ricerca sugli embrioni umani

Post n°6 pubblicato il 01 Marzo 2006 da anna999

Ricerca sulle cellule staminali degli embrioni umani : e smettiamola con queste panzane che potrebbe servire per la salute degli individui già sviluppati : ad oggi non esiste il minimo accenno di uno studio avviato che riveli una qualche applicabilità futura, come esplicitamente dichiarato dai rappresentanti di diverse associazioni di disabili e malati cronici, estremamente dubbiosi su queste false promesse ( pardon : non promesse : dichiarazioni di “buone intenzioni” e “possibilità future”).

In Italia questo tipo di sperimentazioni è vietato da meno di due anni ; non così in altri paesi da sempre praticanti con la massima  “liberalità”; ed il massimo risultato raggiunto in questi paesi così avanzati (oltre alla bomba atomica ed altre tecnologie distruttive) è la pecora Dolly! L’Italia non rischia affatto di rimanere indietro nella ricerca : insieme alla Germania è già all’avanguardia nella ricerca sulle cellule staminali degli adulti dove, qui sì, si sono già raggiunti risultati applicabili (ricostruz. di vasi sanguigni compromessi, rischio d’infarto ecc…).

Inoltre la scienza e la ricerca  non possono certo essere ristrette esclusivamente all’uso degli embrioni umani. Perciò, oltre a farsi prendere dalla giusta compassione per un uomo purtroppo malato che però aveva comunque idee sbagliate ( Luca Coscioni), please informarsi un pochino più obiettivamente. Altri ammalati, nonché ricercatori, medici e ginecologi, non tutti fortunatamente valvassori e valvassini di potenti lobby (chissà se ho scritto giusto) non la pensano come lui. Qualche indicazione tanto per partire : www.comitatoscienzaevita.it, www.referendum.mrw.it.

Usare gli embrioni umani non solo non può essere preferenziale nella ricerca scientifica, per la mancanza di reali prospettive di risultato, ma non costituisce neanche un infinitesimale sentierino in più da provare a battere ( chissà, non si sa mai…). Infatti “permettere” questo tipo di ricerca significherebbe sottrarre mezzi a quella che già si è rivelata più fruttuosa. Ma forse è proprio questo lo scopo di alcune lobby che hanno interessi opposti a quello di scoprire rimedi “naturali” per la salute, cioè non brevettabili o vendibili. Oltre al fatto che i fondi per la ricerca non sono certo illimitati; anzi purtroppo sono sempre di meno.

 
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Post N° 5

Post n°5 pubblicato il 01 Marzo 2006 da anna999

Sulla questione della presunta incompatibilità tra la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza e la legge 40 sulla procreazione assistita : chi insiste su questa affermazione, gioca già subdolamente sul fatto che nessuno vuole eliminare quella che è quasi unanimamente considerata una buona legge (la 194) (non certo come la volevano i radicali), per rimettere sempre in discussione la legge sulla procreazione assist. e contrastare i maggiori controlli che anche in questo campo oggi vengono fatti, ovviamente coerentemente con la legge stessa.

Non è in alcun modo sostenibile il minimo contrasto tra le due leggi per ben 2 colossali motivi :

 

