Pensieri & Parole

Pensieri e Parole in libertà

Creato da valesaber il 11/02/2010

Area personale

 

Tag

 

Archivio messaggi

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

FACEBOOK

 
 

 

(Gortoz a ran - Genez Prigent feat. Lisa Gerrard)

'Aspetto'
(traduzione a cura di Leonardo Venturi)

Aspettavo, aspettavo da tanto tempo
nell'ombra scura delle torri grigie
nell'ombra scura delle torri grigie

Nell'ombra scura delle torri di pioggia
mi vedrai aspettare per sempre
mi vedrai aspettare per sempre

Un giorno tornerà
sulle terre, sui mari
sulle terre, sui mari

A portarmi sui sentieri
tornerà carico di spruzzi di mare
nell'ombra scura delle torri nere

Tornerà il vento azzurro
e porterà con sé il mio cuore ferito

Sarò spinto via dal suo respiro
lontano nella corrente, in un altro paese

Sarò spinto via dal suo respiro
lontano nella corrente, ovunque voglia

Ovunque voglia, lontano da questo mondo
tra il mare e le stelle.

 

Archivio messaggi

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

 

 

Orridi orrori...

Post n°90 pubblicato il 10 Febbraio 2012 da valesaber
Foto di valesaber

Poche parole... per non risultare ripetitivo nell'esposizione... più di quanto già non mi capiti... Ma cosa ci posso fare?
Parlare degli argomenti che ci stanno a cuore credo sia il modo migliore per non parlare a sproposito o almeno per ridurne il rischio.
Ma stavo dicendo poche parole... e non voglio certo sprecarle ma usarle tutte per onorare la commemorazione delle Foibe, che ricorre nella giornata di oggi.
Senza ombra di dubbio alla tragedia delle Foibe si applicano interamente le stesse considerazioni fatte per la giornata del 27 gennaio, nel ricordo dell’olocausto. Cambiano i carnefici, cambiano le motivazioni che li hanno portati a questi eccidi efferati, ma non cambia il comune denominatore: l’odio. Un odio sordo e muto, alimentato dalle vicissitudini storiche recenti dell’epoca in cui è maturato. L’annessione all’Italia dell’Istria dopo la prima guerra mondiale, l’avvento del fascismo e delle sue persecuzioni a carico degli istriani jugoslavi, compresa la loro "italianizzazione" imposta a forza, fino ad arrivare alla occupazione della Jugoslavia e alle violenze perpetrate dai fascisti come rappresaglie alla guerra partigiana.
Ma sul fronte balcanico tutte le parti coinvolte si sono rese colpevoli di crimini di guerra, a partire dagli iniziali vincitori, italiani e tedeschi, passando per ustascià e cetnici, fino ad arrivare ai partigiani prima e all’esercito di Tito poi. Ogni parte si è resa responsabile di violenze brutali e repressioni contro la popolazione civile di una o dell’altra parte, gettando il paese nella paura e nello scompiglio totale.
Ed è in questo clima di crescente avversione e nel folle desiderio di vendetta per i torti subiti, veri o presunti che fossero, che sono maturati poi gli eccidi delle Foibe a partire dal ’43.
Una violenza con una forte connotazione politica, guidata dalla precisa volontà del nuovo regime jugoslavo di annettersi la Dalmazia, liberandola da ogni possibile oppositore o seguace della sua "italianità". Dunque una ben definita linea politica a cui si è poi associata una demente corsa alla vendetta, alla stregua di quello che è accaduto in seguito in Italia, nella rossa pianura padana del dopoguerra, dove la passione politica e la volontà di cancellare il fascismo, si è poi trasformata in un occasione per regolare ogni tipo di "conto aperto" anche quelli personali o dovuti alla solo invidia per uno stato sociale o culturale.
Così i corpi hanno iniziato a riempire le foibe… sempre più numerosi, in una spirale crescente di violenza. Ma, "con la violenza puoi uccidere colui che odi, ma non uccidi l’odio. La violenza aumenta l’odio e nient’altro" così diceva M.Luther King e sappiamo quanto conoscesse l’odio, subendolo continuamente in una delle sue tante brutali forme.
E come per i crimini dell’italia del dopoguerra, anche per gli eccidi delle foibe non ci sono state indagini o prese di posizione chiare da parte della classe politica del tempo. E tanto meno processi. La volontà di evitare una guerra civile in Italia per i primi e il desiderio di avvicinare la Jugoslavia alle posizioni europee allontanandola il più possibile dall’influenza sovietica, hanno determinato la volontà di cercare di smorzare le tensioni, ricercando l’oblio per questi crimini. Dimenticare in nome di un tornaconto politico.
Ma le vittime della violenza non meritano di essere dimenticate… meritano invece il nostro imperituro ricordo. Ogni vittima lo esige. Magari non ne conosceremo mai tutti i nomi, ma ricordarne il sacrificio quello sì… quello è un nostro obbligo morale, come italiani e come persone civili.
Come scriveva Gothe:
"chi è nell’errore compensa con la violenza ciò che gli
manca in verità e forza".

 
 
 

Onorare la memoria...

