Creato da guarneri.cirami il 18/07/2009
 

Racconti&altro

Le storie di Alberto Guarneri Cirami: i suoi romanzi, i suoi racconti e il suo teatro.

 

 

« Il Signor BancomatRACCONTI DI GUARNERI CIR... »

RACCONTI DI GUARNERI CIRAMI: LO SPECCHIO

Post n°1036 pubblicato il 09 Agosto 2013 da guarneri.cirami
 

 

LO SPECCHIO


Questo coso insolente è un ricordo della mia cara nonna, in mio possesso perché, unico scapolo tra i fratelli, ho continuato a vivere nell’antica casa familiare. Se non fosse stato per il suo valore affettivo, l’avrei venduto volentieri ad un rigattiere, per ricavarci qualche quattrino, oltre al piacere di non vedere più la sua brutta faccia, che poi è la mia all’incontrario! Si parlo proprio di lui, dello specchio del bagno. Uno specchio di un certo valore, a dire della nonna, con una cornice di bronzo di Riace ad impreziosire il suo spudorato ovale. Sempre secondo mia nonna, lo specchio sarebbe discendente diretto del magico specchio parlante della regina Grimilde, la matrigna cattiva di Biancaneve. Solo che, a differenza del suo illustre antenato, egli fino ad adesso non ha mai proferito parola, pur facendo sempre alla perfezione il suo mestiere di specchio. Ricordo che da bambini ci abbiamo pure tentato – intendo: a farlo parlare! – facendo il verso alla cattiva matrigna: “Specchio specchio delle mie brame chi è la più bella del reame..?” Ma niente! Ci credereste…? Neanche una parola! Altro che specchio magico! Io a riguardo sono stato sempre piuttosto scettico! Io non ho mai creduto alla magia. Come non credo all’anima o all’al di là! Come non credo all’amore. Sono un tipo razionale io: è tutto pura chimica quello che gli altri chiamano innamoramento e attrazione. Per il resto questo specchio è un oggetto, e sottolineo oggetto, di ottima fattura! Uno specchio a misura d’uomo che ci ha fotografati benevolo sin dalla nostra prima infanzia, per diventare, via via, sempre più impietoso e crudele col passere degli anni, almeno con i miei fratelli e le mie sorelle. Per le mie sorelle, in special modo, quella visione è diventata, col passare del tempo, una sorta di film dell’orrore, tanto che ormai da molti anni la casa dei nostri genitori si è trasformata per esse in un vero e proprio tabù. Che, a dirla tutta, il più vecchio di tutti è lui, lo specchio!E parlo addirittura di centinaia di anni! Solo io, finora mi sono salvato da quel suo spietato riflettere, almeno fino all’altra sera. Ho quasi cinquant’anni e ho mantenuto fino ad adesso un aspetto abbastanza giovanile: sarà per il fatto che non mi sono mai sposato e non ho mai avuto una suocera! Ho avuto invece lunghe relazioni con donne molto più giovani di me, che per il fatto di essere state vissute ognuna in casa propria, potrebbero definirsi eterni fidanzamenti, eterni innamoramenti. E quando ognuna di queste donne, col tempo e l’esperienza, diventava “più vecchia e matura di me” (un eterno Peter Pan, secondo l’acida definizione di una delle mie ex) il mio interesse per lei svaniva. Ritornavo così a caccia, in cerca di un’altra “bambina” di cui potermi innamorare, da cui “succhiare” quella gioventù che non volevo perdere, a cui mi aggrappavo disperatamente, con grande scandalo della parentela. La verità è che la vecchiaia mi ha sempre fatto paura, è stata sempre qualcosa di terribile, da esorcizzare in qualche modo. Così come il matrimonio (la fissazione della mia povera madre…), che, a parer mio, porta inevitabilmente alla perdita della libertà e della bellezza; porta alla vecchiaia e alla morte. Non voglio fare la fine dei miei fratelli! Per questo l’ho sempre evitato con cura. Come da ultimo con