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UNA PALUDE VICINO AL FORLANINI? di Giuseppe Caravita
Post n°821 pubblicato il 18 Novembre 2012 da marcozio1
Solo l'intervento ostinato del consigliere di Zona Tre Michele Sacerdoti ha rivelato il pericolo che corrono i campi agricoli tra la centrale "Canavese" dell'A2a e il Lambro. Lentamente gli scarichi d'acqua della centrale nei fossi (fino a 300 litri al secondo) rischiavano di trasformare le zone di coltivazione in paludi incoltivabili, come secoli fa. Ora sono in corso sopralluoghi del Servizio agricoltura del Comune e la situazione viene monitorata. I dirigenti della centrale di teleriscaldamento, peraltro una delle più pulite e ecologiche d'Italia, affermano di esser stati oggetto di normative e autorizzazioni contraddittorie. E ora invitano a battersi per una rapido rinnovo dell'Aia (autorizzazione integrata ambientale) con la Provincia, pronti a realizzare una tubazione che non sversi più l'acqua di falda nei campi agricoli. La difesa del grande Forlanini, del parco e soprattutto delle aree verdi e agricole circostanti, si è arricchita dal 2 novembre scorso di un nuovo capitolo. Con la scoperta fatta da Michele Sacerdoti, consigliere di Zona 3 (e presidente della commissione lavoro dello stesso), di un serio problema in via Cavriana, dove opera la centrale “Canavese” dell’A2a. Di per sé questa centrale di teleriscaldamento è uno dei fiori all’occhiello ecologici dell’azienda energetica. Produce calore via tre grandi unità turbogas ottimizzate e, insieme, opera una maxi pompa di calore in cui l’acqua di prima falda a 14 gradi (abbondante nella zona) viene raffreddata a 7 gradi, e gli altri sette gradi “asportati” concorrono a riscaldare i circuiti di teleriscaldamento che si diramano per il quartiere di Lambrate e persino fino al Palazzo di Giustizia. Tutto bene? Sacerdoti, e con lui il comitato “Grande Parco Forlanini”, ha scoperto un punto critico, e non piccolo. Questo tipo di centrale, per sua natura, deve “processare” una grande quantità d’acqua. Può arrivare persino a 300 litri al secondo (un torrente di media portata) e l’acqua di prima falda non è potabile, in questo caso con leggere tracce di cromo (sotto i limiti), ma comunque tali da richiedere il suo scarico diretto nei corsi d’acqua, come il vicino Lambro, a circa un chilometro dalla centrale. Il sopralluogo del 2 novembre ha mostrato però una situazione critica. L’acqua di scarico di A2a li riempie fino a metà attualmente e li riempirà fino all’orlo al massimo del regime. A2a, per evitare che l’acqua uscisse nei campi attraverso le bocche di scarico dei canali laterali, le ha bloccate con opere di manutenzione “creativa”. Una parte del percorso è stata tombinata e la pendenza cambiata. In tal modo l’acqua della centrale scorre senza problemi verso il Lambro ma l’acqua dei campi dopo le piogge non riesce a scaricare nei fossi>. Risultato: il sistema di deflusso creato da A2a, dopo ogni pioggia, genera terreni parzialmente allagati e imbevuti d’acqua. Di questo passo i campi del Comune tra la centrale Canavese e il canile municipale (coltivati dalle aziende agricole Martini e Colombo) diverrebbero una sorta di palude incoltivabile (come erano secoli fa, prima dello scavo dei fossi e delle rogge). . Dalla denuncia alla risposta del Comune (servizio Agricoltura) e dell’A2a. Che precisavano, il 6 ottobre, di aver raggiunto un regolare accordo, con Determina dirigenziale n.33 del 3 Luglio 2012, per lo scarico delle acque della centrale a patto di interventi tecnici integrativi da parte di A2A e di interrompere il flusso in caso di inconvenienti, oltre a rispondere di eventuali danni arrecati alle aree circostanti e alle coltivazioni in atto. Poi, il 7 novembre due funzionari del servizio agricoltura effettuavano un sopralluogo e A2a rimuoveva i muretti che impedivano lo scolo delle acque dai campi agricoli. Contemporaneamente A2a diminuiva il flusso dell’acqua da 300 litrial secondo a 180. Nonostante questo l’acqua delle rogge, non più trattenuta dai muretti, è di nuovo finita nei campi. Una bella domanda, quest’ultima. Perché l’A2a non ha proceduto fin dall’inizio alla soluzione più logica? Ovvero, prendere una della sue innumerevoli tubazioni e farla corre fino al canile, da dove parte la tubazione che porta l’acqua al Lambro? L’arcano è stato spiegato, in via ufficiosa, pochi giorni fa da due alti dirigenti dell’azienda. Originariamente, hanno spiegato, la centrale Canavese aveva una autorizzazione della Provincia a reimmettere in falda (la prima, non potabile) l’acqua estratta dai sei pozzi per le pompe di calore. Poi però l’Arpa lo ha impedito, in quanto contrasto con l’Autorizzazione integrata ambientale. Di qui la soluzione via fossi e rogge, di sicuro non ottimale. Che però andrebbe sostituita con la tubazione sotterranea. Cosa fattibile se l’Aia (autorizzazione integrata ambientale) emessa nel 2007 dalla Regione e in scadenza a fine anno, con il suo rinnovo prescriverà appunto questa soluzione di scarico. Tanto più se si pensa che la domanda di teleriscaldamento sta crescendo, e l’A2A prevede l’installazione di una quarta unità termica. Dal canto loro gli agricoltori interessati, Martini e Colombo, dopo aver anch’essi formulato un esposto al Comune, ora stanno aspettando con i funzionari del servizio Agricoltura, la data di un secondo sopralluogo sul posto. (Giuseppe Caravita)
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