  1. Le leggi, che cercano di tutelare di volta in volta i soggetti più deboli nella vita quotidiana di un paese, non devono essere particelle di un’unitaria visione filosofica teoretica, bensì devono intervenire su fenomeni particolari che possono verificarsi in condizioni molto diverse. Cioè, anche trattando lo stesso oggetto (es. la maternità), in ambiti diversi possono verificarsi rischi di abusi molto diversi, possono essere coinvolti terzi in misura assolutamente diversa ed in modo più o meno volontario; ed ancora bisogna considerare le reali possibilità di soluzione o uscita da una situazione prevista o non prevista. Cioè la legge ha una finalità eminentemente pratica, che deve tener conto di come le cose effettivamente si svolgono o potrebbero svolgersi al di là delle motivazioni teoriche generali. Cioè ogni fenomeno che si svolge in condizioni particolari può e deve essere regolato da una legge specifica. Dando per scontato ovviamente che sia giusta e fatte salve ovviamente le basi di diritto della Costituzione.
  2. Anche non volendo riconoscere il punto 1, rimanendo quindi nell’ambito particolare delle due leggi, esse potrebbero addirittura concorrere a formare un’unica legge (per es.sulla maternità difficile), data la coerenza dei princìpi seguiti. Infatti entrambe hanno il primo fine di evitare ogni abuso o strumentalizzazione, da parte di strutture sanitarie o chiunque altro, della situazione di difficoltà in cui versano donna o coppia, prevedendo innanzitutto l’obbligo di una corretta e completa informazione su tutte le vie percorribili. Nessuna delle due leggi considera l’embrione come un grumo, mentre la seconda si spinge un po’ più in là (essendo stato in questo caso il grumo ricercato), considerandolo come un terzo soggetto che deve avere delle tutele; senza con ciò considerarlo ancora pari agli individui adulti o considerare i suoi diritti in contrasto con quelli della madre. Viene seguito in questo caso il principio di precauzione, considerando anche tutta la situazione come ricercata,non necessaria e molto strumentalizzabile da un certo business. L’interruzione di gravidanza lascia invece giustamente solo alla donna la scelta finale, nella più totale autonomia, riconoscendo che il bene del nascituro è strettamente dipendente da quello della madre, non certo disprezzando la vita dell’embrione. In entrambi i casi si cerca di tutelare gli interessi sia della madre che del figlio. Per quanto riguarda la procreaz.assist. si pone l’accento sui diritti dell’embrione, prodotto ad hoc, senza una riconosciuta necessità effettiva, e senza contrapporli ai diritti di una donna, perché in questo caso non si ravvisano diritti della donna che possano venire lesi( per lo meno dall’embrione, (piuttosto che da medici maldestri)), trattandosi di una sua scelta “a priori”( cioè prima che l’embrione abbia  vita). In questo caso non esiste la “donna” come parte in causa ma semplicemente un individuo adulto che aspira a diventare genitore, in una forma fortemente assimilabile a quella maschile; non c’entra qui la tutela della condizione femminile. Per quanto riguarda invece la legge sull’aborto l’accento viene fortemente e giustamente posto  sul riconoscimento della più totale autonomia e libertà della donna, in questo tipo di scelta. Cioè la donna deve giustamente sempre essere l’unica a decidere del suo corpo e per il suo bene : nel caso di aborto, questo è una conseguenza che ricade sull’embrione come parte del corpo della donna e del suo destino. Nel caso di procr.artif. non si può parlare di ricadute, ne’ di embrione parte del corpo della madre, ne’ di “autodeterminazione”, libertà individuale della donna o destini comuni : le operazioni sul corpo dell’embrione sono semplici violenze su un soggetto estraneo che si è voluto far esistere in modo forzato (e che ha comunque già un sesso definito,anche femminile).Qui l’aspirante madre si ritrova ad essere esattamente come un uomo che volesse intervenire sull’embrione da lui generato; perché non anche, allora, dentro il corpo di una donna, piuttosto che in una provetta, se non fa differenza? ( cioè se la discriminante (tra i due casi procr.ass. e grav.indesiderata) non può essere la volontà di difesa dell’integrità del proprio corpo e della propria vita, cioè praticamente il fatto che il concepimento sia avvenuto all’interno o fuori del corpo della madre).                                                                                                                                                                                                     
  3.  

  4. /   Quando riusciremo a ficcarci bene in testa che ognuno può e deve decidere del suo proprio corpo, e non violentare (nè artificialmente né “naturalmente”) quello di alcun altro essere umano, anche se quest’ultimo non ha alcun potere e non ha ancora un prezzo sul mercato, oppure ce l’ha basso ?! E’ questa la base di ogni giustizia. I governi che non riconoscono questo principio non basano le loro leggi sul concetto di giustizia, ma, nel migliore dei casi, su quello di stabilità, o controllo, e “convenienza” sociale. Il controllo delle nascite dei più poveri e il favoreggiamento delle nascite, anche artif. ma assolutamente “regolari”, dei più ricchi sono il metodo più subdolo per mantenere lo status quo delle classi dominanti. /

 

Perciò non esistono punti di contrasto tra le due leggi, ne’ in via teorica ne’ tanto meno per un’applicazione rigorosa. Si cerca semplicemente di evitare ogni abuso sui soggetti più a rischio da qualsiasi parte provenga.

