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"PIU' DEL CLAMORE DEGLI INGIUSTI TEMO IL SILENZIO DEGLI ONESTI"

 

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« UN "FILIPPO" DI NOME SILVIOMA CHE BELLA PONZATA! »

MERITEVOLI SOLTANTO DI ESSERE CALPESTATI

Post n°583 pubblicato il 10 Settembre 2009 da bargalla

            


Se fossi diventato prete con le idee che avevo e con quelle che sono andato via via maturando, probabilmente a quest’ora sarei stato come minimo spretato e scomunicato, sebbene sia riuscito ugualmente a vincere qualche “latae sententiae” violando ripetutamente la precettistica dogmatica della poco santa romana chiesa che, quando è a corto di argomenti, non sa fare altro che sputare sentenze, lanciare anatemi e comminare scomuniche varie. Alla luce di quel che accade dentro e fuori le mura leonine devo dire che sono stato lungimirante nel combattere prima dall’interno e poi nell’avversare dall’esterno, un sistema di potere che al pari di altri persegue unicamente l’interesse di caste, camarille e confraternite dietro il paravento di un dio, di un’ecclesia, di una civitas e di uno Stato divenuti strumenti di un gioco delle parti dove i mandriani si comportano da mandriani, i pastori da pastori, i tori da tori, le pecore da pecore condotte al pascolo e poi al macello per la maggior gloria di “toreri” mandriani e papi papponi spalleggiati da gerarchi e butteri clerico-fascisti degni di essere, tutti insieme, caricati e calpestati dalle “mandrie” inferocite e stanche di essere trattate alla stregue di bestie da soma.

Ho sempre guardato con evidente insofferenza all’ipocrisia del potere, al gesuitismo praticato ed esibito da caste affatto caste, dedite al puttanesimo, la nuova religione di uno Stato in cui il clericalume imperante e il fariseume trionfante dettano leggi e precetti senza che i “fedeli” irreggimentati possano alzare la testa, togliersi la cavezza e pretendere almeno un po’ di coerenza da quel sinedrio e da quel presbiterio rappresentati dal trono e dall’altare che da tempo copulano contro natura, con la complicità di magnaccia, ruffiani, prelati, damerini e vecchie bagasce, senza provare un minimo di vergogna per comportamenti che sarebbe poco definire “antievangelici” e passibili di quelle “scomuniche” o “denuncie” che loro comminano e minacciano poiché si sentono “diffamati” da qualche ex gregis il quale non deve neanche lontanamente permettersi di belare fuori dal coro incoraggiando lo sputtanamento delle dicerie dei vari untori, criticando infallibili verità rivelate e l’operato occulto e disvelato di unti e bisunti papi- papponi che si sollazzano con pupe, pupi e pupari. Il reato di lesa maestà e la censura sulla libera stampa sono i colpi di coda di un regime che avverte di essere giunto alla fine dei suoi giorni e non sarà certo il testamento biologico, ennesima dimostrazione del do ut des, perversa logica di scambio effettuata secondo i canoni imposti dal meretricio italo-vaticano, a prorogarne la fine peraltro certificata da una morte cerebrale dei ceti dominati che su scala nazionale rende problematico perfino l’esercizio del libero pensiero, dal tiranno tacciato come sovversivo, atteso il potenziale danno che a lui arriverebbe da un inevitabile risveglio delle coscienze la cui “risposta clinica” risente di una legge scritta nell’ordine delle cose: ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.

Ogni tanto mi capita di leggere gli scritti “eversivi” di preti e di teologi della Liberazione che sarebbe meglio definire Sacerdoti, me li manda un amico di vecchia data divenuto prete che immancabilmente mi rimprovera il fatto di non essere diventato a mia volta prete perché a quest’ora loro avrebbero una voce in più con cui alimentare il dissenso: il lievito e il sale della terra di cui parla il Vangelo. 
Non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio…” (Matteo 5,15) E’ questo che mi rinfaccia.
Mi fa sentire un po’ colpevole per aver gettato la tonaca e la spugna anzitempo; glielo concedo in nome di una vecchia amicizia che il tempo ha consolidato pur nelle diversità di vedute che ora ci vedono agire su fronti opposti avendo, forse, un obiettivo comune.
Se fossi diventato prete mi sarebbe piaciuto assomigliare a don Gallo, a don Farinella, a don Antonelli, a don Vitaliano Della Sala, ai tanti preti e religiosi di frontiera, come Silvano Nicoletto, che non hanno remora alcuna nel pretendere dai gerarchi catto-vaticani, verso cui debbono cieca obbedienza, un comportamento più consono alla loro presunta missione, rischiando sospensioni a divinis e quant’altro.

