Creato da alex.canu il 28/01/2012

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IL SECONDO DEI LED ZEPPELIN Cap. I

Post n°57 pubblicato il 03 Febbraio 2012 da alex.canu

Grazia vorrebbe essere tua amica  

 

 

      Sono metodico e abitudinario, ho questo difetto, ma non è sempre stato così. La sera accendo il computer e do un’occhiata alla posta elettronica. Leggo i messaggi che mi interessano ed elimino tutto il resto. Scarico musica e la trasferisco sul mio lettore portatile. Ho completato  la discografia di Ben Harper, degli Stones e di Dylan. Ho conosciuto R.E.M., Gomez, Massive Attack e Morphine. Qualche tempo fà ho acquistato “Made in Japan” dei Deep Purple, un disco che mi ero rifiutato di ascoltare per motivi ideologici. L’ho sentito attentamente e ho disapprovato le scelte di allora. C’è tanta altra roba che ho recuperato e che non posso citare qui. 

   Quì ho altro da fare, i motivi che mi tengono legato a questo computer sono altri. L’ultima cosa che faccio è controllare la mia situazione su Facebook. Ho ritrovato dei vecchi amici in questo modo. Guardo sulla mia bacheca per leggere i commenti  che qualcuno lascia e, talvolta, scrivo un pensiero o a una citazione che mi rappresenti. Qualche tempo fa, qualcuno ha pubblicato i primi due versi di una canzone ed un’altro ha aggiunto i due versi successivi. Ho contribuito anch’io a condividere in rete questa grande poesia e mi sono riservato l’ultima strofa che dice così:

... poi il resto viene sempre da sè, 

i tuoi aiuto saranno ancora salvati. 

Io mi dico è stato meglio lasciarci 

che non esserci mai incontrati

   Queste parole mi emozionano e ho voluto essere io ad aggiungerle, prima che fosse stato qualcun altro a farlo. 

   Ma non sempre i messaggi che si lasciano volano così alto, quelli più impegnati ti invitano a prendere posizione contro le mafie e i pedofili che entrano su fez’buk.  Altri raccolgono consensi per far approvare leggi più severe contro la violenza sulle donne. Mi diverte guardare le foto che gli amici pubblicano. Vengo così a sapere del matrimonio di un amico che non vedo da anni. La moglie è carina con l’abito bianco, ma la sua schiena è nuda in modo assai poco casto e il il suo décolleté fuorvia l’attenzione del sacerdote mentre si china a firmare gli atti ufficiali del matrimonio. Ho ritrovato anche una mia nipotina che ho visto una sola volta, da piccola, ma che adesso, a vent’anni anni suonati, si dichiara “inkazzata come un pikkio”. In alcune foto ha i capelli nerissimi, tagliati in stile Dark, in altre li porta di un rosso acceso. Ha orecchini e piercing sparsi un po’ dovunque. Ce n’è una che mi piace tanto, si regge il mento con la mano, i capelli nerissimi le incorniciano metà del viso. E` imbronciata, un neo la rende più bella. Una pallina d’argento le macchia il labbro inferiore e altre due punteggiano gli occhi alla radice del naso. Due labbra tinte col rossetto le restituiscono un’aria molto femminile a cui pare aver rinunciato nelle altre foto. 

   Solitamente faccio questo, in attesa delle undici, prima di andarmene a letto e leggere quei dieci minuti che mi servono per scivolare nel sonno. Per ultima lascio la curiosità di scoprire chi sono le persone che vorrebbero essere mie amiche. Ho riallacciato così i rapporti con amici che erano scomparsi dal mio orizzonte. Ora stanno dentro il mio pc e quando desidero incontrarli clicco su invia. Ci sono tutti, (ci siamo tutti), ci sono anch’io.

   Io compaio in una foto, con le mani davanti al volto celandolo misteriosamente. Do un’occhiata alle new entries e scopro che ho tre nuove richieste di amicizia. Il primo è un vecchio compagno d’infanzia che non ho più rivisto e che mi scrive: - T’ho beccato su facebook!!!!!!!!!!! 