Anna. La stupida credeva di potermi incastrare, e mi è rimasta incinta con l’assurda speranza che io mi prendessi le mie responsabilità! Ahi, che parola insopportabile e castrante! Io che sono un’aquila, ridurmi ad un pollo da cortile! Cosi le ho detto di abortire, finché era in tempo, che non rovinasse né la sua vita, né la mia! Ma non ha voluto sentire ragioni la stupida, tanto da mettere al mondo a tradimento un marmocchio urlante e petulante, che più brutto non si può. Io mi rifiuto di far da padre ad un simile mostriciattolo, che mi succhierebbe il sangue finché campo, come facemmo io ed i miei fratelli con nostro padre. Egli che era stato, ai suoi tempi, un giovanotto aitante e di bell’avvenire, si era ridotto infine a fare l’impiegato comunale e a sopravvivere, insieme alla sua banda di bestie feroci, col suo misero stipendio ed un unico liso vestito che portò poi nella bara. Ah ma io sono di tutt’altra pasta. Somiglio al mio nonno materno: il notaio Calajò, che se ne morì beato tra le braccia di una delle sue ultime amanti; e allo zio paterno, il colonnello Lo Giudice, che, si racconta, non si lasciasse scappare neppure una delle attricette o ballerine di varietà che venivano in tournèe al Teatro Comunale di Castelfosco! Così passerò un assegno ad Anna e a suo figlio, così come stabilirà il giudice. Che se lo cresca lei quel futuro Bruto! Così, per farla breve amici, sono di nuovo a caccia, e a tal motivo ho deciso di cambiare guardaroba, taglio di capelli, colore delle mie lentine e perfino la macchina. Ma ecco che l’altra sera faccio la terribile scoperta…Una cosa inaudita, vi assicuro, che è meglio non sappia nessuno, tanto meno i miei cari fratelli! Lo specchio si è messo a parlare! All’improvviso! Lo so è pazzesco…ma vi dico che si è messo a parlare di brutto! Dopo centinaia di anni di onorata e silenziosa carriera, l’oggetto misterioso e strano della mia infanzia si è messo a parlare! A parlare così come il suo antenato pettegolo ed intrigante! Non c’è alcun dubbio che il bastardo voglia rovinare la mia vita, così come il suo famoso parente aveva rovinato l’esistenza di Grimilde e Biancaneve. Me lo sono sognato, dite voi? Neanche per sogno! Ero ben sveglio invece! E come poteva essere altrimenti, dopo la mia doccia tonificante ai fiori di arsenico ed un buon caffé alla cicoria. Io mi rasavo tranquillo davanti a quel bellimbusto! Ad un tratto – cose dell’altro mondo! – sento una voce ironica, come dall’altro mondo,, chiamarmi “ Vittorio, Vittorio!” Si qualcuno mi chiamava, ma non era il Buon Dio né quel cornuto ladro del portinaio; era invece quell’ingrato usurpatore del mio bagno. “Vittorio, ecco bravo smetti per un attimo di grattarti la pelle, ma anche di fissarmi con quello sguardo da ebete!” mi dice con una risatina maligna. Si era proprio lui, e a quanto pareva la sapeva più lunga del suo antenato. E non aveva certo quella educazione e quel rispetto! Santo cielo cosa insegnano oggi agli specchi! “Vittorio ma non ti sei visto?” “Cosa..? Co-sa vuoi da me?” ho borbottato stranizzato inghiottendo del profumato sapone da barba. “ Guardati! Sei così invecchiato Mio Dio! Non ti riconosco più!” Il tempo di interiorizzare le parole del maledetto spione e, per tutta risposta, prendo un porta sapone di porcellana dal lavandino con la chiara intenzione di lanciarlo contro quel fetente! “A chi vecchio, a chi…?” “ A te, Vittorio, a te! Il tempo passa per tutti, anche per te…” No, no, non poteva essere possibile! Quello specchio era solo un maledetto bugiardo e me l’avrebbe pagato cara! Ma prima che potessi scagliare la mia arma impropria contro quell’odioso ovale, un vicino