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Etichettatura seriale: “No Cities To Love”, [è] per il resto una divertita ma non particolarmente divertente sgroppata in cui il trio vuole suonare d’un fiato, senza compromessi – con una sensazione di martellamento monotono soverchiante nell’ascolto del disco. I riff della Brownstein perdono il loro elegante graffio Television per entrare in una più comune etichettatura seriale di stampo Black Keys, o Arctic Monkeys era-Josh Homme (“Bury Our Friends”, “Fangless”); la voce della Tucker sembra incatenata a una tonalità di mezzo appena scalfita da una versione doma del suo urlo. (Ondarock) Opinioni di cui si può far senza: intendiamoci, No Cities To Love è un gran bel disco, punk-rock tirato, piacevole, divertente, che rimetti su volentieri, più e più volte. La reunion delle Sleater-Kinney ci ha portato in dono una manciata di hit spaccaculo -su tutte, per il sottoscritto, la Price Tag che apre le danze- e in tante occasioni tutto ciò sarebbe bastato, pure con qualcosa d'avanzo. Tuttavia, la strada che conduce da un sincero apprezzamento alla trasformazione in oggetto di culto è lunga, e con pari sincerità ammetto di non aver capito cosa abbia spinto così tanta gente (cfr. le medie di AOTY e Metacritic -90 su 100- per credere) a intraprenderla. Insomma, capitemi: che per trovare una recensione un poco controcorrente si debba ricorrere ai soliti snobboni di Ondarock (come al solito esagerati nel senso contrario: scommetto che questo disco finirà nella classifica di fine anno dei loro lettori), mi pare francamente eccessivo.
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Inviato da: Gesu
il 28/07/2022 alle 01:24
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il 28/07/2022 alle 01:22
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il 28/07/2022 alle 01:20
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il 28/07/2022 alle 01:19
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il 28/07/2022 alle 01:06