Creato da philippfriuli il 13/04/2013
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la decisione del sabato sera

Post n°31 pubblicato il 15 Maggio 2013 da philippfriuli

Cammino veloce seguendo la riga del porfido del marciapiede come fosse la linea delle calze di una donna, che le fa più dritte le gambe. La fretta mi impregna, martellante e impetuosa, ma mi protegge e mi rende quasi invisibile a chi vorrebbe scambiare due parole con me. Sarebbe tempo perso cercar di spiegargli che è primavera e che mi aspetta una donna che sa di sole e di caldo. Una donna che usa la lingua come un coltello che ferisce e fà schizzare sangue e passione. Porge i suoi seni dai capezzoli duri per nutrirmi di voglia e poi apre le sue cosce per bagnarmi di umori.  Qualcuno urla da una finestra. Sembrano grida di cuore e castigo, di amore e gelosia che cercano una vendetta plateale. L’essenza della disperazione di un uomo turbato, impazzito quasi stesse guardando la sua donna tra le braccia di un altro. Cammino veloce pensando a lei che mi aspetta, alle sue labbra gonfie di lussuria e di nuove promesse. Ai suoi baci. Al suo odore di femmina. Al suo ventre che ruota. L’erezione spinge. Tenta. Riempie la stoffa e diventa palese. La voglia di lei s’infila violenta e afferra la carne, la pelle e lacera il respiro di questi ultimi metri. E il solo pensiero mi intossica il sangue e mi gonfia le vene. Lei è come l’amante di una notte: io valgo soltanto per quanto la faccio godere. Cammino veloce e calpesto la terra, continuo ad accelerare come se da lontano sentissi il suono della sua voce irritata, replicata in un’eco che percorre, rimbalza sulle case e i muretti di cinta che custodiscono verdi giardini. Lei sa far bene la preda. Si offre come fosse un bottino di guerra. Ma poi quando tutto finisce, torno indietro e attraverso solo terre bruciate e fumi di sterpi ancora fumanti. Dalla finestra di un’osteria esce il suono greve di voci stonate che intonano una canzone, di guerra e di alpini. Si sparge un profumo di griglia che cuoce e l’odore della semplicità ravvivato dall’essenza di vino. Un’idea improvvisa mi blocca. La battaglia che mi divide dura soltanto un attimo e subito dopo sto alzando un bicchiere di rosso e mastico un pezzo di salsiccia arrostita mentre sorrido all’omone dietro al banco soddisfatto del mio “è proprio buonissimo!”. In lontananza la visione di lei, ansiosa e ossessiva, che continua a chiamare. Ed io, qui, sfinito che non voglio più andare.

 
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l'amore nella piazza di San Daniele

Post n°30 pubblicato il 09 Maggio 2013 da philippfriuli

Sono seduto con un amico ai tavoli esterni del bar della piazza a San Daniele. Sono quasi le undici di sera. Ci accarezza una piacevole e tiepida aria leggera che viene dalla pianura. Le vecchie case del centro ed il Duomo delimitano una piccola piazza silenziosa mentre gustiamo vino rosso e prosciutto. Su un tavolo vicino ci sono due ragazzi: lei sembra una quattordicenne, lui forse ha un paio di anni di più. Mangiano gelato da coppe di vetro colorato e parlano piano, fitto fitto. Ogni tanto ridono e si sfiorano le mani. Su un marciapiede dall’altro lato della piazza passano tre donne anziane. L’una al fianco dell’altra, con un golfino leggero sulle spalle. Qualche metro dietro le seguono tre uomini, probabilmente mariti o compagni, con le camicie a maniche corte. Parlano a voce alta. In friulano. Due di loro hanno le mani incrociate dietro la schiena e annuiscono spesso. Il terzo gesticola e parla di continuo. I due ragazzi li osservano. Lei dice ridendo “vedi io sono quella in mezzo, quella che ride e si aggiusta sempre i capelli. Tu invece sei quello che gesticola e che vuole avere sempre ragione”. Lui non risponde, ma si avvicina un po’ e le mette una mano tra i capelli. Lei la sfiora con le labbra. C’è in loro una specie di emozionata e delicata invidia per ciò che quelle sei persone sembrano essere ai loro occhi. Per un attimo entrambi hanno pensato e disegnato un futuro per il loro amore. Niente feste, cene, barche, concerti, vacanze ai Caraibi, viaggi a Londra. Solo una semplice passeggiata. Lei con le sue amiche. Davanti. Lui che la segue, con i suoi amici. In un piccolo paese tranquillo. Silenzioso. Restano per un po’ in silenzio e poi lei guarda il display del cellulare e gli dice “accompagnami a casa, lo sai che devo rientrare per le undici e 30”. Si alzano e mano nella mano attraversano la piazza. Alzo il calice e bevo l’ultimo sorso di vino rosso. Un brindisi all’amore che, senza volerlo, ho appena respirato e vissuto nei gesti e nelle parole di due giovani ragazzi.  

 
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con un calcio in c...

