Post n°36 pubblicato il 18 Ottobre 2024 da cupidobruno
Uomini: non siamo più all’età della pietra. Siete responsabili dei figli non nati, degli aborti e degli infanticidi quasi quanto le donne che li compiono. Alessia Pifferi, la madre di Diana, la bimba morta di stenti a diciotto mesi, ha lasciato la piccola abbandonata per giorni, da sola, a casa. Il padre della povera Diana pare sia un modesto imprenditore di Ponte Lambro. Che abbia o no saputo che i suoi “trasporti sessuali” avessero dato luogo a una nascita (indesiderata?), non sappiamo. Forse Alessia ha deciso di non dirglielo. Forse. Chiara Petrolini è la madre dei neonati trovati morti nel giardino della sua abitazione a Vignale di Traversetolo (Parma). Forse andrà in carcere. La nonna dei bambini mai nati (che, effettivamente, deve vivere momenti di tristezza), non sapeva nulla di quello che accadeva al figlio, ora ex fidanzato che dice: "Devo ancora metabolizzare la notizia". Qualcuno lo definisce “il fidanzatino”. Però, per favore: diamo il peso alle parole. Dice ancora: “Vorrei che il primo figlio, nato il 12 maggio 2023, si chiamasse Domenico, perché è il nome del mio migliore amico. Il secondo, invece, Angelo. Perché grazie a questo bimbo, ritrovato per primo sotto la terra del giardino abbiamo scoperto tutto questo orrore. È il nostro angelo”: Certo: la colpa è della madre. Indiscusso. Ma il “fidanzatino” aveva rapporti sessuali evidentemente non protetti con una donna. Era certo che “ci pensasse lei?”. Chi glielo assicurava? Se ci avesse pensato lui con i preservativi sarebbe stato meglio. Quei due “angioletti” non ci sarebbero stati e Chiara Petrolini non avrebbe dovuto/potuto/voluto ucciderli. Oggi gli uomini devono rendersi conto che non viviamo più “nell’età della pietra”. Riprodursi era l'atto più naturale e privo di necessità razionali che esistesse. E nessuno, tanto meno i primi ominidi, sapeva di essere genitori. Ci volle tempo perché si scoprisse il legame tra rapporto sessuale e procreazione in quanto tra il concepimento e il parto c’era un lungo lasso di tempo e non si evidenziava una loro qualsiasi relazione. Per millenni, quindi, gli esseri umani non seppero che fosse il maschio a fecondare la donna, la quale sembrava dunque essere l'unica titolare della capacità di procreare. L'uomo era meritevole nel provvedere al nutrimento e alla difesa del gruppo, però era la donna che metteva al mondo nuove creature per cui occupava un ruolo di primaria, indiscussa importanza. Quasi una divinità, come testimoniano le statuine che la ritraggono: grosse mammelle, grosso ventre come la Venere di Hohle Fels, la statuina paleolitica scolpita nell’avorio di un mammut, lunga appena sei centimetri, ritrovata nella grotta di Hohle Fels, nei pressi di Schelklingen, in Germania, nel 2008, che risale a 35.000 anni fa, agli inizi del periodo Aurignaziano. In media, una donna nel Neolitico metteva al mondo tra gli otto e i dieci figli. Non stupisce: l’hanno fatto per secoli successivi molte donne, anche nostre nonne e in qualsiasi ruolo: Maria Carolina d’Asburgo Lorena, moglie di Ferdinando IV di Napoli, III di Sicilia, nell’arco di ventuno anni diede alla luce diciotto figli. Col primo aveva vent’anni. In Italia viviamo il calo delle nascite e l’aumento dei morti. Siamo al minimo storico, secondo Istat, dopo il 1860. Ma oggi non siamo più considerate divinità. E le donne sono cambiate. Esistono specie, come i polpi, i quali, sebbene siano molto intelligenti e dotati di superpoteri come cambiare colore e rigenerare gli arti, subiscono (se femmine) una morte tragica: dopo avere deposto una covata di uova, smettono di mangiare e deperiscono a tal punto che quando le uova si schiudono, sono già morte. Quindi per gli infanticidi non possiamo accusarci di essere “animali”. Non offendiamoli. Dal 1978, in base alla legge 194 in Italia la donna può richiedere l'interruzione volontaria di gravidanza entro i primi novanta giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari. Questo intervento è regolato dalla Legge 194/78, che descrive con chiarezza le procedure da seguire in caso di richiesta di interruzione di gravidanza. 