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Le donne in cerca di sesso mecenario.

Turismo sessuale al femminile

 

Vanno a Cuba, in Giamaica, in Kenya e a Capo Verde. Sono ragazze di 30 e 40 anni...

 Regola numero uno: preservativo in borsetta. Regola numero due: cuore in frigorifero. E quale delle due sia la più importante è una verità ancora tutta da dimostrare. «Io alle mie pazienti le raccomando caldamente entrambe» assicura Alessandra Graziottin, direttore del centro di ginecologia del San Raffaele Resnati, a Milano.
Una che le sue pazienti le vede partire adesso, con gli occhi stellanti e i corpi eccitati, verso la loro estate caliente; e che le vedrà tornare poi, verso settembre-ottobre: una avrà il cuore a pezzi, un'altra il dubbio di essersi presa «qualcosa».

Perché le regole del gioco sono solo due, l'abbiamo detto, e oltretutto chiarissime; ma là sulle spiagge dei Caraibi, tra mare e sole e bei ragazzi che sussurrano «te quiero», come si fa a tenere il cuore sempre sotto chiave e il profilattico sempre a portata di mano?
Ma così è e via dunque: in questi giorni cominciano a partire, le ragazze italiane, con i tacchi a spillo in valigia e il preservativo in borsetta. Ragazze di trent'anni, ma anche di 50 e di 60. Single impenitenti, single frustrate, separate, divorziate. Sole o a piccoli gruppi.
A Cuba o in Giamaica, a Capo Verde o nel Maghreb, ma anche in Senegal e in Belize, e dicono pure in Burkina Faso. Le rotte più calde dell'amore.

In quante partono? «Dalle 30 alle 50 mila l'anno» azzarda Pierre Orsoni, presidente di Telefonoblu-Sos turisti. Ma sono stime molto a spanne: «Dati precisi ovviamente non esistono.
Si suppone però che le donne rappresentino dal 3 al 5 per cento di quel milione di italiani che pratica, abitualmente o meno, turismo sessuale».
Ovvio, se lo chiedete a loro, alle ragazze, non ne trovate una che lo ammetta. Che dica: io lo faccio. Turismo sessuale? «Figurarsi!» ride la sessuologa Chiara Simonelli.
«In tutto il mio giro di amiche, colleghe, studentesse, mai una volta che si affronti apertamente l'argomento». Però? «Però un paio di amiche che sono tornate dalla Giamaica insieme a un bel rasta, ecco, quelle le ho. Felicemente sposate, oltretutto».

E allora? Provate a guardarvi intorno. A chiedere alle amiche e alle amiche delle amiche, al parrucchiere, alla ginecologa, all'estetista. Scoprirete che ha ragione da vendere Charlotte Rampling, la splendida protagonista di Vers le Sud, uno dei film più applauditi all'ultima Mostra del cinema di Venezia: «Il turismo sessuale sta aumentando in modo vertiginoso. Le donne ne parlano poco ma lo praticano molto». Perché, giura, «a un certo punto la vita sessuale femminile diventa qualcosa di molto segreto, quasi imbarazzante da ammettere».

Chiedete in giro ma con discrezione. Troverete la professionista romana che magnifica i beach boy di Capo Verde, che «hanno la pelle scura ma i lineamenti occidentali», e oltretutto «parlano l'italiano», una gran bella comodità. O la giornalista romana che ormai da anni fa avanti e indietro con Cuba, ogni 3-4 mesi un bel viaggio, e divide felicemente la sua vita tra il lavoro in Italia e l'amore all'Avana.
O la pierre milanese che va pazza per la Giamaica e narra meraviglie dell'Hedonism II di Negril, villaggio vacanze programmaticamente vietato ai minori di 18 anni, «dove l'unico imbarazzo è la scelta fra il rimanere al club, e cuccare tra i tanti single americani che ci vanno, o uscire fuori dal ghetto e fare amicizia con gli splendidi ragazzi del posto».