Post n°89 pubblicato il 27 Gennaio 2012 da valesaber
Foto di valesaber

 ... conoscenza della propria storia e tradizione, che costituisce il patrimonio spirituale di un popolo...”
Così troviamo fra le varie definizioni citate alla voce “Memoria” nel dizionario della lingua italiana...
E dalla memoria come “
il patrimonio spirituale di un popolo”, voglio iniziare il mio omaggio a questo 27 gennaio, giornata della memoria, commemorazione dell'Olocausto, ragionando sull'importante problema del "negazionismo” la cui diffusione inizia ad avere dimensioni preoccupanti non solo nella nostra Europa ma in tutto il mondo.
Il negazionismo disconosce oggettivamente lo sterminio perpetrato dalla Germania nazista ai danni degli ebrei, omossesuali, malati e portatori di handicap, testimoni di Geova, rom, slavi, russi, polacchi ...e di tutti coloro che in pratica non rispecchiavano il diktat dei canoni degli ideali ariani...
Queste persone ne negano l'esistenza storica, sostenendo che in realtà si è trattato di un gigantesco complotto atto a criminalizzare i nazisti e a sostenere la legittimità della creazione dello stato di Israele...
Una follia.. ed un crimine. E come tale viene perseguito penalmente in molte nazioni... perchè negare quello che stato arriva a essere criminale quasi quanto lo è stata l'azione in sé.
Cercare di dimostrare con tesi e illazioni che in realtà si è trattato di una gigantesca montatura, un mera operazione pubblicitaria... oltre ad offendere la nostra intelligenza e la dignità umana delle vittime e dei sopravvissuti, si rende colpevole di un vero e proprio abominio morale, cercando di togliere l'unica cosa che ancora rimane a chi è scampato all'eccidio... quello che permette loro di mantenere un fievole contatto con la realtà: la solidarietà umana.
Ma vi rendete conto che nell'Olocausto hanno trovato la morte qualcosa come 14 milioni di persone ? Praticamente il 30 percento delle vittime della seconda guerra mondiale? Vittime non dei bombardamenti o degli scontri armati... ma di una ben pianificata mattanza messa in atto con logica industriale?!
Negare l'olocausto è come uccidere nuovamente chi vi ha trovato la morte per il solo crimine di non rispettare i dementi canoni di razza e ideali di questi mostri... per la sola colpa di avere un peso sociale e una valenza economica nel paese.
Ma vi rendete conto di quale crimine sia il negazionismo?
E' vero che la libertà di pensiero e la manifestazione delle proprie idee è il principio primo di ogni democrazia... ma anche il solo pensare di negare l'evidenza, di negare tutto quello di cui siamo stati testimoni: la crudeltà, la brutalità nel privare l'uomo del suo bene più grande, la sua dignità... riducendolo ad un oggetto senza anima, senza diritti, inutile... è un attentato alla nostra stessa autodeterminazione di esseri umani... è un vero crimine verso l'umanità tutta, verso noi stessi, verso i nostri figli e le generazioni future.
E cosa resta di tutte quelle vite stroncate, se non la nostra memoria e l'obbligo morale di continuare a onorarla, a promulgarla?
Il loro ricordo deve essere perpetuato affinchè anche le nuove generazioni, quelle nate in tempi più “civili”, non possano dimenticare cosa può accadere quando lasciamo che la follia di pochi uomini abbia la meglio sulla nostra umanità, quando nessuno ha il coraggio di ribellarsi e di erigersi a baluardo della barbarie e della negazione di quello che è il diritto primo di ogni uomo: quello alla vita...
L'odio è pandemico.
E' più facile trovare motivi per odiare, invidiare, prevaricare il prossimo piuttosto che amarlo. L'insoddisfazione, il malcontento sono facili inneschi per l'avvampare dell'odio. E' quello che è successo nella Germania uscita malconcia e umiliata dal primo conflitto mondiale ed è quello che può succedere ovunque quando gli uomini si arrendono e rinunciano a pensare con la propria testa, affidandosi a quella di altri.
Ogni volta che rivedo le immagini dell'olocausto, ogni volta che vedo quegli esseri umani ridotti all'ombra di sè, privati di ogni dignità e del retaggio non solo di uomini, ma anche quello stesso di esseri viventi... ridotti con la violenza all'anonimato di un numero, di un entità astratta utilizzata per sola esigenza statistica della raggiunta efficienza di una macchina di morte... beh... non posso fare a meno di riempirmi di una tristezza infinita, di una malinconia profonda che provo ad spurgare con le lacrime, ma invano.
Ogni volta mi chiedo come è potuto essere, come abbiamo potuto permetterlo...
Mi rispondo che la minaccia della morte, della perdita della propria vita potrebbe essere una spiegazione sufficiente, ma poi continuo chiedendomi se la vita, ostaggio di un simile rimorso, potrebbe avere ancora lo stesso senso compiuto che ha per chi quei momenti non li ha vissuti, ma può solo immaginarli... Difficile poter sciogliere il dubbio su come ci 
saremmo comportati a riguardo.
Ma almeno questo glielo dobbiamo, dobbiamo continuare a onorarne la memoria, senza 
smettere mai di combattere il negazionismo, parlandone, scrivendone, denunciandone instancabilmente la follia e il pericolo. Invocandone una condanna sempre più unanime e inflessibile... cercando di spiegare alle nuove generazioni quello che è stato e che non dovrà mai più essere, come intenzione così come semplice pensiero...
E la condanna dell'Olocausto non deve fermarsi alla sola condanna della mattanza degli ebrei, rom, disabili, omosessuali... ma deve essere la condanna di ogni azione pratica o intenzionale, che è stata, è o sarà, orientata ad opprimere e annientare un popolo, una etnia, un gruppo... qualsiasi sia la motivazione e il metodo.
La necessità di difendere i propri diritti, la libertà propria o di altri dalla altrui prevaricazione, può arrivare a motivare una guerra, un azione violenta in generale ma non c'è e ci sarà mai una motivazione plausibile e concreta alla reiterabilità di un genocidio...
Questa è la semplice e cruda verità...
e “la verità è tanto più difficile da sentire quanto più a lungo la si è taciuta” (Anne Frank)

 
 
 

Delitto e castigo...

Post n°88 pubblicato il 07 Dicembre 2011 da valesaber
Foto di valesaber

Non ho parole…
Le ho perse quando ho letto le esternazioni di una certa ragazza verso l'ex fidanzato affinchè la smettesse di usare la propria famiglia per ricercare pubblicità, per farsi notare...
Se ce ne fosse il bisogno chiarisco che sto parlando di Erika De Nardo e della sua lettera aperta all'ex-fidanzato.
Davvero mi chiedo dove questa ragazza abbia trovato il coraggio per scrivere una cosa simile... per parlare di rispetto verso una famiglia che lei stessa ha trucidato. Tutta.
Perchè come ha ucciso fisicamente a coltellate madre e fratello, ha ugualmente ucciso nello spirito un padre di cui posso solo immaginare questi 10 anni passati a chiedersi il perchè di un simile gesto... e soprattutto nella consapevolezza di essersi salvato dalla mattanza per una semplice coincidenza o per sopraggiunta stanchezza dei carnefici...
Deve essere faticoso uccidere, almeno a quel modo.
La mia indignazione è sopratutto per questo.
Non mi sconvolge la libertà concessa ad una efferata assassina dopo solo 10 anni di detenzione (senza dimenticare i 9 anni bastati al complice). La possibilità di redimersi ed espiare le proprie colpe, intraprendendo un percorso correttivo che passa attraverso la reale comprensione del male fatto e l’elaborazione di un sincero e autentico pentimento per le azioni commesse, sono i passaggi fondamentali per il recupero sociale di un individuo… E deve essere concessa a tutti coloro che hanno sbagliato. Certo, deve esserci una differenza sostanziale nell'approccio a questo percorso, in quello che è il suo iter procedurale rispettivamente alle proprie colpe: chi è colpevole di reati che per quanto gravi non hanno terminato o rovinato delle vite, ha sicuramente un debito minore verso la nostra società rispetto a chi invece quelle vite le ha stroncate, in particolare se c'è stata volontà e freddezza...
Ogni colpa ha il suo giusto castigo... Ma ogni colpa deve poter contemplare la possibilità di una sua espiazione, anche se fosse a vita...
Quello che mi turba è proprio il pensiero di questa possibilità di redenzione, del poter essere recuperati umanamente e civilmente in un reintegro all’interno della nostra società... perché proprio lei, che ne ha goduto personalmente (e con così grande vantaggio), dovrebbe essere la prima, se davvero pentita e recuperata in quella dignità umana che aveva perduto nell’efferatezza delle sue azioni, a dare la stessa possibilità al ex-compagno... La possibilità di aver sinceramente maturato e capito l’enormità dell’errore commesso e di aver raggiunto un reale pentimento per le proprie azioni.
Come possiamo essere certi del ravvedimento di Erika, che si sia finalmente liberata di tutta quella rabbia e odio che aveva dentro… se ancora la esterna in un modo così evidente? Come può pretendere che crediamo a un suo recupero nella società umana se è lei la prima a non credere a quello del suo ex ragazzo e alla sincerità del suo rimorso su una tomba?
Mi viene da pensare che lei non sappia cosa sia quel rimorso. Che, come qualcuno dice, lei non si sia mai pentita dei gesti compiuti… e quindi, non “guarita” da quel male oscuro che la teneva in ostaggio, non possa credere che ci possa riuscire qualcun altro.
Questi sono i pensieri che mi attraversano leggendo di lei.
E poi c’è quel brivido che sento dentro quando vedo il suo viso sorridente che occupa le prime pagine di certi (indegni) giornali... quel sorriso che mi ricorda tanto quello delle foto che ci hanno fatto conoscere sua madre, quella madre a cui ironicamente assomiglia sempre più e che lei stessa ha ucciso.
Ma come diamine fa a sorridere così?
Come fa a dormire di notte con un simile peso sulle spalle?
Come fa a vivere una sua vita serenamente quando ne ha stroncate due e in quel modo? Dopo aver versato il sangue del suo sangue…
Non voglio apparire melodrammatico e tantomeno ipocrita, ma quando ho visto mio padre esamine a terra vi assicuro che il mio primo pensiero è stato quello di poter prendere il suo posto... forse perchè nella disperazione del momento avevo trovato egoisticamente più confortante un possibile incerto oblio a una lunga e certa disperazione... ma sopratutto perché nonostante tutti i nostri contrasti e litigi, normali in un rapporto genitori e figli, non ho mai smesso di amare alla follia quell’uomo (e mia madre con lui)  che mi ha generato e reso possibile questa grande avventura che è la vita… La successiva lucidità e consapevolezza che la natura deve fare il suo corso e che non è normale che i genitori sopravvivano ai figli, mi hanno consentito di accettare la tragedia e farmene, per quanto possibile, una ragione. Ma vi assicuro che avrei dato la mia vita per la sua se avessi potuto.
E questa li voleva uccidere entrambi?
Ha progettato freddamente e lucidamente di sterminare la sua famiglia, riuscendoci quasi completamente... E con quale violenza. Una cinquantina di coltellate alla madre e per il fratello è andata anche peggio: ha tentato prima di avvelenarlo con veleno per topi, poi di annegarlo e alla fine l'ha trucidato a coltellate.. altre cinquanta.
Un odio cieco e sordo.
Lo stesso che dimostra anche adesso…
E con la licenza basata sulle circostanze, su quello che mi è dato di sapere… leggendola giurerei che sia ancora ostaggio di quell’odio e della rabbia che l’ha portata a fare quello cha ha fatto… E questo mi rende difficile riconoscere in lei i segnali di quel cambiamento necessario al reintegro nel consorzio civile. L’aver sbagliato e aver successivamente capito l’essenza di questi errori, il provarne un giusto rimorso e un reale pentimento, pur non potendo cambiare il passato e il male fatto, sono passi fondamentali per imparare ad essere più tolleranti con gli altri oltre che con se stessi, arrivando soprattutto a concedere a tutti le stesse possibilità che ci sono state concesse.
Questo è quello che chiamiamo pietà…
Ed è proprio attraverso il raggiungimento di questo sentimento di umana pietà e compassione che deve obbligatoriamente passare un cammino di redenzione.
Ma nessuna umana pietà e indulgenza traspare dalle sue parole…
Solo dichiarazioni rabbiose  e risentimento, ingredienti base dell’odio…una parola che dovrebbe bandire dal suo vocabolario se volesse davvero provare a lasciarsi tutto alle spalle e rifarsi una vita.
Dopo tanto odio, rabbia… l’unico modo per salvarsi è dedicare la propria vita a perseguire l’amore, indistintamente, fortemente... sia il proprio che quello per gli altri.
Non certo così.
Spero di cuore che quei giudici che ne hanno disposto la scarcerazione abbiano valutato bene.
Questa persona ora è libera e come tale libera di farsi una famiglia… libera di diventare a sua volta madre...
Mi auguro che tutto quanto l’agita dentro possa trasformarsi in qualcosa di più produttivo e benefico, per sé e per chi vorrà intraprendere una vita con lei… permettendole finalmente di arrivare a costruire invece di distruggere.
Quale beffa e fallimento sarebbe leggere di altre sue gesta nefande.

