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"PIU' DEL CLAMORE DEGLI INGIUSTI TEMO IL SILENZIO DEGLI ONESTI"

 

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« LISI OVVERO CRISI DI UN SISTEMAEVANGELICA INCOERENZA »

"VEDENDOLO GIA' MORTO, NON GLI SPEZZARONO LE GAMBE..."

Post n°560 pubblicato il 14 Aprile 2009 da bargalla

          

E’ consolante sapere che l’amministratore delegato dell’azienda Italia vegli sull’effimero futuro dei suoi dipendenti giacché dal loro mutevole destino discendono le sue “inindagabili” fortune graniticamente sorrette dal consenso estorto con blandizie varie grazie al regime mediatico abilmente instaurato dalla video-crazia e dall’offerta del panem et circenses nell’occasione serviti con contorno di colombe pasquali e uova di cioccolata ad un’Aquila ghermita dal più subdolo dei predatori, tanto che perfino gli effetti di un terremoto diventano il pretesto per consolidare un prestigio personale costruito in aperto conflitto con le più elementari leggi dell’etica politica, sovente esposto al rischio crollo e per questo puntellato dalle plurimae leges ad personam emanate dalla sua premiata ditta col concorso di una farisaica corte dei miracoli che anche nel dramma ha trovato il modo di soffocare l’urlo di Antigone liberando stormi di avvoltoi fra le rovine di paesi e città ridotte ad essere gli ideali scenari di una campagna elettorale in itinere o, meglio, di una farsa in cui il protagonista della compagnia di giro, si mette in posa, assume una faccia di circostanza, recita a soggetto, smette il doppiopetto d’ordinanza, indossa un abbigliamento finto casual, si commuove, piange lacrime di caimano e con piglio padronale e paterno, novello vate, invita gli sfollati d’Abruzzo a lasciare i monti, gli stazzi, e a recarsi verso il mare dove c’è un albergo tutto per loro.

Purtroppo il terremoto è diventato l’ennesimo evento mediatico ad uso e consumo di un magnate, già palazzinaro, divenuto magno con le new town e la tv spazzatura: delle prime e della seconda conosce bene i meccanismi e li sfrutta a suo favore cavalcando a reti unificate un’emergenza imprevedibile che se da un lato ha provocato danni incalcolabili alle genti d’Abruzzo, dall’altro è andata ad alimentare la sua sete di potere concedendogli di prendersi l’ennesima sbornia mediatica sotto l’occhio vigile delle telecamere. Non credo alla filantropia del presidente del consilvio, lui cerca sempre il suo tornaconto in tutto quel che fa, prova ne sia il sondaggio diffuso in pieno sciame sismico secondo cui egli sarebbe al massimo della popolarità, commissionarlo e diffonderlo in quel frangente è servito soltanto a dimostrare chi sono i veri sciacalli. Non certo Michele Santoro e quanti non si allineano alla linea politica imposta dal pensiero dominante e dominato sostenuto e diffuso dai megafoni della voce del padrone, da quei cavalier serventi che hanno perduto il senso del ridicolo e tessono lodi sperticate al loro signore e padrone.
Invece di cercare la verità o palesare un’oggettiva imparzialità, si cerca di dare un colpo al cerchio e uno alla botte stando ben attenti a non dar fastidio all’oste e ai suoi avventori. Chi prova a pensare con la sua testa, a guardare con i suoi occhi, a scrivere quello che pensa e vede, a esporre la sua opinione, argomentandola, sottoponendola a contraddittorio, a confutazione, a giudizio, viene giudicato sovversivo e tacciato di disfattismo. Meno male che hanno inventato il telecomando, l’unico strumento democratico rimasto che permette di scegliere cosa vedere e ascoltare, dicevo fra me e me, mentre cambiavo canale sperando di non imbattermi nell’ennesimo reportage su silvio e i vari gerarchi clerico-fascisti, inguardabili commedianti, in macabra processione sui luoghi devastati dal terremoto, sciacalli e avvoltoi paludati che si aggiravano con fare sospetto fra le macerie cercando il proprio tornaconto mediatico nel cemento disarmato, nei vari pilastri sfarinati, fra le rovine di palazzi “strategici” implosi, fra le tendopoli e gli sfollati. I morti, i feriti, i sopravvissuti non sono che comparse; i protagonisti sono i politici e gli alti prelati: i soliti profittatori hanno rubato la scena e già questo fa di tutti loro degli emeriti sciacalli.
Si esibiscono a favore di telecamera affinché la ggente veda quanto bravi siano (ad infinocchiare) quanto partecipi e solidali siano (fra di loro).

