Creato da bargalla il 30/01/2005
"PIU' DEL CLAMORE DEGLI INGIUSTI TEMO IL SILENZIO DEGLI ONESTI"

 

Archivio messaggi

 
 << Settembre 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
            1
2 3 4 5 6 7 8
9 10 11 12 13 14 15
16 17 18 19 20 21 22
23 24 25 26 27 28 29
30            
 
 

 

Ultime visite al Blog

rdapiaggiossimorasteph27nikya1pinellogiuseppenapoli891540mariomancino.mluisinioIl_Signore_RaffinatocamarossogiacintoingenitoMaurizio_ROMAmonacoliomassimo.sbandernopmichepel
 

Area personale

 
Citazioni nei Blog Amici: 10
 

Ultimi commenti

insisto...nella speranza di risentirti...anche in privato...
Inviato da: ossimora
il 16/02/2016 alle 10:03
 
Sarebbe bello rivederti comparire...con qualsiasi scrittura...
Inviato da: ossimora
il 06/07/2014 alle 17:07
 
torna....
Inviato da: ossimora
il 23/03/2012 alle 02:52
 
Adoro gli idra!
Inviato da: chiaracarboni90
il 31/05/2011 alle 10:51
 
Carino sto post ... :-)
Inviato da: fantasista76
il 03/11/2010 alle 08:33
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

I miei Blog Amici

 

Chi puņ scrivere sul blog

Solo l'autore puņ pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

 

« ATTUALITA' DI SIMONE WEILMERITEVOLI SOLTANTO DI E... »

UN "FILIPPO" DI NOME SILVIO

Post n°582 pubblicato il 06 Settembre 2009 da bargalla

 


La Storia insegna, si sente dire, ma nonostante Historia (sia) magistra vitae, la lezione che se ne ricava non basta ad evitare il ripetersi di errori consapevolmente compiuti dimenticando quanto l’analisi del passato possa fornire elementi utili nel determinare scelte e comportamenti del presente che permettono comunque al “Filippo” di turno, si chiami egli benito, vladimir o silvio, di abusare del potere costituito, ed usurpato con l’inganno e la menzogna, meritando di finire in quella spazzatura della storia che i corsi e i ricorsi storici riportano periodicamente a galla quasi fossero acqua di sentina in cui decantano quei “rifiuti” tossici e fognanti, altamente inquinanti, difficili da smaltire (e da rimuovere alla stregua di certi eventi traumatizzanti) nelle “discariche” della memoria senza che il ricordo contribuisca a rendere “non ecocompatibile”, quindi incompatibile con il genere umano, qualsivoglia misfatto compiuto per soddisfare una smodata sete di potere, in conseguenza del quale si instaura un sistema dittatoriale dove il demiurgo uccide il dissenso, legifera pro domo sua e impone il suo dominio massmediatico (versione riveduta e corretta del manu militari) su di una società assuefatta e predisposta a subire il tanto peggio tanto meglio della libertà vigilata certificata dal pensiero dominante e dominato dal dominus        

Tanto per non essere banali e ripetitivi rimuginando concetti triti e ritriti mai del tutto metabolizzati da un popolo bue bisognevole di precettori, mandriani e di omuncoli della provvidenza, credo sia utile rispolverare i Classici e leggere, ad esempio, quanto scriveva (nel 351 a.C.) Demostene nella Seconda Olintiaca.
Ne riporto i passi più salienti “dettati” da un’attualità stringente quanto mai che, ieri come oggi, si presta ad esser letta con gli occhi spassionati di un osservatore al quale forse difetta il “pregiudizio” proprio di chi non baratterà mai la propria Libertà in cambio di un piatto di scipite lenticchie.
Chi avrà la bontà di leggerlo per intero forse ritroverà a grandi linee il ritratto di uno squallido personaggio che in barba ad ogni legge e regolamento in Italia fa il bello e il cattivo tempo senza che nessun Demostene abbia l’ardire di sollecitare una sollevazione popolare che spinga gli Ateniesi a cacciare con l’ignominia che merita un siffatto personaggio che usa la Res Publica come se fosse cosa sua.

Non mi pare il caso, o Ateniesi, di passare qui in rassegna i punti di forza di Filippo, al fine di incitarvi, con tali discorsi ad agire. Perché? Perché tutto quello che ci sarebbe da dire in proposito avrebbe sapore di lode per lui, ma non farebbe certamente onore alle vostre imprese. Perché lui appare a tutti in una luce meravigliosa, grazie ai suoi straordinari, immeritati successi; mentre voi avete perso credito per avere condotto in modo così inadeguato la vostra politica.
Per questo eviterò l’argomento. Perché, Ateniesi, a voler essere sinceri, Filippo è cresciuto per questi motivi e non per suo merito. Di quanto per questa sua crescita egli sia debitore verso chi lo ha favorito con la sua complice condotta – e che tocca a voi punire - non mi pare questo il momento di parlare.
Ma c’è un altro genere di cose che è bene che voi tutti ascoltiate, e che non gli fanno certamente onore, se bene le si vuole giudicare. Queste ora cercherò di esporre.

