Creato da VELENOnelleVENE il 21/09/2007

PUNTO. E A CAPO

Minchiate assortite gusto fragola, vaniglia, rabarbaro, caffè o mais.

 

 

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MA CHE FREDDO FA MENTRE ASCOLTO I BLOODY BEETROOTS

Post n°109 pubblicato il 12 Gennaio 2012 da VELENOnelleVENE

Sono quasi le quattro di una limpida domenica mattina di gennaio. Scendo di strada strambando come mio solito ed accosto alla pompa di benzina. Ho quasi mezzo serbatoio ancora e potrei evitarmi di sfilare in cappottino attillato, leggings e stivale tacco dodici davanti ai due loschi figuri che stanno uscendo dal bar del distributore. Ma questo gasolio è il più basso nel raggio di quaranta chilometri da casa, sarebbe un peccato non fare il pieno. Inoltre sfiorare il metro e ottanta d’altezza mi rende intrepida. Scendo dalla macchina lasciando acceso il lettore su cui gira il Best of Remixes di Sir Bob Cornelius Rifo. Chiaramente a volume da disco. I due malintenzionati sostano ad un paio di metri atterriti dai bassi. Fa un freddo cane. Non come altri inverni ma abbastanza da farmi tremare la mano mentre infilo il bancomat nella cassa automatica, inserisco il pin, seleziono pompa e erogo quaranta punto trentadue euri di tassatissimo diesel. Torno alla cassa e piglio lo scontrino. “Ciao ragazze” squittisce uno dei due stupratori mentre sto risalendo in macchina. “Ciao” rispondo meccanicamente senza nemmeno guardarlo in faccia. Accendo il motore e riparto a scheggia. La mia copilota è visibilmente agitata. “Mi ero tolta la cintura per saltare giù in tuo aiuto nel caso, quei due avevano davvero delle brutte facce”. “Uh, dai, ma ci pensava Sir Bob a tenerli alla larga.” rispondo vagamente tanto per dire una cazzata. Quelle presenze non mi hanno preoccupato minimamente in realtà, possiedo l’incoscienza  di chi si sente intoccabile e dovrebbe possederla anche la mia compagna di viaggio secondo me. Non ho voglia di sentirla blaterare per gli ultimi trenta chilometri di strada che mancano a casa sua. Puzza di alcool. Per cui alzo i Bloody Beetroots a volume indecente e mi isolo nei miei pensieri. Il concerto di Nada di poche ore prima. Mi si fanno ancora gli occhi lucidi ripensando ad Amore Disperato. I buoni propositi per l’anno nuovo. Uno. Smettere di pensare a quell’ubriacone senza speranza, quel Charles Bukowsky dei campi. È durissima. Accettare che scelga l’autodistruzione piuttosto che me. Accettare che si beva il cervello e spappoli il fegato, che voglia a se stesso molto meno bene di quanto glie ne voglia io. Accettare che non posso farci niente. È durissima. Due. Evitare i parassiti. La mia copilota la conosco da meno di un anno. È fondamentalmente una buona persona con la tendenza a coprire le proprie insicurezze sotto sbronze regolari. La buona notizia è che non ha la patente. La cattiva è che non ha la patente. Crollo dal sonno ogni volta che devo allungare di venti chilometri il mio ritorno a casa a notte fonda – o primo mattino che dir si voglia – per accompagnarla a casa sua. Il tramite che ci ha fatto conoscere è stata una mia collega e sua migliore amica, prontamente fattasi di nebbia appena rimediata la relazione sentimentale che cercava. Ciò che la lega a me è l’estetica bellezza degli amici che frequento, ciò che lega me a lei è il mio – volubile – complesso di Madre Teresa. Tre. Prendermi dieci giorni a maggio per un tour on the road della Spagna meridionale. Valencia. Cordoba. Siviglia. Io e me. Una accurata selezione di dischi per il viaggio. La macchina fotografica. E basta. Quattro. Scrivere qualche post un po’ meno depresso su questo blog. Cinque. Mettere ordine nella mia camera per cominciare a mettere ordine nella mia vita. Sei. Pensare meno al lavoro e più agli uomini. Ad altri uomini cioè. Sette. Ignorare il fatto che, con ogni probabilità, la mia debole volontà mi impedirà di attuare tutti i sopracitati buoni propositi, a parte il viaggio forse.

 
 
 
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