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A GAZA SI MUORE DI ASSEDIO

Post n°38 pubblicato il 07 Novembre 2008 da yule1959

di LUISA MORGANTINI*
PUBBLICATO DA LEFT 7 NOVEMBRE 2008


DECINE DI CASI DI RIFIUTO DELLE NECESSARIE AUTORIZZAZIONI DA
PARTE DELLE AUTORITA' ISRAELIANE STANNO CAUSANDO CENTINAIA
DI MORTI. I MEDICINALI CHE NON ARRIVANO, IL TRASPORTO DEI
MALATI NEGATO.

LA DENUNCIA DEI MOVIMENTI




Sono 255 i malati di Gaza morti dal giugno del 2007 perché
non hanno ottenuto dalle autorità israeliane il permesso
di uscire e farsi curare altrove, mentre le chiusure
impediscono agli ospedali della Striscia di rifornirsi anche
delle più basilari medicine.

L'ultimo, Ahmed Al-Shafey, un anziano di 76 anni, deceduto
lo scorso 28 ottobre per un'infezione renale: per motivi di
sicurezza le autorità israeliane non l'hanno fatto uscire
da Gaza.

Come la piccola Hani, tre anni, morta il 14 ottobre
perché la proteina necessaria per il nutrimento del suo
cervello e di cui era carente a Gaza non si trovava: anche
per lei nessun permesso e la sua vita è stata stroncata.
Il 35% di questi decessi riguarda i bambini, morti senza un
atto né una parola spesi dalla comunità internazionale

per denunciare la punizione collettiva del milione e mezzo di
civili della Striscia, per pretendere da Israele il rispetto
dei diritti e della dignità umani e l'obbligo di
conformarsi alla legalità internazionale.

Eppure da tempo organizzazioni palestinesi, israeliane e
internazionali, Unrwa, Croce Rossa Internazionale, Physician
for Human Rights, Amnesty International, Bet'selem e altre
denunciano la crisi umanitaria senza precedenti a Gaza, le
responsabilità dell'assedio israeliano che non permette il
libero movimento delle persone e delle merci. Il 95% delle
imprese sono chiuse.

In questi giorni abbiamo visto SS Dignity, la seconda nave
di attivisti palestinesi e internazionali organizzata dal
movimento Free Gaza arrivare nella Striscia con mezza
tonnellata di medicinali e altri aiuti umanitari,
nulla
rispetto ai bisogni, ma molto a livello simbolico per
rompere l'isolamento e la prigione a cielo aperto in cui
vive la popolazione di Gaza.

Quando non esiste più il diritto di accesso alle cure
sanitarie, il diritto ad una vita dignitosa, il diritto alla
sicurezza e nemmeno il diritto all'infanzia, allora rimane
solo la vergogna, quella di chi è responsabile di questa
situazione immorale: le autorità israeliane in primis ma
anche il silenzio complice della comunità internazionale,
perché sarà anche colpa nostra se Jihad, 12 anni, nei
prossimi mesi dovesse morire. A lui circa un anno fa è
stata diagnosticata una grave leucemia che non può essere curata
a Gaza. Il bambino ha ottenuto il permesso di andare in
Israele per fare la chemioterapia a patto di ritornare nella
Striscia dopo ogni trattamento. Nonostante le forti nausee
derivanti dalla terapia e sebbene il medico abbia confermato
l'alto rischio di viaggi ricorrenti e ricordato la necessità
di un ambiente sterile in cui il ragazzo dovrebbe vivere, le
autorità israeliane si rifiutano di dargli il permesso di
rimanere in ospedale. Con la paura costante che il figlio
muoia nel tragitto tra l'ospedale e la casa, la madre di
Jihad è disperata: non può neanche lontanamente
concepire come una situazione politica possa mettere a rischio la vita
di suo figlio. E perché poi dovrebbe farlo?

Secondo diversi studi -gli stessi che sono stati al centro
della Conferenza internazionale sull'impatto dell'assedio
sulla salute menale organizzata il 27 e 28 ottobre dal Gaza
Community Health Program in collaborazione con
l'Organizzazione Mondiale della Sanità- ansie, fobie,
disordini ossessivi e compulsivi colpiscono in modo
devastante le donne palestinesi della Striscia mentre oltre
il 90% dei Palestinesi si sente rinchiuso in una prigione,
con frustrazioni e ansie crescenti per la paura di non poter
ricevere cure mediche, di non trovare medicine per i propri
figli e non ottenere il permesso di farli curare all'estero,
mettendo a rischio le loro vite.  Di questo hanno discusso
centinaia di esperti ed accademici internazionali accorsi
per la Conferenza che, essa stessa sotto assedio, alla fine
si è svolta a Ramallah, dato che le Autorità israeliane
hanno negato agli internazionali i permessi di raggiungere
Gaza.

