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« Messaggio #45Messaggio #47 »

Post N° 46

Post n°46 pubblicato il 12 Maggio 2008 da anonimalamente

Ancora giorno

 

Capitolo diciottesimo

 

Lei non capiva perché ridevamo e noi concepimmo tutti assieme che non si era vista allo specchio.

-         Carichetta.- Le dissi. - Ti chiamerò così d’ora in poi.

-         No basta cariche, ma cosa avete fatto alle facce?

-         Niente stavamo scherzando.

-         Però una carichetta noi la facciamo. Dio….

-         Io ci sto.

-         Anch’io.

-        

-         No. Io vi ho detto basta.

-         Avete sentito la risposta della Valeria?- Domandai.

-         Non la faccio.- Disse lei in modo titubante.

-         Dai se la fa l’Elisa la fai anche tu.- Proposi.

-         Dai Elisa la faccio anch’io che non mi prende bene. Dio ….

-         Ma sei fuori?

-         Dai così facciamo fumare la Valeria.

-         Ma sei fuori? Elisa non farlo.- Cercò di dissuaderla.

-         Dai. Che la fa.- Caricai la pipa e gliela porsi.

-         E’ grande.- Disse prendendo in mano la pipa.

-         E’ piccola, è piccola. Non ti preoccupare.

-         Non farla ti prego.

-         Falla.

-         Falla

La fece e sulle prime reagì bene. Presi e ne preparai una per la Valeria, facendola piccolina e le spiegammo come fare. Fumò e si sentii subito male.

Noi ridevamo come matti. L’Elisa accompagnò fuori la sua amica, noi ci guardammo e alzammo le spalle. Fumammo tutti un giro e quando stavamo per iniziare il secondo entrò la Valeria che portava dentro l’Elisa che aveva vomitato e non il contrario. Noi ridemmo ancora di più dicendo sotto voce “Carichetta”, loro si guardarono e andarono a letto.

-         Che ridere.

-         Ma tu ti rendi conto l’Elisa.

-         Vuoi dire Carichetta.

-         Caricchetta. Dio…

-         E’ tre giorni che la sbombardiamo.

-         Mi fa troppo ridere.

-         Cioè si sveglia e non da una dormita, ma da un collasso, avuto da cosa? Da una carica e tu gliene fai fare un’altra. Alle ore sei e meno un quarto.

-         Dio…. Sono le sei meno un quarto?

-         Sei meno un quarto.

-         Oh oh, che campioncina.

-         Oh no. Ragazzi...

-         Cos’è successo?

-         Che ora è?

-         Le fottute sei meno uno stracazzo di quarto. Allora?

-         Dovevo essere a casa per l’una, l’avevo promesso a mia mamma. Mi sgriderà.

-         Che coglione che sei.

-         Tu scherzi. Lascia stare.

-         Comunque a parte tutto, vado a scrivere ai miei che sono arrivato e quando torno. Voi?

-         Io mi sono dimenticato di dirgli che andavo via. Dio….

-         Ma sei fuori?

-         Scherzo. Scherzo. Uffa.

-         Prendiamo i cellulari e vediamo se ci sono arrivati messaggi, prende appena fuori dal paese. Ci fumiamo una canna, ci tracanniamo una birra e andiamo a letto.

-         Ok. Gira la canna.

-         Non ciò voglia.

-         Allora niente.

-         Ok. Ok. La giro io.

La feci in tempo zero e uscimmo mettendoci i primi giubbotti che trovammo. Io avevo quello di Carlo che praticamente arrivava fino a terra. Mentre Chicco prese quello dell’Elisa che gli arrivava appena all’ombelico e doveva tenerlo aperto perché se no si sarebbero strappate le maniche.

-         Mi sento tanto fashion. Dio….

Raggiungemmo la strada fuori dal paese dove erano posteggiate le macchine e ci sedemmo su un muretto. Tutti accesero i cellulari e stappammo la birra.

La canna, la birra e la concentrazione da mettere per scrivere un paio di messaggi mi esaurì la forza celebrale. Il sole si alzò lentamente e fu molto bello. Luce ce n’era da un paio d’ore, ma ora vedevamo la nostra stella. Ero contento. Pensai: “Ecco qua, vista un’altra alba. Ancora giorno” “Ancora giorno”.

Finimmo le birre, la canna, i messaggi da spedire e soprattutto le forze. Ce ne tornammo a casa andando come schegge a letto senza passare neanche per il via.

Mi coricai e presi sonno in un nanosecondo.

 
 
 
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