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Mercato esplosivo

Post n°30 pubblicato il 28 Febbraio 2008 da AJ31

Era da anni che non si registrava nel pianeta NBA un mercato così pirotecnico e maestoso, frenetico al limite della schizofrenia man mano che ci si avvicinava alla fatidica deadline. Un gigantesco bazar in cui si è visto di tutto : trade palesemente sbilanciate, un pacco speciale di campioni in partenza, fantasmi richiamati in vita (esemplare il caso di "Salamone" Van Horn), roster smantellati a 2/3 di regular season ormai in archivio...in questo teatrino è stato inopinatamente defilato Isiah Thomas, segno che forse la sua permanenza nella Grande Mela è davvero agli sgoccioli.

E’ iniziato tutto questa estate: mentre Kobe Bryant si esibiva in moine alle contender di mezza Lega, Danny Ainge rimodellava Boston all’insegna del "Think big". La spettacolare prima parte di stagione degli irlandesi scatenava un effetto domino a Ovest, il cui ferreo equilibrio ha oltretutto generato un’ansia emulativa senza pari. Los Angeles Lakers, Phoenix Suns e Dallas Mavericks si sono accodate con colpi blockbuster che infiammeranno i play-off, intrecciando rivalità personali e rancori (Tony Parker ha già lanciato il guanto di sfida a Jason Kidd tanto per dirne una) nella strada verso l’anello. Greg Popovych ha invece sigillato la sua mossa sulla scacchiera Ovest con la flemma di un Kasparov: sa che potrebbe bastargli la torre Kurt Thomas per dare scacco matto ancora una volta ai suoi nemici. Se per i Lakers la pratica Gasol è già ampiamente positiva ( non che ci fossero dubbi dato ciò è stato dato in cambio), Phoenix e Dallas sono le grandi incognite, protagoniste di una pericolosa scena da roulette russa in cui non potrà uscire tacca diversa dal titolo. In Arizona è bastata una partita da leader per la convinzione di aver trovato il grande vendicatore in O’Neal: l’Ercole che si prenderà la squadra sulle spalle per spezzare finalmente la maledizione degli Spurs. Per lui hanno smantellato il sistema di gioco più spettacolare della Lega, seguiti a ruota da Mark Cuban. Una volta capito che Nowitzki e soci sono come un pugile che non ha metabolizzato i due terribili k.o. con Miami e Golden State, il proprietario dei Mavs ha puntato tutto sul carisma di Kidd. Scommessa pericolosa, perché Dallas si ritrova con la coperta corta sotto canestro: ma solo per l’arrivo di un leader-motivatore come Jason passa il recupero di WunderDirk. A Ovest è andato in controtendenza soltanto George Karl, il quale ha posto il veto sull’approdo di Ron Artest per evitare che facesse saltare i fragili equilibri dei suoi Denver Nuggets. Un po’ di coraggio nel suo caso non avrebbe guastato

A Est invece le acque sono state decisamente più calme, intorpidite dalla schiacciante e disarmante superiorità iniziale di Pistons e Celtics. Fino all’ultimo giorno, con il colpo di teatro di una delle più cervellotiche e pachidermiche trade che si ricordino, quella tra Cleveland e Chicago (via Seattle). Ferry e Paxson hanno in sostanza agito con la pistola puntata addosso, essendo arrivati a fine del mercato con un pugno di mosche in mano. Il primo doveva sedare le lamentele di un sempre più depresso LeBron James. Il prescelto chiedeva soltanto Jason Kidd: si ritrova con mezza squadra cambiata a meno di due mesi dai play-off , con il declinante Ben Wallace che difficilmente regalerà quell’esplosività che Ilgauskas ahilui non ha mai posseduto. Coach Brown dovrà fare i salti mortali per far quadrare il cerchio in così poco tempo: sperando che James ripeta più volte la gara-5 coi Pistons di un anno fa...

Sconcerto a Chicago, in cui sono passati dal sogno di una notte di mezza estate ( Kobe), all’incubo di una guardia ininfluente e dal contratto pesante quanto un gambale di cemento nell’Hudson river, ( Larry Hughes). Nel derelitto Est, può però bastare a fare un po’ di strada. Paxson meriterebbe invece di essere appiedato seduta stante.

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