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CHARLES BAUDELAIRE

Epigrafe
per un libro condannato


Non scrissi, o lettore innocente,
pacifico e buon cittadino,
per te questo mio saturnino
volume, carnale e dolente.

Se ancora non hai del sapiente
Don Satana appreso il latino,
non farti dal mio sibillino
delirio turbare la mente!

Ma leggimi e sappimi amare,
se osi nel gorgo profondo
discendere senza tremare.

O triste fratello errabondo
che cerchi il tuo cielo diletto,
compiangimi, o sii maledetto!
 

SCOPRI SE ESISTI E RESISTI, FATTI IL

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A TE

La costruzione di un amorespezza le vene delle manimescola il sangue col sudorese te ne rimaneLa costruzione di un amorenon ripaga del doloreè come un'altare di sabbiain riva al mareLa costruzione del mio amoremi piace guardarla salirecome un grattacielo di cento pianio come un girasoleEd io ci metto l'esperienzacome su un albero di Natalecome un regalo ad una sposaun qualcosa che sta líe che non fa maleE ad ogni piano c'è un sorrisoper ogni inverno da passaread ogni piano un Paradisoda consumareDietro una porta un po' d'amoreper quando non ci sarà tempo di fare l'amoreper quando vorrai buttare viala mia sola fotografiaE intanto guardo questo amoreche si fa piú vicino al cielocome se dopo tanto amorebastasse ancora il cieloE sono quie mi meravigliatanto da mordermi le braccia,ma no, son proprio iolo specchio ha la mia facciaSono io che guardo questo amoreche si fa più vicino al cielocome se dopo l'orizzonteci fosse ancora cieloE tutto ció mi meravigliatanto che se finisse adessolo so io chiedereiche mi crollasse addossoE la fortuna di un amorecome lo so che può cambiaredopo si dice l'ho fatto per farema era per non morireSi dice che bello tornare alla vitache mi era sembrata finitache bello tornare a vederee quel che è peggio è che è tutto veroperchéLa costruzione di un amorespezza le vene delle manimescola il sangue col sudorese te ne rimaneLa costruzione di un amorenon ripaga del doloreè come un'altare di sabbiain riva al mareE intanto guardo questo amoreche si fa piú vicino al cielocome se dopo tanto amorebastasse ancora il cieloE sono quie mi meravigliatanto da mordermi le braccia,ma no, son proprio iolo specchio ha la mia facciaSono io che guardo questo amoreche si fa grande come il cielocome se dopo l'orizzonteci fosse ancora cieloE tutto ció mi meravigliatanto che se finisse adessolo so io chiedereiche mi crollasse addossoSì.[Ivano Fossati]

 

 

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Il lungo viaggio di Tiziano Terzani

Post n°245 pubblicato il 17 Febbraio 2010 da talassos

Presentazione, estratti del dvd in uscita la prossima settimana con Repubblica e L'espresso e intervista a Angela Terzani Staude (La Repubblica TV)

 

DA L'ESPRESSO DEL 12 FEBBRAIO

In viaggio con Tiziano

di Alberto Dentice

Oriente e Occidente. Storia e cronaca. Un ritratto inedito di Terzani, pubblico e privato, in un libro, un Cd e un Dvd. Con 'L'espresso' e 'la Repubblica'

 
Del Tiziano Terzani giornalista e scrittore sappiamo ormai quasi tutto. Impossibile sfuggire al suo carisma da santone indiano, ai suoi bellissimi libri di viaggio, al messaggio di pace che questo straordinario testimone del nostro tempo ha disseminato generosamente, e fino all'ultimo, in tanti libri, filmati e interviste. 'Le parole altre. Il lungo viaggio di Tiziano Terzani', la nuova iniziativa de 'L'espresso' e 'La Repubblica', lo vuole raccontare come non è stato mai raccontato affidandosi ai ricordi di Angela Terzani Staude, la moglie, la compagna di una vita. Colei che ha condiviso con lui viaggi e avventure in giro per il mondo e un amore che si dimostra più forte della morte. 