Dovevo scriverle queste parole… per me stesso, per esorcizzare l’irritazione che sento dentro e evitare che possa trasformarsi in rabbia ma piuttosto diventi compassione e mantenerla così all’interno dei giusti canoni della nostra ragionevolezza umana.
Sempre tenendo ben presenti le parole di Dryden : "Ragione per governare ma clemenza per perdonare: la prima è legge, privilegio l'altra"

 
 
 

Ancora dolore...

Post n°87 pubblicato il 02 Dicembre 2011 da valesaber
Foto di valesaber

Scrivo queste poche righe per ricordare un compagno di viaggio che da oggi non è più con noi e di cui sentiremo la mancanza...
In un anno di dolore come questo, dove abbiamo provato sulla nostra pelle cosa significa perdere una persona cara, una delle più importanti all'interno di una famiglia.. può sembrare che questo dolore sia immotivato o quanto meno esagerato. Ma vi garantisco che non è così.
Anche se sto parlando di un animale, di un cane... vi assicuro che il rapporto che si instaura fra lui e noi è un qualcosa di forte, di potente e come tale doloroso quando viene tagliato dalla falce impietosa della morte.
Mi rendo conto che spesso indichiamo un cane come "nostro" e che questo possa dare un idea errata del rapporto che ci lega a lui. Personalmente ritengo che anche per gli animali valga quello che accade per gli uomini quando usiamo gli aggettivi possessivi. E’ una semplice convenzione per poter indicare qualcuno che ci è caro e distinguerlo da un altro.
Quello fra uomo e cane è un vero rapporto di amicizia, d’amore e non di sudditanza. Non c'è un padrone nel senso comune della parola. C’è piuttosto una personalità prevalente, dovuta a quelli che sono i naturali rapporti di dominanza che regolano le relazioni nel mondo animali... e ai quali dobbiamo adattarci anche noi (lasciamo perdere ogni disgressione relativa all'ambito umano...) per poter interagire nel modo corretto e migliore con loro.
Il cane che è morto è quello di mio fratello. Jack era il suo nome e il dolore che provo ora è forte e presente come se si trattasse del mio.
Jack era con noi da 12 anni ed era diventato una presenza costante e confortante nella nostra famiglia. Solo la tragedia che abbiamo appena vissuto mi impedisce di disperarmi come un bambino... Purtroppo mi sono accorto da un pò di non avere più lacrime da versare. Mi serve ancora del tempo per riuscire a rimpiazzare tutte quelle sparse... E questo mi dispiace. Il pianto ha un effetto benefico e esorcizzante sul nostro umore e non riuscire a sfruttare questo suo effetto taumaturgico mi è davvero di peso...
Mi mancherà il suo scodinzolare festante al mio arrivo alla sua casa e mi mancheranno anche i momenti di gioco a tre insieme al mio Leo (Leo è il mio pastore tedesco che con la baldanza dei suoi 3 anni di età cercava sempre di coinvolgerlo nei nostri giochi, provocandolo con le palline di cui Jack andava matto...ma anche semplicemente saltellandogli intorno, abbaiando come un cucciolo)
Quella di Jack è stata una morte improvvisa e impietosa. La peggiore per mio fratello.
E' morto avvelenato da qualcuno che ha gettato un boccone mortale sulla ciclabile che costeggia la nostra proprietà.
Ci sono persone che non amano gli animali (anzi, credo che non amino nessuno.. perché come diceva sempre mio nonno: “chi non ama gli animali non ama neppure gli uomini”) e si sentono minacciate dalla  loro semplice presenza, reale o promessa…
Jack, da spirito libero quale era, molto spesso se ne andava a spasso per la campagna, un pò per quell'innata natura di cacciatore che lo portava a fiutare ogni pista e a seguire le possibili prede instancabilmente, un pò per seguire il richiamo delle femmine in calore e un pò (ne sono convinto) per semplice spirito di avventura. E in questo suo instancabile girovagare a volte si trovava a transitare nelle vicinanze di questa ciclabile, ma senza mai percorrerla... per il semplice motivo che preferiva evitare le persone e tenersene alla larga, non per paura o diffidenza, ma semplicemente perché non sopportava le loro esternazioni al suo passaggio… Era un cane di media taglia, con geni da pastore e quindi sufficientemente grande da incutere paura a qualcuno... ma non ha mai fatto del male a nessuno, preferendo ignorare e farsi i fatti propri.
Ma non è stato sufficiente, la subdola trappola di un boccone assassino lo ha tradito e lo ha portato alla morte. Una morte impietosa con un agonia lunga e terribile, che abbiamo seguito impotenti... A nulla sono valse le cure del veterinario. La potenza del veleno e anche la sua età avanzata hanno avuto la meglio su uno spirito forte e mai domo.
Prego solo che mio fratello non trovi mai chi ha gettato tali esche... non saprei come fermarlo.
La mia sola consolazione (quella che adotto sempre quando viene a mancarmi qualcuno) è che ora Jack, è insieme agli animali e alle persone della nostra famiglia che l'hanno preceduto nel viaggio… Ora è con il mio Ettore, il mio primo pastore tedesco, quello con cui ha giocato e litigato così a lungo prima che anche lui se ne andasse tragicamente (credo che ne parlerò prima o poi).
E sono sicuro che anche ora sarà là a fiutare e seguire una pista, latrando come un disperato, preso nella foga dell’inseguimento, completamente libero e, me lo auguro, ancora felice.
Lo spero davvero con tutto il cuore…

 
 
 

Per amore, solo per amore... mio.