 

Si potrebbe poi invece discutere sul contesto da cui si originerà la “libera scelta” della donna di abortire, dal momento che nessuno di noi è un’isola nel mare. C’è infatti da chiedersi come mai possa venire considerato una tragedia per una donna avere un figlio in una società civile e opulenta come la nostra. In fondo l’aborto è una specie di burka che nascondendo “il peccato” permette alle donne di “girare per strada” (integrazione soc. o famigliare, emancipaz.professionale…). Alle ragazzine viene proposto il modello di una donna seduttiva,trasgressiva e, come suol dirsi e fa molto onore,”sessualmente attiva”. Guai però a volersi tenere un figlio clandestino o anche il frutto di un amore vero senza la tutela di un padre : allora sì che si è proprio puttane e ci si deve vergognare. Più perbenismo ipocrita e borghese di così : cosa ci stanno a fare allora libertà sessuale delle donne, tutela della maternità sul lavoro e servizi sociali assistenziali? Nonché la possibilità di far adottare subito il bambino da una coppia che lo desidera tanto e a cui sono state riconosciute tutte le garanzie offerte. Scorgere un briciolo di femminismo e di reale democrazia nella cultura abortista è davvero difficile. Non a caso, fortunatamente, con l’avanzare dell’emancipazione femminile in Italia, gli aborti stanno naturalmente calando sempre di più. Offrire più informazione e sostegno nei consultori accelererebbe la vivibilità delle libertà della donna in modo visibile(non da solo ovviamente), e proprio non si capisce perché debba essere così osteggiata, anche da parte di alcuni medici, l’offerta di una scelta diversa dall’aborto, con aiuti inclusi, in completo accordo con la legge,e specialmente per le minorenni, cioè i soggetti più inconsapevoli, meno preparati e più socialmente deboli. Subire un aborto, senza una profonda e decisa convinzione, per una ragazzina alla prima gravidanza, significa soccombere ad una violenza brutale ed è il probabile inizio di una vita devastata; molto peggio che sapere di aver messo al mondo un bambino, che può molto volentieri essere accudito da altri, in un momento in cui non si era ancora pronti. Forse sarebbero di più i nonni a vergognarsene…, a volte ingiustamente. Ma tant’è….Se la legge deve servire ancora vecchi tabù, nel rispetto delle vergogne morali più “di clan”, allora non tiriamo in ballo, per favore, libertà, progresso e femminismo!

La cultura abortista, laddove riuscisse ad affermare l’eliminazione di ogni considerazione sulla “negazione” che come minimo l’aborto comporta, toglierebbe alla società le madri migliori, quelle che invece di vedere il figlio come un bene per se’, si farebbero maggiormente carico delle proprie responsabilità e doveri di madre, non sentendosi, magari erroneamente, all’altezza di garantire la felicità al figlio; inoltre la scontatezza di un ricorso all’aborto diffuso vanificherebbe la possibilità della libera scelta ed il giusto ruolo riconosciuto dalla legge solo alla donna in questo caso. Infatti in paesi con un alto tasso di aborti volont.,come in Francia e altrove, di certo non v’è un’emancipazione femminile maggiore e soprattutto diffusa in tutti i ceti sociali. Non basta una donna primo ministro a liberare tutte le donne, come Pakistan insegna.  

  1.  