5,8 aborti volontari ogni 1.000 donne in Italia nel 2021. Con 182 procedure di aborto medico ogni 1000 nati, l'Italia ha uno dei tassi di aborto più bassi d’Europa. La legge dovrebbe garantire libero accesso all’aborto chirurgico o farmacologico, benché in Italia esistano tanti e indicativi vincoli e limitazioni, come per esempio l’alto numero di obiettori di coscienza tra ginecologi (media nazionale del 63%, con picchi dell’80% in alcune regioni), medici di base e farmacisti. Ci si mette anche il Papa: Aborto: 'I medici che lo praticano sono dei sicari”. Fortunatamente apre sulla pillola, “Un'altra cosa sono gli anticoncezionali”, per i qiali, ai miei tempi (sono del1949), occorreva confessarsi. La legge 194, in ogni caso individua nella donna l'unica titolare del diritto all'interruzione volontaria della gravidanza Domanda: "Il padre può opporsi al diritto della madre di abortire?" Risposta: "La scelta ultima di abortire resta, nel nostro ordinamento, una prerogativa della donna, senza che a essa il padre del concepito possa opporsi. Ecco una ragione in più perché l’uomo, il maschio, si renda responsabile nel rapporto. Se non vuole figli, si deve assicurare lui stesso per non averne. Se li vuole, deve essere certo che la propria compagna sia d’accordo. Così da non trovarsi il “vedovo” (non esiste in italiano una parola per definire chi ha perso un figlio),o l’orfano di due bambini seppelliti in un giardino o di una bimba di diciotto mesi lasciata morire di fame e di sete. Forse le mamme dei figli maschi devono educarli in merito. Veniamo a quelli che non nascono: In altri paesi la legge sull’aborto consente l’interruzione volontaria di gravidanza anche oltre le 12 settimane. Per esempio: Austria, Aborto fino a 14 settimane Francia: Aborto fino a 14 settimane; Spagna, Aborto fino a 22 settimane; Olanda, Aborto fino a 23 settimane; Inghilterra, Aborto fino a 24 settimane; Romania,Aborto fino a 14 settimane; Svezia; Aborto fino a 18 settimane. È utile ricordare che un feto è definito “a termine” quello il cui parto avviene tra le 37 e le 41 settimane. Pretermine (o parto prematuro) quella in cui il parto avviene prima delle 37 settimane. Estremamente pretermine, prima della 28^ settimana di gestazione. Tanti bambini pretermine nascono e vivono una vita normale. Leggo: “Otto anni fa da oggi è nato Iver. Mia moglie, Robyn, il cui cervello aveva smesso di funzionare, ma il cui corpo e il cui cuore avevano tenuto in vita Iver per le settimane 22-28 della sua gravidanza, sarebbe stata staccata dal supporto vitale. Le 5 ore tra l'incontro con Iver e il momento di addio a Robyn sono stati i momenti più difficili della mia vita. Ho perso mia moglie, ma mi è stato dato il dono di diventare padre del mio piccolo uomo miracoloso. Iver è nato con un peso di 2 libbre e 13 once (un chilo e 277), e abbiamo trascorso le successive 12 settimane in TIN prima che tornassi a casa con lui. Oggi ha 8 anni. È incredibilmente intelligente, divertente, premuroso, estroverso, amorevole, premuroso, avventuroso e gentile. Sono grato per ogni giorno trascorso con questo meraviglioso bambino e per il dono di essere suo padre. Buon compleanno, Iver.” Meditate maschi, meditate. Bianca Fasano, giornalista e scrittrice. |
Post n°35 pubblicato il 02 Aprile 2020 da cupidobruno
