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"PIU' DEL CLAMORE DEGLI INGIUSTI TEMO IL SILENZIO DEGLI ONESTI"

 

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RICORDI IN FORMA DI LETTERA

Post n°423 pubblicato il 20 Aprile 2007 da bargalla

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Ogni volta che parto, evenienza sempre più rara, non vedo l'ora di ritornare e dopo tre giorni trascorsi in una grande città del nord per partecipare ad uno di quei noiosissimi corsi di cosiddetto "aggiornamento" la cui frequenza obbligatoria stabilita per legge consente di ottenere un certo numero di crediti formativi, una specie di raccolta punti, per vincere chissà che cosa; ebbene, dopo tre giorni passati a fingere un interesse di circostanza, è stato veramente bello ritornare a sud del sud, lasciandosi dietro il caos di una metropoli nella quale pur avendo abitato per quasi sette anni, non riuscirei più a stare neanche un minuto in più del consentito.

Un'esperienza sempre nuova il ritorno in quest'angolo di mondo che mi fa ancor più apprezzare la decisione presa anni or sono, quando scelsi di abitare in campagna, a due passi dal mare; una scelta dettata non solo da esigenze personali, ma dal desiderio di trovare un po' di quiete e di tranquillità, dopo un periodo della mia vita negativamente condizionato dalla rottura di un legame sentimentale che mi ha lasciato con le ossa più che rotte. La voglia di solitudine ha avuto il sopravvento su ogni altra pulsione interiore, questo mio rinchiudermi in me stesso non so fino a che punto abbia potuto giovarmi, ma è quello che volevo soprattutto per cercare di dimenticare lei, la mia Nadia.
A distanza di tempo la cosa si è rivelata una pia illusione, perché continuo a pensarla con l'intensità di sempre e nemmeno il fatto di saperla sposa e madre, spero più felice di quanto avrebbe potuto essere se solo fosse rimasta con me, è tale da farmela sentire estranea.
Mi consola, però l'idea di "vederla" in una di quelle piccole, mille luci lontane che di sera accendono un orizzonte nel quale inevitabilmente il mio sguardo indugia cercando di indovinare quale fra quelle mille luci possa indicarmi un cuore che ora batte per un altro. Per ironia della sorte, è andata ad abitare in uno di quei paesini posti uno accanto all'altro che si profilano all'orizzonte, ed è come se l'avessi sempre di fronte, impossibile non pensarla, impossibile non "vederla" anche perché da una parte c'è lei, il suo paesino, e dall'altra il mare.
Non posso guardare il mare senza "vedere" i suoi occhi di mare e di cielo e "sentire" l'intensità del suo sguardo posarsi su di me, senza avvertire la presenza di una grande assenza.  
Rimango assorto nei miei pensieri e chiudo gli occhi per vederti meglio, rivivo ogni momento del nostro stare insieme come se fosse l'ultima volta che mi è dato di farlo e ti rivedo, cara Nadia, mentre scivoli via seguendo in dissolvenza le sequenze di un addio mai pronunciato che si confonde col dissidio e l'incomprensione del mai detto, un addio soffocato nel pianto e nella tensione lacerante di un grande amore spento e rubato da un ladro che amico pensavo, lasciando bruciare una passione alimentata dalla follia di non saperti più mia. Ho visto la passione ebbra di noi e del nostro stare insieme, l'ansia e la frenesia, la felicità e l'allegria, i progetti per l'avvenire che non c'è stato, la sensualità coinvolgente, la complicità degli amanti, le notti insonni in treno su e giù per l'Italia e i giorni trascorsi lavorando lontano da casa aspettando il momento di poterti riabbracciare.
Tormentato dal ricordo di un sogno che continuo a rivivere, estraniandomi quasi del tutto dalla meschinità di un'opprimente realtà, ritorno con la malinconia della mia "singletudine" nei luoghi che conservano intatta la memoria della nostra felicità perduta e raccolgo i frammenti di un amore sparsi in ogni dove da un Destino crudele quanto mai, per ricomporre il mosaico di un Amore che è lontano dall'essere un semplice, nostalgico, pietoso rimembrare.
Risulta consolante, a volte doloroso, ritornare non solo con la memoria sui passi perduti, ma è il pegno che volentieri pago, cara Nadia, per rivivere situazioni e stati d'animo cristallizzati nell'anima e nella mente, un percorso che parte dal cuore e si snoda lungo giorni rimasti in balia di un vento impetuoso che ancora soffia portandomi l'inebriante profumo di stagioni passate "all'ombra di fanciulle in fiore".
Sarei certo poco originale se dicessi che nella mia personale "proustiana" ricerca del tempo irrimediabilmente perduto, manca del tutto una di quelle fanciulle, la più importante, la cui assenza condiziona per chissà quale orrendo maleficio la mia vita vissuta senza il Bene più grande.  
Ogni tanto incontro qualche amica del tempo passato, dopo i convenevoli di rito si sprecano i "perché non ti sei sposato" come se non sapessero della mia passione per quella ninfa che ora è solo musa ispiratrice di versi e di post come questo che ogni tanto qualcuno legge, più per benevolenza o curiosità, che per vero interesse.
Patetico il mio tentativo di aggrapparmi al passato per rendere meno opprimente un presente nel quale sopravvivo facendo finta che tutto procede per il meglio, eppure è quello che mi riesce meglio, la malinconia che ne deriva è tanta, la mia solitudine ha bisogno di questi momenti per crescere e io assecondo volentieri l'intima bulimia di un tormento che si nutre di ricordi scorrendo pagine fitte di inchiostro nero e blu.
Sfoglio diari di giorni lontani, il fruscio di pagine ingiallite ridesta il ricordo incancellabile di un passato che sembra voglia continuare invece a dormire per nutrirsi di un sonno nel quale l'unico sogno resti sempre tu, rimpianto e tormento di giorni che stento a credere di aver vissuto con te accanto e ora che tutto ci separa, mi conforta solo il pensiero di sentirti a me vicina, speranza e illusione insieme, che si nasconde e si rivela in quell'orizzonte nel quale più mi avvicino e più si allontana portandosi via i tuoi occhi di mare e di cielo per lasciarmi ancora più solo nel buio della mia notte.
Fra tanti diari, ne manca uno, l'ultimo, quello la cui lettura poteva essere per me ancor più angosciante, è ormai cenere, le tracce di un abbandono sono tutte qui, custodite nello scrigno di un cuore che ha salvato solo le foglie secche e i petali appassiti di una rosa che mi ha lasciato solo le spine.
Ringrazio ugualmente il Cielo perché con quelle spine ho imparato ad apprezzare le piccole gioie quotidiane, a non dare per scontato l'alba e il tramonto di ogni nuovo giorno, ad affidare al mare e al vento il rimpianto per quello che poteva essere e non è stato, a sentire l'erba che cresce, a stupirmi dinanzi ad un umile fiore di campo che sboccia sapendo che mai nessuno coglierà, a meravigliarmi dinanzi al miracolo della vita che in ogni momento Madre Natura compie e rinnova con un atto di Amore supremo, a vedere nel cielo e nel mare gli occhi di chi non potrò mai più dimenticare. 

 
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