2 passi tra le righe

Frasi rubate qua e là... di VILMA REMONDETTO

Creato da Vilma66 il 16/09/2012

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"Un gentiluomo a Mosca" di Amor Towles

Post n°50 pubblicato il 13 Marzo 2019 da Vilma66
 

 

"Aleksandr Il'ic Rostov, dopo aver preso in considerazione la sua testimonianza, possiamo solo presumere che lo spirito perspicace che scrisse il poema "Dov'è ora?" si sia irrevocabilmente arreso alle corruzioni della propria classe sociale e che adesso costituisca una minaccia per quegli stessi ideali che un tempo aveva abbracciato. Su questa base, saremmo inclini a farla portare fuori da questa sala e metterla al muro. Ci sono alcuni rappresentanti anziani del Partito, però, che la considerano tra gli eroi della causa prerivoluzionaria. E' quindi opinione di questo Comitato che lei debba fare ritorno all'albergo che tanto le piace. Ma non faccia errori: se mai dovesse mettere piede fuori dal Metropol, sarà fucilato."

Con occhio assorto il Conte s'accostò alle finestre dell'angolo della suite esposto a nord-ovest. Quante ore aveva trascorso lì davanti? Quante mattinate con indosso la veste da camera e la tazza di caffè in mano, aveva osservato i nuovi arrivi da San Pietroburgo, spossati e stropicciati dopo il viaggio notturno in treno, sbarcare dai tassì? Quante sere d'inverno aveva guardato la neve scendere piano, mentre un'ombra solitaria, bassa e tarchiata passava sotto un lampione?... Girò i tacchi e si mise a camminare per le stanze. Ammirò le dimensioni del grande salone e i due lampadari. Ammirò i pannelli dipinti della piccola sala da pranzo e l'elaborato meccanismo in ottone che permetteva di chiudere le doppie porte della camera da letto. In breve rivisitò gli interni come avrebbe potuto fare un potenziale acquirente che stesse visitando le stanze per la prima volta... il Conte fece un rapido inventario di tutto quello che sarebbe stato lasciato dietro... E' buffo, il Conte si ritrovò a riflettere mentre era sul punto di abbandonare la suite, fin dalla più tenera età dobbiamo imparare a dire addio agli amici e alla famiglia... E' meno probabile che l'esperienza ci insegni come dire adieu alle nostre proprietà più care... Le portiamo da un luogo all'altro, spesso a costi e disagi considerevoli... Fino a che immaginiamo che queste proprietà accuratamente conservate possano darci autentico conforto a fronte di un compagno perduto.

Un'ora più tardi, mentre rimbalzava un paio di volte sul suo nuovo materasso per identificare la chiave delle molle del letto (Sol diesis), il Conte ispezonò con lo sguardo il mobilio che gli era stato ammassato attorno e si rammentò di come, da giovane, avesse ardentemente desiderato viaggiare fino in Francia in battello a vapore e fino a Mosca col treno notturno. Perchè? Perchè le cuccette erano così piccole! Che meraviglia era stato scoprire il tavolo che si piegava e scompariva senza lasciare tracia; e i cassetti inseriti alla base del letto; e le lampade a parete, larghe quel tanto da illuminare una pagina. Quell'efficienza del designe era musica per una nuova mente. Testimoniava una precisione di intento e la promessa dell'avventura. Tali, infatti, avrebbe dovuto essere gli alloggi del Capitano Nemo quando percorreva le sue ventimila leghe sotto i mari. E un qualsiasi ragazzino con un minimo di inziativa non avrebbe forse barattato un centinaio di notti in un palazzo con una sola a bordo del Nautilus? Bene, Eccolo lì, finalmente.