 
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Pillola abortiva

Post n°4 pubblicato il 01 Marzo 2006 da anna999

E’ sicuramente necessario far riflettere sul fatto che un trattamento farmacologico (pillola abortiva) è sempre potenzialmente più dannoso del piccolo intervento chirurgico, fatto naturalmente a norma e con tutte le garanzie igieniche, e sicuramente non meno doloroso, date anche le possibilità attuali dell’anestesia. Infatti un farmaco che provoca un’interruzione artificiale di gravidanza non può che essere fortemente tossico per poter bloccare in maniera certa un processo naturale che anticamente neanche forti veleni appositi davano garanzia di riuscire a fare. Quindi, pur se tramite la ricerca bilanciato e attutito nei suoi effetti tossici collaterali, per una maggioranza testata di donne giovani e sane, l’intervento del farmaco non può che costituire come minimo un’aggressione fisiologica alle funzioni organiche, producendo in ogni caso conseguenze più pesanti nell’organismo della donna rispetto all’asportazione chirurgica, tra l’altro già molto più collaudata. L’unica facilità d’uso di questa pilloletta consiste semplicemente nel nascondimento di quello che produce, sia ai medici, meno spinti all’obiezione dalla mancata presa di visione del fatto fisico, sia alle donne nelle quali diminuisce la consapevolezza dell’azione che comunque viene effettuata in modo “violento”, anche se farmacologico, nel loro organismo. La pillola abortiva pertanto non riduce ne’ il dolore ne’ tanto meno il danno fisico sul corpo della donna, anzi senz’altro aumentando i rischi di quest’ultimo,in ogni caso sempre. L’unica cosa che rende più facile è l’accettazione puramente psicologica dell’aborto, basandola sull’illusione di assumere un semplice depurativo, piuttosto che un veleno per l’organismo, per quanto controllato, bilanciato, “ricercato”. Ma se questo risponde al desiderio di volersi negare la realtà, non significa forse che ci sono forti dubbi sul proprio reale interesse a procedere con un aborto? La legge non dovrebbe garantire l’azione solo ad avvenuta dissoluzione del dubbio? Tutte le società, antiche e attuali, che si curano molto di eliminare il disagio psicologico e il dissidio interiore degli individui, sono esattamente quelle che propongono le classiche, ben inquadrate e sensate, scelte obbligate. Un’ultima differenza tra i due metodi abortivi : l’asportazione chirurgica non è a scopo di lucro, mentre la diffusione del farmaco abortivo costituisce un guadagno economico per l’azienda che lo produce (anche se pagato dallo Stato).

La diffusione della pillola abortiva costituisce un forte favoreggiamento della cultura abortista perché con l’inganno riduce la consapevolezza di medici e pazienti, remando contro la possibilità della libera scelta, che per definizione necessita della consapevolezza dell’atto che produce, il quale in questo modo viene ad essere falsamente quasi negato; non producendo per contro nessun vero alleggerimento fisico per la donna che intende abortire. Una domanda : questa pillola è la stessa che anni fa veniva fortemente presentata come semplice anticoncezionale, “del giorno dopo”, che semplicemente impediva all’ovulo di “attecchire” nell’utero?

A mio parere esistono perciò in una società democratica le condizioni, se non per un divieto, per lo meno per una forte limitazione nell’uso di un simile metodo abortivo, a difesa della libera scelta vera e della salute di chi deve abortire, laddove non esistano controindicazioni all’intervento chirurgico. In ogni caso dovrebbe essere obbligatoria la spiegazione esplicita e dettagliata degli effetti prodotti nell’organismo da parte di questo farmaco, cosa che in questo momento non sta esattamente avvenendo. 

 
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Chiarimenti sui pacs

Post n°3 pubblicato il 14 Febbraio 2006 da anna999

Per  quanto riguarda il contesto ideologico in cui trova sostegno la proposta dei pacs o unioni civili, è importante sottolineare che tutte le peggiori schifezze che si possono immaginare riguardo alla famiglia tradizionale, di fatto non verrebbero minimamente intaccate dalla proposta di legge sui pacs. La “pesantezza” ed i soprusi nell’ambitop dei legami di sangue, dai reati peggiori alla semplice influenza esasperante, non dipendono dalla “tradizionalità” della famiglia, nel senso che “dovrebbe” essere fondata su un matrimonio che garantisce diritti e doveri dei coniugi tra loro e verso i figli; bensì dalla vigliaccheria e proprio dall’indifferenza (alias “apert.mentale”, ”relativismo” ,  “tolleranza”…) della gente intorno. I soprusi dei  “legami di sangue”, dal più leggero al più pesante, sono per definizione da parte dei genitori sui figli; eventualmente tra fratelli, ma sempre nel momento in cui i genitori non garantiscono equità di trattamento. Cosa c’entrano i pacs con tutto questo? I pacs non toccano i legami di sangue, permettono semplicemente di cominciare a metter su famiglia con qualcuno che non si stima o di cui non ci si fida a sufficienza, magari di un’altra razza, religione o lingua, perché ancora non si è trovato di meglio.

