Creato da TamaraRufo il 03/07/2007
Racconti, poesie, recensioni, letteratura, arte, libri, fotografia

Area personale

 

Tag

 

Archivio messaggi

 
 << Settembre 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
            1
2 3 4 5 6 7 8
9 10 11 12 13 14 15
16 17 18 19 20 21 22
23 24 25 26 27 28 29
30            
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

I miei Blog Amici

Citazioni nei Blog Amici: 1
 

Ultime visite al Blog

maaar0alemus72nicola_susiganbaronessa_rossaFatatrillySabrymarelgrazia.gazzarribagninosalinaroElanorrmariadp01crizigdragoastercs.italiapiccolastella337Jacksburonmonique.71
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

 

« Non riesco a liberarmi di teIn quel giardino »

Questo vaso che trabocca

Post n°29 pubblicato il 27 Agosto 2007 da TamaraRufo
 

Lo percepisco subito, lo sguardo lo pretende fino a supplicare, ci ricade sopra. Inevitabilmente.

E fa male.

Sì, fa male, vedere quanto la rabbia possa lasciare il segno. Ma forse dovrei noia, è la noia che colpisce con uno scatto di schizofrenia latente ondeggiando perennemente al bordo.

Se il vaso ogni tanto trabocca e non c’è nessun assenso che possa riuscire ad arrestarti, la responsabilità è dovuta alla sconfitta.

Alla sconfitta di una vita, partita che si finisce inesorabilmente con il perdere.

Soprattutto, quando alzi il braccio e colpisci. Mi colpisci.

Urlando spergiuri da ingoiarti anni di storia. Come se non vedessi più nulla, mentre a me scorrono davanti, quegli stessi anni pongono una domanda sola: perché?

Perché mi colpisci come a voler distruggere il riflesso di te. Perché ti odi a tal punto che non vedi più niente, solo l’ombra dell’orrore che crei.

Il negativo di una fotografia riuscita male.

L’irriconoscibile sofferenza di una follia che impera.

Solo una volta piegata nell’anima a lambire la terra, allora me ne accorgo, finalmente ti fermi.

I silenzi a seguire i suoni gutturali delle violente proteste.

Le mani inferme, gli sguardi laterali a cercare i punti rotti, le fratture invisibili. I motivi.

Introvabili.

Perché non ce ne sono mai di sufficienti, di motivi, non agli occhi. E ciò che resta è l’inganno fin troppo vissuto di ciò che è stanco.

Ma l’inganno nemmeno si lascia scorgere, brama disperatamente di dimenticare, anche se mai ci riesce una volta.

Quindi finiscila, smettila di sorprenderti se poi mi vedi livida, in punti imprecisati del corpo si palesa perfettamente il ricordo che neghi e invece esiste.

Non sono stato io, dici

Non sei stato tu, confermo.

No.

È l’orrore che ti possiede, è la rabbia che ci scava la fossa, è il limbo dove si incontra la follia il punto preciso in cui ci rimuove la visuale e la realtà si trasforma. Laddove c’era l’amore ora compare un ematoma.

Sì l’amore, perché non c’era che questo, all’inizio, prima che la paura prendesse il sopravvento alla coscienza.

Adesso mi accorgo di quanto sia facile, così affogante, trasformare i sogni in mostruosità dilanianti.

Sei tu a sbranarmi.

Sono io a darmi la morte.

E continuo a lasciarti fare.

 

(Il dipinto è "Giuditta e Oloferne" di Artemisia Gentileschi - a ribaltare il vaso).

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
Vai alla Home Page del blog
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963