Ditemi che è soltanto un pesce d’aprile. Vi prego, ditemelo e convincetemi. Perché quest’oggi assisto, attonito, alla corsa caotica, a colpi di click, da parte di migliaia e migliaia di persone che hanno conseguito un diploma, una laurea in Giurisprudenza, hanno svolto pratica forense ed ottenuto un’ardua abilitazione, all’accaparramento dell’obolo di € 600,00 (pure, inizialmente non previsto!) graziosamente concesso con il c.d. Decreto Cura Italia (D.L. n. 18 del 17.3.2020, così come integrato con Decreto del 28.3.2020 dei Ministeri del Lavoro e delle Politiche Sociali e dell’Economia e delle Finanze). Parlo degli Avvocati, categoria professionale liberale e nobile, esistente da quando è in piedi una società che si possa dire civile, attori principali del sistema Giustizia come i Magistrati, baluardo per la tutela e l’implementazione dei diritti. Parlo di esseri umani che hanno puntato le proprie fiches su un corso di studi polivalente, per trovare il proprio posto nel circuito produttivo e rendersi utili al mondo. Però, evidentemente, nella nazione sbagliata. Gente che, in paesi seri, dovrebbe nutrire serene prospettive di medio-lungo periodo e che, al contrario, in questo surreale posto che è l’Italia – ma per prudenza, in base alla mia personale esperienza, preferisco limitarmi al meridione d’Italia, che è anche Roma, per intenderci – spera di buscarsi qualcosa dallo Stato, quando e se arriverà, perché avrà fornito dimostrazione alla propria previdenza privata di aver passato anni difficili, di non aver affatto ingranato con la professione o, addirittura, di non aver più una partita iva. Ma questo è meno del breve periodo: questo è campare alla giornata. Sì, perché vi sfido: più a monte, provate a raccontarmi che, in fondo, questo Paese non abbia poi convinto noi Avvocati che la nostra quintessenza fosse proprio quella del campare alla giornata. Raccontatemelo ma poi, un attimo dopo, motivatelo con ragioni solide, perché io farò fatica a starvi dietro. Perché io credo sia proprio così: noi siamo una categoria da distruggere, i paria della società. Noi siamo residuali. E lo saremmo anche se parlassimo, oggi, non di seicento ma di seimila o sessantamila euro per ciascun Avvocato, perché l’unico “bonus” che potrà salvare il fondamentale comparto della Giustizia dovrà consistere in un’autentica rivoluzione concettuale, a partire dal nostro ruolo. La verità è che ormai siamo abituati a concepire la nostra professione come una gara ad ostacoli o, per restare in tema, come un’emergenza continua, un po’ come il virus di questi tempi. Noi siamo continuamente in quarantena, questa è la verità. Noi siamo reclusi – sì, da sempre e non solo in questi giorni – a causa di barriere politiche, sistemiche, ideologiche ma concretissime. E lo siamo a partire da corsi di studio affollati, aperti a chiunque – anche a coloro che non sanno cosa fare della propria vita dopo il diploma – e, spesso, senza uno sbocco preciso; poi, da pratiche forensi disorganiche, molto spesso povere di contenuti, cronicamente legate alle solite materie divenute una sorta di ammortizzatore sociale (penso alla r.c.a.), con compensi da fame o senza alcuna forma di corrispettivo. Pratiche che, assai spesso, non si concludono mai veramente e sfociano in collaborazioni atipiche non regolamentate, generando migliaia di professionisti poveri, timorosi di spiccare il salto e prendere ad essere realmente autonomi – realmente professionisti! – e bisognosi, quasi fisiologicamente, di conforto, controllo, rilettura, assenso da parte di un dominus. Una demolizione psicologica, prima che economica. E poi, penso all’esame d’abilitazione che (e mi perdonino i commissari seri e preparati che ho incontrato nella mia vita), continua a sembrare un terno al lotto. Con i testi nascosti negli zaini, gli smartphone, la speranza di un aiuto esterno, quando basterebbe pretendere l’impegno degli aspiranti Avvocati, consentire loro l’utilizzo dei codici commentati con la Giurisprudenza ed impedire realmente