È questa la prima cosa che balza agli occhi della sua preziosa testimonianza. Con la voce incrinata dall'emozione, scegliendo con cura le parole davanti ai giovani che gremiscono un piccolo teatro, Angela ripercorre il viaggio di Terzani attraverso i continenti e la storia degli ultimi quarant'anni. Il Sudafrica dei primi anni Sessanta, quando a 28 anni Terzani, all'epoca dirigente della Olivetti, acquista una Rolleiflex per documentare gli orrori dell'apartheid, viene arrestato e pubblica il suo primo reportage. È l'inizio di una carriera giornalistica che lo avrebbe portato a seguire le grandi tragedie della storia. Nel 1979 sbarca in Cina, animato da grandi speranze, per capire come funzionava il comunismo su scala gigantesca, progettato da Mao. E scopre invece la censura del regime e gli orrori della Rivoluzione culturale. Com'è andata a finire lo sappiamo. Terzani verrà prima incarcerato e poi espulso per i suoi articoli di denuncia pubblicati su 'Der Spiegel' in Germania e in Italia su 'L'espresso'. 

Eccolo poi in India, l'ultima base della sua avventurosa carriera di viaggiatore: "Il Paese dove il divino si manifesta nella quotidianità", avrebbe detto. E infine il ritorno all'amatissima Orsigna in Toscana, il luogo delle radici, nella casa di campagna dove trascorrerà i suoi ultimi giorni. Il racconto della moglie Angela, ricco di aneddoti inediti, di notazioni imprevedibili, di riflessioni illuminanti sul costume e sulla storia si interrompe al termine di ogni tappa del viaggio per cedere il passo alla musica di un delizioso ensemble ethno-jazz che commenta con eleganza i filmati, evocando le atmosfere sonore di ciascun paese. 

Lo stesso Terzani, voce e barba bianca da guru, spunta di tanto in tanto da una delle sue ultime interviste televisive per dire la sua. Il suo messaggio spirituale è sintetizzato in una delle sue ultime dichiarazioni: "Tutta la vita ho visto rivoluzioni fallire: Cambogia, Vietnam, Cina. Risultato: intere popolazioni massacrate in nome di un sogno e poi immensa povertà sia materiale che spirituale. Ora è venuto il momento di pensare che la sola rivoluzione che possiamo fare è quella interiore. Cominciamo da noi stessi".
 
 
 
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AI MIEI FIGLI

TESTAMENTO
Kriton Athanasulis

Non voglio che tu sia lo zimbello del mondo.
Ti lascio il sole che lasciò mio padre a me.
Le stelle brilleranno uguali ed uguali ti indurranno
le notti a dolce sonno.
Il mare t’empirà di sogni. Ti lascio
il mio sorriso amareggiato: fanne scialo
ma non tradirmi. Il mondo è povero
oggi. S’è tanto insanguinato questo mondo
ed è rimasto povero. Diventa ricco
tu guadagnando l’amore del mondo.
Ti lascio la mia lotta incompiuta
e l’arma con la canna arroventata.
Non l’appendere al muro. Il mondo ne ha bisogno.
Ti lascio il mio cordoglio. Tanta pena
vinta nelle battaglie del tempo.
E ricorda. Quest’ordine ti lascio.
Ricordare vuol dire non morire.
Non dire mai che sono stato indegno, che
disperazione mi ha portato avanti e son rimasto
indietro, al di qua della trincea.
Ho gridato, gridato mille e mille volte no,
ma soffiava un gran vento e piogge e grandine
hanno sepolto la mia voce. Ti lascio
la mia storia vergata con la mano
d’una qualche speranza. A te finirla.
Ti lascio i simulacri degli eroi
con le mani mozzate,
ragazzi che non fecero a tempo
ad assumere austere forme d’uomo,
madri vestite di bruno, fanciulle violentate.
Ti lascio la memoria di Belsen e Auschwitz.
Fa presto a farti grande. Nutri bene
il tuo gracile cuore con la carne
della pace del mondo, ragazzo, ragazzo.
Impara che milioni di fratelli innocenti
svanirono d’un tratto nelle nevi gelate
in una tomba comune e spregiata.
Si chiamano nemici; già. I nemici dell’odio.
Ti lascio l’indirizzo della tomba
perché tu vada a leggere l’epigrafe.
Ti lascio accampamenti
d’una città con tanti prigionieri,
dicono sempre si, ma dentro loro mugghia
l’imprigionato no dell’uomo libero.
Anch’io sono di quelli che dicono di fuori
Il sì della necessità, ma nutro, dentro, il no.
Così è stato il mio tempo. Gira l’occhio
dolce al nostro crepuscolo amaro,
il pane è fatto di pietra, l’acqua di fango,
la verità un uccello che non canta.
È questo che ti lascio. Io conquistai il coraggio
d’essere fiero. Sforzati di vivere.
Salta il fosso da solo e fatti libero.
Attendo nuove. È questo che ti lascio.
 
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