Il Canto lo condusse ad una giungla, a delle rovine che già aveva visitato; e, per un confuso momento, si chiese se non fosse lui stesso il Cantante. Se non fosse stata la sua stessa anima a condurlo fin qui.
Come potrebbe il Canto essergli altrimenti così familiare? Così insostenibilmente intimo?
Quindi ne udì la voce... proveniente non da sé, ma da tutto intorno a lui. Da ciascuna pianta e ciascuna pietra, da ciascuna fiera e ciascun uccello.
E ne vide gli occhi... fieri e luminosi comr quelli di un animale... che lo fissavano da ciascuna stella e ciascun grano di polvere.
Una porta gli si aprì nell'anima: vi caddè, precipitando in se stesso; affogando in ciascuna vita aveva vissuto in precedenza. Ed in ogni vita che avrebbe vissuto in futuro... fino al termine del Creato.
Cadde, ruotò. Si Arrese, vorticando nel Tempo e ad di là di esso.
Quindi si liberò da esso. Si ritrovò a fronteggiarla in una radura, in un silenzio così assoluto da confonderlo e metterlo a in agitazione e disagio.
"Chi sei?" domandò.
"Sono", rispose lei, "la Donna Eterna".
"Sono la Donna che ha assistito all'ubriaco peregrinare dell'umanità nei secoli... un peregrinare bagnato da violenza, bramosia e crudeltà."
"Sono la Donna che ha visto Madre Terra venire brutalmente calpestata dalla suola chiodata dell'uomo."
"Sono colei, infine, che invidia i figli della Terra con ogni suo respiro: gelosa del loro desiderio e dell'innocenza dei loro sogni. Della loro selvaggia esuberanza."
"Della loro capacità di essere tutto ciò che ero io un tempo."
"Ma chi sei?" domandò lui nuovamente.
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