Creato da amoidettagli il 25/10/2010

La guerra di Piero

"Gli occhi sono ciechi, quando la mente si occupa d'altro."

 

 

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La manipolazione affettiva

Post n°5 pubblicato il 28 Ottobre 2010 da amoidettagli

Per mancanza di tempo, copio e incollo un'articolo

che ho trovato interessante

Come poche altre cose nella vita, il sesso

è puro piacere. Intorno ad esso ruotano soprattutto

i sentimenti, ma ad un grado di complessità

davvero esagerato, e tale da influire pesantemente

sulla problematica di ogni coppia. Inevitabilmente,

in molte circostanze, la relazione sessuale arriva

ad emulare una vera e propria battaglia, con tanto

di logistica, tattica e strategia, o quanto meno

si stabilizza come un sottile inconscio gioco di potere.

Il rifiuto è la tecnica femminile più praticata,

con modalità ricattatorie, e ad ogni insoddisfazione

di qualsiasi genere si risponde con una negazione

di prestazione. In questo caso, il potere che si dimostra

di detenere si esercita nel “non agire”, mentre la

concessione ha il valore di un baratto, ed il desiderio

necessita dell’alibi del sentimento. L’astinenza, allora,

diviene l’arma principale di una “manipolazione affettiva”.


Nel maschio è più facile riscontrare un qualche “perverso”

egoismo nella ricerca del piacere. Il partner viene

reificato a strumento, se non proprio a feticcio.

Il perverso di carattere esprime la sua aggressività

riducendo ad oggetto ogni comune agente, “feticizzandone”

l’intero corpo.


Il manipolatore sadico si trasforma in un “bastiancontrario”

e si comporta sistematicamente in maniera da deludere ogni

vostra aspettativa. Difatti, le manifestazioni della violenza

sono molteplici, a partire dalle torture morali e dalle

pressioni psicologiche, spesso peggiori delle molestie fisiche,

anche se si tollera meglio la “dipendenza“.


Delle forme particolari di aggressività vanno considerate

pure l’impertinenza e l’ironia. L’ostilità si maschera con il sarcasmo;

si fa intendere di non attribuire il giusto peso alle parole

o si invita ad afferrare il contrario di quanto si è proferito.

Il vero messaggio si nasconde sotto il tono di voce e

dietro l’umorismo. Con sopracciglia aggrottate,

sguardo di disapprovazione, sorrisetto ironico,

si comunica in maniera non verbale molto più di quello

che si dice. Se il dialogo si inceppa, perché ci si dimostra

non coinvolti, già con questa mancata partecipazione

si fa opposizione.

Un meccanismo di difesa che consente di non riconoscere

i propri difetti consiste nell’attribuirli ad altri (proiezione).

Ed anche qualora fosse masochista, alla ricerca attiva

della propria sofferenza, il perverso tenderebbe comunque

ad avere, e mantenere, il predominio.


La violenza fisica diretta è sinonimo di malcelata perversione,

paranoia, o alcolismo… La collera si scatena principalmente

contro gli oggetti e le vittime della violenza tendono a “somatizzarla”.

Se la prima è una vera e propria minaccia, la “reazione” funge

da “ricatto” che colpevolizza, in quanto il pensiero razionale

è ormai caduto nella trappola delle emozioni. Il rischio che corre

non frena il perverso, anzi lo eccita, mentre svilimento e

mortificazione abbassano l’autostima della vittima,

così come la soglia di difesa dalle malattie psicosomatiche.


Il corpo è il principale recettore di messaggi della psiche.

Attraverso la sofferenza ci avverte. Sentimenti, emozioni,

persino pensieri, vengono registrati dall’inconscio.

Le sensazioni negative, di paura, colpa, rabbia, delusione,

tristezza ledono la psiche ma si propongono quali sintomi fisici e,

con l’intensificarsi del dolore morale, si organizzano in sindromi,

malattie, quanto meno segnali di “stress”, di cui uno dei più

grandi procuratori è proprio il soggetto manipolatore.

Le persone divenute bersaglio di violenza psicologica,

impotenti a rispondere con misure di “contro-manipolazione”,

inesorabilmente si avviano ad implodere, e,

non potendo metabolizzare a livello emotivo, somatizzano

le reazioni inconsce del loro disagio. E la rabbia interiorizzata

diventa depressione.


