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"PIU' DEL CLAMORE DEGLI INGIUSTI TEMO IL SILENZIO DEGLI ONESTI"

 

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« UN DESIDERIO, UNA RIFLESSIONERICORDI IN FORMA DI LETTERA »

LA COMPLICITA' DI POCHI E L'INERZIA DI TANTI

Post n°422 pubblicato il 15 Aprile 2007 da bargalla

      immagine

Si moltiplicano a vista d'occhio e di spray le scritte e gli slogan contro il generale di corpo d'armata angelo bagnasco, capo di stato maggiore della chiesa italo-vaticana e dei suoi chiacchierati maggiorenti in permanente odore di sulfurea e farisaica ipocrisia.
Non essendo personalmente uno di quelli ai quali dà fastidio leggere: "bagnasco vergogna" et similia, mi compiaccio in cuor mio con gli anonimi estensori del murale e dilagante irridente dileggio; dissento, com'è ovvio, dai sodali di papi, vescovi, preti e cardinali, gli uni agli altri uniti per quell'immondo vincolo di farisaica improntitudine e di vicendevole complice sussistenza che li porta tutti insieme ad essere proni e pronti a genuflettersi servilmente dinanzi al clericalume imperante.
Invece di esprimere solidarietà alle vittime degli abusi sessuali perpetrati dai preti pedofili e pederasti, omertosamente coperti in nome della "cristiana misericordia" dai gerarchi cattolici, i clericali e i settari delle più diverse e trasversali denominazioni, veri "apostati della Ragione naturale" (come da definizione del grande Thomas Hobbes) manifestano la propria sentita vicinanza ai carnefici, per i quali, in assenza dell'umana, omissiva giustizia, c'è solo da sperare aspettando quella, terribile e inappellabile, del Buon Dio.
D'altronde il fariseume parlamentare, i fondamentalisti catto-cristianisti e i baciapile bigotti e opusdeisti, per costituzione e partito preso non possono esimersi dal baciare proclivi una pantofola che, quando non trova la dantesca piota, volentieri ripiegano altrove esibendosi nel più frequente, e per loro sommamente gratificante, leccalulismo di maniera.
Per quel senso di naturale soddisfazione derivatami dall'essere un ex seminarista che in tempi non sospetti, quando ancora in pratica era un azzardo ribellarsi alla presbitera podestà senza pagare con l'ostracismo umano e professionale l'onta della lesa maestà, lesa nel vero senso della parola, stante la divina potenza con la quale sferrai un calcio nelle invereconde pudende di un prete-lupo vestito da agnello, non giustifico, ma comprendo il tenore minaccioso di certe scritte lapidarie.
Pertanto, guardo e leggo compiaciuto i vari servizi che i tiggì e i quotidiani dedicano al risorgente illuminismo anticlericale, seppure inficiato da una cruda volgarità espressiva che trova comunque la sua ragion d'essere nel clima volutamente esasperato e inquinato da un'ingerenza clericale che ultimamente ha debordato invadendo un tempio nel quale la sacra laicità dello Stato viene proditoriamente profanata dall'interventismo clericale. Un chiaro, evidente tentativo della chiesa vaticana, di sovvertire con i suoi diktat moralistegginati, con i suoi non possumus dogmatici, l'Etica e l'ordinamento di uno Stato, nel quale la chiesa cattolica, per quanto maggioritaria è, né più né meno, una confessione religiosa, come tutte le altre, da ricacciare nell'alveo di una fede e di un credo da professare senza pretendere di assoggettare a suon di precetti chi aborre con tutto il cuore, l'anima e la mente, la libido clericandi. 
 
