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DI PORCATA IN PORCATA

Post n°442 pubblicato il 05 Giugno 2007 da bargalla

            

A distanza di un anno, o poco più, è risuonato nel lessico della politica di marca destrorsa il termine "porcata" un lemma solennemente pronunciato da un paio di emeriti inquilini del condominio della libertà nel quale, evidentemente, è abituale il ricorso alle "azioni o alle opere malfatte e scadenti" per conseguire un risultato che alla lunga non potrà comunque non ripercuotersi sui mandanti e gli esecutori di quelle asserite canagliate, veri e propri "colpi bassi" tipici di una filosofia di vita, prim'ancora che politica, in cui non è difficile scorgere il disegno eversivo di chi persegue un preciso obiettivo: destabilizzare quella parvenza di ordine costituito che sembra vigere nel paese dei baciapile, dove mai niente è come sembra, facendosi poi passare, in puro stile farisaico-fascista, per il "salvatore della patria".
Il copyright della “porcata” in politica appartiene all’ex ministro legaiolo passato alla storia per la riforma della vigente legge elettorale, dal medesimo etichetta per l’appunto come “porcata” stante l’evidente e mai sottaciuta volontà del legislatore di rendere perfettamente ingovernabile il Paese delle vongole uscito con le valve più che rotte dalle urne elettorali il cui responso, benché inficiato dal sospetto di “brogli” sul quale non si è voluto indagare con la dovuta solerzia e attenzione, ha concesso ad un certo romano di vincere con uno scarto così minimo al cui confronto perfino Pirro avrebbe qualcosa da ridire. O da…ridere?

