On The Road Again

Leggo il dispositivo della mia sentenza di assoluzione.
Perfetto, non lascia adito a dubbi. Formula piena.
Dovrei tirare un sospiro di solievo?
Non ci riesco.
La realtà è che l'ho già tirato diversi giorni fa, quando oramai in me si era fatta strada l'idea che la sentenza sarebbe stata comunque questa.
E ciononostante non dimentico i giorni dell'ansia. I giorni della concreta paura.
Forse, ho capito di cosa si tratta, di cosa è fatta quella paura.
Si tratta della paura per ciò che si lascia, per ciò che si perde, e, soprattutto per ciò che non si ha avuto e che, a quel punto, non si potrà più avere.
E' la vita che manda il tempo a prendersi la sua rivincita su di noi, tutto qui.
Come ho fatto a spingermi fino a quel punto?
Oltre il baratro.
A strapiombo, salvato da una inaspettata sporgenza, e rimasto lì, in attesa di soccorso.
I giorni dell'estremo.
Ora so benissimo come mi ci sono spinto.
Troppo, tutto insieme.
Ora ho i pezzi. Sto formando il puzzle.
E scopro nuove abilità che prima erano solo in potenza.
Scopro che riesco benissimo a divertirmi guardandomi attorno senza cercare nessuno in particolare.
E mi accorgo di quanto posso fare se solo ci provo.
Scopro che spesso siamo noi stessi a renderci ciechi quando cerchiamo a tutti i costi di vedere ciò che non c'è.
E intanto non vediamo ciò che ci può essere altrove.
Adesso.
Mai più come prima.
E, Mastro, mi ci è voluto tanto, ma alla fine l'ho capito: è solo un gioco...
E allora giochiamo.