Creato da a.simonetti il 23/07/2010

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Il paradiso del buongustaio

Post n°11 pubblicato il 14 Agosto 2010 da a.simonetti

Se c’è un’etichetta che ben si adatta a questa città -e che è uno dei principali motivi di orgoglio dei Paulisti- è quella di capitale gastronomica dell’America Latina. Qui la ristorazione è davvero una cosa seria, tanto che si stima che ci siano più di 12.000 ristoranti, di ogni etnia immaginabile, e  tra questi almeno 5.000 pizzerie. A occhio i ristoranti giapponesi non possono essere molti meno. Una strage quotidiana di salmoni e tonni che finiscono in tavola sotto forma di sushi.

Non a caso le comunità più grandi qui sono quella italiana e giapponese, tanto che la popolazione di discendenza italiana supera in numero gli abitanti di qualsiasi città italiana e i giapponesi sono più numerosi che in qualsiasi città del mondo con l’unica eccezione di Tokyo. Gli italiani ormai si confondono con gli immigrati provenienti da tutti gli altri paesi europei. Invece è difficile non far caso ai gruppi di giapponesi, figli e nipoti degli immigrati originari, che discutono animatamente in portoghese, adottato ormai come lingua madre.

Parlando di cibo una cosa è certa: il paulista adora la pizza, la SUA pizza. Sostiene che la pizza di Sao Paulo sia la migliore del Brasile e quasi certamente la migliore del mondo. Qui effettivamente tutte le pizzerie hanno il forno a legna, usano ingredienti di ottima qualità e i risultati sono davvero ottimi, non si può negare. 

Nonostante ciò, il paulista tende a riconoscere che la pizza sia un’invenzione italiana e per tutta la vita matura l’idea che in Italia la pizza debba essere qualcosa di sensazionale...finché non si presenta l’occasione di andare in Italia e provare personalmente quest’esperienza; lo attende invece una frustrazione cocente e che difficilmente riuscirà ad accettare. La pizza infatti è completamente diversa da quello che si aspetta. Il Brasiliano tende ad apprezzare la pizza quanto più sia carica di ingredienti, soprattutto di formaggio, a tal punto da formare uno spesso strato di (simil-)mozzarella (che qui chiamano mussarela ma che è molto più saporita rispetto alla nostra) che copre ogni cosa. Quando ordina una pizza in Italia, senza magari l’accortezza -che ormai ho adottato anch’io- di chiedere il rinforzo di mozzarella, si vede arrivare un disco di pasta pallida con una pennellata di salsa di pomodoro e con qualche macchia di mozzarella qua e là. Una beffa intollerabile. E bisogna ammettere che anche io tendo talvolta a sentirmi un po’ preso in giro di fronte a certe pizze che potremmo definire minimaliste, in tutto tranne che nel prezzo. 

Non c’è persona tra quelle che ho conosciuto in Brasile e che abbiano viaggiato in Italia, che non mi abbia parlato della sua profonda delusione con la pizza italiana. E’ proprio vero che un eccesso di aspettativa quasi sempre nasconde una delusione, in tutte le cose.

Considerato il carico calorico, non c’è da stupirsi che in Brasile una pizza si divida normalmente tra due persone, eventualmente con un condimento diverso per ogni metà. Nonostante ciò, mi è ancora difficile comprendere come una buona pizza a Sao Paulo possa costare la bellezza di 60 Reais, l’equivalente di 25€ circa!!

Ai brasiliani va riconosciuto però il merito di aver inventato un accessorio che nella sua semplicità è straordinario: il coperchio con i buchi…per tenere calda la pizza, ma senza farla diventare gommosa con il proprio vapore. La pizza infatti viene servita in tavola già tagliata e ognuno si serve una fetta nel proprio piatto, lasciando il resto (al caldo) al centro del tavolo. Ingegnoso, no?

Per chi vuole spendere meno per fortuna c’è il delivery, la consegna a domicilio. In ogni quartiere ci sono decine di piccole pizzerie, costituite da un pizzaiolo, un forno a legna e uno stuolo di “motoqueiros”, ragazzi che, a bordo di scooters dotati di box termico, consegnano pizze ad ogni ora del giorno e  della notte.

A Sao Paulo tutto è “delivery”, dai ristoranti alle panetterie, dalle lavanderie alle farmacie. Un esercito di migliaia di “motoqueiros” che quotidianamente rischia la vita correndo all’impazzata in mezzo al traffico per consegnare ogni tipo di merci nel minor tempo possibile. A volte si ha la sensazione che sia più importante che una pizza o una bistecca arrivi ben calda a destinazione piuttosto che il motociclista torni a casa vivo a fine giornata.

Parlando di cibo i brasiliani hanno inventato un’altra cosa interessante, la formula “rodizio”. Tu ti siedi a tavola e invece di ricevere un menù, ti viene consegnato un cartoncino, verde da un lato e rosso dall’altro, che funziona come un semaforo per far avvicinare o tenere lontano i camerieri, che ininterrottamente girano tra i tavoli offrendo cibo sempre diverso in piccole porzioni.

Il ristorante rodizio più classico è la churrascaria di carne, ma è frequente anche il rodizio di sushi o di pizza e molti altri. Due condizioni indispensabili per organizzare un rodizio sono che il ristorante ovviamente sia relativamente grande e con molti clienti. Ricordo una situazione assolutamente surreale vissuta in Italia anni fa’: in una squallidissima churrascaria in provincia di Alessandria mi trovai ad essere vittima di un esperimento che risultò disastroso e imbarazzante: il rodizio con due clienti in tutto il ristorante!!! Se non ti piaceva una delle carni che venivano servite -non essendoci nessun’altro- inevitabilmente ti veniva ripresentata ogni pochi minuti, una tortura senza scampo. Una situazione alquanto improbabile a Sao Paulo, visto che sembra che non ci sia giorno della settimana in cui i ristoranti non siano pieni, in qualsiasi quartiere. Ho cercato di capire perché qui sia così abituale mangiare fuori casa. In parte è dovuto ancora una volta al traffico; il “paulista medio” è costretto a perdere ogni giorno così tanto tempo per spostarsi tra casa e lavoro e viceversa che spesso finisce per consumare entrambi i pasti al ristorante (o ricorrendo al delivery) per non perdere altro tempo cucinando e facendo la spesa. Ma ovviamente la ragione principale è un'altra: il “paulista medio” è una persona sofisticata a cui piace spendere i suoi soldi per mangiare e bere bene. Inutile dire che questo è ancora più vero per il ceto più benestante.

Infine c’è un ultimo aspetto che serve da incentivo a frequentare ristoranti e bar, e che per qualsiasi europeo è assolutamente sorprendente: il fatto che un gran numero di locali, non solo di lusso, offrano il servizio di “valet”: ovvero una persona ti riceve davanti al locale, prende in consegna la tua auto, la porta via chissà dove e, come per magia, te la riconsegna quando esci. Inevitabilmente le prime volte ci si separa dalla propria auto con una certa ansia e con la preoccupazione di non rivederla più. Ma ci si abitua così velocemente che difficilmente si riesce poi a farne a meno una volta tornati nel vecchio continente.

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