"Tutto ciò che è profondo ama la maschera"
(F.W.Nietzsche)
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Post n°8 pubblicato il 28 Maggio 2012 da MaskAngel
La piu tipica maschera della Venezia del Settecento. La "bauta-costume" è il travestimento nel suo insieme. Comprende cioè la "larva" (maschera), un copricapo tricorno solitamente nero, lo "xendal"o roccolo di pizzo che può essere bianco, turchino (ma anche scarlatto in occasioni di eventi speciali) che parte dal collo e arriva a coprire le spalle, dal tabarro nero, mantello a ruota di lana solitamente usato dai popolani, specialmente per ripararsi dal freddo invernale nelle campagne ma usato anche dai briganti perchè permetteva di nascondervi sotto armi o qualsiasi altra cosa. Per questo tipo di maschera i veneziani erano disposti a spendere anche molti soldi per acquistare le migliori stoffe. A Venezia tra il XVII e il XVIII secolo indossare una bauta era ormai uno status-symbol tanto che educazione voleva che il rispetto o il saluto era dovuto e cortese a ogni maschera, appunto perchè non si poteva subito conoscere chi fosse a indossarla, personaggio di spicco o semplice popolano. La necessita del tabarro fu una scelta univoca, il popolo non avrebbe potuto avere gli abiti lussuosi dell'aristocrazia e quindi se ci si doveva uniformare anche per desiderio di scavalcare i limiti dettati dalle regole, l'unica scelta possibile era per l'aristocrazia di usare abiti popolani e quindi il tabarro che annullava ogni colore o distinzione era la soluzione per i nobili nel Settecento. La "bauta-maschera" (larva) inizialmente di color nero, poi bianca, fatta in gesso, cartapesta o cuoio con labbro superiore sporgente e allargato; gli zigomi evidenziati, con un naso pronunciato che aveva lo scopo di cambiare il timbro di voce, così da rendere ulteriormente irriconoscibile chi la indossava, e allo stesso tempo riuscire a bere e mangiare senza aver bisogno di levarla. Le baute potevano avere varie fattezze. Venivano realizzate dai mascareri in voga al tempo e le dimensioni si dovevano comunque conformare alla comodità dei lineamenti del volto, ma in ogni caso essere comunque di tipo "standard" in modo da mantenere la costanza nelle forme.
Il termine "bauta" deriva secondo alcuni storiografi dal piagnisteo |
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"...mascherarsi e sopravvivere a certe situazioni che la realta' ci pone
mascherarsi e' cercare di essere cio' che vorremo
e non siamo convinti che se fossimo diversi
avremmo piu' rispetto ...piu' stima ...piu' fortuna ecc...
mascherarsi e' nascondere la parte che noi riteniamo piu' fragile
..o piu' negativa della nostra personalita'
mascherarsi e' proteggersi
cercando di essere cio' che non si e' e forse non si sara' mai!
mascherarsi e' un gioco ...nel farsi scoprire ..solo se lo si vuole
e da chi lo si vuole
mascherarsi e' una liberazione per essere cio' che mai saremmo a
volto scoperto
mascherarsi e da furbi..sciocchi arroganti
pervasi...critici...giusti
o da ingenui ..semplici ...ordinari..anonimi...vili?"
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"La donna è maschera per se stessa.
Il suo corpo è ciclico, è materia vivente che produce materia vivente, crea e conforma altri corpi. Apertura, dilatazione, espulsione."
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Indosso la maschera
della felicità apparente
dove chi mi guarda
vede allegria e felicità...
Indosso la maschera
della felicità apparente
dove il cielo è sempre azzurro
i prati sempre in fiore...
le colline sempre verdi
Indosso la maschera
della felicità apparente...
dove ti tendo sempre la mano
sono sempre pronto a sostenerti
Indosso la maschera
della felicità apparente.
dove chi sa leggere i miei occhi
vede e sà...
che è solo apparente
la maschera della felicità...
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Nel viale della vita
quante maschere ho usato
...per amore, per dolore,
per tristezza, per felicità:
MASCHERE!
Quale uso oggi?
Non è facile scegliere
anche se vorremmo usarne
solo una.
Com’è strana la vita
nel dubbio della scelta...
puntualmente sbaglio!
Come fare…
Ritorno nel viale della vita,
cerco di osservare,
noto che ci sono tutte le maschere
cerco la prevalenza,
e incontro la maschera della... diffidenza.
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Maschera apotropaica