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STORIA DEL DECIMO FIGLIO figlio terzo

Post n°79 pubblicato il 06 Febbraio 2012 da alex.canu

Figlio terzo

Mihlusa Chnua

(la bella) 

 

 

     Con una tempestivita sorprendente in due sposi provvisti della sola licenza elementare, Anzichu e Aisentha, allo scadere preciso dei due anni dalla nascita di Ghelanu, misero al mondo il terzo figlio. Per la precisione si trattava di una figlia, la prima femmina dopo due maschi. La madre tirò un sospiro di sollievo e pagò con un supplemento la levatrice nuova, tia Lehana che, da appena un anno, era venuta a lavorare a Issòghene, dopo che l'altra se n'era andata in pensione.- Sarà una femmina, vedrai Aisè, - le ripeteva spesso. E una femmina venne e nacque nello stesso letto dei due figli precedenti. La chiamarono Mihlusa, come la nonna materna che rimandò indietro tutti gli uomini, che il padre suo le voleva far sposare, finchè non le diedero quello che voleva lei, Benìah, un cavallaro che le aprì uno zilleri eternamente pieno di gente. Una sera che Benìah rientrò e vide il locale pieno di uomini, realizzò che non poteva andare così e cacciati fuori tutti, chiuse e non riaprirono più, Mihlusa Nanhas era sua e tale doveva rimanere. Nughavi e Ghelanu, incuriositi, andarono a vedere la nuova sorellina e si accorsero che era diversa da loro. Sgranarono gli occhi sul taglio che aveva in mezzo alle gambette e pensarono che fosse malata. Chiesero mute spiegazioni al padre, ma questi non capì e li rimandò fuori dalla stanza. Nughavi aveva già compiuto quattro anni e mezzo e Ghelanu aveva passato da poco i due. Mihlusa si presentò con una massa di capelli neri che avrebbe poi curato per tutta la vita con dedizione maniacale. Succhiava il latte materno con voracità da maschio, per poi addormentarsi di colpo sul seno di Aisentha. La mamma la metteva nel suo letto e Mihlusa si risvegliava allo scadere preciso delle tre ore per la poppata successiva. Non piangeva, nè si svegliava mai durante la notte. Per Aisentha era il paradiso dopo i due maschi e si affezionò subito a quella figlia serena. Quando stavano con la sorellina, Nughavi e Ghelanu non litigavano mai e le tenevano la mano, mentre le agitavano davanti agli occhi mazzi di mollette del bucato legate insieme. Anzichu, in un giorno particolare, arrivò a scrivere persino una poesia per quella figlia che sembrava una benedizione del cielo. Mihlusa portò la gioia senza saperlo, senza volerlo, tutti le volevano bene. Quando aveva quasi tre anni Nughavi convinse Ghelanu a metterla in groppa all'asino col quale il padre conduceva i lavori in campagna. Disse al fratello di reggerla forte, quindi punse l'animale con un coltellino che lo fece saltare per aria dando calci a vuoto. Ghelanu non riuscì a tenere Mihlusa che cadde a terra ferendosi alla testa. Alle grida della bambina accorse Anzichu e Nughavi accusò il fratello. Ghelanu non ebbe la prontezza di difendersi e si buscò le cinghiate sulle gambe nude. A Mihlusa rimase un segno, una piccola cicatrice sulla fronte, all'altezza del sopracciglio destro, che le impedì per tutta la vita di inarcarlo correttamente. All'età di tre anni la bambina somigliava ad una bambola, con due graziose fossette sulle guance e le trecce nerissime che le arrivavano alle ginocchia. Un giorno la madre le disse che avrebbe avuto una bambola vera con cui giocare. Le prese dolcemente la manina e se la posò sul ventre che iniziava già a mostrarsi. Mihlusa sorrise e subito iniziò a fantasticare sui nomi che avrebbe potuto dare al suo nuovo giocattolo. Poco più in là Nughavi scartò col piede un pesciolino d'argento che aveva scovato e lo schiacciò sul pavimento, mentre osservava la madre, di nuovo con la pancia gonfia, con un muto sguardo di rimprovero.

 
 
 
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