Ma, evidentemente, c’è poco da ridere se a distanza di poco più di un anno, non paghi del danno già fatto, ci sia ancora qualcuno, un aennino in crisi di identità, il quale, dopo cinque anni di malgoverno berlusconi, con tutti gli annessi e connessi derivanti dall’aver fatto strame dello Stato di diritto e dall’aver piegato le Istituzioni al volere del boss, rispolveri nuovamente senza timore di apparire ridicolo, il termine “porcata” per appiopparlo, fidando nelle funzioni “transitive” del tiro…mancino, ad una decisione assunta dall’attuale governo (che sarebbe improprio definire di “sinistra”) di sollevare dal suo incarico un altissimo ufficiale che per le destre era così funzionale al proprio schieramento e così  “speciale” da essere stato nominato capo delle “fiamme gialle” dal governo berlusconi.
Al di là delle motivazioni dettate da scoop giornalistici d’infimo grado, nei quali sarebbe fin troppo facile scorgere lo zampino di chi da un po’  di tempo non fa altro che tramare nell’ombra (e all’ombra delle Istituzioni) per screditare ad ogni stormir di foglia, un avversario politico del quale se ne conosce la congenita fragilità, resta la convinzione che l’ultima “porcata” sia stata appositamente progettata per eliminare il Robespierre delle finanze, quel Visco trovatosi al centro di “una scientifica campagna di disinformazione” che ha fatto della lotta all’evasione fiscale il suo cavallo di battaglia. Paradossalmente a determinare questa crisi nella quale è invischiato uno che non ha mai fatto mistero della sua volontà di stanare e colpire gli evasori fiscali, è stato il suo “braccio armato” il capo di una Polizia tributaria sospettato di avere rapporti troppo stretti con il centro-destra: pare, infatti  che, come ha fatto notare Luciano Violante, continui a salutare l’ex presidente del consilvio con l’espressione “Agli ordini! Come sempre”.
Un eccesso di zelo difficile da comprendere e giustificare, ma che può dare adito a mille interpretazioni, la più benevola delle quali dice di un generale al servizio dei buoni uffici di un parlamentare dell’opposizione che continua ad esercitare, chissà perché, una certa influenza in determinati settori della cosiddetta “intelligence”.
Il tentativo di recuperare il 25% del Pil che fra evasione ed elusione ogni anno sfugge al pubblico erario, non fa in tempo a partire che già cade in un agguato teso dai vertici della “sua” Polizia, un rapporto di fiducia venuto meno dalle presunte pressioni esercitate dal vice ministro con delega alle Finanze in una storia di trasferimenti, poi annullati, di alti ufficiali in servizio nella Milano da bere che, a leggere le carte, sembra fatta apposta per incastrare il “pollo” Visco.
Un caso tutto italiano, è stato detto, che rientra nelle migliori tradizioni di una politica debole e da sempre succube di greche, sciabole, berrette cardinalizie e potentati economici vari che non hanno mai fatto mistero di non gradire chi vorrebbe mettere il naso nei loro affari.
E’ da un anno, ha detto Bersani, quello al quale le destre “liberali” rimproverano le lenzuolate sulle liberalizzazioni, che “nel sottoscala di questo Paese si fanno iniziative, supportate da certi giornali di proprietà di berlusconi, che tendono a colpire il buon nome di certe persone”. L’ultima, in ordine di tempo è quella del caso Visco,  ma non bisogna dimenticare il caso “Telekom-Serbia” e quella boutade tutta nostrana confezionata sul “dossier Mitrokin” che in Italia ha comportato la formazione di una commissione d’inchiesta parlamentare il cui atto più eclatante è da ricondurre al velleitario tentativo di far passare il “mortadella” per un agente dell’ex kgb.
Seguirà a breve la diffusione delle intercettazioni telefoniche raccolte nell’inchiesta Antonveneta-Bnl che probabilmente, dopo aver scosso la “quercia” continuerà ad alimentare un gioco al massacro nel quale forse non ci saranno né vincitori e né vinti, emergerà solo la manina di un “network di potere occulto e trasversale” come lo definisce Giuseppe Davanzo nell’inchiesta pubblicata ieri da “ la Repubblica ” nella quale offre una chiave di lettura degli ultimi avvenimenti molto interessante, che agirebbe secondo gli schemi collaudati dalla vecchia P2, la famigerata loggia coperta di Licio Gelli e i servizi segreti deviati, ai quali, non bisogna dimenticarlo, è da ricondursi una certa responsabilità nell’aver pianificato una strategia della tensione  che negli anni di piombo ha fatto anche parlare di “stragismo di stato”.
C’è un ammasso di avanzi di fogna nel sottobosco dei “servizi” deviati, forse non casualmente vengono definiti “servizi” (in quanto a volte riconducibili a veri e propri “cessi”) nei quali insieme allo spionaggio abusivo ed illegale, cresce indisturbata una fitta ragnatela che imbriglia  e gestisce informazioni, vere o false che siano, non importa, utili, però, per fabbricare e fornire “notitiae criminis”  comunque buone per promuovere inchieste giudiziarie spandendo tanta di quella merda da distruggere l’immagine di un qualsiasi “galantuomo” che non è stato così accorto da tenersi alla larga da quelle fogne a cielo aperto.  
