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Il Bar sotto il mare

Post n°5 pubblicato il 12 Maggio 2008 da kattivoteatro
 
Foto di kattivoteatro

Sono passati diversi anni da quella sera, ma ricordo ancora tutto perfettamente. Stavo tornando a casa dopo aver svolto un affare importante

                       ed era quasi mezzanotte quando scoppiò un temporale. Stavo giusto attraversando il passo di Badle che dista

                       solo cinquanta chilometri dalla città, ma sembra di attraversare una terra dimenticata. La strada è stretta e dissestata,

                       piena di tornanti che avvolgono grandi pareti di roccia livida, o si protendono sull'abisso della valle, che porta il nome di

                       Valle dell'Ombra. Non vi batte mai il sole, e quel poco che supera la barriera delle montagne va a spegnersi in un bosco

                       fitto e umido, pieno di tronchi morti. Ci sono pochissime case, quasi tutte disabitate. Improvvisamente la mia auto si bloccò.

                      Cercai di rimettere in moto, ma non ci riuscii. Confesso che avevo paura.

                      Sono nato in una valle vicina a questa, e ricordo ancora le strane dicerie sugli abitanti di Valle dell'Ombra. D'inver-

                      no passava per il mio paese un vecchio ombrese alto, col viso affilato e la barba grigia. Vestiva un mantello di pellic-

                      cia, sul retro del quale ricadeva una testa di lupo. Attraversava il paese per comprare sacchi. Decine di sacchi. Poi ri-

                      partiva. Una notte lo sentii andarsene cantando questa canzone: La luce non cancella l'ombra

                                  l'ombra cancella la luce                il giorno gioca con te, poi  ti abbandona sarà la notte la tua padrona.

                      Non sentivo ora, nel rumore del vento che piegava gli alberi, le note di quella melodia?

                      Un brivido mi percorse la schiena. Uscii dall’auto e la pioggia gelida mi frustò il viso. Mi guardai intorno e scorsi una luce

poco lontano; corsi in quella direzione e mi fermai senza fiato davanti alla porta di una casa scalcinata e cadente. Facendomi

forza bussai e dopo qualche attimo di silenzio mostruoso venne ad aprirmi una vecchia spaventosa, con occhi sporgenti da rospo su un viso rovinato da qualcosa che sembrava un'ustione. Era deformata dall'artrosi e si muoveva come se fili invisibili la torcessero tormentandola. La bocca sdentata era dipinta di rosso fuoco e sulle gote pallide c’era un maldestro tocco di cipria. Una morta pronta per il ballo, pensai con un brivido. Controllai i nervi e iniziai a spiegarle la mia situazione.

 
 
 

Woody Allen

Post n°4 pubblicato il 26 Aprile 2008 da kattivoteatro
 
Foto di kattivoteatro

Fra tutti i grandi uomini famosi, quello che avrei vo­luto essere io è Socrate. Non solo perché era un gran­de pensatore, dato che di pensate discretamente pro­fonde ne ho fatte anch’io –  lo sanno tutti  -  anche se le mie vertono invariabilmente su una hostess svedese.

No:      quel che invidio al più saggio fra i greci è il corag­gio di fronte alla morte. Lui con grande fermezza si mantenne fedele ai suoi principi e preferì morire al rin­negarli. Io, per me, non sono altrettanto impavido, e basta un rumore improvviso, come lo scappamento d’una macchina, per gettarmi fra le braccia della perso­na con cui sto parlando. Alla fine, la stoica morte di Socrate donò alla sua vita un autentico significato; co­sa che manca del tutto alla mia, anche se un’importan­za, sia pur minima, riveste per l’ufficio delle imposte dirette. Devo confessare che ho cercato di mettermi, diverse volte, nei sandali di Socrate; ma ogni volta il sonno mi vince...

 
 
 

ZaPeppa

Post n°3 pubblicato il 15 Aprile 2008 da kattivoteatro
 
Tag: Spot
Foto di kattivoteatro

ZaPeppa, tragicomica storia d’amore e malavita”

Tratto dal libro di Claudio Dionesalvi  “ZaPeppa . Come nasce una mafia” (2007 Coessenza ), alla terza ristampa, lo spettacolo “ZaPeppa, tragicomica storia d’amore e malavita”  è un racconto ricco di memoria storica con riferimenti espliciti ai fatti più importanti avvenuti a Cosenza nei primi quindici anni del 900.

E’ uno spaccato sociale, che vive sullo sfondo del centro storico della città dei Bruzi, e narra la vita e la morte di Francesco De Francesco, detto appunto zaPeppa, uno dei primi capibastone della mala cosentina e giudicato come tale dal primo maxi processo alla malavita organizzata, tenutosi come si racconta, nel Gennaio del 1903 presso il Palazzo dei Tribunali di Cosenza.

La storia di questo “Principe dei Poveri” è il centro narrativo intorno al quale si muovono altri curiosi personaggi, alcuni di fantasia, guappi, ubriaconi, borghesi e belle donne ed altri figure esimie della storia di Cosenza, come “L’arrotino” il poeta e pubblicista Antonio Chiappetta autore di  Jugale. Molti dei fatti raccontati sono realmente accaduti e risultanti da verbali di polizia e articoli di giornali dell’epoca e tutti fanno da cornice ad una storia d’amore e malavita a tratti esilarante e a tratti cupa e sanguinolenta in salsa pulp.

Uno racconto che pur restando nell’ambito del teatro di narrazione si distingue per alcune caratteristiche peculiari proprie dello stile di Silvio Stellato e KattivoTeatroBriganti storytellers.    info   www.silviostellato.it

 

 
 
 

Raccontare storie

Post n°2 pubblicato il 12 Aprile 2008 da kattivoteatro
 
Foto di kattivoteatro

Raccontare è un'arte antica come l'uomo stesso. Un arte semplice che si realizza attraverso la comunicazione. Perché accada il miracolo della narrazione c'è bisogno di una voce e di chi l'ascolta. E non c'è bisogno di una sedia, ma solo che ci si sieda.

C'era una volta un uomo che cominciò a raccontare e i due che l'ascoltavano si presero di freddo e se ne andarono e allora le parole di quell'uomo se ne andarono nel vento. A cercarsi un altro che le raccontasse.

 
 
 

Eduardo's

Post n°1 pubblicato il 12 Aprile 2008 da kattivoteatro
 
Tag: Pillole
Foto di kattivoteatro

"Un popolo che non aiuta e non favorisce il suo teatro se non è morto è moribondo; così come il teatro che non raccoglie il palpito sociale, il palpito storico, il dramma delle sue genti e il colore genuino del suo paesaggio e del suo spirito, col riso e col pianto, non ha diritto di chiamarsi Teatro, ma sala da gioco o luogo per fare quell'orribile cosa che si chiama "uccidere il tempo"".     Eduardo  

 
 
 
 
 

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Un blog di: kattivoteatro
Data di creazione: 12/04/2008
 

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