l’adozione di trucchetti da ragazzini – che costituiscono illeciti penali, a ben vedere. Forse, prima ancora, la facoltà di Giurisprudenza dovrebbe tornare a fare selezione (a partire dal numero chiuso) o, almeno, a indirizzare verso una prospettiva, come la libera professione o i concorsi. Poi penso alle udienze, che quasi sempre sono affollatissime perdite di tempo e che sovente vantano l’unico beneficio di incoraggiare la socialità e di sostenere l’economia dei bar nei pressi degli Uffici Giudiziari, a suon di caffè e chiacchiere ai tavolini. Quali udienze? Ma noi Avvocati le conosciamo bene: innanzitutto, quelle di mero rinvio (perché il Giudice non è riuscito ad emettere un provvedimento, perché mancano i testimoni, perché una notifica è andata storta e chi più ne ha, più ne metta); poi, l’udienza che segue quella di comparizione delle parti nel caso (leggasi: sempre) di richiesta della concessione dei termini c.d. istruttori; quella di conferimento dell’incarico al Consulente Tecnico d’Ufficio, che presta giuramento; quella di precisazione delle conclusioni, spesso reiterata per ragioni, sovente, oscure (o, forse, ben chiare)… si accettano suggerimenti. Parlo da civilista, naturalmente: tutto tempo che potrebbe essere dedicato allo studio, al tempo libero. Alla famiglia. Poi, penso agli importi ingenti che dobbiamo destinare, sin dall’iscrizione all’albo, anche senza un reddito effettivo ed in modo affatto proporzionato e scalare, alla nostra previdenza sociale, pur gravata da tutte le sue ben note incongruenze. Ma non è solo questo: è molto, molto di più. Questa elemosina di 600 euro assume le vesti di una beffa, contentino inaccettabile ed odioso per una vita (professionale ma non solo) di assurdità conclamate. Penso, ad esempio, al fatto che un soggetto, se non ha un reddito “regolare”, può intentare una causa civile senza rischiare concretamente nulla – lasciando a bocca asciutta la controparte e l’Avvocato avversario, oltre che, molto probabilmente, anche il proprio (dura, spiegarlo ai non addetti ai lavori; vero?). Penso alle società che scompaiono (anzi: che divengono inattive), lasciando capitale e patrimonio azzerati ma tanti debiti, nei confronti dei fornitori quanto degli Avvocati e dei professionisti in genere. Penso alle procedure concorsuali inutili; alle esecuzioni mobiliari in cui le case private sono sempre chiuse, in cui addosso, il debitore, non ha nemmeno un orologio oppure in cassa non c’è mai un euro da pignorare; a quelle immobiliari che durano un’eternità e costringono chi le ponga in essere ad esborsi enormi che, spesso, non vedranno rimborso; ai pignoramenti presso terzi (quando possibile) ove sovente non v’è nulla o quasi da ricavare perché il terzo non c’è più o perché il suo debito è poco o nulla; ai ricorsi per decreto ingiuntivo che potrebbero essere sostituiti da ingiunzioni qualificate degli Avvocati; a tutti quei contratti che sarebbero facilmente, e con competenza, stipulabili senza l’assistenza di altri professionisti – le compravendite immobiliari, per esempio ma sovvengono alla mente anche i c.d. passaggi di proprietà dei veicoli – e, più in generale, allo scandalo della negazione, pressocché assoluta e davvero incomprensibile, della facoltà di autenticare le sottoscrizioni! Penso alla patologica mancanza di meritocrazia. Agli incarichi milionari concessi in base a graziose discendenze e giuste amicizie. Ai mandati professionali da parte degli enti pubblici che vanno sempre agli stessi. Penso all’incredibile assenza di qualsiasi riferimento alla figura dell’Avvocato nella nostra Costituzione! E poi, ritorno con la mente al dileggio generale nei confronti della categoria: gli Avvocati rubano, perdono tempo, provocano la prescrizione, sono incompetenti, godono nel ritardare le decisioni, sono degli azzeccagarbugli, raccontano