Già uno che esordisce dicendo che mi ha “beccato” inizia male, se poi ci mette pure venti punti esclamativi si brucia in partenza. Non rispondo all’invito e attendo nuovi sviluppi, ma per adesso di aderire alla sua richiesta di amicizia non se ne parla nemmeno. Non lo cancello però, forse più in là vedrò in che razza di individuo si è trasformato nel corso di questi anni. Per adesso mostra un grosso faccione, incorniciato da due baffi da poliziotto e una pelata su cui resiste un pugno di capelli. Gli occhi sono nascosti da un paio di occhiali scuri. La seconda richiesta proviene da una donna con la quale ho avuto una breve relazione, tanto tempo fa. Fra noi si era stabilito un rapporto teso ed ambiguo. Era veramente carina, oltre che psicolabile. Spesso mi inchiodava per ore a raccontarmi di storie di amori complicatissimi, di cui non capivo assolutamente nulla. Uomini, donne, amanti, figli dell’amante. I suoi deliri erotici erano fondamentalmente divisi in due grandi categorie, o erano uomini molto più vecchi di lei, o erano ragazzi molto giovani. Non c’erano vie di mezzo. Insomma per farla breve accetto l’invito dell’amica psicolabile, sperando per il meglio. Clicco su “amicizia accettata” e vado a vedere il suo profilo, ma non mi sembra cambiata granchè. Terza richiesta di amicizia: “ Grazia vorrebbe essere tua amica. Non avete amici in comune. Manda un messaggio a Grazia”. 

Chi è questa Grazia che vorrebbe essere mia amica? Mi incuriosisco, apro il link e vedo la sagoma bianca che Facebook assegna come icona agli iscritti che vogliono mantenere l’anonimato. Chi può mai essere questa Grazia? Dirigo il puntatore verso la foto anonima e attendo un attimo, prima di cliccare su conferma. Dopo qualche secondo un breve messaggio mi avvisa che: - “tu e Grazia siete amici. Grazia è nuova su Facebook, suggeriscile amici che potrebbe conoscere”.

   Ora posso finalmente accedere alle informazioni che la riguardano. Come mi aspettavo non trovo nessuna foto nel suo profilo. Non viene specificata nessuna data di nascita, nessun cognome, se è sposata o  no, in quale città vive. C’è scritto solamente: Donna, nient’altro. Porto il mouse sopra la tendina delle foto e clicco. Grazia ha pubblicato un solo album: “Gli album di Grazia: 1 album fotografico. Visualizza commenti”. Non dovrei farlo, lo sento, ma apro lo stesso l’album e quando le foto si caricano una ad una, il cuore mi salta in gola, perchè in tutte le immagini compare una sola faccia, la mia. Sono foto che non ricordavo più. Mi ritraggono in un’età compresa tra i diciotto e i diciannove anni. Dall’abbigliamento posso risalire al periodo in cui ognuna di quelle immagini è stata scattata. Ricordo i maglioni, le scarpe, i jeans sdruciti e scoloriti. In una di queste compare un maglioncino Benetton a righe grosse trasversali. L’avevo comprato con i risparmi di due mesi, era tutto colorato e mi piaceva da morire. I colori, vivaci e allegri, mi davano un’aria moderna e spigliata, tanto in contrasto con quei tempi, fatti di maglioni scuri e di poco prezzo. In un’altra foto riconosco un paio di stivaletti rossi. Li comprai d’istinto, ma non li indossai quasi mai.  Un’altra mi ritrae impegnato a  stringere una ragazza mentre balliamo un lento, credo si chiamasse Giulia. Mi ricordo di quella ragazza,  e del momento in cui qualcuno scattò la foto col flash. Me la ricordo bene, perchè dopo uscimmo fuori e ce ne andammo a piedi in una casa in costruzione li vicino. Giulia, come no? Chi si dimentica più quello che mi fece mezz’ora dopo! Le conto, sono dieci foto, dieci momenti diversi, ma l’ultima non mi appartiene. La decima ritrae il volto di un bambino dell’età apparente di  otto o dieci mesi. Non sono io, perchè non ho foto risalenti a  quell’età. Questo bambino è sorridente e sembra guardare qualcosa o qualcuno fuori campo. Allunga una manina da cui pende un braccialetto d’oro. Ha gli occhi chiari e le guance paffute. I miei occhi sono invece scuri.

