Creato da bargalla il 30/01/2005
"PIU' DEL CLAMORE DEGLI INGIUSTI TEMO IL SILENZIO DEGLI ONESTI"

 

Archivio messaggi

 
 << Ottobre 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
  1 2 3 4 5 6
7 8 9 10 11 12 13
14 15 16 17 18 19 20
21 22 23 24 25 26 27
28 29 30 31      
 
 

 

Ultime visite al Blog

bargallardapiaggiossimorasteph27nikya1pinellogiuseppenapoli891540mariomancino.mluisinioIl_Signore_RaffinatocamarossogiacintoingenitoMaurizio_ROMAmonacoliomassimo.sbanderno
 

Area personale

 
Citazioni nei Blog Amici: 10
 

Ultimi commenti

insisto...nella speranza di risentirti...anche in privato...
Inviato da: ossimora
il 16/02/2016 alle 10:03
 
Sarebbe bello rivederti comparire...con qualsiasi scrittura...
Inviato da: ossimora
il 06/07/2014 alle 17:07
 
torna....
Inviato da: ossimora
il 23/03/2012 alle 02:52
 
Adoro gli idra!
Inviato da: chiaracarboni90
il 31/05/2011 alle 10:51
 
Carino sto post ... :-)
Inviato da: fantasista76
il 03/11/2010 alle 08:33
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

I miei Blog Amici

 

Chi puņ scrivere sul blog

Solo l'autore puņ pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

 

« AHI SERVA ITALIA, DI DOL...QUALCUNO VUOL FARE LA FE... »

DIGRESSIONE SUI GENERIS CON INCURSIONE LEOPARDIANA

Post n°564 pubblicato il 27 Maggio 2009 da bargalla

 

     

E’ difficile far finta di niente, è impossibile non avvertire il degrado, l’aria minacciosa, l’arroganza del potere, la paludata volgarità dei filibustieri, il servile encomio dei palafrenieri del cavaliere, il buio delle menti plagiate dal grande imbonitore, la saccente ignoranza dei pennivendoli assoldati dal regime.
E’ impossibile non assistere a certi dibatti televisivi e derubricare alla voce “privato” fatti e circostanze che invece investono la sfera pubblica essendo il lupus in fabula un sedicente statista, un megalomane, un riccastro sfondato, molto potente e sempre più spietato, affetto da uno straripante complesso di superiorità che per nostra sventura è riuscito a farsi eleggere anche presidente del consilvio, discusso e discutibile esponente di una politica svilita e involgarita dalla patologica presenza di un chiacchierato paraninfo avvezzo a dare di sé un’immagine vanesia, quanto falsa e menzognera, dinanzi alla quale il mondo intero si ritrae inorridito. Eccezion fatta, purtroppo, di quel popolo, sovranamente inteso come gregge, concettualmente snaturato dal regime mediatico instaurato dal mandriano nel bordello italiota e pertanto incapace di vedere nel presidente del gran consilvio (è d’obbligo parafrasare la terminologia in auge nel ventennio fascista) il volto peggiore di un potere esercitato in funzione di interessi più o meno inconfessabili fra i quali i vizi privati soverchiano le pubbliche virtù, semmai di quest’ultime non ve ne sia traccia nell’operato di un sultano degno solo del disprezzo che il suo agire suscita.

Basterebbe leggere solo i titoli della stampa moderatamente asservita per iniziare a nutrire qualche legittimo sospetto sull’integrità non solo morale, ma psichica, del caimano che sguazza sovrano nel pantano italiano. Sarebbe illuminante per qualcuno leggere quel che scrive oggi la stampa estera che considera berlusconi “un pericolo in primo luogo per l’Italia e un esempio negativo per tutti”. Tralascio l’insulso spettacolo di quelle vergini (sic) aviotrasportate che si offrono in sacrificio al drago acquartierato nell’ex convento dei certosini sardi trasformato in grottesco megaron sul quale grava, minaccioso, il segreto di stato in quanto buen retiro dell’imperatore. Scrive tra l’altro l’Independent:” Vivere in Italia ora è come essere intrappolati in un fiume di lava che scende lentamente ma irreversibilmente sul fianco di una montagna. Anziché portare a una rivitalizzata, Seconda Repubblica, gli scandali di corruzione degli anni '90 hanno portato a una Età di Silvio e a un lento, costante degrado delle istituzioni democratiche del Paese. Se il primo ministro può farla franca portando avanti una storia d'amore adulterina e semipubblica con una adolescente (e poi mentire così spudoratamente che ogni sciocco può vedere che non sta dicendo la verità), e non venir chiamato a risponderne, allora la nazione è in pericolo».
Sarebbe bene soffermare la distratta attenzione dell’italiota medio su una delle tante granguignolesche esibizioni del tycoon che ogni giorno degrada le Istituzioni, attacca la magistratura e la libera stampa, delegittima l’avversario e smentisce se stesso senza provare quel minimo di vergogna o di imbarazzo per le sue strampalate uscite che, più che sciupa femmine o tombeur de femmes, lo fanno essere inarrivabile gaffeur o più prosaicamente tombino di una cloaca alimentata dalle deiezioni di una casta di intoccabili che si pasce e nutre del suo stesso letame.