Chiamarlo spergiuro e perfido, senza documentare i suoi misfatti, potrebbe essere giustamente considerato un grave insulto. D’altra parte, non ci vuol molto a elencare punto per punto tutte le sue imprese; e la cosa è anzi utile, a mio parere, per due motivi. Anzitutto, perché questo lo farà apparire spregevole, come è in realtà; poi perché anche chi ne è terrorizzato, e lo considera invincibile, potrà constatare che si sono esaurite tutte quelle opportunità che gli hanno consentito di vincere con l’inganno, e che la sua situazione è ormai priva di sbocco.
Anch’io, o Ateniesi, guarderei a Filippo con religioso timore se l’avessi visto diventare così potente grazie a imprese rettamente condotte. Ora però, se guardo bene a fondo, trovo che egli ha approfittato della nostra ingenuità
In tutto questo seguito di vicende non c’è nessuno che non sia stato ingannato, di quelli che hanno avuto a che fare con lui. In questo modo si è allargato, approfittando, volta per volta, della dabbenaggine di chi non lo conosceva, per trarne vantaggio in mala fede.
Ma quegli stessi metodi con cui si è innalzato, quando ciascuno si illudeva di poter trarre vantaggio dal suo operato, sono destinati a rendere inevitabile la sua caduta nel momento in cui appare chiaro che egli agisce esclusivamente nel proprio interesse...
Ma quando – come nel caso di Filippo – uno basa la propria supremazia sulla violenza e sull’ingiustizia, basta un qualsiasi pretesto, un minimo inciampo per sconvolgere e scompigliare ogni cosa.

Non è possibile, o Ateniesi, no, non è possibile acquisire una stabile potenza con l’ingiustizia, con il tradimento e con l’inganno; sono cose che riescono una volta, e durano poco. In casi fortunati possono avere un successo insperato; ma nel tempo manifestano la loro vera natura, e crollano da sole.
Una casa, una nave, e in genere ogni struttura deve avere nelle fondamenta la sua maggiore robustezza; allo stesso modo, a mio parere, i Principi Fondamentali e le linee direttrici della condotta politica devono essere ispirati a Giustizia e Verità. Ora è proprio questo che manca nelle imprese di Filippo…
Non crediate infatti, o Ateniesi, che ci sia identità di intenti tra Filippo e i suoi sudditi.
Ciò che lui desidera è la gloria: è questo il suo sogno, e il proposito che persegue anche a rischio della nostra rovina. A una vita di tranquilla sicurezza egli ha preferito la gloria del potere…ma la sua ambizione non giova minimamente al benessere dei suoi sudditi
I mercenari e le guardie del corpo di cui si circonda…non valgono poi più degli altri. Chiunque di loro veramente si intenda di qualcosa, Filippo per gelosia lo allontana da sé: perché vuole che tutto ciò che si fa appaia come opera sua (oltre agli altri vizi, anche la sua vanità è senza pari).

Se poi fra loro c’è qualcuno di buonsenso e per bene, che non riesce a reggere il ritmo smodato della vita di ogni giorno, le bevute e gli stravizi, questi viene isolato e disprezzato. Quelli che resistono intorno a lui sono briganti, adulatori, sicari, elementi di tale risma, capaci, quando sono ubriachi, di scatenarsi in danze che neppure oso nominare davanti a voi. Personaggi da espellere dalla vita pubblica a cagione della loro spregevole condotta, peggio che saltimbanchi, servi, buffoni, autori di canzonacce destinate a sollazzare l’uditorio: sono queste la persone che egli predilige e di cui si circonda.
Sembrano cose di poco conto: ma a ben giudicare esse sono prove evidenti del suo temperamento dissoluto. Ora come ora, i suoi successi mettono in ombra questi difetti: basta l’annuncio delle sue imprese a coprire le brutture che sono sotto gli occhi di tutti. Ma al minimo inciampo tutto questo non sfuggirà a critiche ben più severe…
Avviene qui come nelle cose della salute: finché uno sta bene non avverte nessun disturbo; ma appena gli capita una malattia tutto si smuove: vecchie fratture, slogature, altri malanni. Lo stesso avviene agli Stati e ai governanti: finché compiono le loro imprese fuori dei propri confini quasi nessuno si accorge delle loro malefatte, ma quando si trovano implicati in affari delittuosi compiuti sul proprio territorio,
tutte le loro magagne prima o poi vengono alla luce.  