fandonie, si arricchiscono sfruttando i clienti, si vendono all’avversario… chiunque può, a chiunque è concesso gettarci fango addosso, impunemente. La vulgata è che noi siamo cattivi. Sui social, in strada, persino nelle dichiarazioni (anche molto recenti) di qualche… illuminato ed autorevole giurista. Non aiuta, bisogna dirlo, la politica adottata da più d’un ministro della Giustizia oppure l’insipienza di qualche soggetto capitato, per puro caso, all’apice del nostro settore. Gli Avvocati sono carne da macello, spara addosso al leguleio, dagli all’untore. So bene che, in qualche caso, il dileggio è meritato. Penso ai colleghi (minuscola voluta) che offrono pubblicamente la propria attività (minuscola voluta) gratis o quasi – con ciò, violando il principio di lecita concorrenza – o che, per esempio, incoraggiano azioni nei confronti dei medici che agiscono nell’estrema difficoltà di questi tempi grigi. Ma siamo 250.000 e passa (troppi, troppi)! Per la stragrande maggioranza perbene, coraggiosi, preparati, in buona fede. Penso al sorriso, alla bravura ed alla disponibilità dei Colleghi che vedo quasi ogni giorno (Antonietta, Gianluca, Roberto, Alessio, Elio per fare qualche nome, perché non siamo numeri!) e, più in generale, alla correttezza, alla serietà, al fair play di quelli che incontro sulla mia strada, innanzi alle eccezioni ed alle strenue argomentazioni, alla loro capacità di scorgere la cesura tra la difesa del Cliente ed i rapporti personali. Quanto è difficile, tutto questo! Quanto è difficile e miracoloso comprendere che l’inderogabilità del mandato difensivo ed il rispetto reciproco possano coesistere – anzi, considerare la prima una parte fondamentale del secondo. In definitiva e senza dilungarmi oltre, ecco perché vorrei tanto che questa storia dei 600 euro fosse un pesce d’aprile: perché, qui, bisogna rifondare la Giustizia, non elargire oboli. Perché non esiste alcuna programmazione rispettabile e seria delle vite di centinaia di migliaia di Legali; perché chi deve non adotta riguardo per le loro anime, le loro aspirazioni, le loro famiglie ed ora, di fronte all’ultimo atto di un’emergenza continua, frutto di scelte scellerate e di prassi assurde che solo in minima parte qui sono state citate, non si può più tacere. Perché non c’è merito, cultura, cura. Perché si deve, prima di tutto, riabilitare la professione dell’Avvocato. Perché noi siamo senza futuro e lo eravamo ben prima di questa emergenza mondiale. Il teatro è finito e quest’ultima farsa ha disvelato il trucco. Oggi, primo di aprile, abbiamo patito lo scherzo più atroce. Speriamo sia l’ultimo. Avv. Pasquale D’Aiuto. |
Post n°34 pubblicato il 02 Dicembre 2019 da cupidobruno
Napoli. A più di cinquantacinque anni dalla morte Marilyn Monroe, Bianca Fasano riscrive gli ultimi tre giorni di vita dell’attrice, dimostrando l’omisuicidio con l’ebook : “Another Marilyn”. Dedicato. La Monroe nel magma bollente degli anni dei Kennedy. Accademia dei Parmenidei. Un mare di pubblicazioni, sia precedenti al suo inserimento nel “pool” di StreetLib (ha pubblicato con molti editori di prestigio, prima di lanciarsi negli ebook e nei cartacei di StreetLib Write, il tool di authoring che le ha consentito di creare le sue molte nuove pubblicazioni, in libri digitali già validati nei formati: ePub2, ePub3, mobi e PDF divenuti, quindi, anche cartacei.. Dal lavoro cui sta lavorando al momento: “Le grafie dell’amore e dell’odio ed altri metodi di comprensione dell’essere umano”, stanno nascendo delle “spin off”(ricordiamo “Tre interviste impossibili” e “Lo sbobinatore e il piccolo chiller” sulle orme di Ted Bundy), di cui, ultima, questa sua immersione nella vita di una attrice morta da oltre sessantacinque anni, in modo misterioso, che non si è fatta mai dimenticare. Il libro è stato:-“Dedicato