Arenaria granito porfido;
fuoco: fuoco smisurato, che
cuoce e dà alla luce
un mostro di terracotta
dal volto sgrezzato
e rilucente.
Viene, nella notte di velluto
in una folata di scintille,
fitte (come stelle)
come vespe di uno
sciame impazzito
(in un secchio di ferro).
Golem dallo sguardo di falco
procede per le mie interne vie, deserte
- spaventoso e ululante, mi
raggela il sangue,
spinge la paura a raschiare nel mio cervello
come unghie che cigolano
su una parete scabrosa.
Cerco di correr via, ma
l’universo mi tiene schiacciato
al suolo.
Poi, su di me, l’ombra sua s’accresce,
eclissa zenith e nadir,
e io mi faccio piccolo, tanto che
potrei (fallo! Fallo ora che puoi!)
eclissarmi fra atomo
e atomo.
Ma, come ogni volta, mi trova:
cagna da usta,
piomba su di me,
m’azzanna l’anima.