Il virus del berlusconismo ha intaccato i gangli vitali dello Stato, il carattere mutante dei suoi geni ha trovato l’humus ideale nel sottobosco di un’ideologia demagogica e populista che parla alla pancia e agli ormoni degli italioti e ben si adatta ai costumi degli italiani non foss’altro perché colpevoli d’ignavia. Finanche le Istituzioni manifestano una conclamata immuno-deficienza democratica, proprio perché contagiate dal virus di uno strisciante autoritarismo, il Paese stesso si mostra corrivo e incapace di reagire; lo Stato mostra di non reggere i colpi sotto la cintola sferrati da un boxeur allergico alle regole che dalla nobile arte ha preso solo il peggio: il vuoto viene così colmato dalle consorterie, dai comitati d’affari, dai clan mafiosi e dalle lobby, come la sempiterna chiesa catto-vaticana che ha fatto dell’ipocrisia uno stile di vita al quale ben volentieri si conformano i clerico-fascisti di ogni risma e colore.

Ho sentito parlare di “etica pubblica” del berlusconismo: la discrasia di certi termini evoca la cacofonia propria dell’inquinamento acustico, impensabile associare l’Etica al berlusconismo verso il quale è più sonoro associare la malaethica del malaffare e gli interessi personali, dove anche la democrazia perde, inevitabilmente, la denominazione d’origine controllata e diventa organismo geneticamente modificato, surrogato e artificio da spacciare come genuino. Lungi da me fare del facile moralismo da cui rifuggo, giacché sovente dall’incoerenza praticata e vissuta scaturiscono doppie e triple morali: vedasi il comportamento di chi predica male e razzola peggio. Penso al clericalume imperante e al fariseume trionfante. E’ arduo però stendere il classico velo pietoso sulle risapute questioni più o meno morali che interessano il lupus in fabula, senza considerare en passant l’ultimo incidente di percorso: il ciclone “Noemi” che si è abbattuto sul percorso a ostacoli (peraltro sempre rimossi dalle plurimae leges ad personam) del cavaliere. Forse non riuscirà a disarcionarlo, di certo sarà più difficile per lui restare in sella e partire lancia in resta contro l’altra metà del cielo e contro tutti, senza sembrare a dir poco patetico nel voler dare di sé un’immagine che lo specchio della realtà invece riflette in tutta la sua mostruosa indegnità.

Pare che l’infingimento e la reiterazione di comportamenti che manifestano una chiara assenza di civismo e di senso critico, siano capaci di sanare in Italia qualunque follia giuridica, civile o politica: si pensi alla Legge uguale per tutti meno uno. Ci si compiace dello spazza-tour nell’ex Campania Felix, della spregevole gara fra le oscenità inframmezzata da un finto pragmatismo, si confonde il movimento tettonico con la carica delle truppe mammellate. Ci si crogiola al pensiero che insieme alla (presunta) caduta delle ideologie totalitarie del Novecento, sia crollato anche il muro del giudizio e della valutazione e con esso qualunque altra griglia interpretativa della realtà politica e sociale, inclusa la consapevole contezza del linguaggio a sproposito esercitata allorquando si straparla di Popolo, di Democrazia, di Libertà, di cui l’innominato ciarlatano oggi si sente autorizzato a proclamarsi esponente massimo davanti a un pubblico ormai ridotto al minimo in quanto civicamente diseducato dopo lustri e lustri di quotidiana esposizione a fattori di rischio mediatici che ne hanno compromesso le difese; una platea di tele-dementi incapace di sviluppare gli anticorpi contro ogni dulcamara manifestazione populista. Un pubblico, una platea, della quale si esalta la propensione a scegliere (sotto subliminale indicazione) sulla base di “programmi” e, ancor più, delle “personalità” o del “carisma” dei politici da avanspettacolo, che il “grande fratello” orwelliano propina loro quotidianamente mescolandoli con il panem et circenses di una realtà virtuale: un frullato di nani, ballerine, manutengoli e ruffiani, palloni gonfiati, tronisti intronati, voltagabbana, pregiudicati e, dulcis in fundo, le veline prodotte e protette dalla premiata ditta del boss. Né sembrano turbare la maggioranza dei concittadini elettori, la rovina della reputazione internazionale dell’Italia, di cui essi sono ignari come infanti tenuti all’oscuro dal padre padrone, o l’irresponsabilità finanziaria (vi dicono qualcosa la finanza creativa, i condoni, l’elusione e l’evasione fiscale?) di cui la destra ha dato prova nelle passate esperienze di malgoverno, riuscendo sempre ad azzerare in pochi mesi l’avanzo primario del bilancio dello Stato in un Paese nemmeno capace di capire quanto la sua libertà di scelta sia limitata dal peso di un debito pubblico senza pari in Europa.