Post n°86 pubblicato il 11 Novembre 2011 da valesaber
Foto di valesaber


"...
Ragazza noi siamo bugie del tempo...
appesi come foglie al vento di Mistral.
Non eri ancora nata e già ti avevo dentro...
come stanotte in questa casa di Alcazar.
Ma più bello di averti è quando di disegno...
niente ha più realtà del sogno.

Il mondo non esiste il mondo non è vero…
e ho sognato di me...

Per amore, solo per amore,
dei miei occhi, delle mie parole
con la frutta marcia fra le mani,
con la donna che non c'è domani.
Per amore, solo per amore,
del bambino perso sulle scale
per tenermi se le gambe tremano
e vedere dove gli altri guardano.
No... Sancho non muore.

Ho combattuto il cuore dei mulini a vento...
insieme a un vecchio pazzo che si crede me.
Ho amato Dulcinea insieme ad altri cento...
ho cantato per lei, ma perché?

In un paese d'ombre fra la terra e il cielo...
ora sogno di te.

Per amore, solo per amore,
dei miei gesti, delle mie parole,
delle notti che me li confondo insieme
e del vino lento fiume nelle vene.
Per amore, solo per amore,
di quel viso che non può tornare,
della stella che non può cadere giù,
la tua mano che non sa tenermi più.
Per amore, solo per amore mio,
ho giocato sempre a strabiliare,
per amore, solo per amore mio,
dietro un velo che non puoi arrivarci tu.
Per amore, solo per amore mio.
Per amore, solo per amore mio.
Per amore, solo per amore.
Per amore, solo per amore
..."

(R. Vecchioni   "Per amore mio")


Diamine... Quanto mi dispiace che il servizio "Libero Video" sia stato sospeso.
Questa sezione della community era diventata per me un punto di riferimento, un modo per cercare di spiegare al meglio quelle particolari emozioni che mi agitano dentro e che prendono per mano il mio cuore, facendolo battere più forte del solito o forse diversamente dal solito...
A volte ci sono passioni che faccio fatica ad esprimere esattamente per come le vivo o che semplicemente mi trovo a in difficoltà a condividere con altri che non siano me :-)
Così, fin da quando ero giovane, ho imparato a gestire queste mie emozioni con la musica o meglio a ricorrere ad essa per spiegarle e magari, perché no, renderle più potenti e al contempo più chiare anche per me stesso.
Amo la musica.
Praticamente non c’è musica che non mi piaccia: dalla classica e impegnata fino a quella più commerciale e modaiola… quella che non ha alcuna pretesa intrinseca se non di svagare le persone trascinandole al ritmo di una danza..
Credo di essermelo guadagnato largamente questo amore :-)
Permettetemi una piccola disgressione per poter spiegare cosa intendo…
Ho attraversato di prima persona le innovative e prorompenti correnti musicali della fine degli anni 70' e inizio degli 80’, partendo dal proto Punk dei New York Dolls e Ramones poi, fino ai gruppi britannici come i Sex Pistols o i Clash (senza mai perdere di vista gli US…Dead Kennedy e Black Flag in primis). Poi sono passato alla New Wave... prima attraverso le tetre oscurità della Dark music (Bauhaus e Joy Division per intenderci), per spostarmi piano piano verso ambientazioni meno gotiche ma ugualmente affascinanti (usando i Cure come compagni di viaggio) e così proseguendo fino ad arrivare al New Romantic (Ultravox, Spandau Ballet... Depeche Mode...). Questo movimento ha segnato la mia ultima “militanza” musicale in un preciso settore… Ormai ero maturato a sufficienza, almeno musicalmente, per affrancarmi da ogni divisa e apprezzare così tutta la musica senza fare distinzioni di sorta. Affrancarmi da ogni etichetta e liberare il mio ascolto a tutto il successivo panorama musicale mi ha permesso di godere al massimo di questa facoltà, usando la musica per aumentare la sensibilità e una certa predisposizione a coltivare le emozioni …
Credo sia l'amore per la musica che rende più facile accettare le proprie emozioni, senza cercare di nasconderle quanto piuttosto l’opposto... evidenziandole, abbracciandole e ricorrendo ad essa per cercare la serenità necessaria per gestirle e magari anche spiegarle queste emozioni. E la scoperta dei cantautori italiani, fatta negli anni 80, mi ha fornito un sacco di “materiale” su cui poter applicare questa consapevolezza.
Ci sono cantautori che riescono a legare a una bella melodia, la struttura di una vera poesia, senza che le parole siano subordinate alla musicalità e viceversa... creando in questo modo una sinergia così potente e sublime da permettere alla canzone di arrivare direttamente al cuore delle persone per parlargli senza alcun filtro o compromesso.
E’ la liricità racchiusa in queste composizioni che riesce nel non facile compito di trasmettere integre le emozioni che vogliono descrivere, senza però far perdere loro di valore e intensità, ma rendendole piuttosto chiare e semplici e immediatamente identificabili anche da noi che le abbiamo vissute magari allo stesso modo, ma senza riuscire però a dominarle ugualmente bene...
Ci sono persone che hanno il dono di raccontare in modo semplice e chiaro le emozioni che provano, anche quelle le più alte e difficili e renderle più vicine e di facile comprensione per tutti, arrivando così ad aiutare i tanti che non hanno lo stesso dono a
comprendere anche le proprie di emozioni e aiutandoci a viverle meglio.
Ed è proprio questa la forza della musica, anche di quelle “canzonette” che sembrano così semplici e povere: predisporre il nostro animo a essere più ricettivo e pronto verso certi sentimenti che in questo modo diventano  più intellegibili e chiari.
E poi, la consapevolezza che certe situazioni, certe emozioni che ci agitano dentro, sono le stesse che provano altre persone, ha il potere di farci sentire meno soli e di essere parte di quel tutto che si agita e dibatte attorno a noi e che tante volte sembra voglia respingerci.
La musica riesce benissimo ad esorcizzare quella solitudine a cui a volte ci sentiamo condannati… Basta andare a un concerto, in un locale dove poter parlare quel linguaggio universale che è il ballo, per abbracciare quel senso di comunione spirituale che è determinato dall’amare uno stesso genere musicale.
La musica, con quella sua componente spiccatamente popolare che è incentivata dalla presenza della melodia (specie se accattivante) ha la capacità di arrivare a una platea più vasta rispetto ad altre arti ugualmente orientate a spiegare le emozioni, come ad esempio la letteratura con la sua poesia... rendendosi così più ricettiva, disponibile e fornendo al tempo stesso una versione più facile delle emozioni che vogliono descrivere…
E spesso, un’animo ben predisposto dalla musica, riesce a interpretare al meglio come un altra persona ha elaborato un certo sentimento, arrivando anche a migliorarne l'approfondimento e a completarne l'analisi.
E così anche quello che dentro di noi è contorto e complesso può essere liberato e affrancato semplicemente ascoltando una canzone...
Tutto ciò è un cammino importante per permetterci di progredire nella conoscenza del nostro io e arrivare, possibilmente, a aumentare la nostra forza interiore e permetterci magari di superare i momenti più tristi e apprezzare maggiormente anche le più piccole gioie...
Come diceva Proust
"La musica è l'esempio unico di ciò che si sarebbe potuto dire... se non ci fosse stata l'invenzione del linguaggio, la formazione delle parole, l'analisi delle idee... la comunicazione delle anime"
...
E ritornando al testo della canzone (che peccato non poterne godere con l'abbinamento della melodia...ma anche così è lo stesso musica, musica per l'anima...), trovo che i sentimenti trattati si applichino perfettamente alle mie emozioni del momento e l’ascoltarla mi rasserena…