La tv del dolore in questi anni ha fatto scuola e audience, il trash di certi reality show sembra ispirare il comportamento di spudorati “statisti” in passerella che calcano la scena affondando il bisturi dello sciacallaggio mediatico e politico nelle ferite aperte da Madre Natura su di un territorio violentato dall’uomo. Neanche l’intensità del terremoto sfugge allo “sfruttamento” dell’immagine assicurando un ritorno che viene prontamente monitorato e monetizzato da un tycoon che in un eccesso di generosità arriva ad offrire le sue magioni ai senzatetto; una volta tanto vorrei che lo si prendesse in parola, una volta tanto vorrei che mantenesse le promesse e ospitasse i più bisognosi, evitando magari di scegliersi anche gli eventuali inquilini. Non vorrei sembrare più sprezzante di quanto il buon senso impone, ma nonostante tutto e “grazie” al terremoto il berlusconismo sta trionfando anche in ambienti nei quali solitamente si guardava con sospetto alla deriva autoritaria in atto e così per una sorta di ontologia dell’ineluttabile assisto impotente alla celebrazione di un presunto pragmatismo che altro non è se non l’adempimento di un dovere d’ufficio compiuto in ossequio alla carica rivestita e nel supremo interesse del popolo sovrano. Si vergano elegie della politica del fare, si tessono elogi da far rabbrividire come se chi è chiamato a fronteggiare una qualunque emergenza debba farlo per favore e non per dovere.
D’altronde l’omologazione dei giudizi e l’assenza di critiche spesso cancellate da un’autocensura più che sospetta consente l’affermazione di un aziendalismo implacabile pronto a servire la politica più avventuristica e autocratica pur di ricavare vantaggi, consensi e ritorni d’immagine.

Il fascismo perennemente connaturato al destino di questa povera Patria in balia di sempiterni uomini della provvidenza, taccia di estremismo il dissenso e non tollera che si muovano critiche al governo.
Per quanto ritenute “ingiuste” e seppur motivate, certe critiche sono pur sempre degli stimoli a far meglio, l’averle prese a pretesto per muovere l’ennesimo attacco all’informazione, significa limitare la libertà di espressione, al più indica un’emergenza democratica che pone un problema ineludibile i cui nodi vengono periodicamente al pettine. Madre Terra ogni tanto freme e trema per ricordare ai suoi figli degeneri che hanno perduto il senso del bene comune, ricostruirlo non è come tirar su una casa, riscoprirlo non è compito dei politicanti italioti ai quali importa solo del proprio orticello; edificarlo ex novo comporta l’abbattimento di vecchi pregiudizi e di nuovi egoismi. Chissà perché mi son venuti in mente due personaggi diversissimi fra loro che in comune hanno solo il nome: Carlo. Carlo Marx e Carlo Maria Martini. Il primo l’ho scoperto quand’ero in seminario, il secondo l’ho apprezzato negli anni in cui ho lavorato a Milano: ascoltavo le sue omelie, entravo in duomo giusto il tempo per sentire i suoi sermoni.
Del buon vecchio e caro Marx riporto una frase che cito più o meno e memoria e adatto al terremoto inteso come evento non avulso dalla Storia: “La Storia non fa nulla a metà, attraversa varie fasi quando vuol condurre alla tomba una vecchia forma sociale. L’ultima fase di una forma storica è la sua commedia. Gli dei della Grecia, tragicamente colpiti a morte una prima volta nel Prometeo Incatenato di Eschilo, dovettero subire una seconda morte comica nei Dialoghi di Luciano. Perché questo cammino della storia? Perché l’umanità si separi serenamente dal suo passato”.
Può non c’entrar nulla col terremoto, c’entra però molto con la grottesca esibizione di certi “commedianti” i quali in rotta di collisione con la Storia, hanno contaminato con la propria immoralità una società “terremotata” dagli egoismi corporativistici, dal familismo amorale, dal diffuso malaffare e dagli interessi privati. Salvo gridare al miracolo quando, nel momento del bisogno, risorge e ritorna, sotto mentite spoglie, il perduto “senso dello Stato”.
Del Sacerdote Carlo Maria Martini riporto un pensiero che conserva una fortissima impronta profetica: “
Finché la nostra società stimerà di più i furbi, quelli che raggiungono il successo calpestando o limitando l’altrui libertà, un’acqua limacciosa continuerà ad alimentare il mulino dell’illegalità. Togliendo stima sociale all’onestà si indebolisce il senso civico.”
Quando qualcuno ricorda questi elementari Principi, viene messo con le spalle al muro. In un mondo di furbi e di orbi è il minimo che possa capitare a chi non vuole piegare la schiena e accetta in silenzio che gli si spezzino le gambe.

 
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ossimora
ossimora il 19/04/09 alle 01:07 via WEB
Volevo scrivere in pv ma c'č qualcosa che non va nel collegamento e ...scrivo qui...Volevo salutarti e dirti che ho trascorso le vacanze di Pasqua in puglia ..alloggiavo a Locorotondo (Sotto le cummerse...)ho visitato la Val d'Itria ,Taranto e son scesa fino allo IONIO,bellissimo.Ero vicina .Saluti ANTO
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