C’è forse tra di voi, o Ateniesi, chi considera Filippo un avversario temibile, perché vede che ha sempre fortuna. In questo ragiona da persona assennata: perché in tutte le cose umane la fortuna ha un peso decisivo, anzi è tutto. Io però, per parte mia, se potessi scegliere, preferirei alla sua, la fortuna che assiste la nostra città: sempre che voi accettaste di agire, anche solo un poco, nel modo opportuno.
Perché molti più di lui siamo noi che abbiamo motivo di contare sul favore degli dei.
Ma invece mi sembra che ce ne stiamo qui seduti senza fare nulla. Se uno è indolente e pigro, non può chiedere neppure agli amici di agire in vece sua; tanto meno lo può chiedere agli dei.
Filippo è sempre in movimento…è sempre presente dove occorra; non spreca un’occasione né una stagione. Non c’è da meravigliarsi se ha la meglio su di noi, che non sappiamo fare altro che soprassedere, fare votazioni, andare a caccia di notizie….
Mi chiedo se nessuno di voi, o Ateniesi, è capace di fare il conto del tempo trascorso da che siamo in aperta polemica con Filippo, e di che cosa si è realizzato per il bene della Patria in tutto questo tempo.

Lo sapete fin troppo bene: non si è fatto che tergiversare, confidare nell’intervento altrui, accusarsi a vicenda, fare processi, poi tornare a sperare: che è più o meno quello che stiamo facendo anche ora.
Insomma, Ateniesi, siete così sprovveduti da sperare che quegli stessi comportamenti che hanno compromesso la nostra situazione quando era sana, possano risanarla ora che è deteriorata?
E’ quindi necessario partecipare…senza portare nessuno in giudizio fino a che non siate giunti a una conclusione vittoriosa. Soltanto allora, giudicando secondo i comportamenti, premiare chi lo avrà meritato, punire chi avrà commesso colpe, senza fare ricorso a motivazioni pretestuose, e senza addossare ad altri i vostri errori.
Non è lecito giudicare con severità le azioni altrui se non avete fatto voi per primi ciò che si doveva.
E se vogliamo dire le cose come stanno, anche a proposito dei nostri strateghi: per quale motivo credete, o Ateniesi, che tutti i comandanti che scendono in campo si sottraggono a questa battaglia trovando poi il modo di intraprendere delle campagne che abbiano per loro un certo tornaconto?...
In quelle campagne occasionali, i rischi sono minori, i bottini vanno prima ai comandanti e poi ai soldati . 
E così essi puntano sugli obiettivi per loro più vantaggiosi.

Voi invece, quando vi rendete conto che le cose vanno male, non sapete fare altro che mandare sotto processo i comandanti; e quando questi rendono conto dello stato di necessità in cui si sono trovati ad agire, non sapete far altro che assolverli. Il risultato è che voi continuate a discutere e a litigare fra di voi – ciascuno convinto della sua idea – ed a soffrirne maggiormente è solo il bene comune.
Una volta, o Ateniesi, pagavate le tasse per simmorie, ora per simmorie governate lo Stato.
Ogni simmoria
(circoscrizione fiscale) ha un suo capo; sotto di lui c’è uno stratego e trecento sostenitori con i loro schiamazzi; e voi vi dividete, chi con gli uni, chi con gli altri.

Bisogna smettere questo andazzo
; è tempo che assumiate voi stessi le vostre responsabilità, tutti insieme, unanimi nel decidere, nel proporre, nell’agire.
Ma se delegate solo ad alcuni un’autorità pressoché dittatoriale, ad altri imponete l’onere delle trierarchie, delle tasse, del servizio militare, ad altri ancora affidate il solo compito di giudicare questi ultimi senza partecipare all’azione comune, mai niente di ciò che è necessario si farà al tempo dovuto
Riassumendo dunque: che ognuno contribuisca in proporzione dei propri mezzi…che ognuno che si presenta a parlare ne abbia facoltà, cosicché possiate aderire alle proposte migliori, e non solo a quelle avanzate dal tale o dal tal altro. Così facendo non vi limiterete ad applaudire l’oratore del momento, ma potrete alla fine congratularvi con voi stessi, quando tutta la situazione sarà ristabilita.”

                                
                - dalla “Seconda Olintiaca” di Demostene -

Chi ha orecchie per intendere, intenda!

       

           Clicca sulla foto

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
La URL per il Trackback di questo messaggio è:
https://blog.libero.it/antoniando/trackback.php?msg=7624917

I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
 
Nessun Trackback
 
Commenti al Post:
Nessun Commento
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963