Un’osservazione approssimativa: l’indice puntato alla linea di demarcazione tra
luce ed ombra, mentre qualcuno mormora: “da lì tutto nasce e tutto muore.”
Seduto in riva al mare, un sorriso
sulle labbra, gli occhi
a seguire forme lanceolate, che in balzi schioccanti
ad me venunt.
Ah, se fossero fiamme chinerei la testa, chiuderei
lo sguardo, ma fiamme non sono: non emettono
né luce né calore: inspirano
tenebra da tenebra,
espirano raggelanti
vapori e miasmi.
Orlati occhi di scaglie colpiti
dal sole offuscato,
rifranto
da lenti convesse: cecità parziale, ma
sufficiente per farmi cadere
in mezzo alle bestemmie, le risate e i battimani:
non vi sia pietà alcuna per il volgare saltimbanco!
Questa testa imbottita di stracci che sa solamente
estrarre risate
da dentro
quei ventri da rettili-aracnidi, mentre digeriscono il fiero pasto
sotto l’adorato sole alieno.
Lo accetto? Ma sì! Addirittura faccio l’occhiolino!
Accenno, alzandomi in piedi, pure un inchino,
per ritrovarmi, subito dopo, portato a braccia,
nell’angusto averno di afflitta lontananza, deposto a terra,
accerchiato e pianto da vecchie in gramaglie,
le indaffarate streghe dal mento peloso, gli occhi
d’ossidiana, le mammelle
pendule e morte
sotto il luttuoso vestimento.
Poi, di nuovo in piedi!
Canto uno stornello allegro e bello
faccio un prillo, e tanto di cappello!
Ma solo quando il suo sangue andò a raccogliersi
in una bacinella smaltata,
capì, in un istante di fulgida chiarezza,
di non esser lui quello che vedeva:
carne morta non muore.