Oltre al succitato bagnasco, e all'imam ruini, il cardinale che ama collezionare soldatini in miniatura, uno dei più suffragati dagli "intolleranti slogan" allo spray anticlericale è naturalmente herr ratzinger, il quale domani festeggerà il suo ottantesimo genetliaco e come un tempo usava fare il papa re, anche lui ha già deliberato che ai suoi sudditi, i dipendenti della Città del Vaticano, sia concessa, insieme alla sua paterna benedizione, una prebenda, una congrua cifra in denaro a mò di gratifica per la servile sollecitudine con la quale attendono al loro servizio. Non è dato sapere l'entità della cifra, fonti solitamente bene informate la riconducono ad euro 500 cadauno, ma anche se fosse notevolmente più bassa, c'è sempre un motivo in più per biasimare la decisione di privilegiare con un surplus pecuniario, certo degno di miglior causa, i sudditi, non c'è altro modo per chiamare gli abitanti di una monarchia teocratica e assolutista, ai quali il "porto franco" vaticano già concede vantaggi e benefit vari.
Sempre domani, preceduto e accompagnato da un battage pubblicitario in grande stile, uscirà "Gesù di Nazaret" la sua ultima fatica letteraria "una personale ricerca del volto di Cristo" giusto per usare le sue parole e mi chiedo se quel volto alla fine l'abbia davvero trovato. Impegnato com'è nel cancellare la teologia della liberazione, dubito fortemente che possa ancora dire come il salmista
"Il tuo volto, Signore, io cerco".
L'autore, bontà sua, si è premurato di rassicurare subito i suoi lettori, dicendosi disponibile ad accettare le eventuali critiche ed osservazioni che la lettura del libro comporterà e questo perché, il libro "non è in alcun modo un atto magisteriale...perciò ognuno è libero di contraddirmi...in quanto non vincola all'infallibilità pontificia, non trattandosi di un testo inserito nel magistero papale né in atti ufficiali del mandato petrino".
L'infallibilità papale, altro dogma, il penultimo in ordine di tempo, per capire il quale bisognerebbe ritornare al 1870 al Concilio Vaticano I, e al papa che lo promulgò, quel Pio IX autore del famigerato Syllabus, un concentrato liberticida di ottanta articoli che divenne l'emblema della "infallibile" condanna di tutte le libertà conquistate dalle società europee post-rinascimentali e delle teorie filosofiche e scientifiche che l'avevano ispirate: dal socialismo al liberalismo, dal positivismo allo scientismo, dall'affermazione dei regimi costituzionali all'emancipazione delle donne, dalla libertà di stampa alla diffusione dell'istruzione.
 
Tutti evidentissimi "errori" che l'infallibilità papale riconobbe come tali, perché inficiavano in primo luogo e in tutta evidenza, il suo potere temporale,  trovando, per esempio, nel 55 esimo error condannato dal Syllabus,  un motivo che in questo periodo ritorna puntuale ad eccitare le "certezze" clericali.
Il cavouriano "Libera chiesa in libero Stato" per Pio IX, fresco detronizzato, è un obbrobrio da emendare, per ristabilire il "diritto naturale" della chiesa a fregare Cesare nel nome di Dio, il quale, invece per bocca del loro Maestro, ha consigliato com'è noto, di mantenere distinte e distanti le due Entità. 
 
