TagArea personale- Login
Cerca in questo BlogMenuI miei link preferiti - Ondarock - SentireAscoltare - Mucchio - Indie for bunnies - Storia della musica - Music Letter - Rumore - Pitchfork - PopMatters - Rolling Stone - AllMusic - Metacritic - Bloom - Magnolia - Last.fm - Polaroid - Maps - SoundsXp - Gipi - Indie-Rock.it - Rockit - Now Music - Absolute Punk - A.V. Club - Consequence of Sound - Sputnik Music - Soundwall - Under the radar - Spin - Village Voice - Drowned in sound - Clash Music - Solo testo - Stereogum - Anobii - Carlo Bordone - Eddy Cilia - Federico Guglielmi - AOTY - Zero Ultimi commentiChi può scrivere sul blog
Solo i membri di questo Blog possono pubblicare messaggi e tutti possono pubblicare commenti.
|
Post n°190 pubblicato il 28 Gennaio 2012 da syd_curtis
8.
Paura del (free) jazz? Date un orecchio a Matana Roberts, sassofonista da Chicago, e vi passerà. Cominciate dalla seconda traccia, Pov Piti. Dalle urla strazi/lancin-anti dell'intro sino ai ricami del sax tenore di Matana, dalle bacchette delicate sui piatti allo spoken-word dell'autrice, dal contrabbasso indolente fino al violino che chiude la traccia. Sette minuti, sette minuti per liberarsi dalla paura. Poi riavvolgete il nastro e ripartite da Rise, ancora il sax di Matana in primissimo piano, lasciatevi portare dalla deriva di un album che è un patchwork di stili, dall'improvvisazione violenta alla cacofonia di certi frammenti, dallo swing all'inaspettato dixieland da orchestrina di Kersalia, dal gospel/blues di Libation for Mister Brown alla ballata di Lulla/Bye, giù giù sino al valzerino finale di How much would you cost?.
9.
James Blake ha probabilmente scoperto l'acqua calda. Aggiunge a una base acustica una maschera elettro-dub che rallenta, rielabora e deforma. Vien da dire: pensa che novità, cose del genere le progettava già la chillwave, e il riferimento (consapevole) a artisti come gli XX e/o i Burial è evidente. Tuttavia, Blake lavora con sobrietà, gusto e sensibilità tali da sfornare un prodotto freschissimo, innovativo e coinvolgente come pochi altri. E sa toccare le corde giuste, perlomeno del sottoscrivente ascoltatore. La base è un soul scarno/ectoplasmatico, una sorta di matrice emozionale d'antan, con pianoforte in bella evidenza e voce sofferta, spessissimo passata nel vocoder. Il risultato è uno splendore. Un disco che tira dentro di sé un sacco di aria nuova e pulita: l'ascolto regala sensazioni spazio/temporali, come se le canzoni fossero tridimensionali e si ascoltasse nel fondo lo scorrere del tempo, fatto di intervalli vuoti e pieni. Meraviglia del dubstep e giustapposizione di stili, che possono toccare persino il confine jazz. Mettiamoci pure il Bon Iver più rarefatto (i due hanno collaborato, di recente, tra l'altro), vah.
|
Inviato da: Gesu
il 28/07/2022 alle 01:24
Inviato da: Gesu
il 28/07/2022 alle 01:22
Inviato da: Gesu
il 28/07/2022 alle 01:20
Inviato da: Gesu
il 28/07/2022 alle 01:19
Inviato da: Gesu
il 28/07/2022 alle 01:06