Creato da guarneri.cirami il 18/07/2009
 

Racconti&altro

Le storie di Alberto Guarneri Cirami: i suoi romanzi, i suoi racconti e il suo teatro.

 

 

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LA RICETTA DELLA FELICITA'

Post n°1050 pubblicato il 08 Maggio 2016 da guarneri.cirami
 

LA RICETTA DELLA FELICITA‭’


Quella mattina, Dulcinea, mi alzai dal letto come chi si alza da una tavola imbandita per il pranzo domenicale, senza però aver toccato cibo.‭ ‬Troppo nervoso ed inquieto per toccare cibo‭! Tanto‬ da abbandonare in fretta e furia la sconosciuta casa del convivio, e passeggiare per ore‭ ‬lungo le strade deserte del paese assopito per la siesta. Chiedendomi (sempre nel sogno) se,‭ ‬nel frattempo,‭ la padrona di casa si fosse accorta della mia assenza‬ e ne provasse dispiacere, mentre mangiava uno dei magnifici dolci che le avevo portato per omaggiarla... Che dolci erano..‭? Ma ha davvero importanza poi? Ma ora che ricordo...c‬e li hai presenti quei magnifici cannoli siciliani‭ ? ‬Quel delizioso involucro di pasta fritta e croccante,‭ ‬farcito con un ripieno di ricotta,‭ ‬gocce di cioccolato e cubetti di zucca candita..? Bene, immagina allora trenta cannoli a raggiera al centro di quella tavolata…Una tavola imbandita di ogni ben di Dio e trenta cannoli di ricotta a raggiera al centro della tavola,‭ ‬con la padrona di casa che somministrava agli amici la sua ricetta della felicità,‭ ‬contagiando tutti gli altri col suo sorriso‭  ‬e le sue risate.‭ ‬Tutti,‭ ‬tranne me,‭ ‬che vagabondavo da solo come un matto,‭ ‬in un paese deserto e ardente come un braciere,‭ ‬disperando di poterla rivedere,‭ ‬di potere parlare con lei.‭ ‬Così che il sogno,‭ ‬lungi dal sostituire il reale,‭ ‬lungi dal colmare,‭ ‬con le sue immagini fantastiche,‭ ‬il vuoto che la realtà produce nella mia vita,‭ ‬finiva per portare nel mio animo la medesima tristezza,‭ ‬la medesima solitudine dell’esistenza.‭  ‬Ma molto lentamente‭ (‬tanto somigliante esso era alla realtà‭), solo ‬dopo il caffè ed una doccia, mi resi conto che si era trattato di un sogno,‭ ‬che nulla dunque esisteva:‭ ‬né la passeggiata solitaria,‭ ‬nè la tavola bandita,‭ ‬né i cannoli,‭ ‬né‭  ‬la bella padrona di casa che cucinava per i suoi ospiti nel cucinino attiguo,‭ ‬e che ogni tanto appariva sulla soglia per rassicurare tutti.‭ ‬Ricordavo perfino il suo grembiule bianco da cuoca‭  ‬ed i capelli,‭ ‬girati a nido sulla nuca bruna,‭ ‬fermati con uno spillone di madreperla appartenuto alla nonna.‭ Ricordavo che la padrona di casa (tanto per cambiare) aveva le tue sembianze, Dulcinea, quel dolce viso che mi ha perduto. ‬Perché nonostante fosse già mattino ancora le immagini del sogno scorrevano sotto la mia pelle.‭ ‬Perché nonostante fossi ben sveglio e avessi varcato da tempo il confine tra il fantastico e reale,‭ ‬continuavo a sperimentare quel senso di insoddisfazione,‭ ‬di infelicità provati durante la mia passeggiata immaginaria.‭ ‬Tanto che decisi di uscire stavolta per davvero.‭ ‬C'era l'identico silenzio per le strade del paese,‭ ‬solo che era molto presto e faceva fresco.‭ Che c'era‬ il professore a stare lì, ad osservarmi col suo sorriso ironico e tenero insieme.‭ ‬Stava lì di ritorno dalla sua solita passeggiata mattutina. Un vero caso fortunato, diresti tu...Ma in verità ero uscito con un piano ben preciso. Tu sai benissimo che ho una vera fissazione per i piani. Ebbene, in quel caso, il mio piano era di girare per quei luoghi che era solito frequentare la mattina, il professore, perché non vedevo l'ora di raccontargli il mio sogno, affinché me ne svelasse l'arcano significato. E così feci senza troppi convenevoli. Alla fine egli rise e mi disse che non c'era nulla da capire nel mio sogno. Era così chiaro, via! Ma ricominciamo dall'inizio...faccio sempre confusione, da quando...da quando...insomma...lo sai bene...


‭«‬Guarda un po‭’ ‬chi si vede...il cavaliere dalla triste figura‭!» aveva esclamato vedendomi. « ‬Cosa ti porta qui di buon mattino,‭ ‬cavaliere‭?»