Riporto la lettera scritta da Silvano Nicoletto a tarcisio bertone di professione cardinale della chiesa dei papi e segretario di stato, una specie di ministro degli esteri del vaticano che in quella veste avrebbe dovuto intrattenere a cena il presidente del consilvio dopo l’esibizione di entrambi alla Perdonanza.
Meglio perderli che perdonarli, meglio mandarli nel paese che tutti sanno che accoglierli con il disonore dovuto a simile gentaglia evitando di spezzare il pane con chi “si asside alla mensa del Padre” dopo aver finto un pentimento che, alla luce di quanto ogni giorno emerge, ha il sapore di una solenne presa in giro.
Mi permetto una piccola digressione legata ad un’esperienza personale, nella lettera che segue si menziona “L’Avvenire”, su quel giornale ho scritto anch’io qualcosa in anni ormai lontani, quando il mio sogno era quello di fare il giornalista pubblicista, anche se poi non sono diventato né prete né giornalista.
Di quel periodo di praticantato conservo le buste “fuori sacco” in cui inserivo gli articoli che il mio parroco leggeva in anteprima: “questo non te lo pubblicano, questo te lo tagliano” mi diceva eppure devo riconoscere che non mi hanno mai censurato né spostato di una virgola il mio sinistrorso pensiero, tanto che a distanza di tempo e dopo l’affaire- Boffo, devo riconoscere che il quotidiano della camarilla episcopale italiota è molto più libero di quanto possa gradire l’editore di riferimento, molto più libero di altre testate più prestigiose che si autocensurano e coprono con il silenzio le malfatte “pudende” di un re sempre più nudo; constatazione avvalorata anche dal piacere di apprendere che L’Avvenire è stato uno dei giornali che interpretarono lo spirito dei tempi contribuendo a far nascere quel “grande sogno” che fu il ’68 insieme ad un’altra storica testata “paolina” guarda caso anch’essa nel mirino dell’entourage del presidente del consilvio.
Riporto la lettera, durissima e condivisibile, indirizzata a sua eminenza, non prima di aver trasformato le maiuscole in minuscole, come di solito faccio quando concedo tutto il mio disprezzo nel citare nomi, cognomi e incarichi indegnamente ricoperti da personaggi squallidi e arroganti, da biasimare e detestare anche con l’adozione di un’innocua scelta ortografica a motivo di scelte e comportamenti riprovevoli che dovrei davvero coartare la grammatica della mia coscienza per ritenerli meritevoli delle mie maiuscole.     
 
A sua eminenza

card. tarcisio bertone


Oggetto: annullamento della cena bertone- berlusconi e della partecipazione alla festa della Perdonanza.


Ad ogni buon conto, signor cardinale, resta il fatto che l’appuntamento a cena con berlusconi era concordato e programmato.
All’ultimo momento, l’articolo apparso su “il giornale” ai danni di Dino Boffo, direttore di “Avvenire”,

ha provocato quello che tutti conosciamo.

La cena e la partecipazione del premier alla celebrazione della “Perdonanza”, erano comunque nel vostro programma; sua eminenza, conosce molto meglio del sottoscritto cosa si pensa negli ambienti della politica internazionale del nostro premier.
I suoi comportamenti “privati”, gli attacchi alla democrazia perpetrati attraverso leggi
ad personam
promulgate a colpi di mozioni di fiducia, hanno fatto sì che un’istituzione importante come il Parlamento della Repubblica sia di fatto ridotta ad un’istituzione blindata a servizio degli interessi di famiglia del premier.
Gli attacchi alle istituzioni che contrastano i suoi disegni e che mettono in luce i reati di varia natura di cui berlusconi è imputato, i tentativi di imbavagliare la stampa e il pesante controllo sull’informazione

televisiva sono sotto gli occhi di tutti. Gli spiriti più retti ed onesti sono seriamente preoccupati per la salute della democrazia nel nostro paese.


Il Vangelo (Mc. 6, 14-29) della liturgia del martirio di Giovanni Battista, brano proclamato nella celebrazione della “Perdonanza”, ci parla del “festino” dato da Erode per i grandi della sua corte e per i notabili della Galilea.
Egli pensò bene di rendere “elegante” quella cena con la presenza di signore e signorine di bell’aspetto. Giovanni, che non aveva alcuna “ragione di Stato” da difendere, non temeva di esprimersi con la schiettezza tipica dei profeti.
Oltretutto, nonostante il tono graffiante, ad Erode la cosa non dispiaceva affatto.
“Anche se nell’ascoltarlo rimaneva perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri”.
In fondo perché non osare parlare con sincerità anche ai potenti dei nostri giorni?

Mi chiedo, cosa avrebbe detto il cardinale segretario di stato nell’omelia della festa della Perdonanza presente il presidente del consiglio?

Avrebbe parlato di “festino” o di “cena elegante” per non sottintendere certi convegni equivoci avvenuti nelle residenze del capo?  Si sarebbe soffermato sulle qualità seducenti della figlia di Erodiade o avrebbe sorvolato per non alludere troppo?
Avrebbe poi ricordato al presidente del consiglio che nel nostro Mediterraneo si consuma una tragica danza, ben più macabra di quella del banchetto di Erode, nella quale una quantità considerevole di disperati hanno perso la vita, disperati considerati invece colpevoli dalle leggi del governo italiano?

Quelle famigerate norme sulla sicurezza, norme che stabiliscono il reato di clandestinità, come lei ben sa, hanno ottenuto il consenso esplicito di silvio berlusconi per compiacere così la lega nord che, come contropartita, gli garantisce il potere di governare.


