Creato da Angeli.e.Fate10 il 10/11/2010
due mondi che si incontrano....
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Era un esperto micologo, studioso di ogni specie e varietà di fungo esistente, ma forse per la sua età veneranda o per il tipo di vita sregolata che doveva aver condotto in precedenza soffriva atrocemente di dolorosi reumatismi, i quali non erano curabili con la medicina arretrata che era conosciuta nelle zone della Valle Ispida, ma solo calmabili temporaneamente grazie all'uso smodato di analgesici quali oppiacei, droghe e allucinogeni potenti.
Si poteva dire un vero esperto in materia, poiché conosceva gli effetti precisi di qualsiasi tipo di stupefacente poiché sperimentato su egli stesso e non finiva mai di elencare i viaggi allucinanti che si era fatto ogni volta che si era curato il malessere con l'Amanita Muscaria e l'Ululone Palustre.
Era un uomo molto colto ma non per questo tentava di influenzare Stramonio con le sue conoscenze, come avevano tentato di fare tanti altri, reputandolo semplicemente un selvatico e primitivo indigeno, ma si limitava a parlargli senza stancarsi mai delle proprie esperienze, seduto su di uno sgabello tarmato che si portava sempre sottobraccio, fumando una lunga pipa da oppio sulla quale erano intagliate delle figure che somigliavano a volatili, e continuando a parlare... parlare... con quella sua voce stentorea e pacata che sembrava cullare tutto ciò che aveva attorno a sé, ed in cambio delle sue storie fantasiose, frutto di reali esperienze o di sua invenzione, si faceva regalare dal ragazzo qualche pianticella di orchidea per le quali andava particolarmente matto.
Il vecchio Hokkam talvolta narrò anche della giovane Flora delle sue origini nelle zone boscose di Clorian (la terra sempreverde) dove aveva sentito dire che scorrevano un'infinità di fiumiciattoli e torrenti, e dove si pescava una specie di sardina pregiata che era talmente piccola da essere invisibile ad occhio nudo, ma che veniva usata per fare delle zuppe ricche di fosforo capaci di assicurare una salute invidiabile, e a quel punto quando arrivava all'argomento della salute, si interrompeva sbuffava qualche cerchio storto di fumo, e gli si inumidivano gli occhi color petrolio dopodiche storceva la bocca si passava una mano tozza tra i capelli striati e cambiava totalmente argomento.
La vecchiaia e la malattia lo spaventavano a morte, ma soprattutto il rimanere solo lo terrorizzava per questo ogni sera si recava da Stramonio, anche solo per sedersi su quel ridicolo sgabello e rimanere in silenzio, quando non era dell'umore per narrare.
(continua...)
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Come lui, sembrava che riservasse un amore quasi inconcepibile per tutti gli altri verso i vegetali, e la cura che ne aveva rendeva Stramonio così affascinato di fronte a tanto splendore da guardarla senza proferire alcun suono, rimanendo immobile un po' nascosto e un po' allo scoperto... né troppo lontano né vicino, ma come un ombra impassibile che controllava secondo per secondo che quella creatura non fosse frutto di una qualche strana allucinazione!!!
Lei quasi certamente si era accorta di quella curiosa presenza, ma se ne rimaneva muta (forse perché a conoscenza del fatto che lui non sapesse parlare o forse perché anche lei non ne era mai stata in grado) compiendo le azioni abituali, con espressione persa.
Col tempo si ridusse ogni giorno a cercare il volto di lei, scrutando dalla cupola in mezzo a quello dei passanti, senza sapere esattamente il perché di quella ricerca così disperata e ansiosa, cerando di studiarne il comportamento i movimenti il suo modo di interagire con le altre persone, oppure il suo rimanere sempre così instancabilmente sospesa tra il suo mondo fatto di piante e di silenziose attenzioni ai particolari che gli altri grezzamente sembravano non notare in tutte le cose, e quello dei suoi vicini, passeggiando in mezzo a quella folla che non le corrispondeva totalmente, essendone al centro ma senza farne completamente parte ((sempre da sola)) costituita della loro stessa materia eppure comandandola in un modo totalmente diverso...
Di pomeriggio inoltrato, sino alle più tarde ore notturne, invece Stramonio aveva trovato la compagnia eccentrica del dottor Ranfield Hokkam, un tipo con striature di bianco nei capelli folti e ben spazzolati, due paia ampie di baffoni su cui sembrava potersi impigliare qualsiasi cosa, un volto corrugato e pieno di segni come se fosse stato a lungo, per ore ed ore, premuto incessantemente sulla ghiaia, di un colore scuro come la corteccia di certe querce, un grosso naso storto a cui non sfuggiva nulla, e due occhi neri come la pece, ma che talvolta trascolorivano nel ghiaccio più inespressivo.
Somigliava in tutto e per tutto alla gente dell'Esposizione Mondiale, eppure ispirava una fiducia impagabile, e secondo il parere del giovane... puzzava di onestà, umiltà e una marea di vizi dai quali non poteva essere separato...
(continua...)
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Ogni cosa di lei destava sospetti sulla sua effettiva appartenenza a quei popoli così rozzi e del tutto privi di sensibilità, e se Stramonio avesse dovuto in qualche modo classificarla in mezzo a tutti gli esseri viventi che fino ad allora aveva visto, non avrebbe potuto considerarla umana, bensì una pianta... una di quelle stupende ma incredibilmente facili alla sfioritura, deboli, che non resistono all'inverno, talmente fragili al punto da poter sbocciare una volta sola nella vita.
Secondo lui... i capelli avevano il colore ambrato del legno di ciliegio con venature e sfumature di colore tali e quali ad esso.
Gli occhi erano della più densa tonalità di clorofilla pensabile, mentre la pelle della stessa consistenza e cromaticità della carne dei gigli.
Unica eccezione le labbra che spiccavano vermiglie come le corolle dei garofani!!!
Non l'aveva mai vista parlare con nessuno di quelli che lo visitavano stupefatti per il suo solo esistere, o aprir bocca anche se la osservava di lontano continuamente, per strepitare ed emettere suoni strazianti come facevano i suoi compagni, ma solo entrare piuttosto spesso nel suo vivaio di vetro per portarvi delle pianticelle graziose e dagli aromi sconosciuti che di certo aveva importato dalle sue terre ignote, e lui rimaneva in un silenzio commosso, quasi sacrale osservando colpito con quanta grazia quelle dita sottili simili a giovani steli, si adoperassero con insuperabile delicatezza nell'estrarre un tubero dal terreno e pulirlo dalla terra, o affondare nell'humus per assicurarsi la solidità delle radici di alcune grassocce piante di cavolfiore.
(continua...)
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