 
 
 

Italiani, popolo di poeti, santi, navigatori...e demagoghi

Post n°85 pubblicato il 31 Ottobre 2011 da valesaber
Foto di valesaber

Sapete? Ci sono volte in cui penso di avere reazioni eccessive rispetto a situazioni o comportamenti altrui, ma poi, riflettendoci, credo che il tutto sia proporzionato all’insostenibile irrazionalità di certe esternazioni…
Magari sono solo troppo intransigente nelle mie posizioni o soltanto troppo esigente nelle mie aspettative relativamente a particolari contesti... e la conseguente personale delusione (ormai cronica verso alcune categorie) mi porta poi a reazioni esagerate. E comunque ci sono malcostumi e espressioni che riferiti a fatti di una particolare gravità e coinvolgimento sociale risultano davvero dannosi per il tessuto connettivo della nostra stessa società e non possiamo astenerci dal prendere una posizione...
E non è di giustificazione il fatto che siano lontani da noi o non abbiano colpito i nostri diretti interessi.
Come cittadini non possiamo mai ritenerci esenti dal difendere quella che è la realtà della ragione, dei fatti... da quella che è una pura demagogia che ci viene imposta subdolamente, facendo leva sulla emotività e sul dolore del momento. Ogni vicenda che accadde nel nostro paese ci vede direttamente coinvolti e come tale dobbiamo parteciparvi come se ci toccasse personalmente nel profondo. Ma dobbiamo affrontarla con la chiarezza della ragione e non ebbri di emotività e illazioni…
Qualche giorno fa ho avuto modo di leggere il discorso pronunciato dal sindaco di Lamezia Terme di fronte al papa in visita nella sua regione e non ho potuto fare a meno di irritarmi per una frase relativa all’ultima tragedia del lavoro accaduta a Barletta un pò di tempo fa… Una tragedia la cui emotività e drammaticità ha giustamente agitato gli animi di tutti, ma forse non nel modo che ritengo più corretto. Ho notato che quello che è emerso principalmente da questa sciagura è che, come chiaramente espresso pubblicamente da più parti “…è terribile che per un lavoro totalmente in nero e sottopagato si debba morire tragicamente come è successo per le operaie di Barletta…” Quello che mi ha fatto irritare è stata la volontà di sfruttare politicamente la morte di queste persone… Ma cari signori, sarebbe cambiato qualcosa se quelle donne fossero morte per un lavoro regolare, con uno stipendio da 6mila euro al mese?! Io credo proprio di no...
La morte è una faccenda dannatamente seria... troppo per usarla per cavalcare l’animosità popolare a favore di questa o quell’altra fazione…
La politica non dovrebbe mai permettersi di utilizzare quelle che sono tragedie personali, quando non nazionali per trarne vantaggio… E non dovrebbe essere fatto neppure per una causa giusta come può esserlo quella della lotta al lavoro nero…
Durkheim considerava il lavoro come principale elemento della coesione sociale di un popolo, prima ancora della stessa religione. Ed è quindi proprio in nome di questa coesione sociale che non dobbiamo permetterci di alimentare la rabbia degli animi di questi stessi cittadini, dando loro in pasto conclusioni facili e pilotate… tese solo a ricercare il favore popolare, che è il motore di quella piaga che è la politica... Non certo quella politica intesa come principio regolatore della nostra vita privata e pubblica... quel senso civico che ognuno di noi deve avere per potersi definire un cittadino… E neppure quella che Aristotele definiva “l’amministrazione di una polis per conseguire il bene di tutti”... ma bensì quella politica che subiamo quotidianamente, nel calpestamento dei nostri naturali diritti di cittadini, nell’esagerata labirintica burocrazia con cui ci sommergono, fino ad arrivare allo sfruttamento legalizzato del nostro lavoro, che nella sua "regolarità" è stritolato da tante, troppe restrizioni e tasse. Una politica che invece di unire e creare coesione sociale, divide, creando una vergognosa suddivisione in caste, dove i suoi esponenti sono in cima…
Ma ho divagato… l’astio verso questo nostro mondo politico italiano (non mi interessa se quello internazionale subisce gli stessi problemi… vivo in Italia e rivolgo internamente la mia attenzione…per ora) mi distrae facilmente dal punto centrale della mia indignazione…
Non è stato certo per il lavoro nero che quelle donne sono morte.
No…sono morte semplicemente perché un maldestro operatore…o forse un incompetente tecnico, ha abbattuto un pilastro portante della struttura in cui stavano lavorando, rendendola pericolante. Sono morte per una responsabilità oggettiva, di cui auspico si occuperà la magistratura, relativa a mancati controlli da parte del comune e dei suoi rappresenti.
Sono morte per incapacità non per un diffuso malcostume… Questa modalità lavorativa deprecabile e invisa, è colpevole di una catena di sfruttamento e ricatti ma non, almeno in questo caso, della morte dei lavoratori.
Il problema del lavoro nero è una piaga odiosa la cui causa va ricercata altrove: nella cupidigia dei datori di lavoro con la loro ricerca di facili guadagni… ma anche negli alti costi di gestione dei dipendenti e nella esasperante burocrazia a cui è sottoposto chi invece vuole comportarsi civilmente. E’ subordinata a quegli oneri inps che saremo costretti a versare fino quasi a 70 anni e forse oltre… senza la sicurezza di poterne poi godere in modo decente… Mentre i nostri parlamentari possono andare in pensione con soli 5 anni di contributi e con stipendi che per la maggior parte delle persone sarebbe un sogno durante la stessa normale vita lavorativa…
Forse anche questa è demagogia… Ma vi assicuro che l’indignazione è vera, così come è reale l’intolleranza per una situazione che ormai non ritengo più sostenibile.
Davvero non riesco più a sopportare le parole dei politici, di qualsiasi locazione essi siano… Suonano sempre false e comunque asservite a questa o quella finalità della loro casta…
Il sindaco di Lamezia, invece di fare il demagogo e l’asservito al potere, doveva chiedere al suo collega di Barletta perché non aveva dato corso alle numerose lamentele e richieste di sopralluoghi fatte al comune dagli abitanti della palazzina crollata… quantomeno controllando i lavori in corso.
Di una cosa sono certo.
Di lavoro si muore quando non si rispettano le più elementari regole di sicurezza del posto di lavoro, si muore quando i responsabili vogliono risparmiare sulle strutture e sulle protezioni messe in atto. Si muore anche per la mancata esperienza in situazioni estreme, causa della insufficenza di corsi di aggiornamento e informative…
Ci sono tanti modi per cui si può morire sul posto di lavoro… ma nel caso di Barletta quelle persone non sono morte perchè stavano lavorando
in nero…
Quelle donne sono morte per l’incompetenza di un’impresa edile, di un suo operatore, del suo sovraintendente… del comune. Sono morte forse per dei calcoli errati…ma non per la modalità del loro lavoro che si trovavano a eseguire.
E poi, considerando che fra queste morti c’è stata anche la figlia 14enne del datore di lavoro…l’accusa mi sembra diventi anche paradossale.
Se si vuole trovare davvero un colpevole, allora questo va ricercato negli organi preposti ai controlli dei lavori in corso che non ne hanno vigilato e controllato l’esecuzione, la cui validità e operatività, ripeto, è stata più volte messa in dubbio dagli stessi inquilini del palazzo crollato… 
E quel comune, che ha dato il via libera ai lavori di demolizione ha la sua parte di colpe e manchevolezze, di sicuro di più del proprietario dell’azienda, che ha indubbiamente una colpa verso lo stato e noi cittadini che paghiamo le tasse e che ci sentiamo defraudati dal lavoro irregolare…ma che è stato colpito personalmente da questa tragedia come le altre famiglie.
Per questa responsabilità ci sono e ci devono essere dei diretti e precisi responsabili, che devono essere puniti in modo esemplare, senza ricorrere alla demagogia…
Inutile, sterile... politica.