Noterai che il professore mi aveva salutato con una delle battute finali del‭ “‬nostro‭” ‬Don Chisciotte.‭ ‬La cosa mi fece sorridere, perché mi portava a ricordare il bel tempo del nostro spettacolo,‭ ‬quando ancora nutrivo quelle folli speranze su di‭ “‬noi‭”‬.‭ ‬Del resto il professore è l’unico che riusce a strapparmi un sorriso. A chi altri avrei potuto rivelare il mio segreto se non a lui! E' stato mio insegnante ed è persona discreta e fidata, credimi.


‭ “Un sogno, professore. Un sogno sconclusionato in verità!” risposi, dando la mano al mio amico . “Sconclusionato ed infine triste, tristissimo. Che mi ha lasciato confuso ed infelice, tale e quale la realtà! Non dovrebbero invece, i sogni, regalarci l’impossibile, quello che la vita solitamente non ci concede?

“ Non sempre,‭ ‬Eugenio,‭ ‬non sempre.‭ ‬A volte le visioni che ci portano i sogni fanno chiaro riferimento al nostro presente,‭ ‬ad un disagio,‭ ‬ad un desiderio frustrato...‭ ‬Scommetto che c’entra ancora lei,‭ ‬Dulcinea‭…
“ Lei,‭ ‬la pasta con le sarde e pure un vassoio di cannoli‭!» esclamai, raccontandogli poi, in estrema sintesi, parola più parola meno, quello che ho raccontato a te.
“ Interessante…» concordò il professore. «Ma per decifrare il tuo sogno mi occorrono maggiori dettagli. Andiamo al bar Eugenio…che ti offro un caffè‭…”
Erano circa le sette di un mattinata primaverile.‭ ‬Ma, superato il fresco tremore dell'alba, il termometro già segnava diciannove gradi.‭ ‬La giornata dunque si annunciava caldissima.‭
‭“ Proviamoci!” mi disse il professore dinanzi ai due cappuccini fumanti nei quali, nel frattempo si erano trasformati i due striminziti caffè delle nostre intenzioni.
‭“ Al diavolo la dieta che mi ero prefisso! Ne val la pena per un amico…comincia, comincia pure Eugenio, che io ho la bocca piena…” riusci a dirmi, mentre addentava con frenesia e passione una brioche al cioccolato.
Finì così che lui mangiò pure la mia brioche,‭ ‬mentre io continuai il digiuno iniziato col sogno,‭ ‬che nel frattempo gli raccontai per filo e per segno,‭ ‬ricordando particolari che al mio risveglio sembravano dimenticati.
Gli dissi come mi fossi ritrovato commensale ad una tavola imbandita,‭ ‬in una casa a me sconosciuta,‭ ‬con della gente di cui,‭ ‬per quanto mi sforzassi,‭ ‬non riuscivo a ricordare né i volti né i nomi.‭ ‬Rammentando solo che facevano un gran casino,‭ ‬e che si lanciavano battute spiritose e ne ridevano a più non posso.‭ ‬Mentre io me ne stavo pensieroso a guardare una striscia blu all’orizzonte,‭ ‬ad di là delle colline,‭ ‬pensando che fosse il mare. Anche perché una brezza profumata di salsedine smuoveva le tende dei balconi.‭ ‬Gli raccontai pure della sensazione provata nel sogno,‭ ‬che gli altri invitati non si fossero affatto accorti della mia presenza,‭ ‬e di come mi sentissi come un corpo assolutamente estraneo a quell’evento‭ – ‬un imbucato piuttosto che un invitato‭ – ‬mentre me ne stavo tutto solo col mio vassoio di cannoli in mano.
‭“ E Dulcinea in tutto questo come c’entra?” riuscì a chiedermi il professore, quasi soffocandosi con la brioche.
‭“ Dulcinea stava in cucina a preparare il pranzo, professore…” gli risposi, sorseggiando appena il mio cappuccino, che intanto si freddava. “ Sarà stata lei ad invitarci…e quella doveva essere la sua casa…Benché non la vedessi, io sapevo che era lì, oltre il muro divisorio che separava il cucinino dalla sala pranzo.  Ma la sentivo. Udivo distintamente la sua voce…
Si era proprio la tua voce, Dulcinea. Tu avevi appena finito di lessare i maccheroncini nell’acqua del finocchietto,‭ ‬e di condirli con un filo d’olio e con la salsa allo zafferano‭; ‬per poi disporli in strati dentro una pirofila,‭ ‬alternandoli a strati di sarde fritte.‭  ‬Cosi mentre tu cucinavi la tua ricetta,‭ ‬io cucinavo il mio cuore nell’estenuante attesa che tu apparisse lì sulla soglia della cucina e mi sorridessi....‭ « ‬Che solo per quello mi sembrava di star lì, tutto solo, in trepidante attesa, con il mio dono tra le mani‭…professore...‬
Finché non ti materializzasti, finalmente,‭ ‬ sulla soglia,‭ ‬soddisfatta e accaldata,‭ ‬agitando una paletta di legno e annunciando, allegra, che la pasta era dentro il forno.
‭“Ancora quindici minuti di pazienza, ragazzi!” ricordo che dicesti ai tuoi invitati, ridendo con loro. Perché neanche tu, in verità riuscivi a vedermi in quel sogno.