Per tornare alle scritte intimidatorie, c'è da ricordare che la più pregnante e lapidaria è quella che richiama la gerarchia ecclesiastica alle sue responsabilità in tema di pedofilia, un male endemico che affligge il clero cattolico, se è vero, com'è vero, che l'attuale papa, quand'era prefetto dell'ex sant'uffizio, già santa inquisizione, si peritò di applicare un documento di ben 60 pagine, rimasto segreto per oltre quarant'anni, meglio noto come Crimen Sollicitationis, in base al quale ai preti pedofili, colpevoli della più turpe delle nefandezze, veniva assicurata una sorta di omertosa copertura derivante dall'applicazione del segreto confessionale.  Invece di essere denunciati all'Autorità competente, quei figli di puttana venivano trasferiti presso un'altra parrocchia, liberi di continuare ad essere lupi in mezzo agli agnelli.
Per completare il quadro di siffatta, farisaica impudicizia e commendevole complicità documentale, ecco arrivare una specie di circolare esplicativa del suddetto documento, un'epistola di pagine sei, datata 18 maggio 2001, la De delictis gravioribus recante la firma del solito herr ratzinger e del suo segretario di allora, il signor tarcisio bertone, attuale segretario di stato. Dato che i panni sporchi devono essere lavati in famiglia, l'epistola citata impone il segreto pontificio, il più rigido della chiesa cattolica, dopo quello del sacramento della confessione, per i reati più gravi "nella celebrazione dei sacramenti e contro la morale". In particolare si cita il peccato "contro il sesto comandamento" confessato
"nell'atto o in occasione della confessione quando è finalizzato a peccare con il confessore stesso".
Per salvaguardare i diritti (sic) dei preti accusati di abusi sessuali su minori, fingendo di accontentare anche chi vorrebbe una maggiore rapidità nella soluzione di questi casi, la santa inquisizione di ratzinger si ergeva ad autorità giuridica esclusiva nella trattazione dei dossier segreti, stabilendo che "i vescovi (già vincolati dal segreto) nei casi di verosimili reati di abusi sessuali verso minori da parte di sacerdoti, dovranno fare rapporto alla congregazione che, a sua volta deciderà se lasciare la gestione del caso ad un tribunale ecclesiastico locale o se avocarla a Roma.
Scrive oggi Augias su "la Repubblica" rispondendo ad una lettera che cita un recentissimo fatto di cronaca nel quale è coinvolto un prete fiorentino che per 14 anni ha approfittato di alcune ragazze nel silenzio quasi complice di preti, vescovi e cardinali:
"...E' una disposizione che contrasta palesemente con il codice penale, ma più ancora con lo spirito che dovrebbe improntare ogni comunità. Il parroco lussurioso di Firenze ha potuto continuare per anni ad "operare" perché una disposizione assurda ne ha coperto i misfatti. Con quale animo Bagnasco, ora capo dei vescovi italiani può dire che i Dico portano alla "pedofilia e all'incesto" essendo certamente a conoscenza di disposizioni come queste, degne del Medio Evo?".
Una considerazione da sottoscrivere insieme all'appello lanciato l'altro giorno dallo storico Angelo D'Orsi che su "Liberazione" invita ad alzare "una barricata laica e laicista" per "respingere i pasdaran del papa". D'Orsi giudica fra l'altro "bizzarro e anche preoccupante che una scritta...all'insegna di un anticlericalismo ingenuo, pure volgare, magari un po' stantio contro Ratzinger o contro i suoi mastini, da Bagnasco a Ruini, generi un immediato bisogno, da parte di governati e amministratori di inviare telegrammi di solidarietà con parole alte e roboanti" con la presunzione di "interpretare i sentimenti di tutti gli italiani...E se gli italiani - si chiede D'Orsi - invece covassero un crescente fastidio per l'invadenza vaticana?...Non si tratta di puntare l'indice accusatore sul papa, davanti alle troppe nefandezze che in un modo o nell'altro riconducono all'occhiuta, censoria politica della chiesa; si tratta invece di difendere con il nostro lavoro...la laicità. E non si replichi che questa è cosa buona, mentre il laicismo sarebbe cosa cattiva. Sono la stessa cosa, esprimono gli identici valori, danno voce alla medesima esigenza: tutelare la libera scelta degli individui, assicurare a tutti e in particolare alle fasce deboli, le garanzie del sostegno dello Stato; eliminare nel segno dell'uguaglianza, le differenze tra persone in base al genere, ai ruoli, alle opzioni religiose. In una sola parola il laicismo, idea e pratica della laicità, che in filosofia è la difesa del primato del principio della Ragione libera contro il principio di autorità; in politica è, innanzi tutto, la rivendicazione della sovranità della politica fondata sulle scelte, contro la politica fondata sulle appartenenze e le fedeltà. In tal senso nella Nazione sul cui territorio sorge quell'anacronistico residuo di stato pontificio, il laicismo è una trincea in pericolo, quasi una linea Maginot apparentemente imprendibile, ma di fatto aggirabile grazie alla complicità di pochi e all'inerzia di tanti."

 
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