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"PIU' DEL CLAMORE DEGLI INGIUSTI TEMO IL SILENZIO DEGLI ONESTI"

 

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« UN PIZZICO DI RASSEGNAZIONEDI PORCATA IN PORCATA »

IL CONDIZIONALE E' D'OBBLIGO

Post n°439 pubblicato il 02 Giugno 2007 da bargalla

              

Per celebrare i natali della Repubblica Italiana, a Roma sfilano le Forze Armate con uno spreco di risorse e di pubblico denaro degno certo di miglior causa. Soldi che sarebbe stato meglio spendere per finanziare e ripianare, per esempio, il debito che impedisce a Vigili del Fuoco e Polizia di far fronte alle spese correnti, agli affitti e carburanti, alle bollette e alle forniture non pagate, un passivo di 408 milioni di euro che di fatto condiziona, in negativo, la risposta in termini di efficienza ed efficacia degli organi preposti a garantire la sicurezza nel Belpaese. Debito da estinguere tagliando magari le spese a quel “Quirinale” pomposamente definito la “casa degli italiani” per mantenere il quale con pompa magna ogni anno si scialacqua il quadruplo di quanto costa Buckingham Palace agli inglesi: 217 milioni di euro “romani” contro i quasi 57 milioni di euro “londinesi”. 
L’impossibilità di assicurare al Paese un servizio definito “incivile” dallo stesso ministro degli interni che nei giorni scorsi ha letteralmente battuto cassa lanciando l’allarme sulla scarsità dei fondi in dotazione al Viminale, dando così indirettamente ragione a quanti hanno “mistificato” non senza motivo il “problema sicurezza” in Italia, la dice lunga sullo stato dell’arte di prendere per il podice i sudditi italiani, arte nella quale i politici nostrani sono maestri riconosciuti.
Se almeno qualcuno di loro in un momento di sana e rara resipiscenza, imitasse quel ministro giapponese in odore di corruzione che nei giorni scorsi ha preferito fare hara-kiri scegliendo il suicidio e lavando con la morte l’onta del sospetto derivatagli dall’accusa di aver intascato delle mazzette, probabilmente a quest’ora avremmo forse risolto il problema dell’esorbitante costo della politica italiana e del ricambio generazionale di una classe dirigente che ha trasformato il Parlamento in un gerontocomio nel quale più di qualcuno fa ormai parte dell’arredamento.
C’è stato un periodo in cui la sfilata dei reparti in armi ai Fori Imperiali venne soppressa per motivi strettamente legati alla congiuntura economica che oggi come allora non può dirsi certo florida, pertanto sarebbe nuovamente il caso che chi di dovere, invece di esibirsi nel bla bla parolaio della retorica patriottarda con contorno di mostrine, greche e stellette varie, dimostrasse davvero di avere  a cuore le sorti di questa Nazione, abolendo l’inutile, folcloristica, esibizione di un esercito che qualcuno a suo tempo definì “da operetta” e celebrasse  “l’italico genetliaco” rileggendo i “Principi Fondamentali” della Costituzione Italiana.
Una sobria festa laica, quindi senza il rito di una marziale liturgia che tuttora rende felici soltanto i suoi officianti, i nostalgici di ogni generazione che ancora sognano il duce e un posto fra i cosiddetti grandi (ma sarebbe meglio definirli “glandi”) della terra, i guerrafondai con e senza stellette di ogni schieramento che pensano alla “pace”  predicando la guerra e si associano in questo allo zio sam che fra qualche giorno sarà a Roma per incontrare il papa re e i suoi cortigiani.
Come al solito si bada più al ritorno d’immagine, all’apparire e non all’essere o  alla sostanza di ciò che si predica dimostrando con i fatti di non crederci più di tanto.
Basterebbe quindi leggere con un minimo di attenzione i primi articoli della Costituzione Italiana per rendersi conto di quanto il loro interessato “bla bla” sia lontano dallo spirito che animò i Padri Costituenti di una Nazione che continua ad essere soltanto una semplice “espressione geografica”.   
Ma fin quando quegli articoli resteranno lettera morta, sarà meglio leggerli in forma dubitativa e al condizionale per non offendere e vanificare ulteriormente il sacrificio di chi ha dato la vita per far nascere una Nazione in cui la sovranità dovrebbe appartenere al popolo e non ad una casta di oligarchi che abusano delle loro funzioni per impedire che l’Italia diventi davvero una Repubblica Democratica.
Se penso all’articolo 3, bellissimo nell’intendimento di ogni suo comma, inapplicato in ogni suo punto, avverto un certo disagio nel sentirmi parte di una Nazione che nella pratica quotidiana disattende i sacri principi in esso contenuti e viola sistematicamente non solo la Carta Costituzionale , ma anche quelli, basilari, che rendono un Popolo comunque degno dei suoi governanti.
Ogni popolo ha il governo che si merita, ha sentenziato qualcuno e noi per scontare il Fato di colpe antiche siamo periodicamente in balia di un potere autocratico che si perpetua nella protervia di quanti si arrogano il diritto di sentirsi investiti di un’autorità che altrove verrebbe tacciata di autoritarismo e sanzionata inesorabilmente da un verdetto popolare per niente indulgente, ma che da noi si trasforma paradossalmente in consenso, in deriva plebiscitaria e antidemocratica,  forse perché siamo un popolo di pecoroni felici di essere soggiogati dal cane pastore di turno, si chiami esso silvio, romano, o, peggio ancora, ratzinger.
Pertanto, l’art. 3 della carta dei sogni, che molti fra le alte sfere considerano carta dei…bisogni, alla luce della cruda realtà dei fatti andrebbe così rivisto e letto:
“Tutti i cittadini dovrebbero avere pari dignità sociale, tutti i cittadini dovrebbero essere uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali.
La Repubblica dovrebbe avere il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che altrimenti limiterebbero di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini impedendo il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”  
Fin quando questo modo di leggere l’art. 3 resterà invariabilmente coniugato al condizionale, difficilmente si potrà festeggiare una Repubblica in cui la Democrazia mancando di senso compiuto, non ha, né potrebbe avere, diritto di residenza. 

             

 
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