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« Another lovely cut.

Forse piangerò per un libro.

Post n°30 pubblicato il 25 Dicembre 2014 da UsagiSmoke

Avevo tutto nella testa finché lei non è entrata bussando, inutilmente, solo per accelerare la la scivolata verso il culmine del fastidio.

"Noi andiamo" altre parole che ho già dimenticato. Ho perso tutto ciò che si affollava nella testa. Troppe frasi che lottano per coagularsi tramite questi battiti su tasti finti ed ora, non ne rimane alcuna. Giusto l'eco della porta che sbatte e la sua voce stridula che impregna l'aria.

 

"Raccontami qualcosa di deprimente"

"No"

... Un paio di coltellate fra le vertebre, un piatto di riso lasciato a freddare sul momento.

 

Perché mi sia tornato in mente? I ricordi più dolorosi vengono sempre fuori nei momenti peggiori, noiosi, o di completo vuoto, tipo questo. A volte si fanno seguire da qualche imprecazione,  dovrei imprecare più spesso sembra funzionare.

 

Altre vibrazioni del telefono, fanno vibrare anche il materasso, mi stringo nelle coperte.

 

Slitto sul fondo del letto, passo la punta della lingua sul pigiama che avvolge le ginocchia, mi vesto di lenzuola dozzinali e prodotte in serie. Boccioli insignificanti e rose schiuse su tessuto bianco, dimeno le mani, agito i piedi, tocco solo stoffa: una distesa di bianco e una piccola rosa davanti ai miei occhi. Sono ferma, infossata nei tessuti, pigiama, coperte, lenzuola, capelli, pelle, sono affannata e non trovo motivi per esserlo.

 

Gli arti snodati e doloranti fra pieghe di bianco. Sotto la libreria c'è quel pacchetto, il libro coperto in carta giallo pastello con motivi di ciliegie, non lo vedo ma so esattamente dove si trova e cosa rappresenta. Mi ricorda che posso ancora impegnarmi per qualcosa, mettere sentimenti in quello che faccio, annusare l'aria trasparente nel giorno prima della vigilia per scegliere una carta che mi piaccia davvero.

Questo vuol dire tenere a qualcuno? Sono certa che nessuno sappia davvero di cosa stia parlando.

Mia madre canta canzoni di natale, è tremendamente stonata e la sua voce aspra mi ricorda la mia. Non posso chiudermi in camera, lo sto facendo fin troppo spesso e non voglio che soffra. Non voglio che soffra, ma la faccio soffrire. Non voglio che si preoccupi ma  non mi lascio coinvolgere come vorrebbe. Sono una figlia da prendere a schiaffi come chi non torna la notte o compie atti incoscienti? Io compio atti incoscienti.

Tu compi atti incoscienti. Me lo sussurrano le forbici inglobate dell'ammasso di vaporità che figura questo letto. Gli voglio bene, non me ne preoccupo, non mi tratto ancora come pazza perché so che il mio attaccamento verso di loro continuerà a salvarmi innumerevoli altre volte. 

Questi canti di natale non potrebbero scivolarmi contro più dolorosi e insensibili di così.

"Potremmo vederci, ti ho comprato un regalo."

"Io non ho il tuo.."

Non fa niente

Non fa niente

Non importa, 

Non lo voglio, 

Non ne ho bisogno.

Esito.

"Facciamo un altro giorno."

"L'auto è sempre un problema."

"Già"

"..Già"

Non dovrei permettermi di mettere in imbarazzo le persone, vorrei solo che accettasse questo libro, perché quelle pagine a volte coincidono con i suoi pensieri e l'unico loro posto è nel suo scaffale, e quelle gemelle nel mio zaino. Mi sento come un addetto alle consegne che non riesce a suonare al giusto portone. Che si perde tra le vie o che prende tempo tagliandosi un braccio senza riuscire ad andare oltre l'osso, così da trascinarsi dietro un arto mozzato e pesante.

Sproloquio.

 
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