattro soldi emessa dallo Stato Pontificio, un vetusto orologio che stava nella mia casa di campagna e che ogni quarto d’ora suonava i rintocchi della campana di Westminster. Infine, due voci. La voce di mio padre e la voce di mia madre che narravano le storie dei rispettivi antenati. Divertita ed ironica quella di lui, sempre pronto a ridere anche sulla tragedia. Appassionata e pietosa quella di lei, sempre pronta a commuoversi anche sulla commedia. Ed entrambe talmente remote nella memoria che la loro consistenza appariva più tenue d’una ragnatela. A evocarle di continuo, però, e a connetterle col rimpianto della cassapanca o coi pochi oggetti salvati, la ragnatela si irrobustì. Si infittì, si fece un solido tessuto, e le storie crebbero con tanto vigore che a un certo punto mi divenne impossibile stabilire se appartenessero ancora alle due voci oppure se si fossero trasformate in un frutto della mia fantasia….” “Un cappello pieno di ciliegie” di Oriana Fallaci |
Post n°1099 pubblicato il 03 Gennaio 2009 da stelladanzanteforeve
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Post n°1098 pubblicato il 23 Dicembre 2008 da stelladanzanteforeve
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Post n°1097 pubblicato il 22 Dicembre 2008 da StregadellaFavola
E’ Natale ogni volta che sorridi a un fratello e gli tendi la mano. per ascoltare l’altro. nella povertà fisica e spirituale. i tuoi limiti e la tua debolezza. (Madre Tersa di Calcutta) |
Post n°1096 pubblicato il 19 Dicembre 2008 da stelladanzanteforeve
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Post n°1095 pubblicato il 18 Dicembre 2008 da StregadellaFavola
Il postino suonò due volte. Mancavano cinque giorni a Natale. Aveva fra le braccia un grosso pacco avvolto in carta preziosamente disegnata e legato con nastri dorati. (BRUNO FERRERO) |
Post n°1094 pubblicato il 13 Dicembre 2008 da vita1954c
BUON NATALE A CHI SI SENTE SOLO E NON HA NESSUNO.....
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Post n°1093 pubblicato il 13 Dicembre 2008 da StregadellaFavola
Così scrive una tredicenne nel suo diario personale. |
Post n°1092 pubblicato il 12 Dicembre 2008 da stelladanzanteforeve
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Post n°1091 pubblicato il 30 Novembre 2008 da scugnizza63
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Post n°1090 pubblicato il 26 Novembre 2008 da StregadellaFavola
Inviato da: stelladanzanteforeve |
Post n°1089 pubblicato il 21 Novembre 2008 da StregadellaFavola
C'era una volta una bambina chiamata Felicità, nata dall'unione dei suoi due genitori, Speranza e Amore. Felicità era la bambina più bella che fosse mai nata sulla terra. Una bimba dai lunghi capelli scuri e lisci, gli occhi grandi ed espressivi che sembravano aver rubato al cielo la sua tinta più azzurra, le gote paffute e rosee come se il sole illuminasse sempre il suo viso ed un sorriso che incantava chiunque l'incrociava per la sua strada. Spesso chi si imbatteva in lei si fermava a guardarla incantato dalla sua grazia e bellezza, complimentatosi con i suoi genitori per aver dato la vita ad una creatura cosi bella. Felicità che alla sua nascita aveva ricevuto, da una fata buona, il dono di rendere liete le persone che l'incontravano, per ringraziarle delle loro lodi, le afferrava, delicatamente, per il palmo della mano con la sua piccola manina e le portava con se a scoprire tanti piccoli miracoli a cui prima di conoscerla, esse non avevano mai fatto caso. Nell'ora del tramonto le conduceva sulla riva del mare, dando loro la possibilità di assistere allo spettacolo del sole che pian pianino scompariva dietro l'orizzonte, venendo inghiottito da quell'immenso specchio d'acqua che assumeva i colori dell'oro e del rame. Spesso nelle notti di luna piena, faceva in modo che chi l'incontrava, si stendesse accanto a lei su un prato verde e volgesse lo sguardo verso l'alto ammirando la splendida scenografia delle stelle che facevano da damigelle a quel luminoso astro di platino e argento. Se, poi, la persona che aveva accanto, si sentiva sola e scoraggiata ed aveva bisogno di essere abbracciata e confortata, andava alla ricerca di qualcuno che avesse nel cuore tanto amore da donare e lo conduceva ad essa in modo che entrambi potevano dare e ricevere la loro parte d'amore. Se, invece, incontrava qualcuno che viveva nella tristezza, nel dolore e nel timore di non farcela, si accoccolava sul suo grembo, accanto al suo cuore e consolava le sue lacrime fino a quando il sorriso non tornava a splendere sul suo volto. Felicità era anche una musa per molti pittori e molti poeti, che s'ispiravano a lei per dar vita e forma alle loro opere d'arte o alla loro letteratura. Dovunque andasse Felicità, il mondo che la circondava diventava migliore e se il cielo era grigio e piovoso, improvvisamente, tra le nubi plumbee, spuntava