Ovviamente i minori sono i più esposti: nella Striscia
dove il tasso di disoccupazione è al 45% e il 55% delle
famiglie vive al di sotto della soglia della povertà, dove dal 2000
il numero di pazienti che hanno ricevuto cure dai centri per
la salute mentale è aumentato del 38%(dati OMS) e dove i
minori hanno un'esperienza diretta e devastante di morte e
violenza, come possono i bambini avere fiducia nel loro
futuro?

Di  disagi e tragedie parlano le storie raccolte dal GCMHP:
Eisa, 14 anni, vive con i suoi genitori e 12 fratelli a Beit
Lahia, nel Nord della Striscia. Il 4 gennaio 2005, giocava
in un campo di fragole, un missile israeliano l'ha
gravemente ferito e le sue gambe sono state amputate. Ora
Eisa si muove su una sedia a rotelle, non vuole accettare
l'incidente, è sempre nervoso, grida, picchia e tormenta i
fratelli minori.
A casa distrugge tutto, specialmente ciò
che si muove, perché non vuole vedere niente capace di
muoversi visto che lui ora può farlo solo con la sua sedia
a rotelle, e spesso tenta di rompere anche quella.

Huda, invece, ha 11 anni, anche lei vive a Beit Lahia e di
anni ne aveva solo 7 quando un missile israeliano caduto
sulla spiaggia le ha portato via di colpo quasi tutta la
famiglia: il padre, la suocera, le sorelle di 24, quattro e
un anno e mezzo e anche il fratellino di quattro mesi
. Stava
nuotando Huda: poi il fuoco, la morte e le sue foto che
hanno fatto il giro del mondo. Il GCMHP ha raccolto la sua
storia a distanza di anni: la bambina soffre di continui
flashback e incubi, ha le immagini terribili di quei corpi
straziati davanti agli occhi. E' terrorizzata dal mare e
dalla spiaggia, evita ogni oggetto le ricordi la tragedia,
dorme con difficoltà, ha frequenti mal di testa e poca
concentrazione. Difficile per lei costruire un altro futuro
possibile.

Per Eyad El-Sarraj, coordinatore del Gaza Mental Health
Programme, "la situazione della salute mentale a Gaza è
davvero grave e si teme per le future generazioni di bambini
che sono stati cresciuti fino ad oggi in un tale ambiente di
privazioni, sfiducia e mancanza di speranza".

Una testimonianza in più quella di Tala, 10 anni di Gaza
city. Il suo racconto inizia con gli incidenti che la
bambina ha vissuto personalmente nel luglio del 2007 quando
"in un giorno pieno di paura e di panico, sono scoppiati gli
scontri tra Fatah e Hamas; gli spari sono aumentati; tutti
erano spaventati, la paura era veramente tremenda; mi sono
attaccata a mia madre e pregavamo per i miei nonni il cui
appartamento è stato bombardato da un missile". Il corpo
le tremava e Tala voleva gridare:
"Basta, voi siete un unico
popolo, fratelli e amici, è orribile quello che state
facendo: fermatevi!"
. Ora Tala a volte sogna di scappare via
"lontano nello spazio e di vivere nel più distante dei
pianeti, Pluto, fino alla fine del conflitto. Ma la violenza
potrebbe durare a lungo e nel frattempo io potrei essere
congelata e morta".

Di questo porta responsabilità anche la leadership
palestinese con le divisioni  territoriali e politiche tra
la West Bank e Gaza e la scelta di Hamas di azioni suicide
ed omicide contro la popolazione civile israeliana, che
hanno influito sull'isolamento di Gaza anche se oggi, e mi
auguro si mantenga, vi e una tregua che Hamas sta
rispettando.

E noi movimenti, partiti dove siamo? Dopo 60 di diaspora
,dopo più di 40 anni di occupazione militare non siamo
ancora riusciti a far si che i nostri governi, che le
Nazioni Unite mettano in pratica le risoluzioni che votano:
la fine dell'occupazione militare israeliana ed uno Stato
per i Palestinesi sui Territori occupati nel 1967. Ma
intanto mobilitiamoci per fermare l'assedio di Gaza
(www.gcmhp.net
<https://webmail.europarl.europa.eu/exchweb/bin/redir.asp?UR
L=http://www.gcmhp.net/> ).



*Vice Presidente del Parlamento Europeo



 
 
 
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Un blog di: yule1959
Data di creazione: 21/05/2008
 

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