Creato da vittoriozacchino il 04/10/2014
Storia di Galatone e del Salento

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Andando per Tricase con Donato Valli

Post n°17 pubblicato il 07 Novembre 2014 da vittoriozacchino


 
 
 

MEMORIA DELLA GRANDE GUERRA

Post n°16 pubblicato il 05 Novembre 2014 da vittoriozacchino

MEMORIA DELLA GRANDE GUERRA 1914-1918

In un periodo di crisi acuta che, come oggi, ha attraversato tutta l’Europa, periodo   anche qui nel Salento,e a Galatone, turbolento, caratterizzato da agitazioni e fermenti popolari, segnato da miseria, fame, alto costo della vita e dei generi di prima necessità, cento anni fa, il 24  maggio 1914, l’Italia s’imbarcava nell’avventura della guerra. Non senza  sollievo delle classi dirigenti, del notabilato agrario, della Chiesa stessa, che nell’intervento armato intravedevano un’oscura speranza di futuro, più che nella neutralità  densa di  incognite e minacciosi  germi di rivoluzione.

Alla campagna di propaganda interventista, grande contributo fu offerto dalla scuola,  dai maestri elementari  ai quali venne affidato il compito delicatissimo di educare scolari famiglie e adulti illetterati, al sentimento della grande patria italiana, forgiandone  opinioni  di positiva simpatia  a favore della  guerra, raccontata  come   unica soluzione e panacea dell’umanità.

Non tutti, però, si allinearono ciecamente a quel patriottismo finto e di facciata  che mascherava l’esaltazione del  nazionalismo, e lo orientava  non già verso la patria naturale, bensì verso  mille  patrie  di comodo;  Giuseppe Susanna educatore e poeta fu uno dei pochissimi che per smascherare quella ipocrisia combattè una propria guerra contro la guerra, armato della propria penna e della vena poetica  che gli dettava poesie sensate ed efficaci, come quelle pubblicate nel 1920 nel volumetto  Guerra alla guerra:

“A causa delle patrie il mondo è giunto / ad esser dominato dai più scaltri /feroci sanguinari .Questi appunto / or ci tengono gli uni contro gli altri /.Per quanto è largo e lungo il mappamondo / senza eccezione per natura siamo/ tutti fratelli, e nostra patria è il mondo/.

 

Anche questo mio intervento, alla presente commemorazione dei Cento Anni della Grande Guerra, nasce dall’esigenza etica di continuare a educare il prossimo, e soprattutto i giovani, a convincere che la guerra è sempre una iattura perché travolge città e campagna, paesetti  di periferia e metropoli, ricchi e poveri, femmine e maschi, bambini, giovani, anziani. Europea, anzi mondiale, fu la grande guerra del 1914-18, idem la seconda guerra del 1939-1945.

L’una e l’altra fecero comodo ai guerrafondai e agli affaristi, illuse il popolo che avrebbe dato alla nostar patria gloria,rispetto,lavoro, altri territori.

Qui a Galatone, pur garantendo il comune grosse scorte di grano,  le razioni di 500 g.di pane e di 200 di pasta pro capite  non riuscivano a calmare  le ansie della gente,  specie dopo l’arruolamento di massa, esteso anche ai concittadini  nati nel 1899 e nel 1900, rispettivamente di 17 e di 18 anni; 1/5 dell’intera popolazione, circa 200 giovani,  condannati  ad essere poi decimati  nella disfatta di Caporetto.

 Questo monumento, opera di  Luigi Guacci di Lecce, che lo realizzò nel,….e  le posteriori tabelle della toponomastica viaria, esibiscono  i nomi dell’ecatombe di galatonesi caduti sui vari fronti veneti e friulani, ma non ricordano le  centinaia di persone  che verranno spazzate  via dal morbo della Spagnola, le quali ammontarono  alla triste cifra di 364 nel 1918, con una punta di  103 soltanto nel mese di ottobre:  

la parte più dinamica della popolazione produttiva, forzosamente  rimpiazzata   da donne e bambini nelle stagioni di raccolta di fichi, uva, olive.

 

Senza entrare in troppi dettagli, la semina educante del poeta Susanna  fu quel che serviva per far circolare idee  contrarie alla guerra, guerra che oggi Papa Francesco stimmatizza  tutti i giorni, costruendo  in noi il rispetto degli altri e il sentimento della pace e dell’amore fraterni. Come avevano fatto pochi pacifici profeti da G.Susanna, al grande G.Ungaretti, nei cui versi viene fotografata  l’angoscia universale e l’attesa della morte, sempre in agguato in trincea,e in prima linea : si sta come d’autunno sugli alberi le foglie , alberi stecchiti da cui da un momento all’altro si staccheranno le foglie al minimo refolo di vento.