Alle tre e mezzo del mattino il Conte si inerpicò ondeggiando su per le scale, virò in direzione della sua stanza, attraversò barcollando il suo armadio, svuotò le tasche sulla libreria, si versò un brandy e con un sospiro di soddisfazione si lasciò cadere sulla poltrona. Mentre dal suo posto sulla parete Elena lo contemplava con un sorriso tenero, d'intesa. "Si, si" ammise " è un pò tardi e sono un pò ubriaco, ma a mia discolpa si può dire che è stata una giornata ricca di eventi." Come a dimostrare quell'affermazione, il Conte all'improvviso si alzò dalla poltrona e si strattonò uno dei risvolti della giacca. "Lo vedi questo bottone? Voglio che tu sappia che me lo sono cucito da solo." Quindi lasciandosi ricadere sulla poltrona, il Conte prese il brandy, lo sorseggiò e riflettè ... Il Conte sospirò e poi condivise un concetto con la sorella. Fin da quando ha avuto inizio la commedia umana, spiegò, la Morte si è rivolta agli ignari. In questa o quella storia arriva silenziosa in città e prende alloggio in una locanda o si mette in agguato in un vicolo o indugia in un mercato, in modo furtivo. Poi, quando l'eroe ha un momento di respiro dalle sue faccende quotidiane, la Morte lo va a trovare. Tutto questo va bene, ammise il Conte, ma quel che di rado viene raccontato è il fatto che la Vita è in tutto e per tutto subdola come la Morte. Anch'essa può indossare un cappuccio. Anch'essa può arrivare silenziosa in città, mettersi in agguato in un vicolo o aspettare nel retro di una taverna. Non aveva forse fatto una visita del genere a Miska? Non era andata a trovarlo mentre lui si nascondeva dietro i suoi libri, non gli aveva teso un agguato fuori dalla biblioteca e non l'aveva forse preso per mano in un angolo appartato sulla Neva?

Da giovanotto, il Conte s'era fatto un vanto dell'essere sempre un passo avanti. La comparsa tempestiva, l'espressione appropriata, l'anticipazione di un bisogno; per il Conte quelle erano state le autentiche caratteristiche dell'uomo ben educato. Date le circostanze, però, scoprì che l'essere un passo indietro aveva dei meriti indiscutibili. In primo luogo, era assai più rilassante. L'essere un passi avanti nelle questioni romantiche richiedeva una vigilanza costante. Se si ha intenzione di portare avanti un approccio di successo, si deve essere consapevoli di qualsiasi parola pronunciata, gesto fatto e prendere nota di ogni sguardo. In altre parole, essere un passo avanti in una storia romantica è stremante. Essere un passo indietro invece? Essere sedotto? Bè, bastava appoggiarsi allo schienale della sedia, sorseggiare il vino e rispondere a una domanda con il primo pensiero che passava per la testa. Inoltre, per assurdo, se essere un passo indietro era più rilassante che essere un passo avanti, era anche più eccitante. Dalla sua posizione rilassata colui che è un passo indietro immagina che la serata con la nuova conoscente si svolgerà come ogni altra: una chiacchiera qui, una chiacchiera lì e una amichevole buonanotte sulla porta di casa. A metà della cena, però, c'è un complimento inatteso e dita che accidentalmente sfiorano una mano; c'è una tenera ammissione e una risata soffocata; poi all'improvviso, un bacio. Da quel momento in poi le sorprese non fanno che crescere in potenza e opportunità. Come quando si scopre (mentre la camicetta cade sul pavimento) che una schiena è adorna di lentiggini come lo sono i cieli di stelle. O quando (dopo essere scivolati con pudore sotto le lenzuola), le lenzuola sono gettate da parte e ci si ritrova sulla schiena con un paio di mani che premono sul torace e un paio di labbra che emettono istruzioni ansimanti. Se ciascuna di queste sorprese ispira una nuova condizione di meraviglia, nulla può essere paragonato a quella sorta di sgomento che si prova quando, al mattino, una donna proferisce senza possibilità di essere fraintesa, girandosi su un fianco: "Mentre te ne vai, fà in modo di tirare le tende."

Mentre il caffè veniva versato, il Conte si chiese se quello fosse l'inizio o la conclusione della giornata del vecchio. In entrambi i casi s'immaginò che una tazza di caffè fosse perfetta, perchè che cosa c'è di più versatile? Tanto a casa, in una tazza di stagno, che in una tazza di porcellana di Limoges, il caffè è in grado di dare energia all'industrioso all'alba, calma al riflessivo a mezzogiorno o sollevare lo spirito dell'uomo assillato dai problemi nel bel mezzo della notte.