Chiedo scusa a sua eminenza se persisto nel dubbio che la sua parola sarebbe stata molto diversa da quella coraggiosa di Giovanni Battista. Le gerarchie che lei rappresenta non hanno acconsentito a quell’evento nella prospettiva di rimetterci la testa. Non sono il solo a pensare che Pilato ed Erode quel giorno divennero amici per una ragione di convenienza.
Voi potenti, a parole, nei vostri documenti, proclamate le ragioni della gratuità, ma nei fatti credete nella logica del
do ut des, nella logica della ragion di Stato. Anche voi, all’occasione, sapete far tacere la voce della coscienza i cui presupposti stanno al di là di ciò che conviene.
La coscienza non si interroga sul vantaggio che ne ricava ma su ciò che è bene e ciò che è male, e ne trae le conseguenze.

Cosa vi aspettavate come contraccambio da berlusconi?

A noi poveracci non è dato di saperlo.

Eppure una giustizia c’è! E se non ci pensano i nobili pastori di santa madre chiesa ad attuarla, ci pensa il diavolo. Il buon diavolo appunto, come si suol dire, anche stavolta ha pensato bene di fare le pentole senza i coperchi.
È bastato l’articolo di feltri per rompere l’incantesimo di un
idillio.
Ma la responsabilità di questo vostro scandalo vi rimane attaccata addosso ugualmente, tutta intera!

Mi permetta una semplice domanda: era necessaria questa nefanda commedia all’italiana?

Se cerco di mettermi nei panni di berlusconi, la risposta non può che essere affermativa.
Sì, per recuperare il consenso colato a picco, dopo le sconcezze venute alla luce nei mesi scorsi e soprattutto dopo l’approvazione delle norme antiumane ed anti cristiane del pacchetto sicurezza, era necessario apparire accanto al cardinale segretario di stato. Veniva così riconfermata la sua tesi di sempre e cioè che il suo governo è in ottimi rapporti con la santa sede.

La preannunciata visita a S. Giovanni Rotondo avrebbe poi completato l’operazione di lifting spiritual-politico. Ha visto bene il cavaliere!

Come poi ha dichiarato, non poteva dimenticare che ai tempi dei Dico, sguinzagliando i fidi membri dei vostri movimenti cattolici, avevate fatto il diavolo a quattro per mettere in difficoltà il governo Prodi e ci siete riusciti.

Arriverà mai quel giorno in cui la finirete di prestarvi a questi meschini giochi di potere per dei miseri piatti di lenticchie?

Non otterrete che il disprezzo del sale insipido, degno di essere calpestato.
Tutto vi andrà per traverso.
Arriverà dunque mai quel giorno?

La domanda è posta da un povero prete che da trent’anni a questa parte non fa che cercare di servire la causa del Vangelo nella chiesa cattolica. Da questo versante le cose assumono un’altra dimensione.
Non era necessario questo squallido balletto!  Era necessario il contrario: opporre un netto rifiuto. lei non si sarebbe dovuto prestare ad alcuna strumentalizzazione. Cosa può pensare la gente semplice che vede il card. bertone in compagnia del nostro dominante? Conclude logicamente che la chiesa, anche nella sua espressione magisteriale, è schierata dalla sua parte.

berlusconi avrebbe così raggiunto il suo scopo, mentre a sua eminenza avrebbe riservato la figura dell’utile idiota.


Anche se il “prestigio” dei sacri palazzi non mi interessa, devo tuttavia ammettere che mi disgusta assistere ad una simile caduta di stile.

Se invece, consapevole dell’elevato tributo da versare, in vista di qualche ritorno vantaggioso per la sua istituzione ha ceduto alle lusinghe del potente (ma è poi potente? Pugno di polvere! Vanitosa nullità), sua eminenza ha agito da disonesto sia verso ciò che rappresenta che verso i fedeli che guardano a lei per ricevere esempio di rettitudine evangelica, non di cinismo politico.

Io credo, signor cardinale, che lei abbia mancato di rispetto verso se stesso.
In pratica ha venduto la sua dignità di uomo e di vescovo al mercante di passaggio.

Penso inoltre che il suo comportamento sia stato offensivo verso il Popolo di Dio.
È stato chiamato al ministero episcopale per annunciare il Vangelo, non per fare politica di basso profilo.

Infine ha gettato disprezzo sul ministero di molti presbiteri che, come il sottoscritto, ogni giorno sostengono la fatica di annunciare il Vangelo (che è alto e altro dalle logiche dei potenti e della ragion di Stato) in un mondo che s’è fatto adulto, critico ed esigente.
Atteggiamenti come il suo sono di grande ostacolo all’evangelizzazione!

Rientri in se stesso, signor cardinale. Veda da dove è caduto e ritorni all’amore di un tempo.

Un richiesta sincera di perdono al Popolo di Dio non guasterebbe affatto.
A lei restituirebbe dignità e ai fedeli chiarezza evangelica.

Faccia in modo che il Signore non rimuova il candelabro dal suo posto (Ap. 2,5).

Un fraterno saluto


                                P. Silvano Nicoletto, Religioso Stimmatino.”


 
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