 
 
 

La corsa nel sangue...

Post n°84 pubblicato il 24 Ottobre 2011 da valesaber
Foto di valesaber

Un altro epitaffio… un nuovo dolore per quanto diverso e lontano da quelli che ho provato recentemente, ma ugualmente presente e reale dentro di me.
Potrà sembrare strano, ma la morte mi colpisce sempre profondamente, anche quando si tratta di una morte annunciata e cercata (come quella di Gheddafi) o quella improvvisa e impietosa di giovani vite (come i tanti ragazzi morti in questo fine settimana), ma sempre e comunque lontane da me e dalla mia sfera privata. Credo sia perché amo così tanto la vita, da arrivare ad amare anche tutte quelle degli altri a tal punto da sentirne empaticamente la mancanza quando la morte li ghermisce. E non è quel facile sentimento di umana pietà verso la famiglia colpita, ma piuttosto il dispiacere che questi non possano più godere della loro vita e delle opportunità che gli si potevano presentare.
Per questo motivo rimango ancora più colpito quando chi muore è qualcuno che stimavo, che apprezzavo da lontano, senza averlo mai conosciuto personalmente…
Marco Simoncelli l’ho seguito da appassionato nell’evolversi della sua carriera, nelle sue tappe di avvicinamento alla classe regina, nel suo raccontarsi ai media in quel modo così diretto e spontaneo che caratterizzava non solo il suo rapporto con gli altri, ma anche la sua passione per il “motore”.
Credo la dica lunga questo appellativo… “il motore” (“e mutor”)…
In Romagna le moto sono chiamate con l’essenza della loro natura, con il loro cuore: il motore. Quel motore su cui ci mettiamo a cavalcioni, come a un cavallo, che da quel bizzoso puledro che è, non è mai totalmente domo, ma spesso è pronto a disarcionare quello scomodo fardello umano e a lanciarlo via da sé, proiettandolo in aria o facendolo scivolare come una trottola impazzita.
E la drammaticità dell’incidente di ieri, il coinvolgimento di altri piloti, piloti che lui chiamava amici, ha reso la tragedia ancora più surreale...
Di questa drammaticità credo che il primo a esserne sorpreso sarebbe stato proprio lui… e non credo di sragionare con questa riflessione...
Simoncelli viveva le corse come confronto fra uomini e motori, con quella voglia interiore di eccellere e affermarsi, che gli alienava ogni timore 
per le possibili conseguenze e questo lo dimostrava chiaramente in pista. E questo suo modo di essere non era quello di uno spericolato, di un incosciente, come è stato tante volte ingiustamente accusato, quanto piuttosto quello di una persona appassionata e innamorata del suo sport. Il suo non era un lavoro ma una ragione di vita, un amore coltivato fin da bambino, che lo aveva portato a pensare alla corsa come a un divertimento da inseguire. Aveva una guida grintosa è vero, una guida mai doma, pronta a dare sempre di più e lo dimostravano le numerose cadute come le stesse accuse degli altri piloti che l’hanno sempre mortificato per questo suo carattere generoso, pronto ad affrontare ogni curva come fosse l’ultima della corsa, ogni gara come se dovesse giocarsi il mondiale. Ma il suo spirito non si spezzava mai…. Anche se cadeva, anche se lo accusavano di tutto e di più…il weekend successivo era sempre là, in mezzo alla bagarre, pronto a rischiare per un centimetro in più, per arrivare a quel gradino più alto che, sono sicuro lo avrebbe aspettato presto. Tutto il resto è superfluo.
Mi mancherà… Mi mancherà la sua parlata romagnola che mi faceva sorridere ogni volta. Mi mancheranno le sue espressioni sornione e il suo sorriso sincero. Se ci avete mai fatto caso, quando era a cavallo della sua moto, prima della partenza, perdeva quella aria sorniona, quella di chi si chiede sempre cosa ci stia facendo in quel posto, per sostituirla con uno sguardo determinato e concentrato… perché a cavallo di quella moto era l’unico posto dove davvero voleva stare.
Era uno spirito libero, un ragazzo con un sogno che ha coltivato fin da bambino e che l’ha portato fino ai massimi livelli, all’eccellenza…
Aveva fame Marco… fame di vittoria. E non credo per il solo desiderio di eccellere, quanto sopratutto per quell’istinto naturale che spinge chi davvero ama le competizioni a forzare sempre di più, a continuare a tirare fino a quando non passa la bandiera a scacchi… Quella “bandiera da prendere a schiaffi” come ha detto una volta... Il pensiero di quella bandiera a fine gara gli faceva perdere la sua naturale mitezza trasformandolo in quel “SuperSic” che “tirava il collo a manetta” alla sua moto, concentrato da quell’istinto innato di arrivare fino alla fine, di non cedere mai che forse l’ha perso proprio ieri, quando nella sua volontà di non cadere ha resistito all’estrema sgroppata della sua moto, cambiandone la traiettoria e finendo sulle ruote dei suoi amici.
La sua è stata una morte d’altri tempi, una morte ingiusta come lo sono tutte le morti, ma una morte che sono certo lo consegnerà alla storia di questo sport, anche senza aver domato la classe regina.
Per chi lo stimava Simoncelli era già un campione senza bisogno della conferma di un traguardo, senza dover necessariamente salire su un podio. Marco era un campione nel suo modo di vivere la corsa, nel suo affrontare forzando ogni curva, nell’aggredire ogni centimetro della pista… E, sono sicuro, era un campione anche nel suo modo di rimanere sempre se stesso nella vita di tutti i giorni, senza lasciarsi andare a facili esaltazioni di sé. Rimanere se stessi a certi livelli molte volte è la sfida più grande… Ma anche questa sfida era stata vinta, bastava osservarlo nelle sue interviste, nelle sue partecipazioni televisive, non quelle alle grandi televisioni nazionali fatte di copioni e suggerimenti, ma in quelle regionali, fatte di situazioni improvvisate e parole in libertà…

Credo di aver detto abbastanza…
E considerando come ogni parola rischi di accentuare ancora di più una retorica impossibile da evitare commentando un fatto simile, voglio concludere ricordando le parole di un’altro grande personaggio, diverso nella vita, ma, ne sono certo, uguale nel viverla : “Correre è tutto nella vita. Tutto quello che viene prima o dopo è solo attesa(Steve McQueen) 

 
 
 