‭« E provai un'orribile fitta al cuore per il fatto che lei non mi vedesse, professore! Così che, andai via con una sensazione forte di vanità, senza assaggiare nulla, neanche i dolci che io stesso avevo portato; piuttosto lasciandoli lì sul tavolo, chiedendomi nel sogno, se Dulcinea si sarebbe mai accorta della mia assenza e di quel mio ultimo dono. Andai via, sentendo appena che qualcuno, già ebbro di vino bianco d'Erice, le  chiedeva cosa c’era per secondo, e poi la sua risposta trionfante “Frittelle di neonata, tesoro...” Niente di buono, evvero professore? Sento che  c'era una sorta di addio in quel sogno...sempre che poi quel sogno fosse il mio sogno...perché, a ben pensarci, il fatto che per lei e per tutti gli altri io fossi «invisibile», potrebbe anche significare che sono solo capitato per sbaglio nel sogno felice di qualcuno di loro...
« Mio caro Eugenio hai una tale gusto per il melodramma tu...dovevi nascere nell'ottocento...» sbottò il professore, che nel frattempo aveva sussurrato qualcosa all'orecchio del padrone del bar...» No, non c'è niente di buono in questo sogno per te, mi dispiace...Ma, a pensarci bene, non c'è nemmeno niente di nuovo, capisci? Quel sogno nient'altro ha fatto che rivelarti il tuo stato d'animo, quel vuoto, quella mancanza di cui sei già consapevole. Sognare di essere confusi e a disagio, addirittura invisibili, in una casa sconosciuta; sognare la donna di cui si è innamnorati, come la padrona di quella casa, che compie un “atto di amore” - quale è il “cucinare” - per tutti gli altri, ma non per te,  cosa può rivelare se non una situazione di totale mancanza di comunicazione, se non l'impossibilità di recuperare un rapporto di affetto, per il quale ti sei sempre speso con tutte le tue forze..? Così che mi sembra perfettamente logico che tu portassi dei dolci a Dulcinea...Non simboleggia meglio di qualsiasi altra cosa, quel dono, un bisogno, una richiesta d'amore, di dolcezza, di tenerezza. A cui però Lei non ha mai realmente corrisposto? Non per niente sta sposando un altro. Sveglia Eugenio...basta sogni!  Per questo ti dico che mi sei piaciuto quando sei andato via da quel banchetto e da quel tuo sogno. Fallo però, anche nella tua vita. Va via Eugenio, e non voltarti più indietro...Non c'è nulla veramente importante, di tenero e di romantico, per cui rimanere. Una buona volta: lascia andare il tuo sogno, e trova la pace amico mio...Altro non so dirti...
Nel frattempo il padrone del bar, strizzando l'occhio al professore, aveva portato un vassoio di dolci.
« No, in verità, caro Eugenio, ho ancora qualcosa da dirti...Mi sbagliavo quando ti ho detto che non c'era niente di buono in quel tuo sogno...
« Ah si, professore, c'era forse qualcosa di buono allora?»
« Ma si, Eugenio...quei fantastici cannoli che tu portasti in sogno a Dulcinea... che fine avranno fatto secondo te..?
« Li avranno mangiati...?
« Ma se neanche li hanno visti! Così come non hanno visto te, non hanno visto neanche quei meravigliosi cannoli...
« Credo che tu abbia ragione come sempre...
« Così se non li hanno visti non l'hanno neanche saputo apprezzare...e questo vale soprattutto per la tua Dulcinea...dunque grazie al nostro amico Ciccio (si riferiva al padrone del bar) io li ho recuperati...» disse misterioso il professore scartando la carta che avvolgeva il vassoio.
« Cannoli professore? Ma quanti saranno?» chiesi stupito, guardando il vassoio.
« Trenta...sono proprio quei trenta, tutti per noi!
« Mi sembra francamente esagerato professore...ci faranno male di sicuro...» tentai di replicare.
« Ah...che uccello del malagurio! Via non essere lagnoso Eugenio! Dimmi quale amico sacrificherebbe la sua dieta per farti sentire meglio. Perché penso che almeno per oggi...ma anche per domani e dopodomani, questi cannoli riusciranno a riempire il terribile vuoto del tuo cuore...
« Anche ammesso che ci riescano, e dopo, professore...?» chiesi mentre quel delizioso involucro di pasta fritta e croccante,‭ col suo‬ ripieno di ricotta cioccolato e zucca candita già mi faceva meno scontento...
« Mangia mio povero Eugenio, che ne hai davvero bisogno, ad ogni giorno la sua pena...

 
 
 
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