Mentre invecchiamo siamo propensi a trovare conforto nella nozione che ci vogliono generazioni perchè un modo di vivere svanisca. Ci sono familiari le canzoni che i nostri nonni amavano, dopotutto, anche se non abbiamo mai danzato noi stessi con il loro sottofondo. Durante le feste, le ricette che tiriamo fuori dai cassetti sono vecchie di decenni e in alcuni casi persino scritte di proprio pugno da un parente morto da tempo. E gli oggetti nelle nostre case? I tavolini da caffè orientali e le scrivanie  consumate tramandate da una generazione all'altra? Nonostante siano "fuori moda", non solo aggiungono bellezza alle nostre vite di ogni giorno, ma prestano credibilità materiale alla nostra supposizione che il passare di un'era sarà glaciale.

Il principio consiste nel fatto che una nuova generazione deve una certa quantità di gratitudine ad ogni membro della generazione precedente. I nostri anziani hanno seminato i campi e combattuto in guerra; hanno fatto progressi nell'ambito delle arti e delle scienze e in generale hanno fatto sacrifici per noi. Grazie ai loro sforzi, quindi per quanto umili, si sono guadagnati un poco della nostra gratitudine e del nostro rispetto.

Quando leggeva seduto sulla sua sedia, nessuna interruzione poteva essere considerata un disturbo. In effetti, preferiva leggere con un pò di baccano sullo sfondo: come le grida di un venditore ambulante per lastrada; o le scale di un pianoforte in un appartamento vicino, o, meglio di tutto, il rumore di passi sulle scale, passi che, dopo essere saliti rapidi per due rampe, all'improvviso si fermavano, seguiva un colpo alla porta e un'affannata spiegazione che due amici in carrozza con tiro a quattro erano in attesa per strada. (Dopotutto non è per questo che i libri hanno le pagine numerate? Per facilitare il ritrovamento del segno dopo una giusta interruzione?) Quanto al possesso delle proprie cose, non gliene era mai importato un baffo. Era il primo a prestare un libro o un ombrello a un conoscente (non importa se nessun conoscente dai tempi di Adamo avesse mai restituito un libro o un ombrello). E le abitudini? S'era sempre vantato con orgoglio di non averne... A quanto pareva, però, non era più così... L'arrivo non annunciato di un pacco di quasi quattordici chili gli aveva strappato il velo dagli occhi. Senza che nemmeno se ne accorgesse, senza che l'avesse ammesso, immesso o permesso, l'abitudine si era insediata nella sua vita quotidiana... "Mia nipote" spiegò il Conte, mentre Sof'ja si guardava intorno con stupore... Quando Sof'ja ebbe completato l'ispezione dei paradossi del Piazza, sembrò capire d'istinto che un simile ambiente meritava criteri di comportamento, perchè all'improvviso tolse la bambola dal tavolo e la sistemò sulla sedia vuota alla sua destra; quando il Conte fece scivolare il tovagliolo da sotto le posate d'argento per metterselo sulle ginocchia, Sof'ja ne seguì l'esempio, stando bene attenta a non far stridere forchetta e coltello...

E' risaputo che tra tutte le specie sulla Terra l'Homo sapiens è fra le più adattabili. Metti una tribù di queste creature in un deserto, e si avvolgeranno in stoffa di cotone, dormiranno in tende e viaggeranno a dorso di cammello; mettila nell'Artico, e queste creature si avvolgeranno in pelli di foca, dormiranno in igloo e viaggeranno su slitte trainate da cani. E se le metti nell'ambiente Sovietico? Queste creature impareranno a fare conversazioni cordiali con sconosciuti, mentre aspettano in fila; impareranno ad accatastare con ordine gli indumenti nella loro metà d'armadio; impareranno a disegnare edifici immaginari nei loro album. Ovvero, si adatteranno. Di certo un aspetto dell' adattamento di quei russi che avevano visto Parigi prima della Rivoluzione era l'accetttazione del fatto che avrebbero rivisto Parigi mai più...

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