Per la personalità, l’autostima è di assoluta importanza

nel mantenimento dell’equilibrio psichico, fondamentale

insomma. In “L’estime de Soi” (1999), André e Lelord

la fanno poggiare proprio sull’amore e la fiducia, oltre

che sull’autovalutazione. L’amore per se stessi, proveniente

da quell’affetto incondizionato donatoci durante l’infanzia,

supporta un indispensabile rispetto di noi, che avvia il

cammino verso la realizzazione delle aspirazioni.

Dalla fiducia nella nostra persona si origina il sentimento

di adeguatezza nell’impiego delle proprie capacità.

Tra la consapevolezza dei propri limiti e la sicurezza del

possesso di determinate qualità, è questa visione di

sé a spingerci verso il futuro. Eventualmente il punto

critico si incontra laddove la certezza del successo viene

ottenebrata dal timore della delusione.


Ad alimentare l’autostima è, dunque, l’amore ed il rispetto

che gli altri ci manifestano. Un rapporto affettivo “manipolato”,

inevitabilmente, procura una frattura narcisistica destinata

a non ricomporsi in assenza del ripristino di un clima di fiducia

e senza il sostegno di un processo di de-colpevolizzazione.

Poiché la paura paralizza ed il timore di una sofferenza

maggiore cronicizza quella attuale.

I caratteriali manipolatori si prefiggono di esercitare sulle loro

prede una deleteria influenza psicologica, mostrando dei

modi affascinanti che conquistano le vittime, convincendole

a lasciarsi coinvolgere in relazioni nelle quali sin dall’inizio

proveranno un forte disagio. Una violenza psicologica,

invisibile ed impalpabile, risulta molto più subdola e distruttiva

della franca aggressività; e poi uomini e donne non hanno

la stessa percezione della situazione in cui sono incappati;

eppure, i manipolatori hanno un comportamento stereotipato

e le loro mosse potrebbero essere prevedibili.


Quali primi rimedi, nei rapporti con un manipolatore,

occorre saper riconoscere le menzogne, il capovolgimento

della realtà, la vittimizzazione del carnefice, specialmente

per evitare di interiorizzare quei desideri distruttivi alla

base delle idee auto-aggressive, o francamente suicide.

L’introspezione che si adotta nella terapia di coppia dei

cosiddetti “normonevrotici” sarebbe impraticabile.

Dopo la vittimizzazione e la conseguente colpevolizzazione,

la negoziazione di un periodo di riflessione, nella speranza

che qualcosa cambi, costituiranno ulteriori, perversi tentativi

di destabilizzazione mentale da parte del “vampiro psicoaffettivo”;

perché la caratteristica principale della personalità manipolativa

è l’affermazione di sé a tutti i costi ed, a questo scopo,

arriva a fare carte false pur di trasformare la realtà a

suo esclusivo vantaggio. Nonostante le continue minacce

di farlo, le sue plateali richieste di separazione o di divorzio,

come i finti propositi suicidi, non sono effettive intenzioni,

ma ulteriori strumenti di manipolazione in modo da imporsi

e controllare la vita degli altri.


Chi non sopporta di lasciarsi sfuggire la preda arriva a minacciare

di compiere un suicidio. Ed anche qualora questo non venga

tentato, la semplice minaccia risulta colpevolizzante.


Molto spesso a colpevolizzare è una perseverazione nel “non senso”.

Il substrato del sentimento di colpa può non essere razionale

ed anche una convinzione di una colpa del tutto immaginaria

influisce sulla capacità di giudizio. Come diretta conseguenza

della disfunzione del perverso, la comunicazione si presenta

gravemente disturbata, in quanto ad individui patologici

non possono che corrispondere relazioni anormali.


La goccia che fa traboccare il vaso nel determinare la scelta

della separazione non sempre, né necessariamente consiste

nella scoperta dell’infedeltà del coniuge. Oltre alle emozioni

ci sono delle “cognizioni” che con la loro costante interazione

impediscono di prendere una decisione definitiva, nonostante

l’accumulo di fatti redibitori. Però, di fronte ad un’inammissibile

mancanza di sostegno, ad una manifestazione di follia

o ad uno scatto di violenza fisica, le ragioni per non restare

appaiono sempre più vitali e meno procrastinabili.


La fase che precede la decisione definitiva comporta

inevitabilmente un’inutile perdita di tempo, a causa delle

“credenze paralizzanti”. La sofferenza però non può trovare

giustificazione alcuna nella simulazione di un’unità familiare

del tutto “non strutturante”. “ Un manipolatore risponde

ad un modello psicologico e comportamentale patologico –

scrive Isabelle Nazare-Aga, in “La manipolazione affettiva”

(Castelvecchi, Roma, 2008)– La sua influenza agisce su

tutti quelli che lo circondano e non soltanto sul partner…

Sono dell’idea che un bambino si strutturi in modo più

sano vivendo con un solo genitore, ma sereno, piuttosto

che con due genitori, uno squilibrato (patologico), e l’altro

destabilizzato dal primo”.