Alti, belli, muscolosi, tutti ben dotati di treccine e sorrisi incantatori da elargire, molto generosamente, alle turiste bianche come il latte: tedesche anzitutto, poi britanniche, americane, svizzere, italiane. Donne come quella Ellen, appunto, impersonata da Charlotte Rampling in Vers le Sud, che ad Haiti si concede l'amore di Legba, tanto più giovane di lei. Diceva nel film Ellen: «Quando sarò vecchia pagherò i giovani per amarmi. Perché di tutte le cose l'amore è la più dolce, la più viva, la più sensata. Non importa quale sia il prezzo».

Il prezzo non è spaventoso, dopotutto. Due settimane in Giamaica, o in un villaggio a Capo Verde, sono alla portata di (quasi) tutte le Ellen d'Italia. E a Cuba ci puoi andare perfino con il sindacato, con tariffe di favore, come quelle due milanesi sbarcate un paio d'anni fa all'Avana per i festeggiamenti del 1º maggio. «Mica eravamo andate lì per fare sesso, eh» avverte una. «Ma il preservativo in borsetta l'avevamo messo ugualmente» avverte l'altra. «Non si sa mai».
È andata così: una si è innamorata dell'autista dell'autobus che portava il gruppo in giro per l'isola, l'altra di un musicista di salsa. «E che meraviglia di uomini» sospira una. «Mai conosciuto uno, in Italia, bravo a corteggiare una donna come fanno i cubani» sospira l'altra. Come no? «Mi amor» di là, «mi vida» di qua, «te quiero» da tutte le parti.

Altro che certi italiani che ti notano solo se sei alta 2 metri e hai un fisico da copertina, e il resto merita l'attenzione che normalmente si riserva a una tenda: nessuna. Le nostre due quarantenni, dopo aver provato il brivido di essere guardate con virile desiderio, sono perciò tornate a Milano con gli occhi sognanti. «E sia chiaro che non abbiamo mai pagato un solo dollaro» giurano. «Solo qualche cena, un regalino, una serata in balera».

Poi, certo, sono cominciate ad arrivare le email. «Mi amor», e vai con la lista della spesa. «Mi vida», puoi mandarmi un mp3? Un computer, un videoregistratore? E le ultime Nike per mio figlio, un telefonino, un lettore di compact? E gli occhiali per la vecchia madre, grazie mille, che ti saluta tanto e aspetta con ansia il tuo ritorno?
Ma le rotte dell'amore funzionano esattamente così. «Uno scambio alla pari, in cui tutti sono felici» l'ha definito il regista di Vers le Sud, Laurent Cantet. «Tutti guadagnano qualcosa: chi soldi e cibo, chi desiderio e amore». Per dirla con Alessandra Graziottin: «Non sono storie di mero sfruttamento. Non è come il turismo maschile, con la nevrosi della conquista sempre diversa, una botta e via. Le donne tendono comunque a costruire un rapporto affettivo, che magari dura negli anni; e in questo legame, anche se fluido, ognuna delle parti dà quello che ha in abbondanza: giovinezza e virilità, o denaro e aiuti per la famiglia. Ci sono famiglie, nel Terzo mondo, che campano grazie alle donne del Primo».

Le nostre Ellen, le 35-45enni in carriera, single o scoppiate, e le 50-60enni separate o divorziate, quelle che proprio non riescono a rimettersi dallo shock di essere rimaste sole. Fascia perlopiù medio-alta, metropolitana, settentrionale. Più sportive sessualmente le giovani, più segretamente romantiche le altre. Nessuna delle due categorie raggiunge per ora l'acre cinismo di quelle manager americane (le statistiche le descrivono single, senza figli, molto curate, molto deluse, molto evitanti) che fanno del «no engagement, no commitment» il loro must emotivo-sentimentale.

