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"PIU' DEL CLAMORE DEGLI INGIUSTI TEMO IL SILENZIO DEGLI ONESTI"

 

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UN PARTITO TIRA L'ALTRO

Post n°424 pubblicato il 24 Aprile 2007 da bargalla

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Leggo che dall'Unione morganatica di due partiti, stia per nascerne un altro, fin qui niente di strano, il connubio è nell'ordine delle cose, quindi anche in politica le fusioni più o meno fredde, potrebbero generare qualcosa di buono, quello però che mi lascia perplesso è in particolare il suicidio politico di uno dei due partner nel cui stemma gentilizio figura una quercia, all'ombra della quale per quasi un ventennio hanno bivaccato, nutrendosi delle sue ghiande, gli improvvidi potatori dell'albero caro a Giove.
Infiacchiti dall'ozio ideologico, dall'apostasia di ideali nei quali probabilmente non hanno mai creduto  e dall'esercizio di un potere finalizzato ad assicurare sterili rendite di posizione, questi professionisti della politica parolaia e autoreferenziale, in grave crisi di identità e di consenso elettorale, hanno iniziato a flirtare con un partner più di loro abituato all'autolegittimazione, al compromesso fine a stesso, che da un'altra politica bacchettona  e clientelare ha imparato l'arte del gattopardismo: cambiare tutto perché nulla cambi, nella strenua difesa di uno status quo, che permetta a questi genitori fedifraghi di estinguersi partorendo il frutto della colpa al quale verrà imposto il nome di "democratico". 
Un matrimonio di interesse, si è detto, ma a ben vedere, non mancano le affinità elettive e di coppia, anche se in verità sono più i difetti che i pregi ad accomunare i novelli sposi, fra i quali oltre alle margheritine esfoliate e alle sardine bianche, ai teo-dem e alle pulzelle con cilicio, abbondano i vacui narcisi vaganti, i cicciobellici, le pasionarie senza più passione, i coccodrilli dalla lacrima facile e i camaleonti dalla lingua lunga e biforcuta, gli ex duri e puri storditi dal tramontato sol dell'avvenire, gli skipper e i mutili Achab, mutili nel senso che hanno perduto l'uso degli arti di sinistra, che alla fine sono riusciti ad arpionarsi a vicenda, fregati dal fantasma di una balena bianca morta per aver ingerito il Pantheon indigesto di una storia che si conclude nel modo più inglorioso: un matrimonio per procura fra i sopravvissuti di un equipaggio senza più rotta e bussola che naviga a vista pensando più alle scialuppe di salvataggio e alle ciambelle...bucate, piuttosto che al governo della bagnarola sulla quale si sono imbarcati incuranti delle falle e dell'acqua di sentina che già allaga le stive spostando al centro un carico che li farà colare a picco.
Dalle mie parti c'è un detto che in vernacolo recita: "paru cerca paru e paru pija" nel senso che ognuno cerca e stabilisce relazioni di vario tipo con un suo pari, badando esclusivamente a trovare nell'altro non già la reciproca completezza del sé, quanto l'egoistica affermazione di un dato caratteriale, spesso negativo, che permetta l'esclusivo tornaconto personale, un gioco delle parti che di solito, mancando regole e obiettivi condivisi che non siano quelli annunciati in una costituente raffazzonata, si esaurisce in una fallimentare esperienza per i contraenti e ne decreta l'epilogo con il soccombere del soggetto più debole. 
Sono più simili di quanto la loro origine farebbe pensare, vengono da esperienze diverse, scudocrociati convertiti e falcemartellati arrugginiti, tuttavia si sono ritrovati sulla stessa lunghezza d'onda scoprendo di essere stati al contempo folgorati tutti insieme appassionatamente, sulla via di un riformismo di là da venire, che a sentir gli esegeti del nascente partito, dovrebbe però essere la panacea di tutti i mali; ma l'Italia, con tutte le anomalie che si ritrova ogni giorno ad affrontare, avendo sul groppone una classe politica inadeguata, parassitaria e incapace di risolverle, causa essa stessa dei suoi mali,  può ancora permettersi di farsi sfruttare come una puttana da questi lenoni sempre pronti ad inventarsi un ruolo "riformatore" pur di continuare a recitare la parte dei magnaccia nella gestione fallimentare del sistema Paese?
Di fronte all'evidenza di una gravissima cesura tra le aspettative sociali delle fasce più deboli, come oggi vengono eufemisticamente chiamati i plebei e i servi della gleba, una rappresentanza fatta di politici impresentabili, di affaristi senza imprese e capitali, di sindacalisti ruffiani e venduti, una casta sempre più arroccata nella difesa dei suoi privilegi, continua imperterrita ad occupare le poltrone  e a non avvertire i sintomi di una sindrome che io chiamo del declino morale e materiale, una bancarotta valoriale che nessuna agenzia di rating, nessuna autorità veramente degna di questo nome, ha in animo di declassare al ruolo più infimo che le compete, facendo tabula rasa di questo sistema partitocratico e pronunciando una ferma condanna per il modo col quale viene esercitato il mandato popolare, nel quale il popolo sovrano pur essendo il protagonista principale, resta una comparsa miserabile.   
Leggo che il futuro simbolo del nascente partito "democratico" sarà l'ulivo, i creativi e i costituenti dicono però di ispirarsi al partito democratico statunitense, il cui logo, se non erro, richiama un asino. Sarebbe più vicino ai loro "ideali" ciuchini se adottassero lo stesso quadrupede, lasciando in pace l'albero sacro alla dea Athena-Minerva. Mi "seccherebbe" moltissimo, infatti, se dopo aver dissacrato la quercia, cancellando quasi un secolo di storia, questi riformisti dell'ultima ora, in vena di scempiaggini ideologiche e botaniche facessero altrettanto profanando la simbologia di un albero che appartiene soltanto ai miti e alla Storia, e loro di mitico, ormai non hanno più niente. 
"Se son rose fioriranno" ha detto qualcuno, e se son cachi?

 
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