a Norma Jean, che non riuscì mai a divenire Marilyn MonroeL’autrice lo descrive:- “Questo mio “singolo” è dedicato ad un personaggio che mi è particolarmente caro: Marilyn Monroe. Un’attrice che è passata nel mondo della celluloide in un lasso di tempo brevissimo, lasciando un profondissimo segno. “- La Fasano aggiunge sul tema:-“E’ stato il periodo del mio “Il tempo degli eroi”, un libro che per me ha significato molto.Tra il 1962 ed il1963 io ero una ragazzina “molto adulta”, che viveva un’epoca in cui i retroscena dei fatti, pur eclatanti, non erano tanto visibili. La grande attrice Marilyn Monroe, con il suo splendido sorriso, muore tragicamente a Los Angeles, il 5 agosto 1962. John Fitzgerald Kennedy pochi mesi dopo: a Dallas, il 22 novembre del 1963. Fa il trio, l’uccisione di Bob Kennedy a Los Angeles il 6 giugno 1968. Se è vero che alle spalle del “suicidio” della Monroe, c’era la volontà dei Kennedy, la morte di quella giovane donna che li aveva amati entrambi, certamente non portò loro fortuna.”- Non si è mai potuto (o voluto), accertare la vera ingerenza del clan Kennedy nella misteriosa morte di una donna “che sapeva troppo”, il cui “libretto rosso di appunti”, fu fatto sparire nella notte tra il quattro ed il cinque agosto del 1962. La Fasano ha fatto più volte comprendere, anche nel passato, di non avere mai creduto al suicidio, avendo trattato l’argomento nel suo “Il tempo degli eroi”, scritto già nel 1997, laddove, per svolgere le sue indagini dovette lavorare su testi in americano o inglese, poco diffusi. Non era il tempo di google, che nasce ufficialmente il 27 settembre 1998. Tornando ad “Another Marilyn, l’autrice precisa di essere partita dallo studio grafologico sulla scrittura di Norma Jean, che l’ha indotta a ritornare sulle ricerche riferite a quello che viene considerato “un suicidio molto sospetto.” Nel suo lavoro attuale, anche con il metodo di una “intervista impossibile”, compone il tassello delle ultime ore dell’attrice americana, inserendovi, come in un puzzle, le parti del passato che spiegano, appunto, quegli ultimi tre giorni di agosto. Ha anche rivisitato l’autopsia effettuata da Thomas Noguchi, uno dei vicecoroner della Contea di Los Angeles che gli fu affidata dal coroner Curphey. Iniziata alle 10.30 del 5 agosto 1962 (della durata di cinque ore.), constatò che la temperatura corporea del corpo fosse di 32° e anche da questo dedusse come la Monroe si fosse suicidata (o fosse stata suicidata), tra le 20 di sabato quattro agosto e le 01 di domenica cinque agosto. Nel suo lavoro Bianca Fasano ha appurato come “mancasse la volontà suicidaria”, mentre invece fosse stato accertato che vi fu un fortuito quando misterioso viavai da e per la villa nel tempo (inspiegabile?), prima che qualcuno si decidesse a chiamare la polizia. Sostiene, anche, che i presenti fossero alla ricerca del già noto “diario rosso”, su cui (per consiglio del suo psichiatra, dott. Ralph Greenson, cui era stata indirizzata dalla sua analista di New York, Marianne Kris), Malilyn appuntava tutto, comprese le sue sensazioni, per di più a scopo terapeutico. Secondo la convinzione di molti, c'erano annotazioni sulle conversazioni con i fratelli Kennedy, sulla Baia dei Porci, Fidel Castro (e il potenziale assassinio di), la Mafia e Jimmy Hoffa. Prendeva appunti su tutto, altresì perché voleva "rimanere informata" su entrambi i fratelli, con cui aveva avuto, in periodi differenti, una storia sentimentale. La ricerca puntuale e precisa della Fasano appare molto forte sotto il profilo psicologico per lo studio a carattere grafologico che l’autrice ha effettuato sulla grafia di quella che lei suggerisce:- “Norma Jeane Baker Mortenson, che non è mai riuscita a diventare Marilyn Monroe”. Angelo Buonarroti. |
Inviato da: paoloaresmorelli
il 06/07/2008 alle 12:10