mi urla: “Ma sei pazzo Lo Castro?? Non sai che se rompi quello specchio ti porterai appresso sette anni di disgrazie..?” Come se non mi bastavano i miei fratelli e la mia ex che chiedeva al giudice una cifra assurda per il mantenimento di suo figlio. Mi fermai e, fingendo una calma che non possedevo, chiedo allo specchio il perché di quella sua spaventosa ingiuria. “ Ma non ti sei visto? Dove sono i tuoi bei capelli ricci, ne perdi ogni giorno un po’ di più! E quella pancetta dove la mettiamo, è così antiestetica! Per non parlate di quelle gambette atrofizzate. Troppo macchina e poca attività fisica…” Ed io che non avevo mai voluto una suocera! “ E poi, mio caro, è chiaro che a quella signorina, che tu corteggi, vengano dei dubbi…” La signorina a cui si riferiva quel maleducato era Angela Brulichio, i cui genitori erano letteralmente pazzi di me. “O forse, per meglio dire, del tuo conto in banca…” Sosteneva quel “malacarne” che la ragazza mi frequentava per puro tornaconto, amando segretamente un giovanotto suo coetaneo. “Ma come l’hai saputo razza di impertinente. Sono fatti tuoi questi? Dimmi come l’hai saputo!” gli urlo in preda alla collera, mentre sempre più vicini mi osservavano allarmati dalle loro finestre. Dovevo fare qualcosa per non farmi prendere per matto. Così ho inventato loro che stavo provando davanti allo specchio, per un piccolo ruolo che il parroco aveva voluto assegnarmi nell’annuale recita della parrocchia. Solo così potevo continuare ad insultare tranquillamente il mio specchio, a litigare con esso, come si fosse trattato della mia propria moglie. Era questo in fondo che mi mancava del matrimonio: potermi sfogare ogni tanto per la gioia e le orecchie del vicinato. Al centesimo insulto i miei vicini mi applaudono convinti; al centocinquantesimo urlano convinti il mio nome. Quando poi comincio a saltellare insultando e facendo le boccacce allo specchio, intonano veri e propri cori da stadio e fanno addirittura la ola! Lo specchio, col suo solito tono borioso, mi ha detto infine di aver avuto quella confidenza da uno specchietto per trucco usato dalla ragazza prima di andare in scena. Ella infatti canta la sera a “L’Angelo Azzurro” un locale molto alla moda di Castelfosco. Le parole dello specchio, passata la comprensibile arrabbiatura, mi hanno tuttavia fatto riflettere. Con un intervento di tricotomia mi sono fatto così una capigliatura niente male, che mi ringiovanisce di almeno dieci anni; mentre un preparatore atletico, sauna e massaggi mi hanno appiattito la pancia e tonificato i muscoli, tanto da farmi apparire come un giovanotto di primo pelo. Devo dire che Angela si è mostrata sorpresa e turbata del mio nuovo aspetto. Credo che sia stato generata da tale turbamento quella sua espressione di smarrimento, di tristezza, quel pallore che sovente le sorprendo sul viso, così contrastante con l’entusiasmo dei suoi genitori. Tuttavia il maledetto, quello specchio pettegolo continua a raccontarmi la sua storia. “Per lei, Vittorio, sei soltanto un vecchio porco pervertito…è per questo che essa è inquieta! E’ quel suo giovanotto che essa ama!” Ma come vecchio porco! Chi ti ha raccontato questa storia? Sempre quell’insulso specchietto da borsetta? Ma pure lei, Angela, confidarsi con quel cosino minuscolo! Ma non vedi che sono ringiovanito di almeno quarant’anni? Guarda, guarda che pelle morbida e liscia, manco un ragazzino c’è l’ha così. Di solito a quell’età si è mostruosi, con la faccia tutti pieni di brufoli! Per tutta risposta il maledetto mi ha fatto vedere un giovanotto aitante dalle spalle larghe, il ventre piatto ed un’energia che mi ricordava i miei