Le italiane no: partono con il preservativo in borsetta «ma poi si dimenticano di usarlo perché si innamorano» sospira Graziottin. Partono ben decise a tenere il cuore in frigorifero «ma poi il sogno romantico le tradisce sempre». Partono piene di aspettative e tornano...
come tornano?
«Più belle, più cariche, più consapevoli della loro femminilità. Più gratificate e più felici» dice la ginecologa. Ma una volta a casa la depressione è dietro l'angolo; il ritorno al tran tran le uccide, il sogno esotico rischia di logorarle. Quand'è che si riparte?
«Soprattutto a quarant'anni la botta rischia di essere micidiale» riflette Manuela Stefani, giornalista (e madre di tre figli) che per Airone ha girato il mondo, vedendone di cotte e di crude. Nel suo primo romanzo, La casa degli ulivi (Mondadori), racconta per l'appunto di una milanese quarantenne, single intristita, che decide di darsi una botta di vita e parte per un viaggio.

Anziché in Giamaica va in Calabria (la storia è ambientata negli anni Ottanta, quando la Giamaica era ancora di là da venire), ma incontra comunque un «indigeno», e ovviamente se ne innamora. Sostiene Stefani che il meccanismo è quasi matematico: «A 40 anni parecchie di noi si sono già scontrate con la vita, hanno fatto un po' di conti, hanno visto naufragare più di un sogno romantico, anche quelli molto, molto ragionevoli. Il quotidiano ci ha deluso, le prospettive sono deprimenti. Ecco allora che il viaggio diventa l'occasione per ridare slancio alla propria esistenza. Anche emotivamente. Anche sessualmente».

E allora ecco che sono evitate, come la peste, le rotte verso lo Sri Lanka che tanto piacciono alle tardone americane, là dove «i ragazzi sono dolci, e carini, e un po' femminili, e omaggiano le turiste in continuazione» come racconta la scrittrice Roberta Tatafiore, una delle prime ad aver indagato l'universo degli Uomini di piacere e donne che li comprano (Frontiera).
Alla larga dai centri di Bangkok specializzati in massaggi sadomaso, che secondo il Telefonoblu sono «la meta preferita dei charter carichi di donne giapponesi».
Le mete più care alle Ellen di casa nostra sono ben altre, là dove regnano il maschio di tipo latino e l'adone di pelle scura, simbolo a tutto tondo dell'uomo che non deve chiedere mai. Ossia: «Cuba, i Caraibi, il Marocco, la Tunisia, il Kenya, il Senegal, Capo Verde» elenca Pierre Orsoni, che a Telefonoblu monitorizza rotte e mete preoccupandosi di un possibile sfruttamento sessuale degli adolescenti indigeni (denunce e segnalazioni al 199443378).

Ma anche il Maghreb va forte. Alzi la mano chi non ha mai palpitato per Sean Connery, sensualissimo capo berbero in Il vento e il leone, o non ha mai avuto un fremito sul mito erotico del maschio arabo, instancabile e virilissimo, cui persino Carmen Covito, grande esegeta delle bruttine stagionate, ha dedicato pagine infuocate e struggenti.
Ricordate come, negli anni Novanta, le aziende hanno addirittura cominciato a mandarci commesse e rappresentanti in viaggio premio? Ad Agadir ancora si favoleggia dello sbarco di 700 estetiste italiane; a Marrakech non si è appannato il ricordo del convoglio di parrucchiere scatenate a spese di una grande industria cosmetica.

Ma così va la vita per le ragazze d'oggi. Persino la Svizzera, visto l'andazzo, ha deciso di puntare le sue atout turistiche sulle bellezze più naturali del posto. Registratevi lo spot: è splendido. Tanto per dire: un mungitore biondissimo, un rocciatore sensuale, un autista di autobus, un contadino a torso nudo.
Uno più bello dell'altro. E vi guardano dritto negli occhi. Vi fanno un sorriso francamente assassino. Poi una voce maschia sussurra: «Venite a passare l'estate dove gli uomini si preoccupano poco del calcio e quindi più di voi». Chi avrebbe mai pensato, prima, alla Svizzera? Comunque, buon viaggio.

Genova, 23 Dicembre 2006

Fonte: http://liberoblog.libero.it

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