Post n°29 pubblicato il 08 Maggio 2013 da philippfriuli

Interessante il dibattito sul diritto di cittadinanza. Personalmente credo che sia un discorso che andava fatto da tempo. Ma, come ho detto, è solo il mio pensiero. Il nuovo ministro italocongolese preme perché il diritto, oltre che ai figli con uno dei genitori italiano, spetti anche a chi nasce in Italia, anche se da stranieri.Vedremo. Una riflessione però sento di doverla fare. Molti hanno un concetto astruso per cui l’italiano è migliore di ogni immigrato. E tale debba restare per sempre. Molti dicono che gli immigrati son tutti delinquenti e quelli che non lo sono rubano lo stipendio (direi salario e pure basso) agli italiani. Molti scuotono la testa quando si accorgono che bambine pakistane o indiane , dopo aver finito le scuole medie, vengono rimpatriate dai propri genitori e non tornano più: spedite come spose ad uomini adulti che neanche conoscono. E mille altre cose. Ma se i figli di coloro che magari spacciano droga o lavorano a salario bassissimo  o le ragazze che vengono regalate a mariti spesso vecchi dei loro paesi di origine non hanno il diritto di cittadinanza, come si può cambiare? I figli degli italiani emigrati hanno contribuito a far grande l’America. I figli degli immigrati, nati in Italia non hanno avuto alcuna chance se non quella, spesso, di tornare al paese dei loro genitori. Eppure, se fossimo davvero intellettualmente onesti, quelli che disonorano l’Italia sono molti italiani. Anche tra i parlamentari. Anche fra i disonesti che non pagano le tasse. Anche quelli che rubano allo Stato. Anche quelli che sfruttano i lavoratori. Beh, io penso che ci siano un casino di immigrati che meritano di essere italiani ed un sacco di italiani che meritano di essere cacciati con un calcio in c…..

 
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il sesso della domenica pomeriggio

Post n°28 pubblicato il 06 Maggio 2013 da philippfriuli

Nuvole nere viaggiano verso la pianura friulana. Mi concentro sulle macchie d’olio attorno al motore e sull’odore penetrante della benzina che verso nel piccolo serbatoio. Indosso le solite scarpe da ginnastica malandate, i pantoloncini e una maglietta bianca corta. E’ domenica si, ma è il momento giusto per tagliare l’erba del mio giardino. Prima che piova. Mi metto all’opera creando nella mente le figure geometriche del taglio. Ogni volta diverse, quasi una scommessa per scoprire finalmente il percorso che mi permette di risparmiare tempo. So che è inutile, ma è piacevole. Il rumore del tagliaerba diventa un sottofondo ritmico, quasi piacevole. Conosco a memoria ogni angolo del mio giardino. Così bene che posso distrarmi nei rettilinei liberi da aiuole e piante. Per dare un’occhiata al cielo e alla strada di campagna poco lontana. Per gustarmi un raro raggio di sole improvvisamente sbucato dalle nuvole. Il sudore va e viene sul mio corpo come le auto sulla strada, come le speranze, gli amori, le noie, le partenze i ritorni, le fughe e l’impazienza di tornare. Un vento fresco mi incita ad andare più veloce. Scende qualche goccia di pioggia. Le sento sul viso e mi divertono. Il tagliaerba sembra prendere nuova velocità, quasi conscio che se la pioggia insistesse dovremmo per forza lasciare il lavoro a metà. Ma sono solo poche gocce, il vento torna a spirare fresco e i tuoni lontani mi promettono tutto il tempo necessario. Nessuna sosta, nessun’altra distrazione e l’erba sembra dissolversi metro dopo metro, fino all’ ultimo respiro del motore che finalmente si calma in un riposo assoluto. Silenzio improvviso. Sento il pulsare del cuore, il sudore che scivola sulla schiena, l’odore della benzina che fugge nell’aria. Il sole torna per un attimo tra le spaccature delle nuvole che sembrano distratte come lunghe, incerte, pennellate che attraversano il cielo. Chiudo gli occhi e respiro: riempio i polmoni del profumo forte ed insistente del prato tagliato. (scusate il titolo, ma tutto sommato a volte si arriva al piacere anche solo tagliando l'erba del giardino, no? :-) )

 
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un bacio sulle labbra

Post n°27 pubblicato il 05 Maggio 2013 da philippfriuli

La sala in penombra. Noi fra molti altri. Che ballavamo un lento. Aderivi completamente e abbandonavi la testa sulla mia spalla. Un movimento discreto, tenero. Come un passaggio di nuvole bianche. Ti muovevi impercettibilmente. Guancia su guancia. Calore. E poi inevitabilmente il bacio. Un magnifico bacio. Di quelli che si aspetta lo finisca l’altro. Per ricominciare ancora. La musica attorno a ritmare i battiti del cuore. Le persone scomparivano ingoiate dalle nostre emozioni cullate da pelle, buio e brividi. Ci ritrovammo a ballare immobili. Si muovevano solo i nostri pensieri che si confondevano così tanto da non poter più riuscire a capire quali mi appartenevano e quali ti appartenevano. Mescolavamo i respiri e muovevamo solo le labbra. Di qua e di là. Sopra e sotto. Come due onde che si incontravano. Si scontravano. Momento sconvolgente e pieno di magìa. Un bacio da vertigini. Che bruciava la carne. Che riempiva di commozione gli occhi. Noi eravamo il tutto. Il resto era nulla.

Qualche giorno dopo eravamo tornati “nulla”, ma quel bacio restò sulle mie labbra per molto tempo.

 
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