Ma per capire  appieno la guerra e le guerre, con tutte le  conseguenze che si portano appresso,  bisogna essere stati a REDIPUGLIA: essere saliti da un lato sulla  monumentale gradinata, gradino dopo gradino, essersi offermati sulle memorie dei caduti, tra cui tanti di qui, per poi ridiscendere dall’altro lato, sostare gradino per gradino,  carezzare la pietas che ti nasce in cuore; come ora qui scorrendo lo sguardo sui  nomi  dei nostri concittadini incisi su  queste tavole marmoree.

Per sentire più profondamente il dolore urlato dai martiri vittime delle guerre, occorre, lasciata Redipuglia, spingersi a Trieste nelle foibe , poi nella risiera di Saba, dove la mente, il cuore, la carne, avvertono in diretta il tormento dei 5000 che vennero barbaramente soppressi, cancellati dal mondo.

Furono, in gran parte,  esistenze di giovani, rubate ai campi, alle officine, contadini e operai, validissimi, unici sostegni per le loro famiglie, colpite  da  fame e lutti

Rretu l e porte de le case , a ddunca 

O difettaa lu pane , o era passata

La morte , o se chiangìane luntananze,

furono giovani ammassati nelle trincee e, all’improvviso, spezzati per sempre ,sradicati  dalla mietitrice implacabile, dal cannone, dalle baionette, in furibondi corpo a corpo, dopo disagi inenarrabili, e qualche galletta da frantumare sotto i denti, a guisa di frisella, indisponibile essendo perfino l’acqua per inzupparla.

Sul prospetto del nostro camposanto vi è incisa l’iscrizione: EXULTABUNT IN DOMINO OSSA HUMILIATA;esulterano nella gloria del Signore le anime dei poveri e dei dimenticati. Il Signore sa parlare ai giovani d’oggi, come i suoi vicari in  terra, da Giovanni XXIII, a Paolo VI, ai due Giovanni Paolo, a Francesco, e prima ancora Carlo Maria Martini.

Ma già con  sincero patriottismo, amore, ed acutezza di laico,  aveva saputo parlare  ai propri coetanei, di pace e di amor di patria, un giovane ventenne,  quasi 200 anni fa,nel 1818, nel DISCORSO DI UN ITALIANO INTORNO ALLA POESIA ROMANTICA;   quel giovane di 20 anni si chiamava  Giacomo Leopardi. 

 

<  SPREZZATA E RIFIUTATA, VEDETE SE SIA TALE DA VERGOGNARSENE ,QUANDO NON ACCATTI MANIERE E COSTUMI, E LETTERE, E GUSTO, E LINGUAGGIO DAGLI STRANIERI(…).IO NON VI PARLO DA MAESTRO, MA DA COMPAGNO(…) NON V’ESORTO DA CAPITANO, MA V’INVITO DA SOLDATO. SONO COETANEO VOSTRO, E CONDISCEPOLO VOSTRO, ED ESCO DALLE STESSE SCUOLE,  CON VOI, CRESCIUTO FRA GLI STUDI E GLI ESERCIZI VOSTRI, E PARTECIPE DE VOSTRI DESIDERI, E DELLE SPERANZE E DE’TIMORI (…) . MA CHE POTRO’ IO?  E QUAL UOMO SOLO HA POTUTO MAI TANTO QUANTO BISOGNA PRESENTEMENTE ALLA PATRIA NOSTRA’? ALLA QUALE SE VOI NON DARETE MANO COSI’ COM ‘E LANGUIDA E MORIBONDA, SOPRAVVIVRETE O GIOVANI ITALIANI ALL’ITALIA, FORSE ANCH’IO SCIAGURATO SOPRAVVIVRO’, MA SOVVENITE ALLA MADRE VOSTRA RICORDANDOVI DEGLI ANTENATI E GUARDANDO AI FUTURI, DAI QUALI NON AVRETE  AMORE NE’ LODE SE TRASCURANDO AVRETE SI PUO’ DIRE UCCISA LA VOSTRA PATRIA; SECONDANDO  QUESTA BEATA NATURA OVE IL CIELO V’HA FORMATI E CIRCONDATI, DISPREZZANDO  LA FAMA PRESENTE CHE TOCCA PER L’ORDINARIO AGL’INDEGNI , E CERCANDO LA FAMA IMMORTALE  CHE AGL’INDEGNI NON TOCCA MAI ,(…) AVENDO PIETA’ DI QUESTA BELLISSIMA TERRA, E DE’ MONUMENTI E DELLE CENERI DE’ NOSTRI PADRI; E FINALMENTE NON VOLENDO CHE LA POVERA PATRIA NOSTRA IN TANTA MISERIA RIMANGA SENZ’AIUTO, PERCHE’ NON PUO’ ESSERE AIUTATA FUORCHE’ DA VOI >>.  

