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"PIU' DEL CLAMORE DEGLI INGIUSTI TEMO IL SILENZIO DEGLI ONESTI"

 

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« L'ULTIMA DEL CAVALIERE VOLANTEALTRO CHE APOSTASIA! »

FUORI STAGIONE

Post n°412 pubblicato il 22 Marzo 2007 da bargalla

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Soffia gelido il vento di tramontana, il mare lontano s'increspa di bianco e all'orizzonte si staglia nitido il profilo dell'Appennino, le vette più alte sono spruzzate di bianco, da quelle parti ieri ha nevicato.
L'ultima neve di un'incipiente primavera o di un inverno che non c'è stato, intanto, per il calendario, l'equinozio è già passato e da domani i giorni riprenderanno a crescere verso un altro solstizio, uno dei tanti vissuti a metà, aspettando stagioni che ho visto svanire fra le pagine di un diario incenerito dall'illusione più grande: l'aver perduto per sempre un cuore che ora batte per altri.
Non provo risentimento verso chi ha giocato con i sentimenti e ha vinto, così doveva essere e così è stato, resta l'amarezza e il vuoto incolmabile di un'assenza che malinconicamente mi accompagna come un'ombra.
Seguo fin che posso con lo sguardo la catena montuosa che al tramonto dolcemente sfuma e si scolora inseguendo il sole che muore e rinasce di là del mare.
Da bambino fantasticavo di mondi lontani, sognavo di attraversare quel braccio di mare per scalare le vette innevate di quelle montagne che di rado si offrono alla vista e da lì guardare ancora più lontano per scoprire un altro orizzonte.
  
Nei giorni di chiaro salgo sul tetto del mio piccolo mondo antico e affido al vento il ricordo di quel tempo lontano. Mi rivedo, mentre scruto con un binocolo l'Appennino e quella candida cima dalla quale partivo per volare con la fantasia oltre i monti e verso il mare nel quale ora mi precipita il disincanto di un'età che non consente più voli pindarici.
 
Ogni tanto cado nella trappola ordita dai ricordi, se mi fermo a pensare sono fregato, ma ugualmente mi lascio andare forse perché ammaliato dai colori della terra e del cielo che al tramonto di un giorno come tanti si sciolgono mesti nel mare come in certi acquerelli nei quali anche il pensiero si liquefa per assumere i contorni di un'ombra o di un'idea ai quali solo l'immaginazione saprebbe attribuire un nome.
Fa freddo e il vento gelido sorprende le zolle appena smosse dal vomere, le vigne gemmate, i fiori di campo che nessuno coglie, semplici, umili eppure bellissimi; c'è odore d'erba falciata di fresco, le foglie d'ulivo scintillano d'argento, annunciano che se il vento si placa forse pioverà.  
I petali dei fiori di pesco si staccano e cadono lievi, sembra che nevichi, se tendo l'orecchio potrei anche sentirne il rumore, recano l'eco dei fiocchi di neve caduti sui monti oltre il mare, portano un po' d'inverno e la magia di favole antiche che nessuno più racconta vicino al camino nella penombra della sera.
E' il vento del pane che prega dentro forni di pietra e mi porta il profumo del grano, il frutto del lavoro di mani nodose che, come certi tronchi d'ulivo secolari, affondano nella rossa, arida terra per ricavarne prezioso nutrimento. E' il vento che sibila appena fra le rughe di un muretto a secco e scuote appena il capelvenere d'umidore pregno, umbratile più d'ogni altra pianta, cresce avvinghiato com'è alla pietra muschiata, senza nulla chiedere se non un po' di rugiada e di ombra.

Il silenzio scende improvviso con la sera, il vento si placa e cristallizza un immaginario che non mi appartiene o, perlomeno, vorrei che così fosse, essendo succube di un atavico desiderio di evitare, rimuovere ed esorcizzare i fantasmi di ieri, le incertezze, le illusioni e le ansie di oggi.
Un radicato sentimento di rassegnato fatalismo mi porta ormai a diffidare di tutto, la delusione è veramente grande, la fine e il sovvenire di altri convincimenti e ora anche la Politica, con i suoi drammi piccoli e grandi, ridotta al rango di mezzana per squalificare un Paese che è stato la Patria del Diritto.
La tecnica della politica, nel senso più nobile dell'etimo greco, sembra risentire di un profondo disagio che di fatto ne ha compromesso il ruolo nobilmente sociale, democratico, cancellando l'animo per così dire solidaristico, in luogo del quale abbondano invece le oligarchie, gli utilitarismi, le relazioni adulterine imposte da pericolose logiche di potere sempre più feroci, elitarie e inumane.

Per creare la falsa pace, si predica la violenza della guerra planetaria e preventiva: "Si vis pacem, para bellum" Se vuoi la pace prepara la guerra; il perenne disagio delle coscienze è diventato scuola di letargo morale e abbrutimento sociale, con la benedizione di stati, di chiese e religioni l'homo homini lupus ha la meglio sull'homo homini deus.
Come non pensare stasera al ruolo svolto da Gino Strada, alla sua mediazione, per salvare la vita di un uomo e di un amico, alla meritoria funzione di Emergency che cura le ferite di mille guerre inferte a interi popoli dei quali perfino Dio sembra essersi scordato, come non pensare alle polemiche pretestuose, infami e ingenerose che in queste ore stanno investendo il suo operato.
Plinio, nella sua Naturalis historia, scrive: "divino è per il mortale aiutare l'altro mortale, e questa è la via per la gloria eterna".
L'irritazione di qualcuno che ha scelto di mettere "God" sul proprio biglietto verde per l'inferno del pianeta, il becero sarcasmo di un "emerito" senatore a vita, le proteste di una destra italiota, tutta "dio, patria e famiglia" preoccupati di aver perso "credibilità internazionale" (e la dignità?) qui arrivano attutiti dal rantolo che si spegne nella gola sgozzata di un uomo al quale la feroce bestialità di altri uomini ha tolto la vita, uno dei tanti che ogni giorno crepano alimentando odi interreligiosi e vendette tribali di portata planetaria.
Mi chiedo chi e perché ha deciso che la vita di un americano o di un italiano debba valere di più della vita di un afgano o di un iracheno, mi domando perché ci debba essere qualcuno che si arroga il diritto di decidere se si debba trattare o no per salvare una vita umana.
In un regime a sovranità limitata, in cui l'affidabilità della classe dirigente si misura sulla base della fedeltà atlantica e dell'intangibilità del regime concordatario, bisogna avere la dignità e la forza di affermare il proprio diritto all'autodeterminazione senza il preventivo beneplacito ora dello zio sam ora del papa re.
Al foro boario delle coscienze c'è ormai la svendita totale dei veri valori non negoziabili, lo scontro di civiltà è ormai in atto con buona pace di un occidente che si dice cristiano e cattolico, coloro che spacciano per "veri" ben altri "valori" inflazionati dal relativismo ratzingheriano e dall'ipocrisia dominante, assistono compiaciuti alla quotidiana barbarie. Convinti come sono di essere nel giusto, non provano neanche a comprendere le ragioni degli uni e i torti degli altri e, insieme, decidere di confrontarsi pacificamente per cercare di giungere ad una soluzione che non passi per la via delle armi.  

 
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Commenti al Post:
ossimora
ossimora il 23/03/07 alle 00:44 via WEB
Stupenda foto pastello.Buonanotte A
(Rispondi)
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