Per esperienza diretta posso affermare che chi scappa da una famiglia pesante, o resta solo col terrore del minimo accenno di legame, o cerca subito di incastrarsi in un’altra famiglia ben tradizionale che faccia da “contrappeso” alla sua di origine.

I pacs servono solo per le questioni patrimoniali; proprio le uniche che per lo più derivano dalle possibilità date dai legami di sangue. In un caso che forse riguarderà una persona su mille, sono d’accordo che chi è stato cacciato con niente dalla sua famiglia dovrebbe poterlo dichiarare e lasciare ad altri i suoi beni nel testamento. Ma questa è una legge che riguarda le eredità. La possibilità assistenza o scelta nei rarissimi casi di “incoscienza” dell’infermo diretto interessato riguarda la legge sui diritti degli ammalati, scelta delle cure ecc…

I pacs si prestano troppo ad abusi; non forniscono una scelta (sentimentale..?) in più, ma la possibilità di fare soprusi in più. Che ci stanno a fare i contratti collettivi sul lavoro, se poi uno invece di pagare una badante, se la sposa coi pacs, contravvenendo a tutti i suoi diritti di lavoratrice? Perché allora non parlare di libera scelta nella contrattazione di qualsiasi rapporto lavorativo? Dove sono i sindacati, a difesa di tutti quanti, per lo più immigrati, finiranno a ricostituire le servitù di un tempo? Proviamo ad andare per esempi pratici : vecchio vedovo o separato, con figli che lavorando nell’azienda di famiglia hanno contribuito alla sua personale ricchezza. Invece di usarla per pagare una badante, la sposa coi pacs; così lei lavora gratis per essere ripagata da una parte di eredità di una vita che spetterebbe e viene tolta ai figli, magari numerosi, più magari altri nati dal concubinaggio. Così vecchio moderatamente ricco, ha sempre fatto vita da padrone, facendo sempre pagare tutto agli altri, per giunta provocando malesseri e odi famigliari.

Questo costituisce una strumentalizzazione della legge? E l’amore di questo vecchio per la sua badante non deve potersi esprimere con una libera scelta legale?

C’è un altro esempio in cui sia dimostrabile che questa legge tuteli davvero i diritti di qualche individuo (figlio, lavoratore, infermo..) laddove non c’è la possibilità di difenderli attraverso qualche legge specifica e perciò molto più chiara e meno “abusabile”?

In alternativa, quali “alleggerimenti” o libertà o possibilità maggiori prevedono le unioni civili, rispetto all’attuale legislazione sul matrimonio? E questo chi andrebbe a favorire? 

 
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Sui pacs o unioni civili

Post n°2 pubblicato il 11 Febbraio 2006 da anna999

NUOVI PACS : quando il riconoscimento dei diritti civili passa attraverso la tutela delle scelte del più forte : ovvero : il contratto, che scarica le responsabilità individuali del più ricco sulla collettività, batte il diritto del singolo.

Hai già dei figli, e forse un legittimo consorte che ti ha aiutato ad avere ciò che hai e che però ora vuole limitare le tue scelte di totale autonomia affettiva e/o di utilizzo esclusivamente personale delle tue ricchezze? Oppure non ti va che alla tua morte si ridistribuisca tra i tuoi fratelli ciò che i tuoi genitori ti hanno permesso di raggiungere? Pas de probleme : basta trovare un poveraccio che è disposto ad “accudirti” (lavorando o prostituendosi o non avendo molto altro di meglio da fare), naturalmente senza paga o riconoscimento oggi, giusto magari un po’ d’accoglienza e mantenimento, extracomunitario o no che sia; ovviamente senza minimamente intaccare le tue risorse, finchè sei in vita!, o rischiare troppo coinvolgimento. Ci penserà poi la collettività (pensioni di reversibilità etc…) ad onorare le tue scelte, togliendo forse a chi ha più diritto.

Chi è in ospedale ha diritto alle visite di chiunque e questo è un diritto dell’individuo che come tale va regolato. Così come si possono anche eventualmente ritoccare le legittime per quanto riguarda le eredità, se questo è più giusto. E chiunque può decidere di convivere con chi gli pare: amici/che per aiutarsi ad alleggerire le difficoltà della vita o per il semplice piacere della compagnia.

