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le porte del tempio di Giano

Post n°97 pubblicato il 18 Settembre 2013 da andrea_firenze
 

le porte del tempio di Giano restano sempre aperte, nazisti bicefali sono ovunque oltre la facciata ed anche i ragazzini si masturbano aggrappati ai loro bizzarri e strani giochi di carne. Inizio e fine si mischiano nelle piccole macine dei nostri cervelli; invisibili teste di fiammiferi si sfregano e danno vita ad un calore incorporeo che ha una memoria più antica della frigidità. La sensibilità riscalda, l'azione sulle cose rende la realtà consustanziale come il corpo di cristo in un'ostia. Un'intelligenza semplice invece inganna, provoca dolore, fa avvertire i rimorsi e ciò che manca. Essere geniali è più facile e più piacevole di quanto lo sia non esserlo, ma se sposti il punto di vista comprendi che si devono avere mani asettiche come i guanti in lattice dei chirurghi in sala operatoria, fronti che non sudano e dita che non tremano; bisogna essere spietati come lupi affamati in mezzo ad una foresta, cristallini per poco, come la neve che si scioglie sotto il sole del mattino. È un dono desiderabile quanto deprecabile se si va oltre la personalità. Là, fuori da noi stessi, ogni cosa è congelata, estenuata dai tubi di alimentazione di una cancrena che non si esaurisce mai. Godiamo nel prolungare le agonie come se non bastassero malattie fisiche, psichiche e morali a farlo: è il riflesso condizionato di avere una ragione, procedere a tentoni provando ad accendere deboli luci nell'oscurità, la stessa che di lì a poco c'inghiottirà. Ogni volta e ancora ho creduto che su questa terra non sarebbe nato più niente, che tutto sarebbe rimasto silenzioso, fangoso e verde; invece ci sono di nuovo girasoli e spighe di grano e tante piccole pesche schiuse come uova che distillano se stesse, e sono assurde, provvisorie e belle come un piumino abbandonato su una strada sterrata, dove i tordi hanno fatto il nido. Guardo sù; ciò che è visibile è una pianta carnivora ed il tempo è una enfiagione che cede sempre di più ma lentamente, un salasso che non si cauterizza mai; e le morti e le guarigioni procedono in circolo e si ripetono invece di passare mentre ciò che siamo stati e abbiamo voluto essere nell'intenzione di un attimo fermenta e si compie solo in pochi pensieri delle vite altrui. E tutto sembra pendere a filo come una porta che ti esclude, come un addio, perchè gli incastri sono uguali ad altri incastri, le vagine ad altre vagine e i bambini autistici somigliano nello sguardo agli avventori di un bar sugli sgabelli delle slot machine. Persone e serrature, fili d'erba e crepe fra le zolle, mani nei manici dei sacchi della spesa, pesciolini rossi in acquari di fortuna: combinazioni, zavorre da mongolfiera come gioghi sulle spalle, isotopi radioattivi incastrati nelle ossa che ci illudono di poter comunicare con gli altri. Ma i geni sono delle pallottole dentro di noi, e la memoria e la conoscenza di ciò che uccide e di ciò che muore ci appartengono per eredità. Siamo pecore, spergiuri ed assassini sempre disposti a tradire. Periamo controvoglia e con paura. La nostra specie è destinata a spegnersi su un binario morto dell'evoluzione perchè in noi anche la generazione e la distruzione sono di secondo livello. Qualche volta ho creduto che qualcuno di noi fosse speciale ma avevo semplicemente dimenticato che non si può prescindere dall'essere uomini. Falsi asceti ed ubriaconi, io sono esattamente come voi. Bevo a non finire per provocare un ascesso ad una chitarra affinché ne fuoriescano spiriti come fosse un emetico per il vomito o un diuretico per indurre la minzione. Una canzone è il segreto di quando sono solo e in lei provo a dire alcune cose perché tutte le altre non riesco ad esprimerle ed i ricordi sono fluidi fra gesti metallici di diverso potenziale e piercing nelle tempie e nella bocca, e l'esistenza si riassume nella tensione dei muscoli sui passi che nessuno sente nei posti che abbiamo condiviso e che, in qualche modo, condividiamo ancora. Continuo a camminare: che strani congegni le ginocchia; sono come la mia piccola macina che ristagna nella calotta cranica e non si ferma mai; si è accorta di me come io di lei. Due gemelli siamesi attaccati per le labbra che si rubano il respiro danno vita alla mia dispnea. Un giorno tutto s'incepperà, un giorno questo fratello forte mi ucciderà.

 
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Commenti al Post:
anonimo.sabino
anonimo.sabino il 19/09/13 alle 08:34 via WEB
Cazzo! ...Eppure, al di là di ciò che scrivi, mi fai pensare che siamo tutti un po' "speciali"...
(Rispondi)
 
 
andrea_firenze
andrea_firenze il 19/09/13 alle 21:26 via WEB
forse solo un po'... :)
(Rispondi)
 
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