 

Tutti noi abbiamo il dovere di discernere e di vigilare, con  la nostra memoria;  essa può   riscattarli dall’oblio, essa potrà fare di quei poveri giovani morti, un  esempio perenne, di vita giusta e di ammirevole morte;  ed ognuno  di essi tornera nei prati.

 

 

 

 
 
 

IL FURTO č ORMAI IL MEZZO DI AUTOFINANZIAMENTO DELLE AMMINISTRAZIONI COMUNALI. A DANNO DEL CITTADINO

Post n°15 pubblicato il 30 Ottobre 2014 da vittoriozacchino

All'improvviso ti propongono di vedere il film su Leopardi, Il giovane favoloso di Martone, col mattatore Elio Germano. Bisogna darsi da fare perché è l'ultimo giorno di programmazione al cinema Italia di Gallipoli, Sala 3. Ci andiamo, il mio amico Giorgio ed io,parcheggiamo  alle 17,23 di fronte al cinema; tariffa 0,75 per 30 minuti, ossia Euro 1,5 ad ora. Cerchiamo la minutaglia, raccogliamo Euro 3, ,ci garantiamo due ore di tranquillità(cos' pensiamo)  fino alle 19,23. D'altra parte chi sa la durata del film ?  Ci accomodiamo : proiezione senza intervalli fino alle 19,40, senza tregua. Usciamo e, sorpesa,sul  parabrezza della Panda ci accoglie una sanzione di Euro 44, che tradotta in orario e relativi  soldoni, comporta  la differenza di 17 minuti, e 42,5 centesimi. Questo modesto sforamento si trasforma d'incanto in una penalità di Euro 44. che sono ridotti a 28, ove tu accetti di pagare subito.  Breve riflessione: se non paghi ed apri un contenzioso, senza saperne i tempi, devi supportare la pratica di una  marca da bollo da 40 euro in su, altro deterrente atto a convincerti di desistere dal portare molestie ai padri della patria.

  Non c'è che dire, un criminale sistema di autofinanziamento dato in appalto, con una serie di machiavelli per indurti comunque a sborsare. Che si sarebbe dovuto fare per evitare l'odioso balzello? Uscire dal piano sotterraneo della Sala 3, informare la maschera di dover correre a integrare il ticket del parcheggio, poi rientare nella sala 3, per terminare di vedere l'ultimo scampolo del film?  Quanti dei 17 minuti sarebbero occorsi? non meno di una decina. Ma ne valeva la pena? Si poteva anche fare così, atteso quello che era stato programmato dagli avvoltoi gallipolini del parcheggio, appostati per sorpendere l'incauto parcheggiatore, stregato da Leopardi, e per piazzare sul parabrezza il cazzinculo degli euro 44. Col quale certo la comunal organisation allestisce i posteggi, compensa i posteggiatori, e, se ce n'è ancora, dota di qualcosina altra i propri sventurati sudditi.

I quali, di solito si limitano a protestare contro questi aguzzini, forti in aritmetica, e così tanto spilorci da sottrarsi  a qualsiasi taglio d'unghia, o rinuncia a proprio privilegio,  ma capaci di derubare disinvoltamente i propri amministrati, di scipparli, per il cosidetto interesse pubblico,  a servizio della cosidetta "città bella". DI QUESTO PASSO LI ATTENDE  LA GUERRA.

 

 

 
 
 

Matera 2019

Post n°14 pubblicato il 29 Ottobre 2014 da vittoriozacchino

 

VITTORIO  ZACCHINO

MATERA E LECCE  2019. L’UNIONE FA LA FORZA

 

Dicevano i latini  << in cauda veneno >> , alludendo alla natura dello scorpione che ha il veleno nell’estremità della coda. Producono la sgradevole  sensazione di code  avvelenate  anche i piagnistei  di  certi comprovinciali che non riescono a digerire  la delusione di una Lecce sconfitta da Matera nella gara per la scelta della città capitale d’Europa della cultura per il 2019. Ogni  riflessione inizia con i complimenti  alla vincitrice, e si concludono, acidamente, con un grossissimo MA. Uno stucchevole, finale, inzuppato dalla recriminazione e dal rifiuto di un verdetto, “ingiusto e scandaloso”  imputato a “commissari frettolosi e distratti”, forse un po’ prevenuti e faziosi. Uno stracciarsi le vesti, a Lecce, ormai rituale, chiaramente stupido e  provinciale.

Non appartengo certo al Partito dei Gufi, avendo donato alla nostra  Lecce    monografie, saggi, articoli relativi al Castello di G.G.Dell’Acaya,  a Porta Napoli Obelisco e Mura Urbiche, al complesso gesuitico dei Cassinesi, Chiesa greca, chiesa zimbalesca del Rosario col  cenotafio di Antonio Galateo, Orto Botanico, e così via.

Purtroppo l’intellighentia leccese, che non conosce lo stare in trincea, brilla per la sua   fama di  sputasentenze  nel mentre si rimira l’ombelico, posizionata furbescamente  in  caute postazioni di retrovia. Non le è estranea l’invidia che, come il fuoco, può raggiungere alte cime (invidia tamquam ignis, summa petit) e  renderla ottusa, cieca, e fanatica. 

Non ha senso rodersi per la vittoriosa performance di Matera quando  si rifletta(occorre però studiare) che essa  ha sempre rappresentato per il Mezzogiorno:  una mater dolorosa, che oggi, d’improvviso  sale alla ribalta, muovendo  da zero, da quella “vergogna nazionale”, come venne percepito e  i nsultato il suo habitat di incomparabile bellezza e splendore, quell’unicum, sempre colpevolmente ignorato, quell’alveare rupestre scavato nel tufo, abitato dalla povera humanitas,  il basso popolo oltraggiato nella sua communitas, ma fiero di “quel luogo che il mondo ha voluto inaccessibile”, senza strade, senza ferrovie, senza aeroporti, e nonostante ciò  comodo  serbatoio di voti utili.  Oggi non  i commissari “frettolosi e distratti”,  bensì la loro colta alta coscienza la fa risorgere alla vita, l’orgoglio conculcato, un senso di vendetta e di voglia feroce di riscatto. Motivato dalla coscienza di una identità ancestrale e dalle battaglie culturali dei lucani  migliori, da Giustino Fortunato a Francesco Saverio Nitti,  da Giovan Battista Bronzini a Raffaele Giura Longo, da Gabriele De Rosa ad Antonio Cestaro, oltre che per l’ impegno di scrittori e poeti, da Rocco Scotellaro a Leonardo Sinisgalli, da Tommaso Pedio a Raffaele Nigro, e tanti altri ancora.  Che, nel tempo hanno fatto di Matera una significativa icona e metafora del Sud più  profondo e più povero, quello descritto da Carlo Levi, quello al cui capezzale era accorso nel 1950 uno sconvolto Alcide De Gasperi  per istituirvi la Cassa del Mezzogiorno, affinché i meridionali avessero la sensazione di un aiuto concreto, e sentissero “il suono delle risorse in arrivo”.

Ma anche la Cassa finì per cadere in mani sbagliate e per far abortire il decollo del Mezzogiorno.Non risanò la mentalità malata, tipica di qui, di aspettarsi tutto e sempre dagli altri, come la manna, mentre la grande affermazione di Matera, su altre cinque città gioiello (pensate a Siena e al crollo della MPS) parrebbe dimostrare che  la  gente non vuole più umiliarsi col cappello in mano,  perché ha imparato  a  fare da sé, sa investire nelle idee e nel futuro, si  aspetta  più la grazia di quattrini che piovono dal Cielo.

Matera è trionfo della cultura, Lecce no, della sicumera altezzosa che si permette il lusso di di truccarsi e di strafare;   di non declinare  altissime personalità di spessore europeo, da Antonio Galateo,a  Giulio Cesare Vanini, a Tito Schipa, un flop evidente, un harakiri  per chi ambiva  ad essere scelta a capitale europea della cultura.

L’opportuna intesa tra i sindaci Perrone e Adduce forse limiterà i danni. Perciò viva Matera e viva Lecce. Il  meglio della cultura d’Europa è qui. E così sia.

 
 
 

RINGRAZIANDO L'UNITRE PER LA LAUREA HONORIS CAUSA

Post n°13 pubblicato il 27 Ottobre 2014 da vittoriozacchino

VITTORIO  ZACCHINO

 

25 .10.2014 -RINGRAZIANDO L'UNITRE  I GALATI PER LA  LAUREA HONORIS CAUSA

 

Vengo da una lunga gavetta di giornalista dilettante, di studi in archivi e biblioteche, di produzione di eventi culturali, di dichiarazioni d’amore ad una città  fredda e indifferente.

Perciò questa laurea h.c. che improvvisamente sostanzia il mio cursus honorum è una sorpresa stupefacente che mi ripaga di amarezze, delusioni, incomprensioni.

Cala improvvisa sul capoccione di uno che non ha avuto il tempo di conseguire una laurea universitaria, perché  dal principio non sopportava che  dovessero essere altri a decidere  per sè  cosa doveva studiare. Da ora non passerò più come un abusivo.

questa UNITRE DEI GALATI  di Elio ALBA, Antonietta DEFINA, E COMPANY  vi ha posto rimedio,  togliendomi dalle spine col farmi uno storico, memorabile regalo. Tra poco avrò  la testa cinata d’alloro come gli immortali  poeti del Trecento, si licet parvis componere magni, che mi fa immaginare Petrarca e  Dante nella sua residenza sepolcrale di Ravenna, col verso immortale che  vi è scolpito :  FANNOMI ONORE E DI CIO’ FANNO BENE 

Stracontento anche per il felicissimo abbinamento ad una delle persone più squisite,   amico storico fin da tempi immemorabili, e di eroiche imprese  come la costruzione dell’Istituto del Fanciullo per i figli degli emigranti che coinvolse col  Sindaco Fernando Maglio, anche il sottoscritto. Dove tenni a scuola un paio d’anni quei ragazzi. Potei disporre della sua grazia di disegnatore e d’artista, per il mio librettino CONVERSAZIONE METAFORICA CON<<NOSTRA SIGNORA DI GALATONE Omaggio >> alla Chiesa Madre nel IV Centenario (1595-1995) per la quale  disegnò la copertina, con  la facciata e il campanile, e per l’interno:il soffitto a capriate,il coro, e l’organo, artistici manufatti distrutti nel 1955.

Quindi, un grazie corale ai Galati e ai galatei qui presenti, ed un pensiero reverente per la calda memoria del mio omonimo VITTORIO GEUSA, del quale piangiamo l’acerba dipartita.

Amo visceralmente questa città, cui credo di aver dato le fresche energie della mia giovinezza e quelle migliori della mia esperienza matura, non sempre ricambiato con la simpatia che avrei voluto, donde la mia scorza ruvida, da amante  aspro e spesso  respinto e incompreso. IMMITIS QUIA TOLERAVI.

Ma, d’altra parte, “che potimo fare noi, omnia non omnes possumus” avvertiva Galateo, negavit natura”.Ma è proprio Galateo che rappresenta il mio cruccio più grande, non averlo saputo imporre come avrei voluto e come lui merita; comunque, non demordo, sconfitto in passato sulla valorizzazione della sua casa natale, punto a rifarmi, col Premio Galateo del prossimo 15 Novembre, col Parco Letterario e il Convegno Internazionale in preparazione per il V° Centenario della morte, in novembre 2017, cui aderiscono già studiosi di tutta Italia, con un corto da proiettare  nelle scuole cittadine e salentine, e oltre. Infine sarei soddisfatto e pago, se potessi considerarmi, LIBER AC MEUS (Galateo) ossia interamente libero e padrone di me stesso, e che di me si potesse dire  quel che disse di sé il grande poeta triestino Umberto Saba:

VARIAMENTE OPERAI, SE IN MALE O IN BENE / IO NON SO, LO SA DIO, FORSE NESSUNO. MAI APPARTENNI A QUALCOSA, A QUALCUNO.

Che dire ancora? Grazie a tutti. Mi piacerebbe  che questo  riconoscimento di cui inorgoglisco, fosse condiviso all’unanimità, come stasera che mi vedo attorniato da amici e forse non amici; lo ritengo dato per merito, come lo intendeva il nostro Galateo nel Pater Noster,  difendendosi da invidiosi, spioni e avversari in carriera, tra cui indegni fratacchioni :”Lo regno de Dio è quando la virtù ha lo suo loco…quando li justi sono esaltati, quando se danno li onori e li premi ad quelli che li meritano, quando è stimata la scienzia, la sapienzia, la semplicità”.

 
 
 
 
 

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