Soprattutto esiste comunque sempre la libertà di dare, intestare o cointestare i propri averi con chi ci pare mentre siamo ancora in vita. Ma certo coi pacs si potrebbe persino creare un bel po’ di scompiglio e fare tanti dispetti a parenti eredi anche dopo morti, senza avere avuto il coraggio di farlo in vita.

I nuovi pacs, alla faccia del nome,non interpretano altro che la rinnovata supremazia dei vincoli di dipendenza e del piacere del più forte sui diritti dei singoli, i quali andrebbero tutelati nella loro individualità negli ambiti specifici e non riconosciuti solo attraverso i legami cui devono sottostare.

Infine, se uno non vuole sposarsi,pur potendo,perché mai dovrebbe voler stipulare un altro patto, comunque ispirato al matrimonio di concezione cristiana, senza l’impegno e la coerenza di questo? Si vuole forse che costituisca il primo passo verso nuove forme di bigamia? Accettando i pacs i rapporti umani perdono ogni profondità e solidità, riducendosi a vincoli di convenienza estemporanei e tutt’altro che liberi e gratuiti : perché mai si dovrebbe altrimenti stipulare un patto scritto? Rinnovabile e velocemente ritrattabile (da chi?…entrambi, o solo il più forte…).

Esiste già una gamma più che ampia di opzioni per tutelare gli interessi di qualcuno a cui vogliamo bene, anche se non accettati dalla famiglia di origine, per es. una gran varietà di polizze assicurative e investimenti di tutti i tipi. E di certo non si può imporre il rispetto per alcuna categoria con le leggi (come fortemente e ampiamente dimostrato dalla Storia) ma solo attraverso una maturazione culturale di rispetto per le diversità. Molto meglio sarebbe piuttosto riconoscere esplicitamente, formalmente e civilmente le unioni gay come tali, in modo differenziato, se è solo questo quello a cui si mira : esplicitamente come alternativa, “laica” e legale, esclusivamente per omosessuali dichiarati, al matrimonio,che, per definizione, così come oggi è concepito nella nostra società, coi suoi diritti, doveri e tutele, ha il suo fondamento nella religione cristiana ; mentre in ogni cultura in ogni tempo è sempre stato considerato come l’unione di base per avere dei figli, quindi necessariamente tra uomo e donna.

Ancora, accettare i pacs significa legalizzare lavoro nero, schiavitù e prostituzione, ovviando socialmente a tante situazioni di disoccupazione e clandestinità, attraverso rapporti legali di serie B. Non sarebbe molto meglio e meno ipocrita allora snellire e razionalizzare i rapporti lavorativi di serie A, per garantire maggiore dignità e uguaglianza per tutti? Passi per una certa Destra non cattolica, liberalista e insieme tradizionalista e razzista, ma che sia proprio la Sinistra a sostenere i pacs contemporaneamente contestando  ogni nuovo taglio di spesa pubblica anche inefficiente è veramente il colmo dell’ipocrisia.

I pacs sono senza dubbio un passo indietro nella civiltà della democrazia e dirigono verso un rinnovato sistema di caste sociali e discriminazioni; per chi vuole “mantenere le distanze”.

Perché fa dipendere i diritti dei singoli dall’accettazione di nuovi patti : i diritti degli individui ricominciano ad essere sorpassati da quelli della “coppia”.

 

 E con ogni probabilità costituiranno almeno 2 passi indietro sulla strada dell’emancipazione femminile. Invece di badanti, lavoratrici indipendenti o libere amanti torneremo ad avere le povere servette tuttofare senza paga e anche un po’ concubine, ma stavolta “legalizzate”. E chi potrà ambire al ruolo di moglie , a tempo indeterminato, dovrà considerarsi fortunata ( o vincitrice di una rinnovata ma antichissima e squallida competizione tra donne…?). Il peggioramento delle condizioni di vita di qualcuna sarà l’inizio del peggioramento per tutte ad effetto domino. Tra la disoccupazione, la crisi economica, nuovi ricatti e la concorrenza spietata di altre, naturalmente sempre più disponibili, diventerà davvero dura la vita per le donne che aspireranno a ruoli sociali e amori dignitosi. Anche perché ora non c’è più alcuna vecchia morale a proteggerle. Ma sarà solo questione di “libera scelta”.

 
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