Creato da ad_metalla il 09/05/2006

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Meglio Soru ? Non più.

Post n°5 pubblicato il 08 Giugno 2006 da ad_metalla
 
Foto di ad_metalla

Intervista all'ambientalista Massimo Manca,
che picchia duro sul Governatore

Regione - Meglio Soru. Così lo slogan elettorale che fece la fortuna di Mr. Tiscali e in cui si riconobbero, appena qualche anno fa, molti degli allora delusi della politica militante, ma anche i cosiddetti “terzisti”. Quelli, per intenderci, che da sempre hanno fatto e continuano a fare le “pulci”, alla destra come alla sinistra. Una categoria pericolosissima, quella dei rompicoglioni, proprio perché non hanno mai fatto e non intendono fare sconti a nessuno, ad iniziare da se stessi. Un fatto è certo: la lista dei delusi della politica sorutea cresce giorno dopo giorno e la rabbia per alcune decisioni del governatore si organizza in qualcosa di più che una semplice fronda. La decisione dell’esecutivo regionale di svendere gran parte del patrimonio minerario (Masua, Monte Agruxau, Ingurtosu, Pitzinurri e Naracauli) per realizzarci strutture alberghiere ricettive, con annessi centri benessere, strutture sportive e per il golf, è la classica goccia che fa traboccare il vaso. Tra gli oppositori del progetto, che si stanno organizzando intorno al Blog RealCaimani (http://blog.libero.it/admetalla), alcuni ambientalisti della prima ora: nel senso che difendevano il patrimonio ambientale dell’Isola quando Renato Soru faceva miliardi costruendo Città Mercato, prima della folgorazione governativa. Tra questi Massimo Manca, 42 anni, fondatore ed ex portavoce regionale dei Verdi della Sardegna, ex assessore all’ambiente del Comune di Quartu, 25 anni d’opposizione, dentro e fuori la pubblica amministrazione. Forse anche contro i suoi interessi.