vent’anni. “Vuoi metterti a confronto con lui..?” mi chiede lo specchio. “Guarda, non c’è proprio partita! Lui è davvero giovane, tu se solo rifatto e patetico…Lo vuoi un consiglio da me? Falla finita con questa tua vita ridicola, con questa mania delle giovanissime. Accetta la tua età, se non vuoi che ridano di te o peggio insinuino che sei una sorta di maniaco…” Quando poi lo guardo stranito, con la mia faccia smunta e triste, a causa di tanti giorni di dolorose privazioni, egli mi fa sapere che è quel ragazzo l’innamorato di Angela e che sarebbe stata una grande prova di generosità e di buon senso farmi da parte. “Caro Vittorio…” mi dice ad un certo punto lo sbruffone, prendendosi una confidenza che non gli ho mai dato, anche se lui non sembra essere d’accordo e parla addirittura di ingratitudine. “Ti ho visto crescere, conosco ogni tuo neo, tutto mi è familiare di te! Tengo anche di te una sorta di album fotografico del tuo sviluppo. Devo dire che eri un bel giovanotto una volta, ma anche riconoscere che adesso fai proprio schifo!!” Roba da matti, che specchio screanzato! Se si potesse lo licenzierei. Ma potrei anche decidermi a venderlo ad un antiquario o a collezionista, certo per un buon prezzo. Anche perché, nonostante volesse fare apparire il contrario, io facevo la mia bella figura: tutto vestito di bianco e le scarpe scamosciate color viola. Ma lui, il parassita di bronzo, rimaneva della sua opinione, che sputava fuori senza alcun riguardo per me e senza la men che minima preoccupazione di ferirmi. “Non è l’abito che fa il monaco…Non è quel vestito o un paio d jeans, trattato con candeggina e rasoio, a poter cambiare il corso della natura, a rifare di te il giovanotto che sei stato un tempo!” E senza darmi il tempo di replicare lo specchio mi fa vedere un luogo illuminato da una luce crepuscolare, che sulle prime non riconosco affatto; ma che dopo, con mio grande orrore, e senza ombra di dubbio, individuo come la sala mortuaria del locale nosocomio. “Guarda chi c’è dentro quella bara non ancora sigillata…” mi fa il bastardo con ghigno trionfante. “ Ma cos’è uno scherzo questo? Se lo è, sappi che è di cattivo gusto! “ Ma non lo era, purtroppo. Quando l’inquadratura, infatti, è passata dal piano lungo al piano americano ed, infine, al primo piano, restringendosi sul viso di un cadavere, ho capito che si trattava del mio amico Donato Belladonna, ricomposto nella sua consueta ed estrosa mise: jeans, camicia rossa e scarpe scamosciate colore rosso. Solo le sue mani, di solito farfalleggianti e audaci, erano congiunte, in una posa non consueta, con attorno i grani di un rosario. Non potevo non urlare di raccapriccio alla vista del mio povero amico. Con Donato eravamo compagni d’avventura e ci legava una medesima stravagante filosofia di vita. Non potevo crederci. Donato morto, morto! Solo alcuni giorni prima eravamo andati a ballare insieme alle nostre ganze! “Quant’è morto?” chiedo allora incredulo allo specchio. “Ieri sera ad una gara di rock and roll…E’ crollato all’improvviso con la sua ganza di sopra…Non c’è stato niente da fare…neanche il tempo di portarlo in ospedale…sembrava morto da cento anni! Ma sorrideva ancora…non ha sofferto…neanche se ne accorto!” Ed io che dovevo essere con lui, me ne stavo invece a fare il latin lover con la patatina di turno: un’aspirante maestrina d’asilo, a cui ho regalato infine la barbi della mia nipote più piccola: la barbi maestra d’asilo del valore di ben 120 euro! Ma giuro, ne valeva la pena! “ Oggi ci siamo, domani non ci siamo, Vittorio, ricordalo! Domani al posto di Donato potresti esserci tu…” Era sempre lo specchio impertinente