Un giorno di ordinaria follia

Post n°83 pubblicato il 21 Ottobre 2011 da valesaber
Foto di valesaber

E' forte il rischio di cadere nella retorica commentando quanto è successo sabato a Roma durante la marcia degli “indignati”… ma credo senza ombra di dubbio che ancora più grande sia stato lo sdegno che ognuno di noi ha provato per quei fatti...
Un indignazione profonda come e più di quella che si voleva manifestare e che per questo non può essere taciuta o semplicemente ignorata...
E nonostante sono sicuro basterebbe una sola espressione per commentarla : un giorno di ordinaria follia (parafrasando il titolo di un film di un recente passato)... è per provare a esorcizzarla questa follia, per relegarla a semplice tripudio della stupidità umana, piuttosto che a preludio di un oscuro futuro, che continuo a parlarne...
Ripeto, sono conscio del rischio di ridurre ogni considerazione a un facile esercizio di retorica e demagogia… ma quella follia, questa apoteosi della stupidità umana non ha e deve avere alcuna possibilità di giustificazione o equivoco... per quanto sia storicamente noto a cosa può portare l’esasperazione degli animi e la loro sfiducia nel potere costituito.
Ma proprio la storia ci insegna quali sono i possibili rischi di momenti come questi e quale il loro epilogo infausto. E non solo per alcuni, non solo per una popolazione ma per la stessa intera umanità.
Esagero? Forse… ma basta pensare a cosa ci ha portato, poco più di 70 anni fa, la follia di pochi “indignati” per la politica remissiva e inconcludente del loro governo. A come la disoccupazione, l’inflazione, il sentimento di subordinazione rispetto ad altre nazioni più forti (poi non importa fossero i vincitori di una guerra fisica piuttosto che di un confronto economico), il malcontento e i successivi disordini... hanno alla fine dato fuoco al mondo.
Esagero? Eppure sentire parlare di falangi,  squadre d’assalto… armi e logistica paramilitare… di combattimenti e di guerre da vincere… beh certi brutti presentimenti me li incutono di sicuro.
Si può sbagliare una volta, ma viste le conseguenze della prima e rapportandole ai nostri tempi... davvero credo che non possiamo più permetterci il lusso di fare certi errori.
Quindi non accetto nessuna possibilità di giustificazione, per quanto oggettiva o immaginata essa possa essere, per i fatti accaduti.
Nessuna giustificazione per i danni perpetrati a quei cittadini colpevoli solo di abitare nella zona (e aver parcheggiato in conseguenza) o di possedere un esercizio commerciale lungo il percorso del corteo... Questi violenti non hanno niente a che fare con gli ideali di una causa fondamentalmente giusta per cui ci sono tutti i sacrosanti diritti di manifestare la propria indignazione... In uno stato liberale ogni cittadino deve avere la facoltà di esprimere il proprio dissenso per un contesto che è diventato esasperante e al limite di ogni umana sopportazione.
Per chi ha a cuore il futuro del proprio paese è un dovere esternare il proprio sdegno verso una politica in cui non si riconosce, che non ritiene giusta ma al contrario dannosa per quello che è l’avvenire del paese stesso... Ma un conto è il giusto e civile diritto a protestare e manifestare in ogni luogo, pacificamente, ricercando un dialogo e un confronto ideologico, ma un altro è il ricorso alla violenza e alla distruzione sterile e fine a se stessa.
Non c'è alcuna scusante...  La nostra libertà finisce dove inizia quella degli altri.
Finisce con il diritto dei liberi cittadini di circolare in sicurezza nelle strade, nel loro diritto di lasciare la macchina nei parcheggi sotto casa, nel diritto ad andare al lavoro senza dover temere per la propria incolumità…
E nessuna giustificazione anche per chi ha lasciato che questi personaggi potessero arrivare a  Roma, trovare asilo forse negli stessi ostelli dei manifestanti pacifici, che hanno commesso l’errore di lasciarli marciare nelle proprie fila invece che isolarli e allontanarli. Qualcuno in realtà ci ha provato... ma è stata purtroppo una piccola minoranza e come tale ha dovuto soccombere alla violenza degli estremisti. Probabilmente il timore di questa violenza ha bloccato i cuori e le azioni di chi nel movimento crede davvero, ma sono certo che centinaia di migliaia di persone possano, se compatte e consce della forza derivante dalla loro unione ma sopratutto mosse dal pensiero del danno che certe azioni hanno per la loro stessa ideologia, fare la differenza e isolare questi violenti...
E invece qualcuno, prima in cuor suo, ma poi anche apertamente… li ha applauditi... Che tristezza.
Questa violenza è stata il fallimento della manifestazione. Ha catalizzato l'attenzione di tutta l'opinione pubblica, allontanandola inesorabilmente da quella che era la vera motivazione della protesta, l’avversità a una politica e a un governo che non si ritiene più capace di rappresentare gli interessi della popolazione ma solo quelli dei suoi appartenenti e accoliti…
Questa violenza ha fatto fallire ogni pretesa di comprensione e coinvolgimento verso il movimento da parte di quella popolazione spettatrice silenziosa di ogni manifestazione, che va invece coinvolta e portata dalla propria parte per avere la speranza di riuscire nel proprio intento.. Altrimenti non potrà che ripetersi quanto successo negli anni di piombo, dove la strategia dell'eversione armata, quella che vedeva nella eliminazione fisica degli avversari e nell’attacco allo stato, l'unica soluzione possibile... ha innescato un moto di dissenso popolare verso quella stessa violenza e quelle morti assolutamente ingiustificabili (non credo nel “fine che giustifica i mezzi” ci deve essere sempre un’altra possibilità…basta trovarla), creando attorno alla stessa ideologia di partenza un clima di isolamento popolare, di distacco delle masse che ne ha determinato la sconfitta.
Non si può vincere una lotta senza il supporto popolare... Si può esercitare la forza per imporre anche le idee più giuste e gli ideali migliori... ma senza l’appoggio del popolo, senza la sua accondiscendenza… si è destinati a fallire inesorabilmente o al limite a instaurare una dittatura e trasformare un ideale in un incubo (pensiamo all’esperienza stalinista non troppo lontana)...
E non c'è nessuna giustificazione per le forze dell'ordine che hanno lasciato arrivare in piazza quel branco di cani sciolti senza esercitare alcuna prevenzione, senza fermarli prima che si mescolassero agli altri manifestanti...
Non è stato esercitato il benché minimo controllo di questi estremisti. Non è stata fatta o almeno così è sembrato, alcuna attività di intelligence atta a prevenire, disarmare, isolare.
Senza una precisa attività di prevenzione ogni intervento sarebbe poi risultato vano. Dopo i fatti di Genova, le forze di pubblica sicurezza hanno subito un involuzione nei loro comportamenti e si sono ritirate su se stesse (se a torto o ragione non va discusso qui...). Ora sono più orientate a arginare i danni piuttosto che a prevenirli completamente. Certo è sempre difficile misurare e limitare l'uso della violenza, specie quando dall'altra parte non c'è alcun timore a esercitarla. Ma una volta che inizi a "rompere teste" poi è difficile fermarsi... Partendo dalle cariche di polizia degli anni 70 (per non andare troppo lontano) fino ad arrivare ai fatti di Genova la nostra storia pullula di esempi di eccessi nella repressione da parte delle forze dell'ordine e forse dopo le ultime condanne (morali e fisiche) questi ultimi hanno imparato la lezione... forse anche troppo bene. Ma non si può lasciare indifesa la popolazione, perché senza agire, senza prevenzione, la rabbia di questi estremisti si rivolge proprio verso chi non centra. Se si limitassero ad affrontare le forze di polizia, nel classico confronto anarchia - reazione, come la storia ci ha sempre abituato (le lotte del dopoguerra… e chi può dimenticarle?) almeno lo scontro potrebbe avere una sua logica anche se contorta e ugualmente indegna: uno che protesta e l'altro che lo vuole fermare e reprimere... Ma così invece vengono bruciate le auto, distrutti i negozi, danneggiati i beni di coloro che non centrano con tutto questo, ma che, paradossalmente, possono trovarsi dalla stessa parte ideologica dei manifestanti…
E' stupefacente come sia stato permesso a questo branco di imbecilli di poter realizzare l'obiettivo che si erano prefissati...
E mi stupisce che l'abbiano permesso non solo le forze di pubblica sicurezza, di cui non accetto la teoria della infattibilità del controllo (spendiamo milioni in intercettazioni banali e inutili e non possiamo intercettare i capi di questi movimenti ?), ma anche gli stessi organizzatori della manifestazione, che non possono venirmi a raccontare che non li conoscevano questi violenti (li conoscono eccome, sia loro come le forze di polizia). Gli scontri di sabato sono stati il frutto di una fredda premeditazione, fatta di una strategia pianificata a tavolino, fatta di sopralluoghi, di azioni preventive studiate a lungo e organizzate quasi militarmente... 
E tutta questa logistica non può essere passata inosservata da una parte come dall’altra...
Se vai a una manifestazione pacifica con il casco, vuol dire che ti aspetti dei guai o forse che li vuoi cercare o provocare… Che non mi vengano a dire, come ho sentito in qualche intervista delirante, che il casco e i bastoni erano solo per difesa… Allora, tutte le altre migliaia di persone che erano senza “difesa”, vuol dire che erano degli sprovveduti? Ma mi facciano il piacere…
Quella di sabato è stato l'ennesimo fallimento della ragione a favore della più delirante follia.
E' stato un deliberato attacco non al solo stato ma anche a tutti noi che lo rappresentiamo. Un attentato alla nostra libertà di cittadini.
Sono pericolose queste situazioni... Vicende come quelle di Roma possono solo portare a svantaggi per questa nostra libertà.... Possono arrivare a giustificare il blocco delle manifestazioni, possono arrivare a giustificare l'esercizio di una restrizione ideologica e l'utilizzo di una forza repressiva che ci riporterebbe a periodi scuri della nostra storia. Possono portare ad arrivare a giustificare un certo uso della violenza…
Ma, come ripeteva Martin Luther King,
"con la violenza puoi uccidere colui che odi, ma non uccidi l'odio. La violenza aumenta l'odio e nient'altro".