   In ognuna di quelle foto ho ancora i capelli lunghi, prima che prendessi l’abitudine di tagliarli cortissimi. Il viso, magro e asciutto è sempre atteggiato ad un mezzo sorriso carico di ironica malinconia. Gli occhi hanno ancora intatta la loro vividezza e li illumina una luce che si è andata perdendo con gli anni. Attorno a me vedo amici che non ricordo quasi più, in una fotografia mi pare di riconoscerne alcuni. Clicco ancora e col mouse mi porto verso un’altra immagine nella quale sto in ginocchio sulla spiaggia, coi jeans, a petto nudo. Un ragazzo è sdraiato e si fà ombra con la mano, mentre col gomito si tiene su. Non ricordo più chi abbia scattato tutte queste foto, ma hanno quella patina sbiadita dal tempo che cancella le mezze tinte e i forti contrasti chiaroscurali. Chi possiede queste foto? Perchè mi vengono ricordate qui, dove tutti possiamo entrare e spiare nella vita altrui? Chi è il bambino che compare nell’ultima foto, la decima? Guarda lontano con i suoi occhi meravigliosi in quel bianco e nero d’epoca. Chiudo la cartella dell’album fotografico e torno alla pagina del mio profilo. Tutto sembra normale. La finestrella della chat in basso a destra si apre e compare un nome, Grazia, accompagnato da un breve messaggio:- Ciao Gigio.

Il cursore lampeggia e aspetta paziente una risposta. Il cuore mi batte forte, non so cosa fare. Solo una persona mi ha chiamato così. Pensavo di averla scordata, di essermene liberato per sempre, invece eccola dentro una finestrella di chat su Facebook. Si è fatta annunciare da quelle dieci foto e adesso aspetta che io le risponda qualcosa. 

- Gigio, sei li? 

- Non mi chiamo Gigio.

- Lo so come ti chiami, gli altri ti chiamavano con quel buffo soprannome, Grigio.

- Non sono neppure Grigio, non lo sono più da tanto tempo.

- Il tempo, che vuoi che sia il tempo? E’ un’invenzione degli uomini. Anche allora parlavi del Tempo, guardavi spesso l’orologio ultimamente, prima di sparire.

- Non sono sparito, mi sono salvato.

- Certo, come no. Ti sei salvato, da chi?

- Non voglio parlare di queste cose.

- Come preferisce signor... come ti fai chiamare adesso? 

- Col mio nome, quello vero.

- Martino? 

- Martino, proprio quello.

- Ho visto le foto che hai pubblicato sul tuo profilo, Martino, sei diventato narcisista, non eri così prima. I tuoi capelli sono diventati grigi per davvero, hai anche qualche chilo di più, ma gli occhi, quelli sono ancora gli stessi. Quel tuo modo di guardare, è quello che mi piaceva di te.

- E tu, come sei ora? 

- Ah, non si fanno domande così dirette alle signore, non hai ancora imparato? Sono una signora adesso.

- Grazia?

- Si, Martino...

- Come sei ora?

- Mi ricordi tanto una canzone.

- Quale canzone?

- Questa, te la incollo e te la mando:

- Grazia, non voglio canzoni, voglio sapere come sei ora.

- Sono come tu mi ricordi.

- Ricordo che non volevi mai che ti fotografassi, inventavi sempre una scusa.

- Ah si? Del tipo?

- Che so, che non ti eri truccata, che eri stanca e avevi le occhiaie. Dicevi che le foto ingannano, che non sanno invecchiare con le persone, che scoloriscono e distruggono il ricordo. Dicevi che quando avrei faticato a ricostruire il tuo viso nel mio ricordo, quello sarebbe stato il momento per dimenticarti.

- Ero così poetica? 

- Non sempre.

- Ed è stato così?

- Si, fino ad oggi.

- Allora ho avuto ragione.

 

Vieni come sei, come eri. 

Come voglio che tu sia. 

Come un amico, come un vecchio nemico. 