Allora, gli alberi si riconoscono dai frutti o dal rumore delle foglie ?
Divertente. E’ uno degli slogan più riusciti di Renato Soru. Nel senso che ci invitava a prestare attenzione agli incantatori di serpenti. Devo dire che aveva ragione: gli alberi si riconoscono dai frutti e i suoi sono in gran parte avvelenati.
Saranno avvelenati, ma come si spiega il fatto che continuano ad essere richiesti dal mercato ?
Questa è la cosa più paradossale. Gran parte di coloro che hanno avversato la candidatura di Soru sono via via diventati i suoi migliori compagni di viaggio. Gli altri, coloro che ne avevano condiviso programmi e sfide, che lo avevano difeso e promosso, stanno tornando mestamente a casa. Ironia della sorte.
Aspettative tradite ?
Di più. Vere e proprie mutazioni genetiche, uno spregiudicato modo di governare, che passa sulla testa della gente. Gente che non gli ha delegato la svendita della propria terra.
A cosa si riferisce ?
Semplice. Prendiamo una delle tante belle cose che Soru spese in campagna elettorale. Nel marzo del 2004, durante un’affollata assemblea-confronto con gli ambientalisti, promossa da me e pochi altri, ci disse testualmente che “La terra non si vende e per quanto possa sembrare banale, per quanto possa sembrare naif, per quanto possa sembrare strano, la terra non si vende. E’ diverso se a gestire la nostra terra, promuoverla, accompagnarla verso il futuro siamo noi, con la nostra testa, con la nostra cultura, con la volontà di continuare a viverci, a crescere i nostri figli, piuttosto che qualcuno che arriva qui, magari con l’orizzonte temporale di un fondo di investimento che ha per statuto l’obbligo di liquidare i sui fondi entro cinque anni”. Beh, se questa non è una presa per il culo…
Insomma, una “fola”, una di quelle su cui si scagliava Mr. Tiscali.
Appunto. All’epoca se la prendeva con quel tipo di imprese specializzate nel raccontare fole alle amministrazioni pubbliche, colpevoli di crederci o di fare finta di crederci. Tanto da rilasciare cubature per le loro speculazioni. Ora a raccontare fole e promettere cubature è il governatore.
Cosa c’è che non va nella decisione di alienare parte delle ex miniere del Sulcis-Iglesiente ?
Intanto il metodo, poi la prassi. Ho trovato disdicevole per il presidente della Regione utilizzare un elicottero dei carabinieri per accompagnare sul posto alcuni immobiliaristi e uomini di finanza, manco fosse l’ultimo dei rappresentanti di commercio. Poi il fatto che la decisione di cartolarizzare un bene collettivo sia stata assunta dalla giunta regionale, sulla testa di tutti. Prendo atto che le cartolarizzazioni, se fatte da Soru, valgono una messa, se fatte da Tremonti sono una bestemmia. Insomma, una cosa di una gravità inaccettabile, indecente, fuori dalla democrazia: sia perché non ha visto concertazione, sia perché la giunta regionale non è stata investita dal voto popolare e da alcuna delega democratica.
Il governatore sì…
Certo, ma la decisione è stata della giunta e comunque nel programma di Soru - leggere per credere - non v’è alcun riferimento alla svendita di questi beni, che vanno oltre l’ambiente ed il paesaggio, che rappresentano parte della nostra storia e cultura. Una vergogna.
E quindi, sul metodo ?
Guardi, per un qualsiasi ente locale una decisione di questo genere deve passare, per legge e statuto, attraverso il Consiglio comunale. Eletto dai cittadini. E spesso si ricorre a referendum. E’ incredibile che una decisione di questo tipo sia stata invece presa dalle persone meno democraticamente titolate, scelte da lui. Ci si riempie la bocca di partecipazione, concertazione, decentramento e sussidiarietà e poi si fanno i voli in elicottero con pochi. Sa cosa diceva Renato Soru in campagna elettorale ?
Avanti …
Diceva: “Conosco bene il valore della democrazia e il costo che i nostri padri hanno dovuto sopportare per conquistarla La democrazia non è un premio che si conquista una volta per tutte. E’ una pianta delicata che richiede di essere curata ogni giorno”. So bene che un progetto di grande cambiamento, capace di costruire una Sardegna più ricca, più bella, più consapevole, più attenta al suo futuro ed al futuro dei suoi giovani, non può essere lasciato alla responsabilità di un Presidente e nemmeno di una ristretta classe dirigente. Occorrerà lavorare assieme all’intero consiglio regionale, a quanti hanno responsabilità nelle province, le comunità montane, i comuni, i sindacati, le associazioni di categoria, con tutte le associazioni portatrici di interessi collettivi”. Una beffa.
Però si è detto che questa operazione serve a garantire il risanamento ambientale di quelle aree, no ?
E’ un’altra delle fole messe sapientemente in giro, su cui è cascato anche qualche ambientalista da pronto intervento, di quelli che ultimamente vanno in soccorso - peraltro non richiesto - del governatore. Un soccorso che pare un’arrampicata sugli specchi. Basta leggere per benino il bando di gara: le spese del risanamento ambientale, se serio, non sono meno di diversi milioni di euro, molto di più di quanto si ricaverà dalla vendita delle aree e degli immobili. Una spesa che in base al capitolato resta a carico della Regione. Insomma, siamo alla follia pura, siamo arrivati al capolinea, siamo alla privatizzazione dei benefici e alla socializzazione dei costi.
Con il Conservatore delle Coste si è però posto freno alla speculazione.
Per il momento è solo una pia speranza, che nei fatti tiene buoni alcuni ambientalisti. Basta vedere che fine ha fatto nel collegato al bilancio. Difficile che veda la luce in consiglio regionale prima della fine della legislatura. E ancor più difficile, viste le premesse, che possa essere quel soggetto pubblico a cui conferire il nostro patrimonio ambientale, per una sua più congrua e partecipata valorizzazione. La svendita del patrimonio minerario, a due passi dalle coste, lo dimostra.
Beh, la politica dello status quo non porterebbe comunque sviluppo.
Le rispondo con le stesse parole di Soru, che pare abbia però dimenticato: “Se oggi, per assurdo, le nostre coste fossero disabitate, in realtà non saremo più poveri, saremo più ricchi. Questa nostra Isola sarebbe non meno famosa, ma più famosa. Una specie di paradiso terrestre in mezzo all’Europa, a meno di un’ora di volo dalle città più ricche, in una zona sicura lontana da terrorismo e difficoltà politiche. E avrebbe la possibilità di costruire il suo sviluppo ex novo, in maniera grandiosa. Questo per dire - stiamo attenti - non tutto quello che è costruito, non tutto quello che è “valorizzato” è un valore in più, anzi, è un valore in meno”.
Come andrà a finire ?
Non lo so. Per abitudine non faccio il processo alle intenzioni. Nel senso che staremo a vedere chi si aggiudica la gara e poi magari si tireranno le somme per verificare se tra i vincitori - e tra coloro chiamati ad aggiudicare l’appalto - sussistano conflitti di interesse, più interessi che conflitti. Nel mentre non si può stare con le mani in mano. Lanceremo una campagna internazionale di denuncia e di mobilitazione per sventare questa vergogna, cercheremo dei testimonial, faremo l’impossibile.
Vincerà il più forte ?
Vincerà, comunque sia, chi deciderà di partecipare per denunciare e combattere la politica dell’uomo solo al comando. I bilanci si faranno alla fine, magari alle prossime elezioni regionali. Le dico solo una cosa: all’inizio ho pensato, anche io, di tirare i remi in barca, disgustato come ero. Come hanno fatto e stanno facendo molti di coloro che hanno lealmente sostenuto Soru. Poi un quotidiano locale ha pubblicato una cosa. Diceva: “Sono figlia di Pietro Atzeni, morto a 64 anni per silicosi. Barrack non avrà mai Ingurtosu, Naracauli. Caro babbo, te lo prometto”. Mi ha toccato il cuore. E mi sono ricordato di Francesco Branca.
Francesco Branca ?
Già, mio bisnonno. All’epoca - correvano i primi anni ’20 - ex capitano dei bersaglieri, capo cassiere della miniera di Ingurtosu. Una sera, di ritorno con gli stipendi per i minatori, a bordo del suo calesse, fu assaltato dai banditi. Briglie in una mano e fucile nell’altra, alla sua maniera, difese il malloppo e con esso il lavoro dei minatori. Beh, sono passati tanti anni, suo nipote non può permettere un’altra più sofisticata spoliazione”.

abstract: l’Obiettivo (giovedì 8 giugno 2006)

 
 
 
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