Per uno scambio proficuo di idee è assolutamente

indispensabile che il discorso si mantenga coerente.

Il continuo capovolgimento delle affermazioni spiazzerebbe

chiunque. Alla destabilizzazione contribuiscono le

sofisticazioni lessicali e sintattiche, le quali solo

apparentemente renderebbero il linguaggio, diciamo per

dire, “erudito”, mentre è essenzialmente contorto,

se non proprio inafferrabile.


Le parole cariche di odio hanno un impatto emotivo violento,

perché devastante si rivela ogni molestia psicologica.

La cognizione dicotomica, che esclude le intermediazioni

e si esprime nell’ordine del tutto o nulla, non fornirebbe

alcun apporto allo scambio di vedute.

La comunicazione così segue per lo più il percorso assurdo

di un labirinto senza vie d’uscita.


Le modalità comunicative perverse possono, a ben ragione,

essere assimilate al delirio. La contraddizione diviene

paradossale, oppure si intreccia in quella duplice stretta

(double bind) che Gregory Bateson (1956) aveva

evidenziato nelle famiglie schizofreniche e che, in forma

attenuata, si ripropone in certe relazioni di coppia.

La compresenza di due propositi contraddittori rende

impossibile rispondere contemporaneamente ad entrambi.


Il procedimento perverso consiste soprattutto nel porre

’altro in una situazione paradossale per poi poterlo rimproverare

della contraddizione in cui è stato messo. Nel contesto di una

relazione (diciamo così) “normonevrotica”, ogni perplessità

si avvierebbe spontaneamente a risolversi in una negoziazione

che avvicini quanto più possibile al definitivo appianamento.

Nei rapporti con un caratteriale invece prevale la logica

perversa dell’ambiguità, o della psicopatia, se non proprio

della psicosi. Hurni e Stoll, ne

“La haine de l’amour- la perversion du lieu” (1996),

rilevano come la manipolazione della realtà tende effettivamente

a distruggere la “dimensione soggettiva dell’altro”.


L’amore dovrebbe far emergere il meglio da chiunque,

in quanto è la spinta più forte verso l’elevazione morale,

un sostegno che genera benessere e gioia. Il luogo dove

anche una critica formulata con sentimenti positivi risulta

estremamente costruttiva.
“Il vero amore non è soltanto un sentimento positivo,

è anche una forza fantastica per elevarsi, per permettere

al partner di crescere ed evolversi verso il meglio di se stesso”.

Isabelle Nazare-Aga, in “La manipolazione affettiva”,

definisce questo affetto profondo e complesso:

“la volontà di superare se stessi allo scopo di accrescere

la propria evoluzione spirituale o quella di qualcun altro”.

Già nel 1978, M. Scott Peck, in “The Road less Traveled and Beyond”,

aveva definito “il Male come l’esercizio di un potere politico,

cioè come l’imposizione della propria volontà sugli altri con la forza,

in maniera evidente o nascosta, con lo scopo di evitare di

superare se stessi e di incoraggiare l’evoluzione spirituale.

La pigrizia ordinaria è il non-amore, il Male è l’anti-amore…

Esistono veramente persone e istituzioni che rispondono

con l’odio alla bontà e che, per quanto è loro possibile,

distruggono il bene… Poiché l’integrità del loro io malato

è minacciata dalla salute spirituale di coloro che li circondano,

cercheranno, in tutti i modi, di schiacciarla e distruggerla”.


Accidia, invidia, come ”schadenfreude”, e gelosia, sono differenti

gradazioni di sadismo morale. La gelosia rientra in quella

relazione che esclude la presenza di terzi. L’immaturità aspira

ad una fusione totalizzante, destinata a rimanere inesorabilmente

insoddisfatta, perché non permette che il proprio partner

sia ammirato, o persino guardato. L’impulso possessivo si

rivela distruttivo e, dietro il tentativo di dominio, nasconde

“dipendenza” affettiva. Un unico oggetto invade,

in maniera pervasiva, il dipendente che trascura tutti gli altri

aspetti della vita. Potrebbe trattarsi di una “co-dipendenza”

da altri che, a loro volta, sono dipendenti (da alcol o droghe).

E’ forse il caso delle “carmelitane della nevrosi” di René Laforgue.


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