Il “logorio permanente” delle Istituzioni è lento ed inesorabilmente legato alle sorti di un presunto e presuntuoso “statista” che da qualche anno a questa parte antepone i suoi interessi e una personalissima idea di “libertà” al Bene della Nazione.
Il “gongolo” nazionale, l’ottavo nano ad honorem di una farsa, in cui non tutti vivono felici e contenti di averlo fra le scatole, ogni giorno si arricchisce di nuovi particolari che a sentir lui e i suoi tirapiedi, hanno del miracolistico.
“Le donne incinte vogliono che imponga le mie mani sul loro pancione” ha recentemente dichiarato l’unto del signore; probabilmente lo hanno preso per uno stregone che di beneaugurate ha solo una cospicua “fortuna” le cui origini prescindono dalle tanto decantate capacità imprenditoriali.
Le sue riconosciute proprietà taumaturgiche portano uno dei suoi più fedeli discepoli a scattare questa istantanea: “La foto del Paese oggi è questa: ovunque applausi a Berlusconi, dovunque fischi e insulti a Prodi dal centro, da destra e da sinistra”. 
Come se non sapessero che il malcontento del quale quei fischi sono il sintomo, non sia figlio di scelte scellerate e sbagliate, decise, come nel caso dell’ampliamento della base Usa di Vicenza, del governo filo-americano di silvio e avallate da un romano di adozione che in questo come in altri casi in cui c’era da rovesciare il tavolo, si è dimostrato pavido e incapace di mantenere le promesse elettorali.
Come se non sapessero che quei fischi sono il sintomo di una disaffezione della politica che così com’è non funziona e paralizza il Paese, perché figlia di una “porcata” che con le liste bloccate e con premi di maggioranza diversi fra Camera e Senato “porcatamente” previsti da una legge elettorale-truffa, ha impedito al governicchio del “re travicello” di assicurare stabilità e governabilità ad una Nazione che di tutto ha bisogno ad eccezione di un altro “omuncolo della provvidenza” chiamato a furor di popolo a risolvere “un’emergenza democratica” nella quale, pur tuttavia, egli ben figurerebbe fra i soggetti più destabilizzanti. Sarebbe come affidare all’assassino il compito di scoprire l’autore del delitto.
Sembra il realizzarsi di un preciso disegno perseguito senza scrupolo alcuno da un deus ex machina che può permettersi di organizzare un “golpe” strisciante fidando nella complicità di un “network” che, scrive Davanzo “sia in grado di creare, anche artificialmente, un evento “traumatico” esterno. I dossier, veri o falsi non importa, raccolti negli anni del governo Berlusconi dall’apparato legale clandestino di spionaggio possono certo esserlo”.
Fa una certa impressione leggere di centrali occulte di potere e di spionaggio militare, di apparati “clandestini” coperti da una maschera di legalità dietro cui si fabbricano, meglio si “pompano” dossier al veleno, di centrali di ascolto abusive, di “un’intelligence business” della Guardia di Finanza, connessi in outsourcing con la security privata di grandi aziende come la Telecom , il cui Tiger Team, ovvero Tavaroli & C. facenti parte della premiata ditta “Spioni spa” proprio la “notte degli spogli e degli imbrogli” come da definizione cara al berlosko, erano lì, al Viminale, a garantire la sicurezza del sistema informatico bloccando ogni tentativo di intrusione.
In teoria difendevano la Repubblica Italiana e il suo nuovo sistema di voto in fase sperimentale, in realtà organizzavano il caos. Quella notte, lo conferma anche la Magistratura , ci furono quattro black-out informatici ai cervelloni del MinInterno e nessuno ha mai spiegato il perché. C’entrano forse con gli “errori” registrati sul conteggio delle schede? Per capire bene il quadro e cercare una risposta che sia plausibile con lo scenario attuale  bisogna vedere “Gli Imbroglioni” il dvd-inchiesta realizzato da Deaglio e Cremagnani, il sequel meno pubblicizzato ma più interessante di “Uccidete la Democrazia ”. Non fosse altro perché dimostra, dati alla mano, dove e in quali regioni fu più forte l’incidenza degli errori di conteggio dei voti, in particolare delle “bianche” e soprattutto chi e quale partito, ne beneficiò.
In un paese decente, ha scritto Carlo Galli “non si può accettare che un alto generale possa essere sospettato di essere troppo legato a quegli stessi vertici dei servizi segreti che sono in odore di avere organizzato lo spionaggio Telecom e di lavorare a favore della passata maggioranza; né in alternativa che di un politico di primo piano si possa supporre, pensando male, che abbia cercato di coprire qualcosa che abbia a che fare con il fallito tentativo di scalata di Unipol a Bnl”.
Ma tant’è. Quel che più preoccupa è la gravità della situazione che si è venuta a creare nella dolente apatia di un centro-sinistra che sembra già rassegnato al peggio.
Il clima di instabilità nuoce al Paese e le minacce di silvio con il suo “pronti alla piazza e allo sciopero fiscale” non promettono nulla di buono, soprattutto per chi ancora si illude di vivere in una Repubblica democratica, quale dovrebbe essere l’Italia, in cui, di porcata in porcata, si è giunti ad influenzare il consenso popolare, ad esasperare il dibattito politico, provocando una crisi della democrazia che evoca scenari tutt’altro che tranquillizzanti.

 
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