a parlare a sproposito! Al che cominciai a saltellare, mentre con una mano mi tenevo forte gli attributi e con l’altra facevo le corna. Tutto il vicinato, affacciato alle finestre sul cortile, applaudiva e fischiava, mostrando di apprezzare la mia performance. Ma ad un tratto squilla il telefono. E’ la mia ex compagna! Mi avvisa che il nostro bambino era in pericolo di vita, a causa di una polmonite. Realizzavo pian piano con terrore che mio figlio, il mio unico figlio, poteva morire anche lui. Quel figlio che non avevo mai voluto conoscere. Metto così abiti più sobri e adatti alla mia età, e corro in ospedale, disdicendo ogni impegno per i giorni successivi. Il piccolo stava davvero male e sua madre non lo abbandonava un attimo, non smettendo mai di sorridergli, di dirgli tenerezze, salvo, di tanto in tanto, girarsi per asciugare una lacrima furtiva. Era davvero bello il piccolo: aveva gli occhi di sua madre, ma c’era anche molto di me, suo padre, nella sua fisionomia. Ed era così paziente, e mi guardava con certi occhioni indagatori, che, stando con lui, giorno dopo giorno, senza rendermene conto, me ne sono innamorato. Tanto da non volerlo più lasciare un attimo, neanche la notte. In quel caso io e la madre ci alternavamo per vegliarlo. Solo i dottori riuscivano a staccarmi da lui durante il giro delle visite. Allora me ne stavo con la mia ex sulla panca della sala d’attesa a parlare, come mai avevamo fatto durante la nostra relazione. Non pensavo di poter arrivare a tanto: a chiedere perdono ad una donna per il mio comportamento disonesto. Ma con Anna infine sono riuscito a farlo, e da quel momento siamo finalmente due genitori come tanti, impauriti per la salute del loro unico figlio. Anche Anna trovavo bella ed ammirevole col quel suo faccino pallido ed invecchiato da giorni di ansia e privazioni; con quel suo amore infinito di madre. Potevamo essere una famiglia! Forse non era tardi! Anche questo ho pensato ad un tratto con mio grande stupore. Lei mi risponde, con tono stanco e dolce, che potevamo provarci. Così appena il piccolo è guarito siamo tornati a casa insieme come una vera famiglia. Lo specchio non poteva credere ai suoi occhi, era felice di vedermi con qualche capello bianco, qualche ruga in più, stremato dalla stanchezza, ma con gli occhi pieni di una luce che da tempo non vedeva più. Così gli ho confessato tutto, dicendogli di stare tranquillo, che avevo imparato la lezione, che finalmente avevo capito che era mio figlio la mia seconda giovinezza, ed in lui sarebbe continuata la mia vita con occhi nuovi per guardare al mondo. Poi quando ci siamo presentati davanti a lui in pompa magna – io ed Anna in abiti nuziali ed il piccolo col farfallino e le bretelle – lo specchio ha rivelato insospettabili doti canore, cantando con voce tenorile l’Ave Maria di Schubert! E tutto il vicinato, dalle loro finestre sul cortile, ad applaudire, a suonare le campane, mentre qualche intenditore urlava che lo specchio era un vero showman e che questa era la mia commedia più riuscita....

 

 

 

 

 

 

 
 
 
Vai alla Home Page del blog

Votaci su Net-Parade.it

 

AREA PERSONALE

 

TAG

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Luglio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 1
 

ULTIME VISITE AL BLOG

am.maugerisimone.lucianibean2013marco.giosimassimo.capocchirossanasaracinomarziamontemezzivale.80.allegracorrie63eliodibellapaola.eramogiusyenellomikimondiGaetana56taoria
 

ULTIMI COMMENTI

CHI PUņ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore puņ pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 
Template creato da STELLINACADENTE20