Passo dopo passo, il piede che non può sbagliare
sul marciapiedi sottratto
alle foglie secche dei platani:
e l’ombra tua si allunga sulla strada al tramonto
precedendoti, ingobbita e torva:
il tuo doppio, ombra tra ombre -
incede a scatti nervosi, si ritrae,
zigzaga tra l’incipiente oscurità.
Il peso dei gomiti sulla scrivania
quando la musa si ritrae, puttana capricciosa!
Questo sei tutto ciò che sei!
Uno slancio accennato, un malleabile
garbuglio di gioie indolori e quieti dolori
contemplato dalla notte che ghigna alla finestra,
mentre con la schiena irta di stelle
solletica l’infinito.
(Quando ti chini su te stesso
senti odore di bestia domata)
Se io sono solo una maschera e nulla più,
perchè mi ostino a pensarmi uomo?
Vorrei esser considerato solo un homo erectus
e non far sospettare che in me vi sia seme d’immortalità.
Un buon punto di partenza, si potrebbe pensare.
Alle Termopili, a Buchenwald, a Srebreniza
o dovunque ci sia sangue,
sangue e morte
e dire “Io ci sono stato! Io ho visto!”
fiero del proprio rigore scientifico
attestato da foto, diagrammi, didascalie
di crani e costole e metacarpi e rotule
e delle mura crollate, dei bastioni in fiamme.
La scienza rigorosa dell’odio.