Prenditi tutto il tempo, fai in fretta, 

la scelta è tua, non fare tardi. 

Prenditi una pausa, come un amico, 

come una vecchia memoria. 

E giuro che non ho un fucile

 

   Improvvisamente, in maniera del tutto irrazionale mi sale addosso una grande paura a cui non so dare una spiegazione. Interrompo bruscamente la conversazione e chiudo la finestrella della chat. Dopo qualche secondo si riapre.

-  Martino, lo so che sei ancora li. Sono dieci fotografie, nove riguardano te. Nove, ricordi? Come le canzoni di un disco che mi hai fatto ascoltare fino all’ossessione. L’ultima foto è come una bonus track, si dice così vero? Però non intendo dirti altro, per adesso. Guardale con attenzione perchè in ognuna di quelle ci sono anch’io, ma sto dall’altra parte della macchina fotografica. Nove foto che ti riguardano, nove, come le canzoni del Secondo dei Led Zeppelin, nove come i mesi che...

   Il collegamento si interrompe e la finestrella della chat si chiude e un messaggio mi avvisa che Grazia è disconnessa. Chiudo Facebook, chiudo il collegamento a internet, spengo il modem e il computer, rimango fermo a fissarne lo schermo nero, mentre una valanga di ricordi e di immagini riaffiorano alla mente e vi si affollano e premono per uscire. Ricordi di cose, persone, fatti che pensavo di essermi lasciato alle spalle. Ero fuggito via da tutto, dalla mia famiglia, dalle botte, dai litigi con mio padre, da anni scolastici disastrosi. Quando approdai nella nuova scuola Grazia mi colpì subito per quel suo sguardo dritto e  indagatore, sorretto da un corpo minuto e ben proporzionato. Aveva capelli biondi e occhi grigi, una voce forte e profonda, ma ferma e capace di una dolcezza senza fine. Mi catturò proprio la sua voce per prima, dopo vennero i suoi occhi, poi le sue mani. Fu un amore intenso e duro, spezzato in diversi tempi, scandito dalla musica che ascoltavamo in continuazione, da quel disco dei Led Zeppelin, in particolare, che segnò la nostra storia.

   Riaccendo il computer e mi ricollego a Facebook. Cerco la icona bianca e azzurra che corrisponde a lei, ci clicco sopra e cerco il suo album fotografico. Di nuovo quelle dieci immagini riappaiono, ma stavolta ce n’è un’altra, un ragazzo giovane dall’età apparente di 26, 27 anni mi guarda sorridente con i capelli neri, ricci e lo sguardo paraculo. Penso subito:- e questa quando me l’ha scattata? ”. Ma poi mi accorgo che il ragazzo porta tattuaggi dappertutto. Non ha l’aria di uno che sta in regola con gli esami all’università, ammesso che ci vada. Un vago senso di inquietudine mi avvolge. Osservo le altre foto, sono io, cristo, sono proprio io, tanti anni fà. Cerco di immaginare Grazia che scatta quelle foto, mentre preme il dito, con l’occhio incollato al mirino della macchina. Mi torna alla mente quel suo caratteristico soffiare sui capelli che le cadevano agli angoli della bocca. Clicco sulla prima foto che mi ritrae nell’atto di voltarmi. La didascalia che la commenta dice: “Piccola Katy”. Avevo i capelli lunghi, schiacciati per non farli sembrare troppo voluminosi. Sorridevo all’occhio di vetro dietro cui si nascondeva lei. Diceva che somigliavo al cantante dei Pooh, con quei capelli cotonati, e non era certo per farmi un complimento. Una volta se ne uscì dicendo: - Mi ricordi Piccola Katy, una canzone dei Pooh. 

   Credo che abbia scelto quel titolo per la prima foto proprio per questo motivo qua. Digito “ Piccola Katy “ e Google mi dà il testo della canzone, lo leggo, mentre su Facebook la finestrella della chat si riapre: - Bravo! 

   “Piccola katy, il mondo è buio, è cattivo, non è fatto per te. Non andare, non gettare al vento i tuoi sedici anni favolosi. Vai, vai Piccola katy. Vai, vai Piccola katy. Vai. vai. vai. “

 

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