 
 
 

Stay hungry, stay foolish...

Post n°82 pubblicato il 07 Ottobre 2011 da valesaber
Foto di valesaber

E’ tanto che non scrivo sul blog…questa lunga estate calda, con le sue interminabili serate da trascorrere all’aperto, in compagnia degli amici e delle persone più care… mi ha rubato il tempo necessario a trascrivere i miei pensieri, le mie sensazioni, anche se gli argomenti in verità non sono mancati… C’è sempre qualcosa su cui vale la pena soffermarsi e riflettere anche quando la riflessione può limitarsi a un semplice commento o a un indignazione o meglio, a una gioia improvvisa… e Dio solo sa quanto ci sia bisogno di gioia a questo mondo… anche solo per brevi momenti…
Io di sicuro ne ho bisogno spesso...

Ma di certo non pensavo di tornare a scrivere per un necrologio…
Però la morte di Steve Jobs lo richiede questo passaggio… La sua scomparsa merita tutta l’attenzione che possiamo, la stessa che lui ha sempre messo nel suo lavoro con tutta la passione di cui è stato capace.
Perché è la passione che anima chi ha il genio dentro di sé…
E' l'entusiasmo per quello che fai che ti spinge ad andare sempre più lontano, spostando i traguardi ogni volta un po’ più avanti quando non ne crea di nuovi...
E di sicuro lui aveva entrambi : passione e nuovi obiettivi da raggiungere.

Con il mio lavoro ho iniziato a conoscere Jobs tanti anni fa… ai tempi dei primi personal computer Apple e ne ho seguito l’evoluzione con interesse…
Lui e Bill Gates sono diventati icone inossidabili del mondo dell’informatica e forse, senza di loro, non saremmo arrivati a tutta questa tecnologia così in fretta.
Il genio di Jobs è stato quello di pensare il futuro dell’informatica applicata ai non addetti ai lavori, alle semplici famiglie. L’Apple II con la sua interfaccia grafica ha aperto la via a questo nostro futuro…
A volte azzardo pensare che forse, alla fine, non ha inventato nulla ma solo perfezionato e semplificato quello che era complesso per la sua stessa natura.

E’ stato così per gli Apple, stravolgimento degli allora microcomputer che di micro avevano solo il nome…E così via, passando per l’Ipod, che ha liberato la musica… e  l’Iphone, non più un semplice cellulare ma il “coltellino svizzero” delle telecomunicazioni, fino ad arrivare all’Ipad, che ha assassinato i netbook, eliminandone i difetti ed esaltandone le virtù.

E’ questo il genio… rendere semplici le cose complesse e sopratutto renderle accessibili a tutti...
Essere il morto più ricco del cimitero non m’interessa. Andare a letto la sera e sapere che abbiamo fatto qualcosa di meraviglioso, ecco ciò che m’importa.”  S.J.

 
 
 

Ricordo d'estate...

Post n°81 pubblicato il 04 Agosto 2011 da valesaber
Foto di valesaber

Anche nel calore dell’estate, in tutta questa luce provvidenziale che ruba ore alla notte, attenuando quel buio che non prelude a un meritato riposo quanto piuttosto a una solitudine forzata... è possibile sentirsi disorientati e malinconici.
Nonostante i suoi schiamazzi tutt’attorno... quell’allegria che nasce non da una specifica ragione quanto piuttosto dalla consapevolezza di essersi finalmente affrancati 
dagli impedimenti della brutta stagione, che imprigionano nella nebbia e nel gelo tutta la vitalità e ogni buona intenzione...e che ci fa sentire finalmente liberi da ogni ostacolo e padroni di tutto il tempo che possiamo e che vogliamo fortemente… 
...Nonostante questa nuova esplosione di vita e vitalità, può capitare di scoprire di non sapere che farsene di tutto questo tempo e arrivare invece a perderlo lentamente... Con la sottile consapevolezza che non lo stiamo usando nel modo migliore per noi, non in quello che deve...che dovrebbe essere il modo più appropriato e redditizio per usarlo questo tempo, vivendo pienamente la nostra vita.

Eppure dovrebbe essere ormai lontana questa sensazione.
Dovrebbe essere stata definitivamente bandita da questa coscienza ormai vinta, anche se sicuramente non doma... Stordita e delusa da tutte quelle situazioni che si sono create sempre più intorno, agevolate dalle vicende della vita e da quelle della morte che sempre l’accompagna, muta e inesorabile insieme.
Ma mi accorgo con stupore e forse anche senza neppure troppo rammarico, che non è così.
Sento che ci sono emozioni che ancora battono nel mio cuore anche se non riescono a dargli quella sensazione di benessere e piacere dove una volta riuscivano così bene. E la molteplice lontananza amplifica queste emozioni, rendendo, se possibile, più sconsolate queste ore.
E' in questa condizione che i ricordi diventano una dolce compagnia, a volte un sottile veleno... altre un ingannevole placebo, ma sempre e comunque, anche se in una muta e sconsolata consapevolezza... lungamente bramati...

Come dice Gibran “il ricordo è un modo d’incontrarsi…”

 
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

Ultime visite al Blog

Testardasempre69arfaservizivalesaberglendalorenroy2kzuccattosovisepietro.coluccielloJBRIVIDOvalesabreVogliozi78martinazulianiincantoanapoliPierOliver
 

Ultimi commenti

Love
Inviato da: Testardasempre69
il 17/01/2021 alle 15:39
 
&#10084;
Inviato da: Testardasempre69
il 17/01/2021 alle 15:38
 
Ciao Chiara... prima di risponderti, sono davvero...
Inviato da: valesaber
il 12/07/2013 alle 10:06
 
Non puo' tremare per sempre ..Un bacio
Inviato da: aspidesorda
il 10/07/2013 alle 00:46
 
...Conoscendo la tua sensibilità e la tua intelligenza, so...
Inviato da: valesaber
il 02/02/2013 alle 02:02
 
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963