Non so se il riso o la pietà prevale” direbbe il buon Leopardi, una volta tanto vorrei lenire l’orrida pena e l’immortale angoscia saccheggiando con una punta di sarcasmo proprio un Canto del Grande Recanatese.

Silvio, rimembri ancor quel tempo della tua vita illegale,
quando slealtà spandean i trucchi tuoi scadenti ed eversivi,
e tu, lieto e rinato, il sovvenir piduista inseguivi?
Ubriaco di potere, scorrevi le liete telesbronze di
ogni giorno, ebbro di craxioso e ossequio vanto,
sgangherato caudillo in campo scendevi
a miracol mostrare e il tuo impero salvare;
il soglio chigiano così varcavi e il popolo bue, felice infinocchiavi.
Era il tempo rissoso d’invereconda età e tu,
del consilvio presidente, allupato solevi menar il giorno
e in mente avevi di volare come ape di fiore in fiore.
Gli scherani tuoi osannanti, la corte tua plaudente porgea servile
il podice e gli orecchi al suon della tua voce e lascive veline al
laticlavio miravano, il flaccido bondi, la brambilla truce e
la carfagna circe, i lupi, i capezzoni, i maroni, i sacconi
e i bonaiuti portavoce, i tremonti accesi, il buio fitto e
i gelmini decessi della pubblica istruzione.
Con te i fasci sdoganati nell’Urbe s’acquattarono,
pletorico dicesti il Parlamento, un covo di manipoli brigasti e
lingua mortal non dice dei nefasti giorni né di quel che
l’Italica turrita serbava in seno e di Veronica il velo pietosa
intanto dispiegava e l’immondo ciarpame del reame scopriva.
Che congrega di ignavi, che cricca, che bandana,
che book di cortigiane, che gaudenti serpenti, quanti cavalier serventi!
Ma quante belle figlie madama Doré! Posso regalare un collier?
Crepita frusciante il puttanesimo, furtivo il leccaculismo
s’insinua laido fra le plaghe del potere. Che indecenza, che
squallore, silvio mio! Ti spacciavi per dio, ma eri solo schizzato!
Unto e bisunto paremmi di cotante creme e fondotinta,
di trapiantato crine il cranio impiallacciato,
per sembrar sublime col ceron spalmato, circospetto
t’aggiravi e financo i tuoi simili raggiravi, dall’alto
dei tuoi tacchi a zeppe al cielo ascendevi dall’infima
tua morale statura. Che figura, che figura, silvio vostro!
Perché non rendi a noi quel che con l’inganno prendesti allor?
Perché la mia sorte intesti ai figli tuoi e dei tuoi servi ognor?
Le leggi nostre immerse hai nello scherno, sporco
imbonitore dalla faccia tinta per evitar la cella la pena
dal lodo viene estinta e da un esercito di legulei cavillosi
che al Diritto stanno come le virosi.
E non miravi che a far gli affari tuoi, alieno dal pudore
a tutto un prezzo davi, da allor la frode al nome tuo s’avvinghia
e d’onore il mercimonio al peggior offerente s’offre.
Passato ed avvenire estorcevi, l’ici ti pregiavi abolire ed
altre gabelle nel cespite fiorivano, del barile il fondo raschiavi
tanto tu eri ricco sfondato e degli altri vuoti a perdere
non t’importava, la misery card offrivi e con la robin tax
a fare il cacà giocavi nella foresta di scevcenco, nel paese dei papi
baldanzoso ti trastullavi all’ombra di fanciulle in fiore.
Or che tutto s’avvia al tramonto, ricordar m’è più dolce.

Ahi, come attonita sei, Italia mia che fremi affranta
di nauseante affronto e mesta e paziente attendi
gli eventi e la sorte delle italiche genti.
Al palesar del vero, tu misera cadesti e con la mano
ai posteri da lontano mostri le spoglie di un leviatano.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
La URL per il Trackback di questo messaggio è:
https://blog.libero.it/antoniando/trackback.php?msg=7133533

I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
 
Nessun Trackback
 
Commenti al Post:
Arvalius
Arvalius il 28/05/09 alle 11:49 via WEB
Un articolo un po' lungo. Ma mi pare che non analizzi a fondo i motivi per i quali B. venga eletto, perņ.
(Rispondi)
Roberta_dgl8
Roberta_dgl8 il 29/05/09 alle 11:46 via WEB
sono spiegati dentro al post i motivi per cui lo eleggono.
(Rispondi)
Roberta_dgl8
Roberta_dgl8 il 29/05/09 alle 11:48 via WEB
per Bargalla. Grazie per questo post. Roberta
(Rispondi)
Gli Ospiti sono gli utenti non iscritti alla Community di Libero.
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963