l'arcobaleno dai sette splendidi colori. Tutto ciò fu possibile finché, un brutto giorno, un mago malvagio, chiamato Dolore, che non sopportava che una bimbetta semplice e schietta come lei, avesse il potere di distruggere ogni suo incantesimo malefico, gettò su di essa un sortilegio, rendendola invisibile agli occhi degli uomini. Da quel giorno Felicità divenne un essere incorporeo ed etereo. Le persone che l'avevano conosciuta prima di allora, piansero lacrime di dolore quando credettero di non incontrarla più sul loro cammino e divennero inconsolabili. Ma Felicità esisteva ancora. Non li aveva abbandonati. Era sempre lì accanto a loro, pronta a tenergli la mano nella sua e fargli scoprire la gioia, anche se gli uomini non potevano vederla perché avevano gli occhi troppo aperti solo su ciò che si trovava di fronte al loro sguardo e non sapevano guardare oltre il reale, oltre il dolore in cui spesso inciampavano, rimanendo a terra senza avere le forze di rialzarsi. Nonostante ciò, Felicità, continuava a condividere la sua strada con essi e qualcuno di loro, ogni tanto, avvertendo un soffio di vento sfiorarli il palmo della mano, sorrideva felicemente ricordandosi di quella graziosa bimba mora che gli aveva fatto scoprire la bellezza che viveva sia nel mondo che lo circondava che nel cuore e di come poter gioire di ogni piccola letizia che ogni giorno gli era donata e ciò bastava per renderelo, nuovamente, allegro... |
Post n°1088 pubblicato il 17 Novembre 2008 da scugnizza63
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Post n°1087 pubblicato il 15 Novembre 2008 da StregadellaFavola
C’è una tribù nell'Artico americano secondo la quale tutti gli esseri sulla Terra possiedono un'anima che è la forma in miniatura del corpo che la contiene: così che un daino ha dentro di sé un piccolo daino, e un uomo a sua volta un piccolo uomo. Quando l'essere grande muore, sopravvive quello piccolo: può trasmigrare in qualcosa che sta nascendo lì vicino, oppure recarsi a un luogo di sosta temporaneo nel cielo, nella pancia di un grande spirito femminile, dove attende finché la luna non potrà rimandarlo sulla terra. A volte, dicono, la luna ha così tanto da fare con le anime nuove del mondo che scompare dal cielo. Ecco perchè abbiamo certe notti senza luna. Ma, alla fine, la luna torna sempre, come noi tutti. Questo è ciò che loro credono. (Mitch Albom) |
Post n°1086 pubblicato il 12 Novembre 2008 da scugnizza63
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Post n°1085 pubblicato il 01 Novembre 2008 da scugnizza63
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Ho aspettato per anni parole che non sono arrivate.
Ho incollato zampilli di silenzio alla sorgente viva del mio dolore,
prigioniera di un tempo mascherato di generoso impegno.
Tra lettere di lacrime derise sono rimasta sola a perquisirmi l'anima,
per salvarmi la vita quel tanto che basta e aspettarti...
L'attesa mi ha regalato saggezza, pazienza, frammenti di felicità.
(Anna Magnani)
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CHI PUò SCRIVERE SUL BLOG
Che è tutta una vita che passo da qua,
e ancora rischio di perdermi,
magari è questione di troppa sensibilità,
o sono soltanto motivi tecnici...
E tu dici una bussola, dovevi almeno portarla con te,
una bussola potevi almeno spiegarmelo come si usa
una bussola, scusa....
Ci sono amori che non si ricordano
e baci che non si dimenticano,
persone che passano e non si salutano e sputano,
e cani bianchi che a volte ritornano.
E tu dici la vita dovevi almeno capire perché,
la vita, il tempo che cambia col vento che arriva
quest'anima stanca che pure respira
quest'angolo piatto che gira, quest'anima
dolce e cattiva, che dice "guardami..."
dice "perché non parli...?" dice "sbrigati
prima che sia troppo tardi... guardami...
perché non parli? Fermati prima che
sia troppo tardi...."
(Francesco De Gregori)
![immagine](http://angelwinks.net/images/angelpod.jpg)
non c'èra il bel palazzo...
non c'erano damigelle a curare la sua bellezza...
sopratuttutto non c'era Amore....
si rese conto che non era vero niente...
ne le parole...
ne i gesti...
ne le emozioni ricevute...
le parve di essere in preda alla pazzia... lei era stata sincera, era stata come è...credendoci più che in se stessa...poi senti una fitta provenire dalla schiena...
si sfiorò con la mano e senti una lama fredda conficcata tra le scapole che scendeva fino al cuore...
lei aveva perso un'illusione ma rimaneva come è...vera.
Amore, invece, aveva perso la vita...il vivere...
condannato ad essere un morto vivente...
per sempre.
Sono solamente passato dall’altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Prega, sorridi, pensami! Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza. La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza. Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace.