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CHI E' LO SFASCISTA...???

Post n°213 pubblicato il 15 Gennaio 2008 da varese.cittanuova
 

È stata la sinistra, ispirata da Prodi, a creare gli articoli più pericolosi per il dialogo sulle riforme.

Infatti Prodi ha distinto l’azione del Governo, che dovrebbe realizzare il Programma dell’Unione, dal dialogo sulle riforme che spetterebbe ai partiti, e quindi anche al Partito democratico di cui Walter Veltroni è segretario.

Una distinzione apparentemente logica, ma che nasconde l’intenzione di sabotare le riforme nella convinzione tutta prodiana che il successo del processo riformistico e la vita del suo governo sono inversamente proporzionali. Ovvero: se si fanno le riforme, cade il Governo; se non si fanno le riforme, il Governo sopravvive.

Da qui è venuta, sempre sotto impulso prodiano, e in buona misura anche dalemiano, cui non si è sottratto il gruppo di Rutelli, l’accelerazione sulla cosiddetta realizzazione del Programma, che prevede, tra l’altro, una nuova riforma del sistema radiotelevisivo, punitiva per Mediaset ma, soprattutto, per l’intero sistema.

L’obiettivo massimo di questa tattica è, semplicemente, di fare fallire il dialogo sulle riforme; l’obiettivo minimo, è di approvare una legge elettorale accettabile per Berlusconi ma con un alto prezzo da pagare per Mediaset e, in sostanza, per la libertà di informazione in Italia, già minacciata nei giorni scorsi dal tentativo di Luciano Violante di imporre una “super-velina” ai direttori dei telegiornali. Peccato che non abbia potuto convocare anche i direttori dei tg stranieri.

Nella sostanza, la separazione tra attività del Governo e iniziative del Pd, ideata da Prodi, mira a una doppia offensiva: nei confronti di Berlusconi, e questo è ovvio; ma anche, e forse soprattutto, nei confronti di Veltroni, che viene accusato di destabilizzare il Governo nel suo tentativo di arrivare ad una nuova legge elettorale sufficientemente condivisa.

Per il momento Veltroni resiste e la sua affermazione che “non si può pensare di riscrivere la legge elettorale senza Berlusconi, senza il partito che con il nostro è il più grande d'Italia” è un punto fermo di cui tutta la sinistra deve tenere conto. Come pure l’impegno per una soglia non inferiore al 5%.

Ma i nemici delle riforme – perché alla fine di questo si tratta – hanno già chiesto la calendarizzazione della legge sul conflitto d’interesse. Segno evidente che l’antiberlusconismo tiene insieme ancora una buona parte della maggioranza di centrosinistra e che la strada percorsa da Veltroni è irta di difficoltà.

Gli stessi, ben identificabili, personaggi che stanno cercando di minare il dialogo fra Berlusconi e Veltroni sulla riforma elettorale (fra tutti Prodi e D’Alema, che esternano più da esponenti dell’opposizione che da uomini di governo) usano ogni parola del leader di Forza Italia per insinuare nel segretario del Pd il sospetto che egli sia inaffidabile e pronto a rovesciare il tavolo. Ma in realtà, il presidente del Consiglio, in modo subdolo e malizioso, ha prima lanciato il sasso, poi nascosto la mano, infine additato Berlusconi come colui che vorrebbe imporre al governo un programma diverso da quello presentato in campagna elettorale. Ma le cose non stanno propriamente così. Quando Berlusconi spiega che non si può collaborare con un governo che concepisce una legge criminale come la “Gentiloni”, non fa che evidenziare un fatto elementare, talmente ovvio da non meritare commento: non si può chiedere al leader dell’opposizione di dialogare e di sedersi ad un tavolo con l’intenzione di varare insieme le regole del gioco e, allo stesso tempo, prepararsi ad ucciderlo, ad uccidere le sue aziende, ad annientarlo politicamente.

Perché la “Gentiloni”, come d’altra parte la legge sul conflitto d’interesse, non sono state inserite nel programma della sinistra come capisaldi necessari a cambiare l’Italia. Questi due provvedimenti in campagna elettorale sono serviti a saldare la coalizione guidata da Prodi, unita solo ed esclusivamente nel nome dell’antiberlusconismo militante e irriducibile.

Rappresentavano il collante per politici ed elettori di sinistra, un messaggio chiaro: appena al governo massacriamo Berlusconi e lo rendiamo inoffensivo, in modo tale da evitare il rischio che possa tornare a palazzo Chigi. Come si vede, la Gentiloni è sempre stata un’arma puntata contro il leader di Forza Italia. E non è un caso che Prodi tiri fuori l’argomento ogni volta si trovi in difficoltà, quasi a raccogliere intorno a sé tutte le forze più intolleranti della sinistra.

Quando durante il vertice di maggioranza di venerdì il Professore è tornato a parlare della riforma televisiva, tutti, da Veltroni in giù, hanno capito che si trattava di una mossa velenosissima per mettersi di traverso al dialogo, per far saltare il banco. Perché il vero nemico di Veltroni è proprio Prodi, il vero nemico del dialogo è sempre e solo Prodi, e uno dei suoi più fedeli esecutori è “Gentiloni”.

Quindi, visto che la sortita di Berlusconi non aveva alcuna intenzione di condizionare il programma della sinistra, Veltroni prenda atto di avere un nemico in casa che fa il doppio gioco ed assuma una posizione di conseguenza. Altrimenti non va da nessuna parte.

Era stato facile profeta chi aveva annunciato da subito l’impossibilità di qualunque accordo con Veltroni se prima l’intesa – su legge elettorale o qualunque snodo fondamentale – non fosse stata raggiunta dentro la maggioranza.

È quello che sta avvenendo perché in realtà, all’interno del governo e della sua finta coalizione, nessuno si sogna di dare davvero carta bianca al leader del Pd. Che è stato messo lì, ricordiamocelo sempre, perchè le azioni di Prodi stavano portando la “Borsa” del centrosinistra alla bancarotta.

In altri termini se la partita di maggioranza fosse seriamente nelle mani di Veltroni, per Berlusconi, l’accordo sarebbe già chiuso. Mentre abbiamo visto che le vacanze di Natale, i disastri di Napoli e dell’Italia, le nuove tasse dirette e indirette regalate ai cittadini nel 2008, hanno convinto Prodi a giocare il tutto per tutto con la carta della disperazione.

Egli approfitta dei partiti piccoli sconvolti dall’ipotesi di una nuova legge elettorale firmata da Berlusconi e Veltroni, come della speranza dei referendari che hanno motivi opposti, ma altrettanto viscerali, per respingere il dialogo tra i due maggiori partiti.

Nelle ultime ore si tenta di rovesciare la frittata con tipico metodo stalinista: si insinua cioè che Berlusconi vorrebbe un baratto tra la legge sulle tv e la riforma elettorale. E invece il Cavaliere resta l’unico protagonista a non temere nessun esito della vicenda politico-elettorale, qualunque esso sia. Ed è questo vantaggio obiettivo che il leader azzurro si è costruito, a impensierire i suoi nemici dichiarati e i suoi nuovi amici di comodo. Da qui l’idea preziosa di tenere il punto per resistere offrendo tutte le nostre valide spiegazioni di fronte al tentativo di infangarci.

Veltroni si trova nella situazione più delicata ma in queste ore sapremo se ha il coraggio di uscire dal ruolo che recita meglio: quello dell’anima bella!

Nel quadro del dialogo tra Forza Italia e il Partito Democratico, l’elemento di novità in questa stagione politica, registriamo alcuni dati che hanno un certo rilievo.

In primo luogo, la centralità di Berlusconi, che ha indotto Veltroni ad affermare, nella recente intervista al Corriere della Sera, che la riforma elettorale o si fa con lui o semplicemente non si farà mai. Il che induce a cogliere un effetto positivo indotto dalla nascita del Popolo della Libertà: l’emergenza politica italiana, che assommava una serie di elementi storici, tra cui il bipartitismo imperfetto e un governo fatto apposta per non decidere e per non governare, si è almeno incrinata. Aprendo uno spazio inedito di iniziativa politica ai due più grandi partiti del Paese, il Pdl e il Pd.

Ma bisogna fare attenzione, perché la centralità berlusconiana, diventa un ulteriore pretesto per mettere il bastone tra le ruote al meccanismo del dialogo fra i nascenti due maggiori partiti del sistema politico italiano: in futuro rispettivi cardini del nuovo bipolarismo.

In questo momento di particolare crisi del governo, infatti, si manifesta l’intenzione politica primaria di Prodi e di D’Alema: ammazzare il bimbo nella culla. Distruggere l’asse politico Berlusconi-Veltroni ricacciando indietro l’operazione politica preliminare a qualsiasi futura riforma strutturale: la nuova legge elettorale. E così si riapre il contenzioso, antico e usurato, della legge in materia di telecomunicazioni, oggi chiamata Legge Gentiloni. La legge si collega, sul piano del solito livore anti-berlusconiano, al conflitto di interessi.

Un autentico passo indietro, che delegittima anche la novità di una sinistra che voglia dirsi riformista e capace di dialogo con i propri avversari politici. Se Berlusconi afferma che non potrà esserci sincero e fruttuoso dialogo con chi, da un lato, apre alla riforma elettorale, mentre, dall’altro, tenta di metterlo in difficoltà sul piano personale, con una tempistica che suona come una bomba ad orologeria, ecco che subito la Bindi (alleata ideologica di Prodi, stessa cultura cattocomunista e spirito anti-berlusconiano) apre il fuoco di sbarramento e chiude la porta ad ulteriori sviluppi del dialogo. Come se questo dialogo non fosse a vantaggio del sistema politico nel suo complesso e dell’intero Paese! Quando emergono novità vere, nella politica italiana, gli sconfitti di oggi recuperano le armi di ieri. Sabotando così la possibilità e l’opportunità del cambiamento.

 
 
 
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